Un cacciatore ha pagato 45mila euro per sparare a Xanda, 6 anni. La caccia ai leoni come trofeo non si ferma.
La vita del figlio del re leone valeva poco meno di 45mila euro. Tanto ha pagato un cacciatore per ucciderlo il 7 luglio poco fuori dal parco nazionale Hwange in Zimbabwe. Due anni fa, più o meno negli stessi giorni, fu ucciso il padre, Cecil il leone, animale di 13 anni simbolo del parco. Lo ammazzò un dentista di Minneapolis, Walter J. Palmer, scatenando polemiche in tutto il mondo, con proteste e minacce che impedirono al dottore perfino di tornare a lavorare nel suo studio. Avendo una licenza, non fu mai processato. Eppure quell'ondata di indignazione di allora sembra non essere servita a nulla. Poco dopo, passando quasi in sordina, un cacciatore a seguito del team di Richard Cooke della compagnia Rc Safaris uccise un altro leone della famiglia di Cecil.
Il cacciatore che ha ucciso il leone Cecil: ''Io rispetto le leggi''
Ora è toccato a Xanda: aveva sei anni e diversi cuccioli. E' stato freddato sempre da un cacciatore a seguito di Richard Cooke, che lo ha ucciso circa due chilometri fuori dal parco ai confini con la foresta di Ngamo: aveva la licenza per farlo e la caccia è risultata "regolare". Xanda era ben conosciuto dai responsabili africani che sapevano si trovasse fuori dai confini della riserva: in ottobre Andrew Loveridge, ricercatore della Oxford University che studiò anche Cecil, aveva applicato al figlio del re leone un collare per monitorarne gli spostamenti. Quello stesso collare è stato restituito dai cacciatori.
"E' molto triste. Avevo messo il collare lo scorso ottobre. Monitoravamo il figlio di Cecil quasi tutti i giorni e sapevamo che si stava spingendo spesso fuori dal parco negli ultimi sei mesi, non c’è molto da fare. Cooke è stato anche corretto perché ha restituito il collare" ha spiegato Loveridge.
Il paradosso è che circa il 70% dei soldi pagati dai cacciatori per poter sparare ai grandi felini (con almeno 5 anni di età e che si trovino fuori dai confini della riserva) finiscono all'ente parco proprio per la salvaguardia degli animali e le politiche anti bracconaggio. Ma finché non si metterà un freno, dicono gli ambientalisti, alla possibilità di cacciare nei safari africani la morte di questi straordinari animali - oggi si stima rimasti soltanto in 20mila - rischia di aumentare ogni anno. In poche decadi si è passati da 450mila leoni a poco più di ventimila e si stima vengano effettuate 1500 uccisioni l'anno.
Anche per questo è stata lanciata una petizione dopo la barbara uccisione di Cecil (che fu anche decapitato) nel tentativo di chiedere all'Unesco che i leoni siano dichiarati "patrimonio mondiale dell'Umanità", fermandone totalmente la caccia.
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"I cacciatori di trofei non hanno imparato nulla. La morte di Cecil non è servita a nulla - dice Masha Kalinina, specialista dell'Humane Society International - i leoni stanno scivolando verso l'estinzione ed è fondamentale che paesi come lo Zimbabwe la smettano con l'industria della caccia da trofei". La maggior parte dei cacciatori proviene da Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Sudafrica.
Senza freni alla caccia "per divertimento" le famiglie dei grandi felini sono sempre più a rischio anche in termini di gerarchie: come sottolineano i ricercatori che hanno monitorato Xanda, ogni singola uccisione di un leone porta a complicazioni per tutta la famiglia. Il figlio di Cecil viveva in un gruppo di tre femmine e sette cuccioli che ora senza il padre e rischiano di morire durante le battaglie interne per il comando del branco.
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