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  1. #1
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    Predefinito Filosofia dell'invasione migratoria

    1. La penetrazione nel territorio italico e continentale di migranti in cerca di nuove condizioni di vita costituisce, per via dei numeri e della sua dinamica, una invasione.

    2. Tale invasione non viene però interpretata, da parte del ceto medio-alto che gestisce - per conto della borghesia proprietaria - gli organi del potere ideologico (media, università e cultura), come una minaccia. Perché?

    3. Perché il fenomeno migratorio non costituisce una opposizione alla società di classe, ma al contrario la conferma di come questa sia diventata l'unica affermazione possibile di una forma sociale umana. Ora, nella misura in cui il ceto medio-alto integrato negli apparati ideologici è leale verso i domanti - troppo felice di aver scampato il pericolo della caduta nel proletariato -, logicamente assume un punto di vista che è quello dei suoi proprietari: è minaccia soltanto ciò che nuoce alla riproduzione della società di classe.

    4. Abbiamo detto che il fenomeno migratorio conferma la forma sociale attuale. Infatti nel contesto della società salariale, il migrante svolge un ruolo ben preciso di mano d'opera a buon mercato. Il migrante va quindi costruendo una nuova frazione del proletariato, a misura che il vecchio proletariato locale risulta incapace di entrare nella logica di ristrutturazione del capitale: già l'operaio lombardo costava troppo, e ci voleva il meridionale ; poi il rumeno e la polacca ; ora il nero, l'uomo senza nazionalità, senza storia, senza memoria delle lotte passate della classe che non è niente eppur abolisce tutte le classi.

    5. Quando invece il proletariato rivoluzionario abolisce le condizioni della sua miseria materiale, abolisce anche tutte le altre separazioni: non è più lo straniero universale, sempre buttato sulla strada dalla necessità di guadagnarsi da mangiare. Si ritrova nelle sue terre come in casa sua, e in una temporalità dove i morti dei tempi passati si presentano non più come altri proletari ma stesso destino, ma come una comunità di destino che, dopo aver perso mille battaglie, ha finalmente vinto la guerra.

    6. Con la vittoria nella guerra sociale, il proletariato afferma la possibilità di un altra forma sociale senza scambio, senza proletari, quindi senza migranti. L'universalità della dittatura del capitale chiede l'universalità della lotta, e l'universalismo concreto del comunismo: chi voleva invadere ha da lottare in casa sua, con o senza l'aiuto dei proletari vittoriosi.
    Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
    Pavese

  2. #2
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    Predefinito Re: Filosofia dell'invasione migratoria

    I discendenti degli africani diventeranno in gran parte sottoproletari mantenuti con sussidi: guarda Francia ed USA ad esempio.

    La teoria della Lotta di Classe non tiene inoltre conto dell'incipiente Rivoluzione Robotica che al pari di quella Informatica cambierà notevolmente la società: a cosa serviranno milioni di proletari se le imprese pubbliche e private avranno a disposizione orde di infaticabili ed obbedienti robot con sufficiente intelligenza artificiale e flessibilità da svolgere efficacemente i propri compiti? In campo software inoltre stanno già emergendo sostituti dell'uomo anche nei lavori di tipo impiegatizio di basso livello come call-center o scrittura di brevi articoli giornalistici.

  3. #3
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    Predefinito Re: Filosofia dell'invasione migratoria

    Ciao Tommaso e benritrovato. Ho letto ieri il tuo post, ma da tempo avevo intenzione di discutere con te in merito ad una questione non nuova che hai già affrontato su questo forum.

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    1. La penetrazione nel territorio italico e continentale di migranti in cerca di nuove condizioni di vita costituisce, per via dei numeri e della sua dinamica, una invasione.

