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Discussione: Sul mutualismo

  1. #1
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Sul mutualismo

    So che il mutualismo fu il cavallo di battaglia di Proudhon e di un certo socialismo inglese. So anche che con Marx c'entra poco. Ma in un sistema sociale ormai allo sfascio, ormai priva di welfare e di uno stato che regolamenti l'economia, è auspicabile un ritorno a questo pensiero e a questa prassi?

    Lo chiedo @Kavalerists, @Dean M. , @amaryllide, @MaIn e mi scuso con chi non ho nominato.
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  2. #2
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    Predefinito Re: Sul mutualismo

    beh personalmente penso che il socialismo passa attraverso il mutualismo sia come organizzazione sia come forma di "propaganda" (l'esempio che attira le masse).

  3. #3
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: Sul mutualismo

    Cos’è il mutualismo per la sinistra

    Michael Stephenson
    14 settembre 2012

    A destra, è stato usato per ottenere vantaggi politici di breve respiro da parte dei conservatori e manipolato per essere integrato con un’idea amorfa e nebulosa di impresa sociale che abbraccia tutto, dalla benevolente cittadinanza corporativa all’elevazione irrealistica del settore volontario fino al presunto ruolo di attore principale nell’erogazione dei servizi fondamentali del welfare state.

    A sinistra, invece, è entrato alla ribalta come “nuova fase” del Labour ma non è mai stato riconosciuto per il suo ruolo centrale nella filosofia e storia del movimento dei lavoratori, né gli è stata data sufficiente prominenza all’interno della narrativa del partito.

    E’ per questo motivo che abbiamo bisogno di una definizione chiara di mutualismo che riconosca il suo ruolo legittimo a sinistra, che smascheri le circostanze politiche della sua appropriazione da parte della destra e fornisca idee pratiche al Labour in ottica della riarticolazione della sua proposta alla nazione.

    Sono concetti che affermo con un profondo senso del dovere in quanto segretario generale del Co-operative Party, l’organizzazione che più di ogni altra ha portato avanti la torcia ideologica del mutualismo per oltre novant’anni.

    In tanti anni di attività, abbiamo sempre rilanciato l’idea di mutualismo tramite i nostri manifesti e abbiamo doverosamente giocato il ruolo di consorella del Labour nella buona e nella cattiva sorte.

    E’ stato dunque particolarmente irritante venire a conoscenza dell’uso spurio di “Big Society” da parte di David Cameron come un tema da campagna elettorale, quando il Manifesto del Labour ha incluso 24 idee per politiche della mutualità e cooperative adottate dal Co-operative Party.

    Il Labour avrebbe dovuto essere più sfacciato nell’esplicitare il ruolo del mutualismo come collante del suo manifesto e come antidoto allo squallido opportunismo dei Tories, considerando quanto è stato abile Cameron a convincere la popolazione che il loro impegno verso il mutualismo fosse genuino e destinato a durare.

    Per aggravare il tutto, dopo che l’obiettivo dell’elezione è stato mancato, alcuni esponenti della sinistra sono caduti nel tranello di denunciare la “big society” della coalizione Tory/Lib Dem come cavallo di Troia per i tagli al servizio pubblico.

    Il Co-operative Party la vede diversamente. Allo stato attuale, la “big society” è una versione molto più insidiosa del thatcherismo poiché piazza un’irragionevole pressione su volontari e personale dell’erogazione del servizio pubblico e non offre alcuna garanzia di assistenza da parte dello Stato se quei servizi non riescono a generare profitto e a restare produttivi.

    Senza una chiara struttura di governance mutuale che li preservi come beni collettivi in cui tutti i membri (utenti dei servizi e personale) possono dire la loro sulla prestazioni, quei servizi diventano suscettibili al collasso o all’intervento di un fornitore privato.
    In pratica è thatcherismo sotto le mentite spoglie del mutualismo.

    La sfida, per la sinistra, è ribaltare questo tradimento del mutualismo in termini di una grossa riposta politica progressista.

    E qui giace il più grosso svantaggio nel rivendicare il mutualismo come idea propria. Nonostante il considerevole antecedente storico delle politiche mutuali e cooperative negli anni di Blair e Brown, in cui si è vista una restituzione di potere al cittadino senza paragoni, in proporzione sono pochi i votanti che associano il governo Labour al mutualismo.

