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  1. #1
    Klassenkampf ist alles!
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    Predefinito La guerra di Google ai siti progressisti

    Fate una prova: andate su Google, cercate una qualunque parola, memorizzate i risultati della prima e seconda pagina e copiateli in una cartella. Poi quando vi capita di poter mettere le mani su un altro computer ripetete esattamente l’operazione e vedrete che i risultati sono completamente diversi. Gli algoritmi di ricerca che hanno reso famoso Google e ne ha fatto un golem del web hanno un rovescio della medaglia ovvero si adattano a quello che il sistema pensa che voi stiate cercando non a quello che cercate e dunque mostra cosa diverse a utenti diversi. E’ un sistema che pare facilitare di molto le cose all’inizio, ma che a lungo andare vi crea una bolla di navigazione che può essere può essere quanto mai riduttiva e che in definitiva si rivela l’idea per la diffusione di contentuti publicitari di ogni genere, espliciti o nascosti.

    Sono sistemi adottati anche da vari social che alla fine producono ricavi giganteschi da questa trasformazione del web in prateria di vendite e di spot: una cosa a cui siamo abituati, ma che diventa nefasta quando dal piano puramente commerciale si scivola in quello politico come è accaduto nella primavera scorsa, quando Google è scesa in campo a fianco dell’informazione maistream decidendo di utilizzare un nuovo e particolare algoritmo per rendere più difficile agli utenti l’accesso a siti considerati portatori di fake news o di complottismo, mentre si è reso possibile aglòi utenti istituzionali “segnalare” contenuti non in linea con la narrazione corrente, ovvero di far vincere sempre “contenuti più autorizzati” come scrisse la major in un comunicato che è un capolavoro di pensierismo unico. I risultati sgraditi non vengono eliminati, ma messi alla quarta o quinta pagina in modo che soltanto i certosini sappiano rintracciarla. Insomma la forma principale del controllo dell’informazione nelle società cosiddette libere dove non ci si affanna a cancellare, ma a marginalizzare.

    Già questo dovrebbe provocare almeno un po’ di disgusto in chi è ancora in grado di pensare, ma la cosa diventa molto più grave nel momento stesso in cui non viene data alcuna definizione di complottismo o di falsa notizia, per cui il tutto si sostanzia in una generica e variabile possibilità di censura sul mercato dell’informazione, secondo le stesse linee di azione utilizzate da Google nel manipolare le ricerche e orientarle verso il suo servizio di shopping. Si è presa una multa da 2,7 miliardi per questo, ma di ceeto nessuno la sanzionerà per la censura politica che anzi è la benvenuta.

    Infatti in appena tre mesi dalla messa in funzione della nuova “filosofia” si riscontra una 32133_1_image-5a954drastica diminuzione di nuovi accessi a siti della sinistra e del progressismo come è saltato fuori con la polemica durissima del World Socialist Web Site, un portale che esiste da vent’ anni e che in tre mesi da fine aprile e fine luglio, ha visto diminuire i nuovi accessi del 70 per cento. Più o meno la stessa cosa è accaduta con altri 14 siti messi in una lista nera dal Washington Post e dal New York Times, con la partecipazione della stessa Google. Visto il periodo si tratta sempre di pagine che contrastano la verità ufficiale di Trump come agente di Putin e si tratta di WikiLeaks, Alternet, Counterpunch, Global Research, Consortium News et Truthout. Anzi non c’è dubbio che la neo censura conclamata del web sia nata sotto l’assillo di dimostrare l’indimostrabile e di evitare il deterioramento di assiomi, essi sì di uno sconcertante complottismo ciarlatano, costruiti per impedire che la generazione di caos e di guerra prodotto dal nuovo medioevo multinazionale, possa subire una battuta di arresto. Naturalmente le organizzazioni che dicono di difendere i diritti democratici come l’Unione americana per le libertà civili e la ormai famigerata Amnesy international, non si sono accorte di nulla, prova che si tratta di estensioni improprie del potere Usa sia bianco, grigio o nero.