    2. Tale invasione non viene però interpretata, da parte del ceto medio-alto che gestisce - per conto della borghesia proprietaria - gli organi del potere ideologico (media, università e cultura), come una minaccia. Perché?
    Inizio a confrontarmi con te partendo da un assunto di base, e cioè di avere di fronte un Comunista, una persona che, per quanto si sforzi ancora di mantenere inalterato un linguaggio che considero sorpassato ("classe", "proletariato", "borghesia"), ai miei occhi ha interesse per le condizioni degli "ultimi". E in virtù di ciò lo rispetto, avendo io, in astratto "di destra", una coscienza cristiana che mi ha portato negli anni a sensibilizzare progressivamente con gli esclusi e i non garantiti, vittime di un sistema globale che non piace a te, come nemmeno a me. Ma attenzione, nell'esercitare questa critica alla Globalizzazione io so di star dando voce ad un cittadino europeo che prima di Maastrich era comunque garantito da un Sistema politico, nazionale e sociale, che gli permetteva di godere al pari di moltissimi di un buon livello di vita, certamente apprezzabile se paragonato a quello vigente in altre parti del mondo. Ed è su questo punto che vorrei iniziare la nostra discussione, ovvero sulla Globalizzazione. Ti ho espresso il mio punto di vista, quello di chi egoisticamente non può amare questo processo perché ha visto la propria situazione economica e sociale evolvere in peggio e non in meglio. Ma è un punto di vista egoistico, che si fonda sull'esperienza personale e tuttalpiù di quei popoli occidentali che non sono più, come trent'anni fa, padroni incontrastati del mondo. E' un punto di visto egoistico che sto cercando di smussare perché reputo al fondo sbagliato. La Globalizzazione forse è stata una iattura per noi, per i poveri e i piccolo-borghesi d'Occidente, quelli che non hanno fatto l'Erasmus, masticano un inglese imparaticcio ed erano abituati a far vacanza presso le coste italiane. Per altri, di posizione sociale più alta e di visione più cosmopolita è stata invece un'opportunità, che sfruttata a piene mani ha di fatto allargato enormemente una forbice sociale che fino agli anni novanta si manteneva ancora entro livelli che oggi sarebbero considerati accettabili. Dunque, in Occidente, la Globalizzazione ha garantito il successo di pochi e decretato l'arretramento di molti. Ma se spostiamo l'orizzonte fuori dall'Occidente dobbiamo onestamente convenire che è accaduto l'esatto contrario. Sono stati in quel caso i le nazioni e i continenti poveri a godere di enormi vantaggi, vedi l'Asia e i casi specifici della Cina e dell'India. Per cui se il cittadino europeo-occidentale piange, con qualche ragione, il cittadino globale, quello che ha come riferimento l'essere umano senza confini di nazione o di razza ha tutte le ragioni per sorridere, avendo nel complesso suddetta Globalizzazione, e il capitalismo che ne è stata l'arma, migliorato le condizioni di vita dei più e ridotto il gap tra i continenti, oggi assai più competitivi di quanto siamo mai stati. A tal proposito mi viene in mente una discussione con Negri e Fusaro ospiti di Luigi Paragone a La Gabbia. Molto lucidamente, da comunista "senza se e senza ma", Toni Negri difendeva la Globalizzazione pur non tacendo affatto gli squilibri generati da questa; squilibri che andranno però combattuti e risolti dall'interno e non contro suddetto processo. Toni Negri è un intellettuale che è distantissimo da me, la figura di intellettuale che ho sempre detestato, eppure guardandolo più da vicino sono costretto a riconoscergli un sincero e schietto interesse per i più disagiati. Ebbene, da comunista autentico, Negri si scagliava contro le nazioni e difendeva l'ottica internazionalista e cosmopolita che ha sempre accompagnato le riflessioni del Movimento Operaio. A confronto, l'intervento di Diego Fusaro a difesa di un internazionalismo anti-cosmopolita, un internazionalismo "tra" nazioni e non "contro" le nazioni, sembrava un arrampicarsi sugli specchi un po' patetico nel tentativo di conciliare le ragioni del comunismo con quelle dei (ricchi) popoli europei. Ma dei tre, il peggiore, a mio avviso, era senz'altro il conduttore, Luigi Paragone, che "da destra", facendosi forte di un populismo volgare (nel senso di proprio d'una massa ignorante) cercava di mettere Negri in difficoltà, contrapponendogli Varoufakis a Tzipras, un trabocchetto dal quale Negri è riuscito perfettamente a disarticolarsi restando con tutti e due piedi, direi "nobilmente", dentro quello che è il suo percorso di sempre, che è quello del comunismo, quello della sinistra "proletaria" e antagonista.