    Gli ospedali Foundation Trust, le scuole cooperative trust, i trust per i football supporters e la più grande revisione di regolamenti che presiedono al settore cooperativo sono esempio concreto di come il mutualismo sia diventato una realtà durante il governo Labour, ma nonostante questa traccia di conquiste lunga una decade, il punto non è stato sottolineato con sufficiente chiarezza o forza da impedire ai think tank dei conservatori di rivendicare pretese su di esso.

    Questo si deve in parte al fraintendimento sul mutualismo in sé, che trae le sue origini dalla storia del socialismo nel Regno Unito.

    Nel 18esimo secolo lo sviluppo della sinistra fu caratterizzato non solo da teorie statiste legate all’ideologia marxista e dalla crescita del sindacalismo ma dalla particolarità ed esclusività dell’idea britannica di cooperativa, di società amichevoli e altre entità di natura progressista che mettevano le organizzazioni cooperative piuttosto che lo Stato al centro della propria ideologia.

    Questa versione di socialismo fatto in casa promuoveva l’idea che le persone potessero collaborare al fine di raggiungere i propri bisogni e le proprie aspirazioni economiche, sociali e culturali condivise attraverso imprese in comproprietà e di gestione democratica.

    Nel corso del tempo, tuttavia, il Labour ha voltato le spalle a questa visione pratica ed efficace di socialismo e ha abbracciato l’approccio statista che entro la fine del ventesimo secolo sarebbe diventato obsoleto e avrebbe contribuito a determinare la sua impopolarità alle urne.

    Nel prendere questa cantonata, la sinistra britannica ha perso l’occasione di riconciliare il socialismo con l’aspirazione individuale e ha smarrito il connubio tra un’economia genuinamente mista con un’idea di giustizia sociale.

    Il partito avrebbe imparato quella lezione nel 1997, anche se il New Labour stesso può essere considerato come un’opportunità mancata per certi aspetti.

    Nonostante abbia accolto un numero impressionante di politiche cooperative e mutuali come sottolineato prima, il Labour avrebbe dovuto essere molto più coraggioso nell’applicare tali iniziative in aree come l’edilizia abitativa, la salute, l’energia e l’assistenza sociale.

    Il Mutualismo, l’idea che né lo Stato né il mercato debbano essere la naturale posizione di default per il servizio pubblico, era chiaramente conciliabile con gli scopi e valori del New Labour, e come è stato sottolineato di frequente, sarebbe stato il passaggio logico successivo nell’evoluzione del partito e del suo programma di investimenti e riforme.

    Ma non solo: nel settore pubblico c’erano istituzioni come la BBC e la Network Rail che erano pronte per la mutualizzazione e sono state invece sottoposta a riforme che non le hanno consegnate in mano alle persone né tantomeno hanno determinato quella qualità dei servizi che sarebbe stato legittimo aspettarsi.

    Altri piani meritevoli di mutualizzazione, come quello della British Waterways, sono arrivati troppo tardi nel mandato Labour per mettere un sigillo sul loro completamento prima che arrivassero i Tories a scombinare tutto.

    Cosa deve fare allora il Labour per riportare la sua idea di mutualismo in carreggiata?

    Innanzitutto deve abbracciare idee politiche specifiche che siano in grado di dimostrare come il mutualismo sia un insieme di idee progressiste aliene al credo dell’ideologia conservatrice. Un esempio sarebbe una sua applicazione all’edilizia abitativa.

    Un’intera generazione di persone è stata esclusa dal sogno di una casa di proprietà a causa delle fluttuazioni del mercato dei mutui. È chiaro che i metodi convenzionali per aumentare l’offerta di edilizia ad affitti ragionevoli attraverso i mutui delle banche principali o il council housing non sono sufficienti per soddisfare la domanda. Una soluzione radicale di alloggi cooperativi basati sull’applicazione delle Community Land Trusts farebbe sì che molte persone facciano un passo in avanti in direzione della proprietà di una casa e avvantaggerebbe coloro che ne hanno più bisogno.

    Il Labour, poi, deve proporre delle politiche che dimostrino agli elettori storici di essere dalla loro parte nelle questioni che contano. L’esempio migliore è la ri-mutualizzazione di Northern Rock, una delle banche fallite che venne de-mutualizzata grazie alla legislazione Tory.

