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    Predefinito Storia della Corsica (1860-1945)

    La fedeltà alla dinastia Bonaparte è incentivata con tre visite trionfali di Napoleone III in Corsica nel 1860, nel 1865 e nel 1869, durante le quali viene avviato un culto dinastico intorno alla cappella imperiale costruita ad Ajaccio per ospitare le tombe dei membri della famiglia.

    I corsi non sono lesti nel cambiare bandiera quando, a seguito della sconfitta nella guerra franco-prussiana nel settembre 1870, cade la monarchia, e su di essi si concentra la furibonda reazione razzista anti-corsa dei radicali e repubblicani francesi.
    Frastornato dall'esilio del suo protettore, il re d'Italia Vittorio Emanuele II, pur avendo contemporaneamente nello stesso periodo conquistato la Roma papale, non ascolta chi gli consiglia di estendere il colpo di mano in Corsica. Nel marzo 1871, nel pieno della campagna d'odio anti-corsa, il deputato radicale massone Georges Clemenceau propone addirittura all'Assemblea nazionale di negoziare il «ritorno» dell'isola all'Italia, senza conseguenze.

    Il razzismo anti-corso della Terza Repubblica francese riaccende l'istinto isolano di ripiegarsi su se stessi e a far fronte comune, così il bonapartismo qui resiste più che altrove, assestandosi come forza maggioritaria per qualche anno, guidato dall'abile opportunista corso-provenzale Emmanuel Arène. Soprannominato «u re Manuele», disponendo di totale appoggio presso il governo centrale, domina la scena politica insulare dal 1878 ed esercita alternativamente i mandati di senatore e deputato come repubblicano moderato. Con Arène si consolida la «consorteria» sull'isola: la politica è l'unico sbocco per le classi elevate, sia direttamente sia con la distribuzione d'incarichi in Francia e nelle colonie, sia indirettamente con l'impiego pubblico e il clientelismo.

    Le classi dirigenti corse sono ormai in larghissima parte nell'orbita francese, al cui dibattito politico-culturale partecipano attivamente, mentre l'istruzione comincia a diffondere la cultura di Parigi e la francofonia nelle aree rurali, avviando un processo senza più ostacoli. Mentre la politica assimila e coinvolge l'élite corsa, per la maggioranza degli isolani è un disastro: l'economia dell'isola è di stampo coloniale e il sistema doganale iniquo. Le esportazioni e le importazioni dall'estero sono proibite o scoraggiate e avvengono quasi solo dalla o verso la Francia.

    La Corsica è povera di risorse ed è strutturalmente dipendente da Parigi in tutto e per tutto, in regime di sostanziale monopolio da un'unica compagnia di navigazione concessionaria statale. Nel contesto europeo che vede la libera circolazione delle merci e dei capitali, e la rivoluzione industriale cresce e giunge a maturità, in una Corsica già di per sé povera, l'anacronistica gabbia doganale francese rende vani i passi, che pure erano stati mossi per condurre l'isola fuori dall'isolamento.
    Quale sia, ancora anni dopo, la concezione della Corsica per i francesi che la guardano benevolmente, lo chiarisce Guy de Maupassant che nel 1884 scrive:

    «Ho fatto cinque anni fa un viaggio in Corsica. Quest'isola selvaggia è più sconosciuta e più lontana da noi dell'America...»

    Valgono a poco gli sforzi fatti, con l'aiuto dell'ingegnere Gustave Eiffel, di dotare l'isola di una ferrovia. Una volta annientati gli embrioni industriali e siderurgici impiantati a Toga e Solenzara, il treno serve a poco e finisce persino - pur d'essere utilizzato - per trasportare periodicamente le greggi, evitando che la transumanza intasi troppo le strade dell'isola, rimaste in larga parte strette e tortuose sino ai giorni nostri.

    A causa delle barriere doganali (anche per la politica anti-francese della vicina Italia di Francesco Crispi), la produzione olearia e vinicola non può sostenere l'urto della crescente concorrenza protetta, provenzale prima e coloniale poi. Persino la farina che giunge da Marsiglia costa meno di quella prodotta in loco ed i castagneti, divenuti non più redditizi, vengono trasformati in legna e carbone o alimentano effimere officine per la produzione di tannino. Stessa sorte subiscono la sericoltura e l'artigianato, un tempo fiorente soprattutto a Bastia, travolto dall'avvento della produzione industriale di serie.

    La popolazione corsa è costretta ad emigrare in massa, a cavallo tra i due secoli, annullando così anche l'impegno profuso per bonificare, in anni ed anni di sacrifici, le pianure malariche che, abbandonate, tornano rapidamente allo stato selvaggio.