    Ora, tu mi parli di invasione, con una retorica più populista che comunista, e metti suddetta "invasione" in relazione agli interessi della "borghesia proprietaria" (qui usi un linguaggio veterocomunista invece di parlare, come solitamente si fa oggi, di 1%, di "elites" o di "garantiti"). Francamente non so se sia lecito parlare di invasione. Certamente è uno spostamento di masse epocale. Ma è legittimo usare un termine (invasione) che contiene il senso di un'aggressione perpetrata a danno di altri? A me pare di no. Io vedo masse che al prezzo della loro stessa vita lasciano casa, famiglia, ogni cosa che possiedono, per una minima chance di futuro. Sono esseri umani, i più disagiati, gli "ultimi". Io mi tengo distante dal ritenerli un'"opportunità" quanto una "minaccia". Faccio mia la posizione della Chiesa che in merito ai migranti parla e a ragione di questione "umanitaria". Se sei cristiano, ma anche se hai un minimo di cuore, davanti ad un essere umano che sta morendo o rischia di morire lo aiuti, lo accogli, e non ti chiedi se sia un'opportunità o una minaccia. E' semplicemente una cosa che "devi" fare. Poi ci sarà, probabilmente, anche chi trae vantaggio da queste migrazioni. Ma è un problema secondario che va necessariamente separato dalla necessità di fornire questo aiuto.

    3. Perché il fenomeno migratorio non costituisce una opposizione alla società di classe, ma al contrario la conferma di come questa sia diventata l'unica affermazione possibile di una forma sociale umana. Ora, nella misura in cui il ceto medio-alto integrato negli apparati ideologici è leale verso i domanti - troppo felice di aver scampato il pericolo della caduta nel proletariato -, logicamente assume un punto di vista che è quello dei suoi proprietari: è minaccia soltanto ciò che nuoce alla riproduzione della società di classe.

    4. Abbiamo detto che il fenomeno migratorio conferma la forma sociale attuale. Infatti nel contesto della società salariale, il migrante svolge un ruolo ben preciso di mano d'opera a buon mercato. Il migrante va quindi costruendo una nuova frazione del proletariato, a misura che il vecchio proletariato locale risulta incapace di entrare nella logica di ristrutturazione del capitale: già l'operaio lombardo costava troppo, e ci voleva il meridionale ; poi il rumeno e la polacca ; ora il nero, l'uomo senza nazionalità, senza storia, senza memoria delle lotte passate della classe che non è niente eppur abolisce tutte le classi.

    5. Quando invece il proletariato rivoluzionario abolisce le condizioni della sua miseria materiale, abolisce anche tutte le altre separazioni: non è più lo straniero universale, sempre buttato sulla strada dalla necessità di guadagnarsi da mangiare. Si ritrova nelle sue terre come in casa sua, e in una temporalità dove i morti dei tempi passati si presentano non più come altri proletari ma stesso destino, ma come una comunità di destino che, dopo aver perso mille battaglie, ha finalmente vinto la guerra.