    Gli enti mutuali sono di proprietà e sono controllati dai clienti; alla prova dei fatti sono risultati più responsabili e più adatti per i risparmiatori e per la società delle banche di proprietà degli azionisti. Ri-mutualizzando la Northern Rock, il Labour dimostrerebbe ai suoi elettori che vuole un’economia vicina alle persone e non solo legata al profitto.

    Tories e Lib Dem hanno già fatto capire che venderebbero Northern Rock a una banca esistente piuttosto che riconsegnarla al settore cooperativo. Trattasi dell’opportunità di una vita per rimediare a un danno che i conservatori hanno fatto alle nostre cooperative e per iniettare un po’ di mutualità di cui c’è così bisogno nel settore finanziario.

    Il Labour deve impegnarsi anche a promuovere politiche che rimettano in prospettiva cooperativa le iniziative fondamentali promosse tra 1997 e 2010. Bisogna ricordare agli elettori che è stato il New Labour a introdurre le riforme che hanno cambiato in meglio il paese nonostante il parere contrario della stampa Tory.

    L’espansione del progetto cooperativo Sure Start darebbe un segnale forte sull’intenzione del Labour di rispettare questa tradizione e fornirebbe una prova evidente della sua capacità di rinnovare l’agenda restando fedele ai propri istinti riformisti e progressisti.

    Infine, il partito deve essere convinto nel dichiarare ad altri componenti del movimento che il mutualismo è una componente legittima e apprezzata della tradizione Labour. I sindacati, le società socialiste e gli iscritti al partito devono capire che il mutualismo e le istituzioni che lo promuovono come il Co-operative Party non sono membri estranei alla famiglia, ma sono stati al centro del movimento per oltre centocinquanta anni apportando idee, risorse e rappresentanti eletti alla causa.

    Il Labour non deve mai perdere di vista il fatto che il mutualismo è la riconciliazione dei valori tradizionali del partito con quell’imperativo modernizzante cha ha caratterizzato il periodo elettoralmente più felice della sua storia.

    Se il socialismo è il matrimonio di idee e di organizzazione, allora non c’è esempio di matrimonio più riuscito di quello del mutualismo. Forgiato sui valori della sinistra, basato su azioni concrete che restituiscono potere a chi non ne ha e con una lunga storia di successi alle spalle, oggi il mutualismo ha ancora qualcosa da dire.

    Il Labour deve solo riconoscerlo e farne una chiave permanente della sua missione politica.

    (Traduzione di Claudia Durastanti)

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  4. #4
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    Predefinito Re: Sul mutualismo

    Quali prospettive per il mutualismo?


    Officine Corsare

    Alcune riflessioni collettive in occasione della presentazione del libro ”Dalle società di mutuo soccorso alle conquiste del welfare state” (Ediesse) di Anna Salfi e Fiorenza Tarozzi che si terrà martedì 3 alle 21.00 a Officine Corsare a Torino.

    Quando si è in difficoltà capita spesso di guardare indietro e cercare nelle risposte di ieri delle possibili risposte per l’oggi.

    Dalla metà dell’Ottocento in Piemonte, così come in buona parte del centro e nord Italia, nacquero e si diffusero velocemente le società di mutuo soccorso. L’idea fu semplice e per certi versi “banale”: mi mancano i soldi per curarmi se malato/a, per mangiare se disoccupato/a, per garantirmi una vita degna se vecchio/a, allora decido che solo insieme a altri/e nella mia stessa situazione me la posso cavare. Così condivido quel poco che ho e cerco di rispondere collettivamente a dei bisogni fondamentali. È intorno a quattro grandi rischi che si struttura la vicenda del mutualismo: infortuni, malattia, vecchiaia, disoccupazione.

    All’inizio è una storia anche, e soprattutto, di filantropia e di “soci onorari”: benestanti che decisero di aiutare ultimi e penultimi fondando, o contribuendo a fondare, società in cui aiutarsi vicendevolmente. Lo Stato, all’epoca, di sociale aveva ben poco, per questo non poteva che essere la società, i suoi gruppi e le sue piccole e grandi comunità, ad essere sociale e solidale. Più avanti, parte dell’esperienze di mutualismo acquistò consapevolezza e autonomia politica e diede il proprio contributo a esperienze cooperative e a movimenti politici e sindacali che intorno, e per, il lavoro andarono formandosi. Lo Stato cominciò, anche per merito del mutualismo, a farsi carico di alcune grandi domande sociali e divenne, in maniera compiuta nel secondo dopoguerra, il detentore del welfare che abbiamo imparato a conoscere.

