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  1. #61
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Bari, due pastori pagati 70 centesimi l’ora senza ferie e riposo: arrestati titolari di un’azienda agricola

    Un cittadino ghanese di 32 anni e un maliano di 27 erano i factotum dell'azienda e lavoravano 12 ore al giorno. Il 17 agosto nel barese è stato arrestato un'altro imprenditore agricolo: faceva lavorare un 24enne bengalese per 11 ore al giorno, pagate 1,80 euro l'una

    di F. Q. | 22 AGOSTO 2019

    Due nuovi arresti nel barese, dove i carabinieri sono impegnanti in operazioni di monitoraggio delle attività agricole per contrastare i numerosi casi di sfruttamento della manodopera nella zona. Dopo l’arresto il 17 agosto di un imprenditore agricolo di Casamassima per lo sfruttamento di un 24enne bengalese sono finiti in manette anche i due titolari di un’impresa agricola e di allevamento di ovini e suini a Poggiorsini. Pagavano 70 centesimi l’ora – quando il contratto collettivo prevede una paga di almeno 10 euro – due immigrati che lavoravano per 12 ore al giorno.

    I due arrestati, che hanno 24 e 53 anni, sono il titolare effettivo dell’azienda agricola e un suo parente che risulta co-titolare dal momento che è legato a tutte le attività dell’allevamento. La task force che li ha arrestati da tempo monitorava l’attività di due dipendenti – un cittadino ghanese di 32 anni e un maliano di 27, con permesso di soggiorno scaduto in attesa di rinnovo – che erano stati spesso visti mettersi al lavoro all’alba occupandosi di tutte le attività riguardanti il monitoraggio degli animali, il pascolo, la mungitura, la pulizia delle stalle. I due ‘dipendenti’ erano sostanzialmente impiegati come factotum e su 12 ore di turno avevano solo mezz’ora di pausa. Per loro niente riposo e ferie, nessuna formazione sui rischi per la salute e sicurezza e nessuna visita medica.

    L’arrestato di Casamassima era invece un 46enne titolare di un allevamento di ovini. Aveva fatto lavorare per mesi il 24enne bengalese per 11 ore al giorno, pagate 1,80 euro l’una. Anche lui era stato monitorato e visto più volte mettersi al lavoro all’alba occupandosi di tutte le attività dell’azienda. Oltre all’arresto, l’imprenditore agricolo è stato anche sanzionato per 60mila euro ed è stata disposta la sospensione della sua attività produttiva. Gli erano stati contestati i reati di sfruttamento del lavoro e favoreggiamento all’immigrazione clandestina, oltre a violazioni quali l’omessa formazione dei dipendenti sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro e mancata valutazione delle condizioni di salute in relazione all’impiego, l’impiego di lavoratori subordinati in nero, la violazione delle disposizioni per il contrasto del lavoro e il divieto di assunzione di lavoratori privi di permesso di soggiorno.
    https://www.ilfattoquotidiano.it/201...icola/5402076/
    Religione per noi significa la dottrina (...) dell'allevamento che renda possibili le anime superiori a spese di quelle inferiori.
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  2. #62
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Questi e altri articoli del recente passato, fine anni '90-primi 2000, pubblicati qualche giorno fa che mostrano come l'immigrazione non sia altro che un VOLERE PADRONALE:





    RESISTENZA NAZIONALE: L'immigrazione è un fenomeno padronale 2
    L’immigrazione è fenomeno padronale. Chi critica il capitalismo approvando l’immigrazione, di cui la classe operaia è la 1a vittima, farebbe meglio a tacere. Chi critica l’immigrazione restando muto sul capitale, dovrebbe fare altrettanto. De Benoist

  3. #63
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Citazione Originariamente Scritto da Pestis nigra Visualizza Messaggio
    esiste ancora una legge sui lavori socialmente utili.