    6. Con la vittoria nella guerra sociale, il proletariato afferma la possibilità di un altra forma sociale senza scambio, senza proletari, quindi senza migranti. L'universalità della dittatura del capitale chiede l'universalità della lotta, e l'universalismo concreto del comunismo: chi voleva invadere ha da lottare in casa sua, con o senza l'aiuto dei proletari vittoriosi.
    Qui tu fai un discorso, molto presente nelle varie aree "populiste", che a mio avviso si discosta totalmente da ogni analisi di tipo comunista o anarchico. Dico questo non perché io sa comunista o anarchico, né perché abbia qualsiasi interesse o attenzione verso questi soggetti. Diciamo che stimo una coerenza di fondo, un'adesione incondizionata ad una visione egualitaria che nel corso dei secoli si è in larga parte realizzata. In tal senso mi chiedo come ci si possa ritenere comunisti, usare un lessico (vetero)comunista e poi condurre una battaglia che comunista non è. Mi riferisco a te, ma anche a Fusaro e per certi versi anche a Michea, autori che vorrebbero defendere la storia e l'identità della sinistra guardando ad essa con un occhio solo, quello che osserva i processi economici. Ma la sinistra è sempre stata una forza di eguaglianza nel senso di emancipazione, un'emancipazione intesa a tutti i livelli, dalla religione alla famiglia, fino ai rapporti di sesso. Da Marx in poi si è visto come da sinistra si guardasse alla spinta data dal capitalismo borghese come un grimaldello che alla fine avrebbe fatto esplodere tutte le contraddizioni interne a quella classe. E onestamente bisogna dire che ancora oggi il borghese lavora per il comunista e non il comunista per il borghese! Gli anni novanta, quelli della post-globalizzazione sono stati per molti versi quelli del '68 realizzato. Un '68 realizzato, in ritardo ma nemmeno di molto, non dai comunisti, ma dai borghesi, dai liberali, i cosiddetti "bo-bos" dell'intellighenzia parigina. E' stata la "cattiva coscienza" borghese a far sì, ancora una volta, che molte se non tutte le tematiche comuniste degli anni sessanta e settanta venissero realizzate. Per cui la sinistra scompare nel momento in cui si realizza pienamente e definitivamente. La differenza tra un Toni Negri e te (o un Fusaro) è che lui vive consapevolmente i successi e le battaglie che attendono il Movimento Operaio oggi e nel futuro che verrà, mentre tu e Fusaro vi siete in un certo senso "adagiati" sul mondo precedente l'89, con l'aggravante di considerare "ultimi" quelli che ultimi non sono, e dunque privilegiare quella che un tempo si sarebbe considerata una posizione piccoloborghese e para-fascista. Insomma, dice Negri e dicono i comunisti, ma pure il Papa, ci sono queste masse di poverissimi che hanno diritto anche loro di un posto al sole. Non possono essere lasciati fuori a vantaggio di chi un posticino sotto il sole già ce l'ha. La globalizzazione ha già egualizzato di parecchio il pianeta, ora bisogna fare un'ulteriore sforzo, sempre all'insegna di abbattere muri, steccati, distinzioni, che agli occhi di un comunista vogliono dire egoismi, privilegi. Ecco perché Negri, nell'ottica di un comunista, ha ragione.

    Poi si potrebbe discutere se sia giusto perseguire l'uguaglianza ad ogni costo, ma sento che questo terreno (a me favorevole) sia in qualche modo stato asfaltato e che si debba tutti, volente o nolente, ragionare in merito allo stato di cose presente, ad un mondo interconnesso che si è fatto minuscolo e a portata di click. E che forse non ci resti altro che difendere l'Uomo (di ogni classe, regione o razza provenga) da un Cyborg che già si staglia all'orizzonte. Minaccioso.

  4. #4
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    Predefinito Re: Filosofia dell'invasione migratoria

    Citazione Originariamente Scritto da Agnosta Visualizza Messaggio
    La teoria della Lotta di Classe non tiene inoltre conto dell'incipiente Rivoluzione Robotica che al pari di quella Informatica cambierà notevolmente la società: a cosa serviranno milioni di proletari se le imprese pubbliche e private avranno a disposizione orde di infaticabili ed obbedienti robot con sufficiente intelligenza artificiale e flessibilità da svolgere efficacemente i propri compiti? In campo software inoltre stanno già emergendo sostituti dell'uomo anche nei lavori di tipo impiegatizio di basso livello come call-center o scrittura di brevi articoli giornalistici.
    È tutto vero ciò che scrivi. Nel mio intervento, come nel discorso generale, questo fenomeno è inquadrato in quel che chiamo la ristrutturazione del capitale. Cioè la necessità vitale, per il capitale, tra l'altro di sostituire la forza di lavoro umana con i robot, affinché possa salvare margini di plus-valore.

    Quindi a misura che la forza lavoro umana viene espulsa dalla produzione, c'è produzione concomitante di una umanità senza riserva (proletariato) e senza impiego (perché inutile al capitale).
    Fin quando questo fenomeno interessa soltanto la classe operaia e impiegatizia, rimane poco visibile e poco significativa politicamente. Ma ora come hai detto comincia ad interessare il ceto semi-colto medio-alto, e allora succede quel che deve succedere secondo le tavole scientifiche della rivoluzione: il ceto medio-alto si scopre un interesse comune con la crescente umanità di troppo. In questa configurazione sociologica si riapre la prassi di costruzione dell'organizzazione rivoluzionaria.


