Decreto flussi, ecco i dati del flop. Permesso solo a un richiedente su tre
Nel 2016 quasi 20 mila posti per immigrati regolari non sono stati assegnati. I sindacati: «Troppa burocrazia, il provvedimento è arrivato con sei mesi di ritardo»

Pubblicato il 19/07/2017
FABIO DE PONTE, RAPHAËL ZANOTTI
TORINO

Oltre 30 mila posti disponibili, più di 44 mila domande presentate e meno di 12 mila permessi di soggiorno rilasciati. L’unico strumento alternativo ai barconi, il decreto flussi, è un rubinetto chiuso che dispensa con il contagocce qualche posto di lavoro stagionale.

Nel 2016 è stato rilasciato appena un permesso di soggiorno su tre di quelli messi a disposizione. Quasi 20 mila (esattamente 19.394) sono rimasti sulla carta. Possibile? «Troppa burocrazia», accusa Coldiretti. Il grosso dei posti riguarda infatti gli stagionali dell’agricoltura e spesso, quando arrivano le risposte, il periodo della raccolta è finito.

I numeri
Secondo i dati del Viminale l’anno passato, a fronte di un tetto di 30.850 posti (17.000 destinati appunto a stagionali di agricoltura e turismo e 13.850 tra lavoro autonomo e conversioni) sono arrivate 44.649 domande. La maggior parte di queste ultime, 34.306, erano inviate da datori di lavoro che avevano bisogno di manodopera nei campi o in strutture turistiche. Di queste, solo una su cinque ha avuto esito positivo: appena 7131. Quanto al resto, sono arrivate soltanto 8939 domande di conversione del permesso e 1404 per lavoro autonomo, largamente meno dei quasi 14 mila posti disponibili. E molte sono pure state respinte: appena 4325 hanno ottenuto il via libera. Quest’anno i posti disponibili sono esattamente gli stessi ma è presto per fare bilanci.

«La legge - spiega Roberto Magrini, responsabile lavoro di Coldiretti - dice che il permesso andrebbe consegnato entro 20 giorni. In realtà è solo un auspicio. Spesso finisce che un permesso di cui c’era bisogno ai primi di giugno arrivi ad aprile, il datore di lavoro non lo ritira neanche. La procedura è molto lenta, il decreto dovrebbe uscire a novembre, invece arriva a marzo. Poi è chiaro che nelle prefetture alle prese con sbarchi e richiedenti asilo il problema si acuisce».

Meno lavoro, più asilo
Il problema c’è. L’emergenza sbarchi ha soppiantato gli strumenti che dovevano servire a regolare l’immigrazione. E così, se nel 2007 il 56% dei permessi di soggiorno venivano rilasciati per motivi di lavoro, nel 2015 questi sono crollati al 9%. In contemporanea i permessi per asilo e protezione umanitaria sono passati dal 3,7 al 28%.

«Ma non è solo per questo che lo strumento del decreto flussi è oggi inutilizzato – denuncia Paolo Bonetti, docente alla Bicocca di Milano ed estensore della Turco Napolitano – da una parte l’ingresso di Paesi come la Romania nell’Ue ha di fatto colmato esigenze lavorative un tempo coperte da extracomunitari. Dall’altro la crisi economica ha colpito duro: nessuno ne parla mai, ma nel censimento Istat del 2011 risultava che 850 mila stranieri un tempo iscritti all’anagrafe si erano cancellati. Erano tornati nei loro Paesi perché qui non trovavano più lavoro». Così il decreto flussi, un tempo strumento principe per l’ingresso regolare, si è svuotato. E oggi riguarda una minima parte di categorie lavorative di nicchia: stagionali, studenti, tirocinanti. Da anni non ci sono posti per il lavoro subordinato.

Le lentezze burocratiche
E anche il poco che c’è incontra ostacoli. «La macchina burocratica è lenta e si è cercato di rimediare», racconta Kurosh Danesh, dell’ufficio immigrazione della Cgil. Cinquantotto anni, da quasi 40 in Italia, si occupa della questione da sempre. Ora il permesso, spiega, dopo due anni di via libera stagionale, può essere convertito in uno stabile. E rientra nelle quote riservate alle conversioni.

Ma la questione vera, sottolinea, è che dal 2011 non c’è più la riunione che stabilisce il fabbisogno e non si fanno più ingressi per badanti, operai, imbianchini. «Certo - sottolinea - quello era un teatrino. La persona già si trovava sul territorio italiano e lavorava per la signora Maria. La signora Maria faceva finta di chiamarla dalle Filippine, lei tornava nel suo Paese e faceva finta di entrare in Italia per la prima volta. Ma almeno era una valvola di sfogo. Oggi abbiamo mezzo milione di persone che stanno sul territorio senza permesso di soggiorno, preda di qualsiasi speculazione».

Lo sponsor
Un tempo non era così. Sempre il professor Bonetti: «Nel 1998 avevamo introdotto un meccanismo che funzionava: il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro con sponsor in Italia. In tre giorni andarono esaurite tutte le 39.000 domande. Il tutor garantiva per la persona che arrivava in Italia. Tre anni dopo la Bossi-Fini cancellava questo straordinario successo».

Così gli stranieri hanno continuato ad arrivare, ma tutto avviene in modo irregolare e in 25 anni siamo stati costretti a fare 8 sanatorie.

Il decreto
Il decreto flussi, come strumento, ha conosciuto un continuo declino. Nel 2007 e nel 2008 (47.100 e 150.000 posti) era ancora mirato per il lavoro subordinato. Nel 2009 cambia: 80 mila posti solo per gli stagionali, appena 44 mila le domande. L’anno successivo il Viminale mette a disposizione 98 mila posti per lavoro domestico. Risultato: quasi 400 mila domande presentate, spesso anche da operai che si fingevano colf. Nel 2012 i posti sono 35 mila, di nuovo per gli stagionali e arrivano 60 mila richieste. Nel 2013 sono disponibili appena 17.850 posti - ma il grosso è per le conversioni - scelta rinnovata nel 2014. Nel 2015 si punta di nuovo sugli stagionali: 13 mila posti, più 1500 per chi sia già stato in Italia con permesso stagionale almeno due volte. Al fallimento segue un altro errore: nel 2012 viene stabilito che lo straniero che ritorna in patria perde i contributi pagati in Italia. Risultato: ora se uno straniero entrato con il decreto perde il lavoro resta in Italia fino a 65 anni nella speranza di recuperare la pensione. Nessuno rischierebbe di nuovo la trafila.
Decreto flussi, ecco i dati del flop. Permesso solo a un richiedente su tre - La Stampa