L’11 giugno prossimo a Merano si terranno i festeggiamenti per i 25 dell’autonomia del Trentino-Alto Adige e in città sono attesi il presidente italiano e quello austriaco, Sergio Mattarella e Alexander Van der Bellen. E qual è il problema? Gli Schutzen e i loro archibugi, testimonianza della lotta anti-napoleonica dell’eroe nazionale tirolese Andreas Hofer, non saranno presenti in piazza. Motivo? Non vogliono che sia eseguito l’inno italiano, al posto del quale vorrebbero l’Inno alla gioia, ovvero l’inno dell’Unione Europea. Il loro comandante, Elmar Thaler, è stato tassativo a questo riguardo con il governatore alto-atesino, Arno Kompatscher, il quale ha tentato una mediazione fino all’altro giorno: se suona Mameli, noi diserteremo la piazza.

Ora, mettiamo in fila un paio di concetti e di precedenti storici. Primo, o si ridiscute con l’Austria lo status dell’Alto Adige, arrivando a una cessione territoriale che lo trasformi in Sud Tirolo e lo veda annesso a Vienna oppure che dei cittadini italiani in una città italiana non vogliano che si eseguito l’inno italiano durante una celebrazione alla presenza del presidente della Repubblica è un qualcosa che un Paese civile non può tollerare. Non tanto per l’assenza egli Schutzen dalla piazza, di cui penso non freghi un cazzo a nessuno nel 2017 ma per il fatto che quegli stessi cittadini che sputano su tricolore e inno di Mameli godono, grazie alla nostre tasse, di una condizione fiscale privilegiata, figlia proprio di quell’autonomia che contestano con l’assenza. Dopo anni ad abbattere tralicci e ripetitori in nome di “Ein Tirol”, infatti, lorsignori si sono placati come agnellini appena hanno visto arrivare vagonate di soldi dall’odiata Italia, denaro di tutti noi che permette alla provincia di Bolzano di poter offrire ai suoi cittadini un welfare degno della Svezia anni Ottanta. E tu contesti, rivendicando il tuo essere tirolese-austriaco e smadonnando per i confini post-Prima Guerra Mondiale? E le istituzioni cosa fanno? Li coccolano, vanno a cercarli e cercano di mediare in nome della convivenza.

Perché è una bella cosa la convivenza. Peccato che quando si tramuta in prevaricazione, allora siamo alla resa per timore. Già, perché non basta preferire l’inno di quell’agglomerato massonico e burocratico chiamato Europa all’inno della nazione in cui vivono come pascià, gli Schutzen hanno sulla loro coscienza da duri e puri a corrente alternata anche altro. Il 18 novembre dello scorso anno, infatti, a Bolzano era presente il presidente della Commissione UE, Jean-Claude Juncker, per un convegno su autonomia e federalismo a 70 anni dall’Accordo di Parigi. E chi c’era ad attendere Superciuk Juncker, uno che delle piccole patrie e dei popoli minoritari si è sempre interessato tantissimo, davanti a Palazzo Widmann? Gli Schutzen, schierati in uniforme e con gli archibugi per gli spari a salve di benvenuto.

Per tradizione, la Provincia organizza il cosiddetto “landesüblicher Empfang” solo in occasione delle visite ufficiali di presidenti di area tedesca ma per il lussemburghese e massone Juncker, gli Schutzen hanno fatto uno strappo unilaterale alla regola. Insomma, a Jean-Claude Juncker è stato riservato un trattamento da capo di Stato, chiara provocazione per lasciar intendere che il loro presunto Sud Tirol sia uno Stato indipendente. Ovviamente, finché non si parla di regime fiscale e trasferimenti statali. Volevano ingraziarselo, sperando in qualche miracoloso aiuto verso l’autodeterminazione e l’indipendenza? Se fosse stato così, meglio che si facciano curare. Uno, perché al 99% Juncker era sbronzo. Due, perché se non c’è riuscita la Catalogna, il cui Pil è il 20% di quello spagnolo, dubito che un manipolo di mantenuti fiscali da Roma con penne e archibugi, possa ottenere risultati migliori.

Giù, mantenuti. Con in testa la capofila delle mantenute, la pasionaria sudtirolese Eva Klotz. Alla quale, però, non fanno schifo gli italianissimi 946.175 euro di vitalizio di cui godrà grazie alla status di consigliera provinciale a Bolzano. Il suo motto è quello che vedete nella fotografia di copertina, il “Sud Tirolo non è Italia” ma la grana, quella non ha bandiera, va bene anche se arriva dagli invasori fascisti. Bobby Sands me lo ricordavo un pochino più coerente a livello di spirito identitario, visto che al seggio a Westminster non ci mise mai piedi, perché per le sue idee di indipendenza morì prima in galera, privandosi del cibo. La Klotz penso che in nome del ritorno sotto l’ala protettrice di Vienna non abbia mai saltato nemmeno una colazione: in compenso, ha mangiato molto. A nostro spese, sputando poi regolarmente nei piatto. Ma non è una questione solo di singoli, siano essi Schutzen o consiglieri provinciali. E’ una questione istituzionale.

Già, perché nella Provincia autonoma di Bolzano stanno approntando una riforma della toponomastica che vedrà sparire il 60% delle denominazioni geografiche in lingua italiana, circa 1.500 toponimi italiani che verranno sostituiti da altrettanti tedeschi. E il governo centrale non dice nulla? No, perché in Alto Adige comanda la Sudtiroler Volkspartei, storico alleato della DC prima, della Margherita poi e comunque del centrosinistra post-Ulivo. Voti che servono, servono sempre quelli delle minoranze linguistiche. Le quali disprezzano tanto l’usurpatrice Italia da andarci a braccetto nei seggi elettorali e nelle coalizioni di governo. Anche in questo caso, Sinn Féin ed Herri Batasuna li vedevo un attimino più coerenti e radicali.


tratto da https://www.rischiocalcolato.it/2017...-tirolese.html