    @Florian : Ciao e benritrovato. Ho letto il tuo intervento con grande interesse. Ora non ho il tempo di rispondere, ma statt senz pensier che torno appena possibile. Ciao.
    Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
    Pavese

  5. #5
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    Predefinito Re: Filosofia dell'invasione migratoria

    Anche se da una prospettiva diversa dalla mia e attraverso categorie interpretative che non posso condividere interamente, noto positivamente che il discorso di @Tommaso sull'immigrazione è serio, cioè aderente alla realtà storica concreta, e si fa pertinente. Tommaso parla ancora di comunismo, ma questo suo discorso è finalmente di Destra, nel senso nobile della parola, oserei dire fascista. E lo dico pur sapendo che, probabilmente, se toccassimo altri aspetti di diverse questioni saremmo in disaccordo. Ma lealmente gli riconosco ciò che io considero dei meriti. @Florian invece scade nel solito pietismo mediocremente ed infimamente borghese, di quella borghesia dello "spirito" contro cui Mussolini si scagliava, salvando però invece la borghesia produttiva e non parassitaria e, soprattutto, non inquinata da un quietismo pantofolaio e panciafichista: quel ceto medio produttivo oggi tartassato dalle tasse, impoverito dalle politiche neomonetariste imposte da Bruxelles, non più sicuro in casa propria, con il lavoro sempre meno garantito e le proprie certezze messe in discussione. La posizione di Florian, nonostante lui dica di venire da destra e tale si consideri ancora, è invece quasi boldriniana e si fonda su sostanziali falsità. I "poveri migranti" tanto poveri non sono perché vengono qui per arricchirsi ulteriormente o per delinquere. I richiedenti asilo, le cui richieste vengono respinte nella stragrande maggioranza dei casi perché non sussistono i requisiti necessari e non scappano da guerre o persecuzioni, vengono presi addirittura sottocosta in Nord Africa e non sono di certo in grave stato di necessità. Fare appello al cristianesimo è poi la ciliegina su questa torta indigesta: proprio il cristianesimo che ci impone di amare il prossimo prima nei nostri famigliari e nei nostri connazionali e poi nel resto del genere umano!
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

  6. #6
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    Predefinito Re: Filosofia dell'invasione migratoria

    Florian, nella lotta per la vita chi ha buon cuore soccombe.

  7. #7
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    Predefinito Re: Filosofia dell'invasione migratoria

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Anche se da una prospettiva diversa dalla mia e attraverso categorie interpretative che non posso condividere interamente, noto positivamente che il discorso di @Tommaso sull'immigrazione è serio, cioè aderente alla realtà storica concreta, e si fa pertinente. Tommaso parla ancora di comunismo, ma questo suo discorso è finalmente di Destra, nel senso nobile della parola, oserei dire fascista. E lo dico pur sapendo che, probabilmente, se toccassimo altri aspetti di diverse questioni saremmo in disaccordo. Ma lealmente gli riconosco ciò che io considero dei meriti. @Florian invece scade nel solito pietismo mediocremente ed infimamente borghese, di quella borghesia dello "spirito" contro cui Mussolini si scagliava, salvando però invece la borghesia produttiva e non parassitaria e, soprattutto, non inquinata da un quietismo pantofolaio e panciafichista: quel ceto medio produttivo oggi tartassato dalle tasse, impoverito dalle politiche neomonetariste imposte da Bruxelles, non più sicuro in casa propria, con il lavoro sempre meno garantito e le proprie certezze messe in discussione. La posizione di Florian, nonostante lui dica di venire da destra e tale si consideri ancora, è invece quasi boldriniana e si fonda su sostanziali falsità. I "poveri migranti" tanto poveri non sono perché vengono qui per arricchirsi ulteriormente o per delinquere. I richiedenti asilo, le cui richieste vengono respinte nella stragrande maggioranza dei casi perché non sussistono i requisiti necessari e non scappano da guerre o persecuzioni, vengono presi addirittura sottocosta in Nord Africa e non sono di certo in grave stato di necessità. Fare appello al cristianesimo è poi la ciliegina su questa torta indigesta: proprio il cristianesimo che ci impone di amare il prossimo prima nei nostri famigliari e nei nostri connazionali e poi nel resto del genere umano!


