Originariamente Scritto da
Menelik
In un paese del Viterbese l'acquedotto l'hanno fatto tra gli anni 50 e 60, con tubature interrate di ghisa.
Oggi c'è fondamentalmente lo stesso sistema ma in più punti sono state fatte riparazioni con giunture in polietilene nero come si usa oggi.
Praticamente ne è venuto fuori un sistema ibrido, parte in polietilene (nota in basso) parte in ghisa.
L'impianto lo fece un idraulico...."lo stagnino".
Il fungo è in posizione elevata, sull'altopiano vulcanico (l'acqua viene in parte da Santa Fiora sull'Amiata ed in parte da una copiosa sorgente locale dunque è mista, parte carsica - dalla Formazione di Santa Fiora - parte vulcanica laziale, essendo l'acquifero alloggiato su depositi ignimbritici e tufiti che lo arricchiscono in silice, fluoro e potassio come è usuale per le acque laziali).
Le tubature del paese sono un colabrodo. Non saprei dire quanta % di acqua vada dispersa, ma non poca.
Il paese è su una ampia conca che alloggiava un cono eruttivo intermittente, dunque la parte centrale del paese è più bassa rispetto alla periferia di circa 10-15 metri di dislivello.
La periferia occidentale del paese si lamenta che l'acqua a volte arriva "a storzi" perché quando è poca, le parti elevate sono le prime ad andare a secco.
Quando questo succede, al Comune aumentano la pressione dal fungo - il fungo è il torrino piezometrico - in modo da fare arrivare l'acqua a tutte le utenze, ma facendo coì aumenta la pressione nella parte centrale del paese, a quota inferiore.
Aumentando la pressione, si favorisce la formazione di nuove crepe e falle nelle tubature interrate, in particolare in quelle vecchie di ghisa.
Non passa anno senza una qualche rottura grossa che allaga una strada e disperde un sacco di metri cubi di acqua in superficie, da assommare a quella dispersa da un numero imprecisato di piccole falle sotterranee la cui consistenza non è valutabile.
Risultato è che una notevole portata ai piedi del torrino si riduce ad una debole portata nelle parte periferiche ed una notevole pressione nel centro del paese, al punto che se si rompe una valvola l'acqua fuoriesce con un getto spaventoso.
Quel che è peggio, è che non esistono valvole che disconnettano singole parti delle condotte, dunque se devi operare a casa tua, l'idraulico deve sospendere l'erogazione a più utenze, tra cui esercizi commerciali.
Secondo me, l'unica cosa da fare, sarebbe che una contrada per volta, le tubature venissero riesumate e sostituite, non riparate.
Sostituite come si fa oggi, col tubo di polietilene in un corrugato interrato nella sabbia, ed il riporto originale sulla sabbia.
Solo così si possono ridurre quasi a zero le perdite, e la stessa acqua può servire tutte le utenze senza incorrere in razionamenti.
Perché di acqua nel sottosuolo ce n'è più che a sufficienza, è la gestione ed il trasporto che la rende scarsa.
Dunque è il fattore umano, non quello idrogeologico.
E l'acqua, da chimico, la conosco molto bene.
Di questo argomento ne parlo a ragion veduta.
Del resto posso essere somaro, ma l'acqua la conosco.
Nota: ho parlato di tubazioni in polietilene. A rigore non è solo polietilene, possono essere di polipropilene iso, polivinilcloruro e resina termoindurente. Sarebbe più esatto dire tubi in materiale plastico. Giusto per mettere i puntini sulla i.
Qualunque sia il materiale, di certo c'è una cosa: le vecchie tubature in ghisa del dopoguerra, i tubi "dello stagnino", sono l'asso per spendere soldi per pompare acqua, depurarla, e reimmetterla nel sottosuolo dopo il valore aggiunto del trasporto e trattamento.
Mi hanno detto che in Sicilia c'è un desalinizzatore costato un mucchio di quattrini, che pompa acqua dal mare, fa il trattamento - le desalinizzazione è molto costosa -, la immette nella rete di distribuzione, e quasi metà ritorna al mare come acqua potabilizzata direttamente dal sottosuolo, senza affiorare in superficie.
Per forza ogni bolletta è una tombola !!!!!!!!!!
Chiusa la nota.