    Ma che questa fosse la strada segnata appare chiaro da anni e basta andarsi a rileggere le parole brevi, enigmatiche e imbarazzate di Robert Boostin inviato di Google al simposio internazionale sulla libertà di espressione, organizzato dall’Unesco nel 2011: una sequela di elusioni, di vacuità e di vanterie sul ruolo di Google in Cina e nell’Iran nella tutela dei dissidenti. Possiamo facilmente immaginare, ma purtroppo nessuno gli domandò se la definizione di “dissidente” si attagliasse anche a un americano sotto il Patriot Aact che fosse fatto oggetto di indagini sulle proprie opinioni da parte dell’ FBI e non della polizia cinese o iraniana. Del resto cosa avrebbe potuto dire visto che appena pochi giorni prima Google aveva chiuso l’account su You tube di Cubadebate e cancellato i 400 video – confessione del terrorista Luis Posada Carriles, un ex agente della Cia che aveva chiesto “il pagamento per i servizi che comprendevano l’attentato in pieno volo sull’aereo di linea della Cubana de Aviacion nel 1976, e un’ondata di attentati in località turistiche dell’ isola nel 1997″? Per carità già allora non le piacevano le notizie scomode .
    https://ilsimplicissimus2.com/2017/0...-progressisti/
    Una Cina, una Yugoslavia, una Russia, una Corea, una Palestina, un'Irlanda. E zero USA

  2. #2
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    Predefinito Re: La guerra di Google ai siti progressisti

    A me risulta l'opposto

  3. #3
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    Predefinito Re: La guerra di Google ai siti progressisti

    Citazione Originariamente Scritto da Gianluca Visualizza Messaggio
    A me risulta l'opposto
    L'idea che Google sia contro alla sinistra è talmente ridicola che sono a corto di battute appropriate.
    Hitler or Hell.

  4. #4
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    Predefinito Re: La guerra di Google ai siti progressisti

    google ha levato i banner e gli ads da vox, sito fascista di informazione italiana.

  5. #5
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    Predefinito Re: La guerra di Google ai siti progressisti

    sinistri, siete dei luridi da vomito, fatevene una ragione

  6. #6
    Lo spirito del '22
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    Predefinito Re: La guerra di Google ai siti progressisti

    io vox continuo a confonderlo con l'omonimo sito di zekke amerikane
    Hitler or Hell.

  7. #7
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    Predefinito Re: La guerra di Google ai siti progressisti

    google è proprietaria di Youtube e di Adsense

    se cercate demonetization o adpocalypse vedete quali sono i siti che sono stati bloccati su adsense








    persino la PragerU è stata bloccata nel 10% dei suoi contenuti solo per il fatto di essere repubblicani


  8. #8
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    Predefinito Re: La guerra di Google ai siti progressisti

    Citazione Originariamente Scritto da Sparviero Visualizza Messaggio
    L'idea che Google sia contro alla sinistra è talmente ridicola che sono a corto di battute appropriate.
    Sono contro la sinistra vera, non contro la sinistra imperiale e di servizio atlantico.

    Inviato dal mio SM-G355HN utilizzando Tapatalk
    Venezuela e Zimbabwe nei nostri cuori!

  9. #9
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    Predefinito Re: La guerra di Google ai siti progressisti

    Citazione Originariamente Scritto da Gianluca Visualizza Messaggio
    A me risulta l'opposto
    l'opposto di cosa?
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  10. #10
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    Predefinito Re: La guerra di Google ai siti progressisti

    Citazione Originariamente Scritto da the fool Visualizza Messaggio
    google ha levato i banner e gli ads da vox, sito fascista di informazione italiana.
    mi pare un ossimoro.
    Una Cina, una Yugoslavia, una Russia, una Corea, una Palestina, un'Irlanda. E zero USA

 

 
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