    Mussolini, socialista con simpatie comuniste, non rientra nel mio pantheon di riferimento. Sedette a destra perché quel posto, in Italia, era vuoto. Ma dietro di sé aveva Mazzini, Garibaldi, Crispi... nessun uomo di destra! Fatta questa premessa, resto sconcertato (sul serio) dalla tua visione d'un cattolicesimo che imporrebbe di "amare il prossimo prima nei nostri famigliari e nei nostri connazionali e poi nel resto del genere umano!" E' semplicemente un assurdo. Quella cattolica non è Chiesa nazionale, bensì universale, e un cattolico non fa distinzioni tra il povero vicino e quello lontano. Hai detto anche un'altra cosa davvero inconcepibile, ossia che "i "poveri migranti" tanto poveri non sono perché vengono qui per arricchirsi ulteriormente o per delinquere"... è vergognoso che si parli in tal modo di quella povera gente!!

  8. #8
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    Predefinito Re: Filosofia dell'invasione migratoria

    Citazione Originariamente Scritto da Agnosta Visualizza Messaggio
    Florian, nella lotta per la vita chi ha buon cuore soccombe.
    E' destino per chi anela ad una vita migliore.

  9. #9
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    Predefinito Re: Filosofia dell'invasione migratoria

    Citazione Originariamente Scritto da Florian Visualizza Messaggio


    Mussolini, socialista con simpatie comuniste, non rientra nel mio pantheon di riferimento. Sedette a destra, perché quel posto, in Italia, era vuoto. Ma dietro di sé aveva Mazzini, Garibaldi, Crispi... nessun uomo di destra! Fatta questa premessa, resto sconcertato (sul serio) dalla tua visione d'un cattolicesimo che imporrebbe di "amare il prossimo prima nei nostri famigliari e nei nostri connazionali e poi nel resto del genere umano!" E' semplicemente un assurdo. Quella cattolica non è Chiesa nazionale, bensì universale, e un cattolico non fa distinzioni tra il povero vicino e quello lontano. Hai detto anche un'altra cosa davvero inconcepibile, ossia che "i "poveri migranti" tanto poveri non sono perché vengono qui per arricchirsi ulteriormente o per delinquere"... è vergognoso che si parli in tal modo di quella povera gente!!
    Leggi e impara @Florian:

    "Infatti la città che ha bisogno di una grande quantità di commercio per il suo sostentamento necessariamente deve sopportare una continua convivenza con gli stranieri. Ma la convivenza con gli estranei corrompe moltissimi i costumi dei cittadini, come insegna Aristotele nella Politica; perché avviene necessariamente che gli stranieri, cresciuti con altre leggi e usanze, in molte cose agiscono diversamente dai costumi dei cittadini; e così, poiché i cittadini sono attirati dall'esempio a fare altrettanto, la convivenza civile viene perturbata" (San Tommaso d'Aquino, De Regimine principum).

    "Con gli stranieri ci possono essere due tipi di rapporti: l'uno di pace, l'altro di guerra. E rispetto all'uno e all'altro la legge conteneva giusti precetti. Infatti gli ebrei avevano tre occasioni per comunicare in modo pacifico con gli stranieri. Primo, quando gli stranieri passavano per il loro territorio come viandanti. Secondo, quando venivano ad abitare nella loro terra come forestieri. E sia nell'un caso come nell'altro la legge impose precetti di misericordia; infatti nell'Esodo si dice: "Non affliggere lo straniero"; e ancora: "Non darai molestia al forestiero". Terzo, quando degli stranieri volevano passare totalmente nella loro collettività e nel loro rito. In tal caso si procedeva con un certo ordine. Infatti non si ricevevano subito come compatrioti: del resto anche presso alcuni gentili era stabilito, come riferisce il Filosofo, che non venissero considerati cittadini, se non quelli che lo fossero stati a cominciare dal nonno, o dal bisnonno. E questo perché, ammettendo degli stranieri a trattare i negozi della nazione, potevano sorgere molti pericoli; poiché gli stranieri, non avendo ancora un amore ben consolidato al bene pubblico, avrebbero potuto attentare contro la nazione. Ecco perché la legge stabiliva che si potessero ricevere nella convivenza del popolo alla terza generazione alcuni dei gentili che avevano una certa affinità con gli ebrei: cioè gli egiziani, presso i quali gli ebrei erano nati e cresciuti, e gli idumei, figli di Esaù fratello di Giacobbe. Invece alcuni, come gli ammoniti e i moabiti, non potevano essere mai accolti, perché li avevano trattati in maniera ostile. Gli amaleciti, poi, che più li avevano avversati, e con i quali non avevano nessun contatto di parentela, erano considerati come nemici perpetui; infatti nell'Esodo si legge: "La guerra di Dio sarà contro Amalec, di generazione in generazione". (...) La legge non escludeva dal culto di Dio, e da ciò che serve alla salvezza dell'anima, gli uomini di nessuna nazione; infatti nella Scrittura si dice; "Se qualche forestiero vorrà associarsi a voi, e fare la Pasqua del Signore, sia prima circonciso ogni suo maschio, e allora si accosterà per celebrarla, e sarà come un nativo del paese". Invece nelle cose temporali, rispetto a ciò che formava la convivenza civile del popolo, non veniva subito ammesso chiunque, per il motivo sopra indicato: ma alcuni vi erano ammessi alla terza generazione, come gli egiziani e gli idumei; altri erano esclusi in perpetuo, a riprovazione di una colpa passata, come i moabiti, gli ammoniti e gli amaleciti. Infatti, come una persona singola è punita per il peccato da lei commesso, perché gli altri si astengano dal peccare, così per qualche speciale peccato può essere punita una nazione o una città, perché altri popoli si astengano da una simile colpa. Tuttavia qualcuno poteva essere ammesso nella civile convivenza del popolo con una dispensa, per qualche atto particolare di virtù: si legge infatti nel libro di Giuditta, che Achior, comandante degli Ammoniti, "fu aggregato al popolo d'Israele, egli e tutta la discendenza della sua stirpe". Così avvenne per la moabita Rut, che era "una donna virtuosa". Sebbene si possa rispondere che codesta proibizione si estendeva ai soli uomini, non alle donne, che non hanno pieno diritto di cittadinanza" (San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae).

