Reggio Emilia, via Turri nelle mani del racket africano

Di notte tra piazza Secchi e via Sani: una fetta di città dove la guerra tra bande ha scalzato cinesi e magrebine

FONTE: Reggio Emilia, via Turri nelle mani del racket africano - Cronaca - Gazzetta di Reggio

REGGIO EMILIA. La guerra per il controllo del territorio fra bande criminali straniere, a Reggio Emilia la stanno vincendo le organizzazioni che sfruttano migranti provenienti dal centro dell’Africa. Sono in numero maggiore, sono fisicamente più prestanti e vengono da contesti in cui la violenza e l’uso delle armi spesso, purtroppo, sono la quotidianità.

I racket cinesi o quelli tunisini e magrebini stanno gradualmente perdendo fette di città, strada dopo strada. Questa battaglia, la cui punta dell’iceberg quasi sempre sono le risse o gli accoltellamenti che si verificano proprio fra queste nazionalità, diventa più che mai evidente se si va anche solo a passeggiare per via Turri, in particolare nella zona di piazza Secchi.

È qui che il quadrilatero che va dal bar Sole al parcheggio della Coop, toccando il parco delle Paulonie fino al posto di polizia, adesso chiuso, diventa crocevia per prostituzione e spaccio.
Mercati che qui sono controllati quasi totalmente da nigeriani e migranti provenienti dalle repubbliche dell’Africa più profonda.

Fingendoci residenti, abbiamo verificato i movimenti. Il passaggio avviene, in estate, a un orario ben preciso. Dalle 22.30 non si vedono praticamente più reggiani, i residenti sono chiusi nei loro appartamenti e chi proprio non ne può fare a meno attraversa piazza Secchi in fretta, guardandosi spesso le spalle. Al loro posto, invece, cominciano ad arrivare le prostitute. Ne contiamo sette in totale e, tranne una ragazza cinese, sono tutte africane. L’organizzazione è ferrea e ben collaudata, come una sorta di gerarchia militare. Ognuno sa cosa deve fare e ha un compito ben preciso.

Il grado più basso della piramide, ovviamente, sono loro. Le lucciole. Ragazze schiave di un sistema criminale che le sfrutta, che vende il loro corpo come se fossero bestiame tradendo la loro speranza di trovare un futuro migliore in occidente. Costrette ogni notte a prostituirsi con decine di clienti in macchina, in strada, nei sottoscala, in mezzo agli angoli bui di qualche parchetto fra bottiglie e cartacce.

Sono sei quelle che, come oggetti, appartengono alle bande africane. Alcune di loro si fatica a dire se siano maggiorenni. Una, la più giovane, passeggia nel marciapiede che costeggia via Turri, davanti al bar Sole dove si sono verificati gli ultimi episodi di violenza fra organizzazioni criminali. È quella che ottiene più successo e l’andirivieni di macchine, tutte con targa reggiana, è impressionante. Alcune, sui sedili, hanno ancora i seggiolini usati per i figli. Accanto a lei, nel piccolo parcheggio davanti al market cinese, c’è l’unica lucciola asiatica rimasta in piazza Secchi. Prima erano loro la maggioranza ma, adesso, hanno dovuto cedere il posto.

Lei, a differenza delle altre passeggiatrici, non lavora in auto o all’aperto. Abborda i clienti, li invita a parcheggiare in via Turri e poi li porta in un appartamento qualche civico più distante. Una volta finito, spesso bastano pochi minuti, scende di nuovo in strada e il circolo vizioso ricomincia. Le altre cinque prostitute africane ruotano tutte all’incrocio fra via Sani e via Turri. Qualcuna, a volte, si spinge anche verso via Paradisi ma è più raro.

Nel parco delle Paulonie, ci viene spiegato, dove non arriva la luce dei lampioni vanno i tossici a bucarsi, e l’esperienza ha insegnato a queste ragazzine che è meglio star loro lontano, per evitare problemi. Anche se, ovviamente, non sono mai lasciate sole. Le sei donne sono guardate a vista da tre o quattro connazionali che, in sella alle loro biciclette, le tengono continuamente d’occhio. Loro, che fungono da vedette e controllori, sono il secondo gradino della catena.

Alcuni, i più arroganti, quando passano accanto alle loro protette le molestano, provando a baciarle o toccandole insistentemente. Ma se ne vanno sempre in pochi secondi, la ronda deve continuare e non si può fermare nemmeno per qualche minuto.

Osservandoli bene per un paio d’ore sembra che si siano smistati le strade da controllare, come delle sentinelle che proteggono un territorio di loro competenza. E, grazie ai loro giri, riescono a coprire tutta la zona stazione, da piazzale Marconi fino ai margini più estremi di via Turri. Accorgendosi così in anticipo dell’arrivo delle pattuglie delle forze dell’ordine che passano più o meno ogni venti o trenta minuti. I controlli, dopo gli ultimi episodi di violenza e risse, sono effettivamente stati intensificati.

Ma il lavoro costante e infaticabile delle sentinelle riesce a far spostare spacciatori e prostitute in tempo. Quelle vestite in modo più vistoso si nascondono mentre le altre, che potrebbero essere scambiate per normali residenti, fanno finta di nulla continuando a passeggiare. Infine c’è il terzo grado della piramide.

Africani che, in macchine a volte dai vetri oscurati, caricano e scaricano le lucciole o di tanto in
tanto passano a controllare i sottoposti. Si accostano, scambiano qualche parola, e poi se ne vanno. La punta dell’organizzazione invece, i vertici, non si vedono mai. A differenza dei clienti che, a decine per notte , alimentano il proliferare della prostituzione in via Turri.