    Oggi di quell’esperienza di mutualismo, in quelle forme, rimangono affascinanti memorie, antiche società più musei che luoghi di organizzazione sociale e alcune bellissime foto di uomini (nella maggior parte dei casi), con dei vistosi baffi a manubrio e un immancabile bicchiere di rosso, in posa fieri ed impettiti per uno scatto ricordo nel cortile della propria mutua.
    Conosciamo meglio, per esperienza diretta, lo Stato sociale e i suoi diritti, e stiamo imparando a conoscere, ahinoi, il suo declino.

    La crisi economica e la smania di privatizzare stanno mettendo in discussione servizi un tempo garantiti per la maggior parte delle persone. Inoltre, nel modello italiano il welfare è una porta a cui si accede con la chiave del lavoro, e questa, oggi, pare difettosa. Così c’è chi è dentro, e chi è fuori. E per chi sta fuori, vedi alla voce “precarietà”, i quattro grandi rischi del passato sono tornati attuali e sono da affrontare il più delle volte da soli/e.

    Verrebbe da dire allora che ha senso parlare oggi di mutualismo perché siamo di fronte ad un regressione in grado di riabilitare, in qualche modo, quello che c’era prima. In questo senso non possiamo che parlare di arretramento: di fronte alle garanzie di prima ci ritroviamo a dover ricorrere a forme auto-organizzate che non è detto riescano a fornire la stessa qualità e sicurezza. Quando dei lavoratori e delle lavoratrici sono costrette a rifondare una mutua per pagarsi quando subiscono un infortunio c’è poco di cui esaltarsi. Noi, su questo punto, continuiamo a pensare che lo Stato, così com’è, se ne debba occupare, e questo ruolo lo rivendichiamo.

    Ciò non significa che le risposte immediate a bisogni reali non siano importanti, anzi sono fondamentali perché nel tempo in cui lo Stato migliora qualcuno potrebbe infortunarsi comunque. La differenza sta tra il valutare queste esperienze come positive risposte in un contesto di crisi o l’elevarle a modello di nuovo welfare.
    Più interessante e fecondo ci pare ragionare di mutualismo alla luce di un paio di questioni.

    La prima: quando le pratiche mutualistiche contribuiscono a portare in emersione risposte scarse o inefficaci a bisogni “tradizionali”, laddove lo Stato nella sua forma iper burocratica tende a fornire servizi standard senza tener conto di diverse condizioni sociali, culturali, economiche? In questo caso, la si legga sotto forma di politiche di genere, di nuova composizione del mondo del lavoro o di differenze territoriali, le pratiche mutualistiche sono la spinta per rivedere i servizi e migliorarne la qualità. Sempre sotto questa lente il mutualismo può fornire spunti grazie ai quali sperimentare, favorendo la partecipazione degli utenti alla progettazione e alla gestione dei servizi, una democratizzazione del modello di welfare. Ciò apre il vasto tema del welfare municipale e del welfare partecipativo.

    La seconda questione, invece, investe il tema dei bisogni che non possiamo definire “tradizionali”, ovvero quei bisogni che sono la faccia negativa dei diritti di ultima generazione o il prodotto della precarizzazione del lavoro, su cui il welfare di norma non interviene (o interviene poco) e che, in una classificazione classica, potremmo considerare bisogni non fondamentali, nuovi o percepiti come tali. Pensiamo in questo senso ai vari casi di “economie collaborative” o “sharing economy”, al fatto che garantiscono servizi che vanno incontro ad una domanda sociale diffusa, il loro successo ne è la prova. Quando cerchiamo un passaggio in macchina, quando troviamo qualcuno che ci ospita a casa propria, quando facciamo la spesa tramite un gruppo d’acquisto o quando ci doniamo vicendevolmente delle competenze, stiamo attivando nuove forme di mutualismo? In fondo i servizi vengono garantiti da utenti ad altri utenti, in un meccanismo di condivisione in cui la proprietà del bene è lasciata in soffitta. La risposta ad un nostro bisogno sta avvenendo all’interno di una dimensione che non è prettamente privata e nemmeno pubblica.