    "La Chiesa di Cristo, fedelissima depositaria della divina educatrice saggezza, non può pensare né pensa d'intaccare o disistimare le caratteristiche particolari, che ciascun popolo con gelosa pietà e comprensibile fierezza custodisce e considera qual prezioso patrimonio. Il suo scopo è l'unità soprannaturale nell'amore universale sentito e praticato, non l'uniformità, esclusivamente esterna, superficiale e per ciò stesso debilitante. Tutte quelle direttive e cure, che servono ad un saggio ordinato svolgimento di forze e tendenze particolari, le quali hanno radici nei più riposti penetrali d'ogni stirpe, purché non si oppongano ai doveri derivanti all'umanità dall'unità d'origine e comune destinazione, la Chiesa le saluta con gioia e le accompagna con i suoi voti materni. (...) [Non] è da temere che la coscienza della fratellanza universale, fomentata dalla dottrina cristiana, e il sentimento che essa ispira, siano in contrasto con l'amore alle tradizioni e alle glorie della propria patria, o impediscano di promuoverne la prosperità e gli interessi legittimi, poiché la medesima dottrina insegna che nell'esercizio della carità esiste un ordine stabilito da Dio, secondo il quale bisogna amare più intensamente e beneficare di preferenza coloro che sono a noi uniti con vincoli speciali. Anche il divino Maestro diede esempio di questa preferenza verso la sua terra e la sua patria, piangendo sulle incombenti rovine della città santa. Ma il legittimo giusto amore verso la propria patria non deve far chiudere gli occhi sulla universalità della carità cristiana, che fa considerare anche gli altri e la loro prosperità nella luce pacificante dell'amore" (Pio XII, Enciclica "Summi Pontificatus", 1939).

    "Non stupisce (...) che le mutate circostanze abbiano portato restrizioni circa l'immigrazione, poiché in questo campo si ha da tenere presente non solo l’interesse dell’immigrato, ma anche il benessere della nazione" (Pio XII, discorso al sig. Ugo Carusi del dipartimento della Giustizia degli USA, e al sig. Howard R. Travers del dipartimento di Stato, 13 marzo 1946).

    Evita di sporcare il cristianesimo con il tuo buonismo liberale borghese. E se scrivi certe cazzate sugli immigrati è perché tu di immigrati in vita tua non ne hai mai visto uno e probabilmente nemmeno ci hai mai avuto a che fare.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

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    Predefinito Re: Filosofia dell'invasione migratoria

    Mi fa piacere che Tommaso parli di invasione. Quanto a te Florian, ti prego abbi pietà di noi, fai il buon cristiano, vai a imbandire le tue storielle da effemminato lunatico altrove.

 

 
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