Manager obbligati a versare l'obolo al PD - Tiscali Notizie


Manager Pd nelle aziende pubbliche obbligati a versare l'obolo al partito

Crollano i tesseramenti: nel bilancio 2016 la loro somma non arriva a 14 mila euro. I finanziamenti "liberali" di parlamentari ed eletti valgono per oltre 7 milioni di euro






Redazione Tiscali

Teoricamente si tratta di un'"erogazione liberale", detraibile al 26% con la motivazione del sostegno rispetto alle finalità benefiche o di utilità sociale dell’ente stesso. In realtà di liberale ci sarebbe ben poco, come sostiene Franco Bechis su Libero: l'obolo -generalmente prescritto nei regolamenti finanziari locali del PD- che regolarmente versano deputati, consiglieri regionali ed eletti vari del Partito Democratico a livello regionale, sarebbe di fatto un obbligo anche per quanti vengono piazzati dai dem ai vertici degli enti, delle municipalizzate, delle fondazioni e via discorrendo.
Una vera e propria partita di giro, che riguarderebbe una quota fissa dello stipendio o del gettone di presenza che varia da territorio a territorio e che però, nel caso degli incarichi nei cda, non dà esattamente la garanzia dell'indipendenza e dell'imparzialità decisionale degli stessi. Nè assicura la selezione dei migliori -per capacità e per curriculum-nelle nomine degli enti: basta essere disposti a pagare.
Si tratta di una pratica che risale ai tempi del vecchio Pci, quando veniva rivendicata con orgoglio la partecipazione degli iscritti o dei simpatizzanti al finanziamento del partito, e quando vigeva un primato della politica che però garantiva in contropartita una qual certa selezione della classe dirigente. Possiamo dire lo stesso ancora oggi? Qualcuno in verità ha provato a porre il problema, dentro il neonato Partito Democratico nel lontano 2013. Fu Antonio Misiani a chiedere che venisse espunto, dai regolamenti finanziari del partito, ogni riferimento al contributo "liberale-obbligatorio" per le nomine nelle partecipate e negli enti vari. Ma la proposta è caduta nel vuoto: il riferimento all'obolo non solo non è sparito ma è ben presente, codificato in una disciplina talvolta dettagliatissima nei regolamenti del partito, dal nord al sud dello stivale, con alcuni esempi eclatanti come nel caso del Friuli Venezia Giulia dove si legge: "I designati e nominati in qualità di presidenti, amministratori, consiglieri di indirizzo, revisori dei conti ecc. sono tenuti a versare al Partito Democratico del rispettivo livello di nomina una percentuale dell'indennità lorda percepita pari al 10%". Formule simili, appena più mitigate, si trovano nei regolamenti di altre regioni e città come Modena, Cremona, Bergamo, Torino, Livorno.
E se di norma, la percentuale dell'obolo è del 10%, a Siena arriva persino a lievitare del triplo. Ecco cosa è scritto nel locale regolamento del partito: "I nominati sono tenuti a versare un contributo non inferiore al 30% al lordo del percepito, sull'eccedenza dell'indennità, rispetto alla retribuzione minima di un 1° livello qadri del CCNL commercio ".
Ma non basta. In alcune regioni, come l'Abruzzo, finanziare il partito rappresenta un prerequisito essenziale anche per aspirare alla nomina. Essere in regola coi versamenti infatti "è una delle condizioni necessarie per poter essere candidato in una delle prossime competizioni elettorali o designato in altri enti pubblici o privati"
Malgrado tutto, dopo l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti questa prassi sembra rappresentare il futuro di molti partiti ed in particolare del PD, dopo che nel bilancio 2016 si è assistito ad un vero e proprio tracollo delle quote associative: le "tessere" fatte in tutto lo stivale hanno fruttato infatti appena 14 mila euro, a fronte di 7,6 milioni derivanti da "contribuzioni da persone fisiche".


1 settembre 2017