  4. #64
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Citazione Originariamente Scritto da agdan.agdan Visualizza Messaggio
    esiste ancora una legge sui lavori socialmente utili.
    Ma non erano stati vietati dalla UE i LSU?
    L’immigrazione è fenomeno padronale. Chi critica il capitalismo approvando l’immigrazione, di cui la classe operaia è la 1a vittima, farebbe meglio a tacere. Chi critica l’immigrazione restando muto sul capitale, dovrebbe fare altrettanto. De Benoist

  5. #65
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Bellanova vuole l’invasione: “Porti aperti e inclusione. Le aziende mi chiamano perché vogliono i migranti” (Video)
    Settembre 18, 2019 Politica Commenti disabilitati

    Di Davide Di Stefano – Roma, 18 set – Sta con Renzi senza se e senza ma e vuole i porti aperti. L’abito non farà il ministro, ma le posizioni politiche sì. E quelle del ministro alle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, sembrano piuttosto chiare e virano chiaramente verso una politica di accoglienza (quasi) indiscriminata: “Porti aperti con politiche inclusive e gestione europea dei flussi migratori”, ha spiegato la Bellanova a Lilli Gruber ieri sera a Otto e Mezzo. Per il ministro i porti vanno chiusi solo “alla contraffazione e alla concorrenza sleale”.
    Le aziende vogliono gli immigrati



    La Gruber insiste però sulla questione migratoria, chiedendo se il ministro voglia o meno controlli più severi su chi entra in Italia. La Bellanova, dopo aver ribadito la necessità di un accordo europeo per “far arrivare le persone e distribuirle sul territorio nazionale”, ha confessato alla Gruber che, mentre si stava recando agli studi di La7, è stata chiamata da “imprese che mi hanno detto che senza flussi migratori ben regolati, molte delle nostre produzioni marciscono nei campi. Molti dei lavoratori polacchi che prima venivano qui adesso vanno in Germania. Attenti a dire porti chiusi”, conclude la Bellanova lanciando un avvertimento che tradotto sembra dire “fate arrivare gli africani, che i pomodori a due euro l’ora sennò chi li raccoglie”.
    Bellanova renziana di ferro
    Sarà interessante ora vedere l’operato della Bellanova, considerando anche che sarà il “capo delegazione” dei renziani nel governo. L’ex bracciante ha infatti dichiarato “con la franchezza che mi contraddistingue” di stare chiaramente “con Matteo Renzi” e il suo “progetto politico ambizioso”. Per il ministro alle Politiche agricole “la parola scissione è fuori luogo e pericolosa”, visto che la decisione di Renzi “rafforza il governo e arricchisce l’offerta all’interno delle forze democratiche”.
    https://www.rassegneitalia.info/bell...igranti-video/
    https://www.la7.it/otto-e-mezzo/vide...09-2019-281850

    La ex-bracciante, poi sindacalista che giustifica l'immigrazione dei negri affinché raccolgano i pomodori a 2 euro all'ora.
    I padroni la chiamano persino al telefono per ricordare le priorità: CAPITALISMO = INVASIONE di NEGRI.
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  6. #66
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Ma non è solo una questione di curva.
    E un giorno gli ultras che spacciano e chiedono il pizzo col duce tatuato sull'avambraccio, e un giorno quelli dei fascisti di Roma nord, e un giorno quelli che sono culo e braghe con i clan Rom, e un giorno quelli che girano con etti sotto il sellino e truffano la sanità, e tanti altri casi.
    Ma oltre tutto non esiste una forza politica o culturale che difenda l'immagine del fascismo.

  7. #67
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Migranti, agli industriali non basta la discontinuità: “Utili all’Italia”. Sul Fatto quotidiano di lunedì 23 settembre

    di F. Q. | 22 Settembre 2019

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    Il governo Conte è impegnato a convincere i partner europei a prendersi una parte dei richiedenti asilo che arrivano in Italia. Ma la questione immigrazione non si esaurisce qui, anzi. A ricordarlo alla politica è il sistema produttivo, che non si accontenta della “discontinuità” con il governo giallo verde, ma chiede un progetto e una gestione dell’immigrazione che risponda alle effettive esigenze del paese.