    Nel 1889 mentre Parigi celebra se stessa e il centenario della Rivoluzione inaugurando la Torre Eiffel, i corsisti fanno rientrare da Londra le ossa di Pasquale Paoli. Nell'austera cappella ricavata nella sua casa natale, l'iscrizione della lapide che ne sigilla la tomba è significativamente in italiano.

    Alla fine del XIX secolo appare il primo giornale in lingua corsa, «A Tramuntana», fondato da Santu Casanova, portavoce dell'identità corsa e della sua dignità. Mentre l'italiano, ancora ben vivo all'alba del XX secolo, si avvia a scomparire rapidamente dalla scena (anche a seguito del mancato riconoscimento dei titoli di studio rilasciati dalle università italiane), i corsi iniziano a valorizzare la loro lingua vernacolare come strumento di resistenza ai misfatti dell'acculturazione francese che ormai minaccia di travolgere l'anima stessa dell'isola. Accanto al processo di promozione del corso, che lo porta ad essere sentito sempre più come lingua autonoma e non più come livello familiare dell'italiano, scatta un'operazione di rivendicazione nazionale che porta alla richiesta pressante di autonomia amministrativa e di studio nelle scuole della storia corsa, in un panorama nel quale ormai tutti gli scolari sanno bene chi sia Vercingetorige, ma ignorano chi sia Pasquale Paoli.

    La rivista «A Cispra» si fa interprete di uno stato d'animo che coinvolge trasversalmente, sia a livello di convinzioni politiche individuale, sia a livello di strati sociali, tutta la società civile dell'isola, mentre i politici settari, di qualsiasi partito francese, restano fuori dal processo e fedeli al governo centrale e al revanscismo francese. Malgrado ciò, l'agitazione sociale e culturale allarma Parigi e così si moltiplicano le inchieste parlamentari sull'isola, mentre lo stesso presidente della Repubblica Sadi Carnot sente la necessità di visitare la Corsica nel 1896.

    L'unico risultato concreto delle nuove agitazioni è l'alleviamento, a partire dal 1912, del regime doganiero coloniale che strangola l'isola sin dalla sua annessione. Ma anche questa misura è isolata e insufficiente.

    La Prima guerra mondiale (1914-1918) coinvolge pesantemente la Corsica e rivela il perdurare della disparità di trattamento verso la sua popolazione in seno allo Stato francese. Per i corsi sembra non valere la regola che, in genere, vede i padri di famiglie numerose esentati dal prestare servizio militare o dall'esser destinati alla prima linea. Così i montanari dell'isola vengono gettati in massa nelle feroci battaglie sul fronte franco-tedesco, facendo assegnare alla Corsica il poco invidiabile primato di soffrire, percentualmente, circa il doppio delle perdite rispetto alla media nazionale, e il più alto rispetto a qualsiasi altra regione del Paese. Secondo le stime, circa il 10% dell'intera popolazione dell'isola trova la morte sui campi di battaglia. L'impatto demografico è disastroso e aggravato dall'interruzione, per motivi bellici, dei collegamenti navali regolari con l'isola, che approfondisce la crisi già in atto e spinge la popolazione affamata a ridursi ad un'agricoltura e ad un'economia arcaica, recuperando tecniche di coltivazione di due secoli prima per sopravvivere. La situazione in Corsica è tanto disperata che molti reduci preferiscono emigrare nelle colonie o trovare impieghi in continente piuttosto che tornare alle proprie case in una terra sempre più desertificata sotto ogni punto di vista. Questa diaspora sovrappone il suo effetto a quello delle pesantissime perdite, dando un colpo che si rivela decisivo all'equilibrio demografico, culturale ed economico dell'isola.

    Tra quelli che restano si fa strada una radicalizzazione, riallacciando i legami col Regno d'Italia, vista come nazione più libera della Repubblica francese, che persegue l'irredentismo. Nel 1919, per impulso di Petru Rocca, nasce «A Muvra», un periodico scritto prevalentemente in corso e in italiano. Attorno al giornale prende vita nel marzo 1922 l'autonomista Partitu Corsu d'Azione (sul modello del vicino Partito Sardo d'Azione, ma dalle istanze ben diverse). Ben presto sorgono altre pubblicazioni come il quotidiano livornese «Il Telegrafo», che diffonde la sua edizione sull'isola dal 1923. Fioriscono anche seri studi linguistici dedicati alla Corsica, come l'«Atlante Linguistico Etnografico Italiano della Corsica» e storico-etnografici come l'«Archivio Storico di Corsica e Corsica Antica e Moderna».