    Si potrebbe obiettare, non a torto, che la differenza sta nel fatto che i proprietari della piattaforma web (per quei servizi che su queste si fondano) in realtà di stanno arricchendo a suon di utenti che condividono con una percentuale sulle transizioni, l’utilizzo dei dati personali per altri scopi commerciali e vendendo spazi pubblicitari.

    Tutto vero, ma, in parte, non è la stessa funzione che assolvevano, per certi versi, i soci onorari delle società di mutuo soccorso quando “donavano” un proprio edificio come sede della società o del proprio capitale come base per farla nascere? Allo stesso modo, la ricostruzione di una comunità virtuale non evidenza i limiti di una società frammentata, che nella quotidianità fatica a incontrarsi e che invece trova nel web un nuovo modo di interagire e sviluppare solidarietà?

    Sono questi gli interrogativi che il nueomutualismo solleva: in Italia pare che basti pronunciarla per ricostruire la sinistra, a partire dalla spiccata anima sociale che Syriza ha dimostrato in Grecia; a noi pare che vada la pena sottolineare le differenze, per individuare con consapevolezza quelle pratiche capaci di ricostruire tessuto sociale e rivendicativo a partire dalla propria condizione, senza separare il sociale dal politico.

    Per queste ragioni e con questi dubbi, abbiamo deciso di dedicare una serata al mutualismo, per capirne le origini, i punti di forza e i limiti; e per individuare nuove linee di azione comune.


    da Officine Corsare

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  5. #5
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    Predefinito Re: Sul mutualismo

    Ottimo thread. Il mutualismo è l'unica alternativa organizzativa sociale al capitalismo , e lo sappiamo bene, ma lo sapevano bene anche i pensatori della c.d. "filosofia sociale" dell'Ottocento, fra cui , appunto , Proudhon (che ritengo il più geniale; più di bakunin). una comunità (termine che preferisco a società, essendo organicista) che non vede i suoi membri fraternizzare e collaborare e' destinata certamente a perire prima o poi. E l'attuale modello societario lo dimostra. Il mutualismo (di Proudhon) è certamente la base del pensiero sociale libertario e socialista.
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  6. #6
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    Predefinito Re: Sul mutualismo

    Io non ho nulla contro il mutualismo, anzi, come non ho nulla contro l'associazionismo, il cooperativismo ecc., ma mi sembrano in un certo senso una forma di organizzazione alla cui attuazione si ricorre come una necessità, forzata dal fatto che lo Stato, che dovrebbe essere il garante di un certo lievllo di welfare per tutti, se ne disinteressa o diventa carente, o tradisce questa sua funzione ( ad esempio con la privatizzazione di molti servizi). In questo concordo in molte parti dell'articolo di Officine Corsare.
    Ovviamente nulla vieta la coesistenza possibile dell'azione dello Stato e di quella di una solidarietà mutualistica tra i membri della comunità ( e qui concordo con Dean nell'uso di questa parola invece di società, mi dà l'idea di una vicinanza e di un legame più stretto tra le persone che ne fanno parte ), ma questa azione deve essere un ampliamento rispetto ai compiti che toccano allo Stato, non una sua sostituzione.
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  7. #7
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    Predefinito Re: Sul mutualismo

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    I( e qui concordo con Dean nell'uso di questa parola invece di società, mi dà l'idea di una vicinanza e di un legame più stretto tra le persone che ne fanno parte )
    io mutuo il concetto direttamente dall'impresa di Fiume, che rilancia un concetto di "mistica della Comunità" (dove mistica sta per senso di unione al di là delle differenze politiche e dell'individualismo borghese) che è superiore all'idea liberale di stato e di società. Ovviamente per me assume un colore del tutto diverso perche' sono libertario e non statalista, e quindi la Gemeinschaft fatta di individui liberi, ma associati e non atomizzati è l'apogeo un progetto socialista (sovranista ma teso al gradualismo)
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  8. #8
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    Predefinito Re: Sul mutualismo