    Il Fatto ha incontrato industriali e rappresentanti delle associazioni di categoria e policy makers. “Da troppo tempo un governo non ci domanda di quanta manodopera straniera abbiamo bisogno“, dichiara Vincenzo Boccia di Confindustria. La legge prevede che ogni tre anni il governo emani il Documento programmatico sull’immigrazione, ma non lo fa più nessuno da oltre dieci anni. In un paese sempre più vecchio e con il tasso di natalità ai minimi storici, possiamo permetterci di essere gli ultimi in Europa per numero di migranti economici? Come ci siamo arrivati? C’è una strategia per il futuro? Sul Fatto Quotidiano del Lunedì in edicola lunedì 23 febbraio si torna a parlare di immigrazione, di quella che non c’è.
    https://www.ilfattoquotidiano.it/201...embre/5470136/

    Oramai questi schifosi parlano impunemente, il che è buono per questo thread, che reputo oro.
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  8. #68
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Cazzate come se piovesse.

    Con la disoccupazione a seimila e l'automazione incombente abbiamo bisogno di preziosissimi selvaggi analfabeti a vagonate.
    Hitler or Hell.

  9. #69
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Confindustria, cioè dove ci sta il maggior numero di grandi evasori, vuole sia le milionate di schiavi negri e sia la tassazione/abolizione del contante... per combattere l'evasione! ma guarda un pò.
    Ma i sinistrati mica lo capiscono, mica riescono a fare 2+2.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  10. #70
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    Predefinito Re: Imprenditoria capitalistica e immigrazionismo. Connivenze.

    Industriali al governo: servono più migranti

    di Franz Baraggino | 23 Settembre 2019

    “L’ultima volta che un governo ci ha chiesto di quanta manodopera straniera abbiamo bisogno?”. Al presidente di Confindustria viene da ridere. A Cernobbio si stanno chiudendo i lavori del Forum Ambrosetti e Vincenzo Boccia infila una lunga serie di interviste. Dopo aver ragionato di crescita, cuneo fiscale, investimenti, l’ultima domanda sembra un po’ fuori luogo. O forse no. “Da tempo non affrontiamo più certe questioni”, riparte subito Boccia, ma il tono si fa serio: “Se blocchiamo i porti creiamo un blocco anche su questi temi”. I dati dicono che siamo ultimi in Europa per numero di permessi di lavoro agli stranieri: 0,23 nuovi ingressi per mille abitanti nel 2018, record negativo di una parabola imboccata ormai da anni. Eppure il Paese invecchia e la natalità ai minimi storici mette a repentaglio il futuro del nostro welfare. Possibile che nel 2018 gli ingressi per lavoro siano appena 13.877? La Polonia ne conta 600mila. Tanto che il Gruppo di Visegrád vanta da solo il 60% degli ingressi in Ue per ragioni occupazionali (elaborazione Fondazione Leone Moressa su dati Eurostat 2018). Ma il paragone che preoccupa la classe produttiva presente a Cernobbio è quello con l’Italia del passato. Che nel 2007 emanava decreti flussi da 250mila permessi di lavoro e in meno di dieci anni è scesa a poche migliaia (dati Viminale).

    È vero, c’è stata la crisi. Ma quali sono oggi le reali esigenze del sistema Italia? In base a quale criterio si sono decise le quote (identiche) degli ultimi cinque anni? Rispondere è quasi impossibile, perché il Documento di programmazione triennale previsto dalla legge non lo redige più nessun governo: l’ultimo è del 2006, c’era Prodi. Sarà che il nostro sistema produttivo può fare a meno degli stranieri? Esattamente l’opposto, stando a quanto affermano i suoi rappresentanti. “Il nostro centro studi”, racconta Emanuele Orsini di FederlegnoArredo, “calcola che da qui al 2021 il nostro settore avrà bisogno di 20mila nuovi occupati”. E chiarisce che si tratta soprattutto di piccole e medie imprese dove la maggioranza della manodopera è straniera. “Gli immigrati sono un ambito dove formare questa manodopera, un grosso innesto per la nostra economia”, fa eco Achille Colombo Clerici di Assoedilizia, altra associazione di settore a elevata presenza di extracomunitari. E c’è chi va oltre. Per il presidente di Brembo, Alberto Bombassei, “non è solo questione di numeri”, e chiede “un progetto politico sull’integrazione degli extracomunitari”. “Poi”, aggiunge l’ex deputato di Mario Monti, “abbiamo tanti italiani disoccupati”. Che la concorrenza tra italiani e stranieri sia un fenomeno marginale e circoscritto ad aree a bassa specializzazione lo dice il il nuovo Rapporto su stranieri e mercato del lavoro pubblicato a luglio dal ministero del Lavoro. “Gli immigrati fanno lavori molto diversi dai nativi”, si legge. Ma statistiche e numeri non bastano a rassicurare quanti continuano a sentirsi minacciati dall’immigrazione. “Proprio perché la disoccupazione è elevata bisogna ragionare in termini selettivi”, ribatte Riccardo Illy. “Domanda e offerta spesso non combinano e le aziende non trovano i lavoratori di cui hanno bisogno”. Raffaele De Nigris dell’omonimo e storico acetificio la mette giù dura: “I livelli apicali non li trovi perché fuggono all’estero, e la manodopera è scarsa perché i canali per intercettare quella straniera sono insufficienti. Siamo in mezzo a un guado”. Quindi il lavoro ci sarebbe? “Sicuramente”. E allora? “E allora l’immigrazione va gestita”, insiste Illy, che rilancia la richiesta di un cambio di paradigma: “Oltre alla gestione degli arrivi servono inserimento e integrazione”.