    Con l'avvento del regime fascista in Italia, si realizza il passaggio dalla rivendicazione autonomista e identitaria a quella indipendentista e nazionalista, che con la propaganda mussoliniana si tinge di irredentismo: Roma non lesina finanziamenti agli indipendentisti corsi e istituisce borse di studio affinché i giovani corsi tornino a frequentare le università italiane. Inizia anche l'interpretazione di successo della storiografia francese dell'autonomismo isolano col fascismo. Effettivamente l'avvento di Mussolini non fa che seguire un mai sopito sentimento di estraneità dei corsi per la Francia. La tradizionale e antichissima tendenza corsa di invocare aiuti esterni e raccogliersi intorno a capipopolo o personaggi carismatici, nella sfortunata quanto incidentale convergenza storica, spinge il movimento corsista all'abbraccio fatale col fascismo.

    Si distinguono nel movimento corsista altri personaggi, quasi tutti letterati (con produzioni poetiche in corso e in italiano) e attivisti politici. Alcuni di essi, come i fratelli Ghjuvanni e Anton Francescu Filippini (quest'ultimo, considerato il maggior poeta corso, è segretario di Galeazzo Ciano), scelgono giovanissimi l'esilio in Italia; Bertino Poli, Domenico Carlotti, Petru Rocca, Pier Luigi Marchetti ed altri finiscono tragicamente per unire il loro destino pubblico a quello del regime fascista.
    Marco Angeli, polemista, poeta e autore del primo romanzo in corso («Terra corsa», 1924), diventa segretario del PCdA e nel 1926, accusato di diserzione, è esule in Italia, dove si laurea in medicina. Dal 1930 sviluppa a Pisa un'intensissima attività propagandistica di stampo via via sempre più apertamente irredentista e giunge a creare una rete capillare di attivisti tra i corsi italiani che, raccolti nei Gruppi d'Azione Corsa, conta migliaia di aderenti in tutta la penisola.

    L'irredentismo italiano in Corsica è promosso principalmente da Petru Giovacchini, che crea nel 1933 i Gruppi di cultura corsa, per difenderne l'italianità. Il temporaneo avvicinamento italo-francese nel 1935, porta allo scioglimento dei gruppi corsisti, che tuttavia risorgono subito dopo. In Corsica in questi anni la simpatia per l'Italia raggiunge punte inimmaginabili: Santu Casanova, che muore esule in Italia, produce scritti e poesie celebrative della guerra d'Etiopia e si giunge ad organizzare pubblici festeggiamenti in occasione della proclamazione dell'Impero italiano nel maggio 1936.

    La maggioranza dei corsi resta sostanzialmente indifferente ormai al richiamo indipendentista fino al 1938, alla rivendicazione italiana sulla Corsica, pronunciata da Ciano, risponde la reazione francese a Bastia, che nel dicembre dello stesso anno, organizza di fronte al monumento ai caduti della Grande Guerra una manifestazione nazionalista che resta famosa come il «Serment» (giuramento) di Bastia: migliaia di persone giurano di «vivere e morire francesi» e di difendere l'appartenenza della Corsica alla Francia a tutti i costi «rispondendo alla violenza brutale con la legittima violenza».

    Dal 1939 i corsisti promuovono ufficialmente l'unione della Corsica all'Italia e organizzano grandi manifestazioni per celebrare l'annessione italiana dell'Albania. Nel giugno 1940 l'Italia entra in guerra contro la Francia e il Regno Unito e a seguito dell'armistizio della prima, invasa dai nazisti, le principali basi militari corse sono visitate dalle commissioni militari italo-tedesche. L'isola è parte del nuovo governo collaborazionista di Vichy.

    Nel novembre 1942, in risposta allo sbarco americano in Marocco e Algeria, scatta l'occupazione della Francia di Vichy da parte delle truppe italo-tedesche e, quindi, da parte di quelle italiane della Corsica (200mila abitanti), che sbarcano da Bastia senza alcuna resistenza. Il comando militare italiano controlla l'isola subito con molta facilità, contando sulla gendarmeria francese rimasta che conserva le sue funzioni. L'opposizione anti-italiana è dapprima del tutto inesistente: una parte degli isolani è collegata ai corsi filo-fascisti di Giovacchini, che accoglie il Regio Esercito italiano come liberatore. Successivamente nel 1943 l'esercito della Francia libera organizza una rete di resistenza: il duro intervento dell'OVRA (talvolta affiancata dai carabinieri) contro i pochi oppositori riesce, assieme alla fame (cui contribuiscono le requisizioni di viveri), a far serpeggiare il malcontento, sul quale fanno leva i capi del nascente movimento di resistenza, sia quella comunista, sia quella repubblicana e nazionalista francese. Lo stesso Charles De Gaulle invia sull'isola un suo pupillo, Fred Scamaroni, per organizzare ed unire le anime della Resistenza, sino a questo momento rimasta puramente platonica. Scamaroni coordina con esponenti locali un piano di sviluppo che prosegue per molti mesi contando anche su rifornimenti clandestini via mare. Arrestato dai carabinieri ad Ajaccio e torturato dall'OVRA durante gli interrogatori, Scamaroni, pur di tacere, si uccide.