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    Io non ho nulla contro il mutualismo, anzi, come non ho nulla contro l'associazionismo, il cooperativismo ecc., ma mi sembrano in un certo senso una forma di organizzazione alla cui attuazione si ricorre come una necessità, forzata dal fatto che lo Stato, che dovrebbe essere il garante di un certo lievllo di welfare per tutti, se ne disinteressa o diventa carente, o tradisce questa sua funzione ( ad esempio con la privatizzazione di molti servizi). In questo concordo in molte parti dell'articolo di Officine Corsare.
    Ovviamente nulla vieta la coesistenza possibile dell'azione dello Stato e di quella di una solidarietà mutualistica tra i membri della comunità ( e qui concordo con Dean nell'uso di questa parola invece di società, mi dà l'idea di una vicinanza e di un legame più stretto tra le persone che ne fanno parte ), ma questa azione deve essere un ampliamento rispetto ai compiti che toccano allo Stato, non una sua sostituzione.
    Ottima osservazione. Non si può e non si deve credere che il mutuo soccorso debba esonerare lo stato dall'erogare i servizi sociali più importanti. Bisogna infatti lottare in tutti i modi possibili e immaginabili per la difesa del welfare e delle conquiste sindacali! Ciò che ho cercato di mettere in risalto è che , oggi, in assenza di una classe cosciente e rivoluzionaria e di un partito anti-capitalista di massa , risulta necessario per i comuni mortali (non certo per i borghesi) rispolverare alcune pratiche di mutuo soccorso. L'obiettivo, ripeto , rimane la costruzione di un'alternativa socialista. Ma tenendo conto di quanto scritto qualche rigo sopra, vedo positivamente l'azione "mutualistica" . Soprattutto se volta a costruire nuovi contesti comunitari.
    Ultima modifica di LupoSciolto°; 10-08-17 alle 11:00
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  9. #9
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    Predefinito Re: Sul mutualismo

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio
    So che il mutualismo fu il cavallo di battaglia di Proudhon e di un certo socialismo inglese. So anche che con Marx c'entra poco. Ma in un sistema sociale ormai allo sfascio, ormai priva di welfare e di uno stato che regolamenti l'economia, è auspicabile un ritorno a questo pensiero e a questa prassi?
    Se lo scopo finale del mutualismo è la gestione delle imprese da parte dei lavoratori, penso che con Marx c'entri molto invece.
    Scherzi a parte, sebbene il comunismo storico novecentesco abbia intrapreso una via fortemente statalista, Marx non si è mai espresso sulle possibili ricette per l'avvenire, ma anzi c'è tutto un filone di pensiero che, pur rifancendosi al barbone di Treviri, ha posto la propria attenzione sull'autogestione dei lavoratori piuttosto che sulla pianificazione centrale statalizzata (a mò di esempio: il socialismo jugoslavo). In questi tempi particolarmente bui, in cui il collasso dell'URSS ha fatto crollare il Mito dello Stato, ritengo che simili forme associative dal basso non solo siano auspicabili, ma siano proprio necessarie e costituiscono una via d'uscita dallo stato di cose presenti. A questo proposito consiglio di leggere libri e articoli di Bruno Jossa, un importante economista di simpatie marxiste, che sul rapporto tra cooperativismo/associazionsimo, economia politica e Marx ha scritto molte cose interessanti.

    Citazione Originariamente Scritto da Dean M. Visualizza Messaggio
    io mutuo il concetto direttamente dall'impresa di Fiume, che rilancia un concetto di "mistica della Comunità" (dove mistica sta per senso di unione al di là delle differenze politiche e dell'individualismo borghese) che è superiore all'idea liberale di stato e di società. Ovviamente per me assume un colore del tutto diverso perche' sono libertario e non statalista, e quindi la Gemeinschaft fatta di individui liberi, ma associati e non atomizzati è l'apogeo un progetto socialista (sovranista ma teso al gradualismo)
    Citazione Originariamente Scritto da Dean M. Visualizza Messaggio
    una comunità (termine che preferisco a società, essendo organicista) che non vede i suoi membri fraternizzare e collaborare e' destinata certamente a perire prima o poi. E l'attuale modello societario lo dimostra. Il mutualismo (di Proudhon) è certamente la base del pensiero sociale libertario e socialista.
    Mi trovi pienamente d'accordo. Hai smesso di essere utilitarsita quindi ?
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  10. #10
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    Predefinito Re: Sul mutualismo

    Bentornato @Tyler Durden, spero tu adesso sia... here to stay.
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