    Altro che “discontinuità” col governo gialloverde. Stando ai numeri e alla normativa vigente, le proposte raccolte sembrano più una rivoluzione. “L’Italia non ha più una strategia in merito, ed entrare regolarmente per lavoro è ormai impossibile”, commenta William Chiaromonte, ricercatore di diritto del Lavoro all’Università di Firenze. “La causa principale è la disciplina legislativa che pretende di far incontrare domanda e offerta quando l’aspirante è ancora nel suo Paese d’origine”, dice, spiegando che il nostro è un mercato del lavoro dove la chiamata è spesso nominativa, tra persone che già si conoscono. Eppure, in un Paese che da qui al 2023 avrà bisogno di tre milioni di nuovi occupati (dati Unioncamere), non c’è alternativa. Al contrario c’è chi ci guadagna.

    Se il percorso regolare si estingue, gli immigrati economici ingrossano le fila dei richiedenti asilo allungando i tempi della burocrazia dell’accoglienza. Poi, visto che nessuno può assumerli e nessuno li rimpatria, entrano nel mercato nero. “Una distorsione che arricchisce la criminalità e ha sconvolto settori macroscopici come edilizia e agricoltura”, denuncia Chiaromonte. Le dimensioni del fenomeno? Gli stranieri sono il 74% dei lavoratori domestici, il 56% dei badanti, fino al 40% dei braccianti di agricoltura e allevamento (Istat). Facile immaginare cosa significhi la drastica riduzione dei permessi di lavoro in settori già caratterizzati da ampie quote di sommerso. Sono uomini e donne che non pagano tasse, contributi, che non contribuiscono alla crescita del Pil.

    “Se investissimo nelle persone che arrivano in Italia probabilmente ne caveremmo molto di più rispetto alla sensazione che vengano a fare solo lavori di bassa qualità, peraltro lavori dei quali in Italia continuiamo ad avere un gran bisogno”, sostiene il presidente del gruppo Falk, Enrico Falck. È convinto che tanta parte dei lavoratori stranieri sia sovraistruita rispetto alle mansioni che svolge. A voler verificare si scopre che si tratta del 37,4% degli stranieri, mentre tra gli italiani è il 22% (Idos 2017). Ma sono tempi duri per chi la pensa come Falck.