    Ha nel frattempo luogo qualche attentato che alimenta una spirale di repressione sempre più impietosa. Si moltiplicano così gli arresti e le deportazioni all'isola d'Elba e in Calabria, mentre la Resistenza si raggruppa nell'impenetrabile maquis (macchia) corso, dando così il nome a tutto il movimento di liberazione in Francia. Il nuovo capo militare della resistenza corsa, Paolo Colonna d'Istria, arrestato, riesce a farsi liberare convincendo le guardie d'essere un agente segreto italiano grazie alla sua padronanza della lingua. Nel giugno 1943 ancora ad Ajaccio, l'OVRA arresta anche Giovanni Nicoli, capo della resistenza comunista sull'isola. Trasferito a Bastia, Nicoli viene condannato alla fucilazione.

    Con l'armistizio del settembre 1943 gran parte delle forze italiane, al comando del generale Giovanni Magli, si oppongono con le armi al tentativo delle forze tedesche, che come altrove, tentano di renderle inoffensive. Esplode una battaglia al porto di Bastia, che i tedeschi cercano di catturare. Agli ordini del generale Henry Giraud, sbarcano frattanto sull'isola i primi soldati coloniali francesi insieme ad alcuni agenti e ranger statunitensi. Successivamente gli italiani (salvo ridotti gruppi di camicie nere che s'uniscono alle truppe germaniche) combattono fianco a fianco con i circa 12mila uomini della Resistenza insorti (e con le poche centinaia di soldati coloniali francesi) contro i tedeschi, che distruggono numerosi ponti, tra cui il Ponte Nuovo. Le posizioni tedesche vengono bombardate dalle artiglierie italiane (i francesi quasi non ne dispongono). In ottobre si spengono le ultime sacche di resistenza tedesca sull'isola, che diviene così il primo dipartimento francese liberato.

    L'isola diviene un'importante base di partenza per gli attacchi alleati contro le forze tedesche in Italia e in Germania, oltre che un elemento chiave per lo sbarco in Provenza, nel 1944. La guerra e l'occupazione italiana allontanano la Corsica dall'Italia, facendo scomparire gli ultimi sostenitori di un'annessione alla penisola. De Gaulle, simbolo della grandezza francese, è accolto paradossalmente con tutti gli onori dai corsi, essendo sbarcato sull'isola da liberatore. La sconfitta del fascismo segna la fine ad ogni aspirazione di irredentismo, trascinando con sé anche la rottura dei rapporti culturali della Corsica con l'Italia e ogni prospettiva di un recupero di cittadinanza sull'isola per la lingua italiana.

    All'indomani della fine della Seconda guerra mondiale, il governo francese lancia una grande propaganda anti-italiana nelle scuole della Corsica e sulla popolazione dell'isola per evitare ogni ipotetica unificazione con l'Italia. Il risultato è un insuccesso perché non ci sono più sull'isola rivendicazioni per l'unità italiana ma indipendentiste, e alle elezioni del 1945 si assiste ad un effimero trionfo del Partito comunista francese per l'apporto dato alla Resistenza isolana.

  2. #2
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    Predefinito Re: Storia della Corsica (1860-1945)


  3. #3
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    Predefinito Re: Storia della Corsica (1860-1945)

    Scusate c'è un errore: Carnot è morto nel 1894.

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    Predefinito Re: Storia della Corsica (1860-1945)

    Citazione Originariamente Scritto da Carlos Wieder Visualizza Messaggio
    Purtroppo " ma le vicende accadute degli anni ’60 in poi fecero fallire completamente il progetto di integrale francesizzazione dell’isola." è tristemente a dir poco esageratamente ottimista dato che ancora negli anni 60 al di fuori dalle due città tutti usavano il corso come prima lingua. Oggi trovare qualcuno sotto i 60 anni che parli il corso al di là di qualche frase qua e là è un'impresa.

  5. #5
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    Predefinito Re: Storia della Corsica (1860-1945)


 

 

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