    La giunta leghista della Provincia Autonoma di Trento ha appena rinunciato a 1 milione di fondi europei (Fondo asilo, migrazione e integrazione) destinati ai corsi di italiano per stranieri. Soldi che l’Italia non riceverà. Mentre il Friuli Venezia Giulia, sempre a guida Lega, sta tentando di usarli per i rimpatri volontari. Che manchi un piano unitario è evidente. Come ci siamo arrivati? Lo chiediamo ad Andrea Stuppini, per anni rappresentante delle Regioni nel Comitato tecnico nazionale sull’immigrazione. “Nei primi anni Duemila i decreti flussi rispondevano alle associazioni datoriali che chiedevano centinaia di migliaia di stranieri – racconta – Già allora il grande assente era la politica per l’integrazione. Così, in mancanza di un progetto robusto, una legislazione già ridimensionata dalla Bossi–Fini venne definitivamente travolta da crisi economica ed emergenze umanitarie. E i permessi di lavoro diventarono un fenomeno da limitare al massimo”. Un esito che imputa “a scelte politiche”. Vie d’uscita? “Ricostruire un rapporto forte tra lavoro e integrazione, cambiando le norme e ripristinando l’istituto dello sponsor, che permetteva ad associazioni pubbliche di garantire per la persona, così che l’incontro con il datore potesse avvenire anche in Italia”.

    Da ultimo, “serve un dialogo con i Paesi africani di provenienza”. Un parere diffuso tra gli industriali: “Un modo per dare ordine ai flussi è formare le persone a monte”, ragiona Giampiero Massolo di Fincantieri, che nel Nordest fatica “a trovare carpentieri e saldatori che dobbiamo importare dal Bangladesh”. E Boccia di Confindustria ha già la proposta: “L’industria europea a partire da quella italiana, attraverso partenariati industriali in quei paesi e col nostro governo, può fare un’operazione rilevante nell’interesse di tutti”. Ma proprio tutti. Dalla sanità alla scuola, dai servizi sociali all’accoglienza, lo Stato spende per gli immigrati meno di quanto non incassi in tasse e contributi dai 2,3 milioni di stranieri che dichiarano redditi. I dati sono quelli del 2016, anno record per numero di sbarchi. Eppure il saldo è positivo: tra +1,7 e +3 miliardi di euro (Dossier statistico immigrazione 2018 Idos). (dati falsati perché il positivo deriva dalle tasse pagate da albanesi e rumeni, non dai negri, nota mia).

    “Tra invecchiamento e natalità ai minimi, in 20 anni i residenti in età da lavoro passeranno da 36 a 29 milioni: fossimo un paese normale, ci interrogheremmo sul nostro futuro”, commenta il portavoce di ASviS ed ex presidente Istat Enrico Giovannini. E sul futuro aggiunge un aneddoto: “Un anno fa proponemmo al governo di istituire un centro di studi sul futuro accanto alla presidenza del Consiglio, come in molti altri paesi. Ci è stato risposto che non è una proposta interessante. Ora che il governo è cambiato speriamo che anche certe risposte possano cambiare”.
    https://www.ilfattoquotidiano.it/in-...ranti/5470330/


    Migranti economici, industriali e manager al governo: “Favorire gli ingressi che servono al mercato del lavoro”

    di F. Baraggino e G. Scacciavillani | 29 Settembre 2019

    “Credo che uno dei modi per dare ordine ai flussi sia quello di formare le persone a monte e comunque di favorire l’immigrazione effettivamente necessaria al mercato del lavoro”. A dirlo non è un manager di Stato qualunque, bensì l’ex coordinatore dei Servizi segreti Giampiero Massolo, che dal 2016 presiede Fincantieri, gruppo pubblico della cantieristica dove, in mancanza di operai specializzati Made in Italy, si importano dall’estero una buona fetta delle maestranze. “La politica potrebbe ascoltare le imprese che possono dire cosa realmente serve”, è la morale lanciata a ilfattoquotidiano.it dal Forum The European House Ambrosetti di Cernobbio. Che non viene ascoltata se il numero uno degli industriali Vincenzo Boccia rileva che “è da tempo che non se ne parla”. Nonostante industriali navigati come Riccardo Illy ritengano “indispensabile riaprire un ragionamento sull’impresa”, dato il “mismatch tra i posti di lavoro che si offrono e i lavoratori disponibili a prenderli”. Lo conferma anche chi lavoro in tutt’altra area del Paese, Raffaele De Nigris erede dello storico acetificio di origine napoletana e di base a Modena: “È sempre una sfida perché i livelli apicali fuggono all’estero mentre la manodopera è scarsa”.
    https://www.ilfattoquotidiano.it/201...avoro/5473279/



    Imprenditori che magnano e discutono di quanti negri riempire l'Italia per i loro guadagni.
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