Bitcoin torna a salire, Ginevra e Singapore nuove mete.
Ci ha provato Pechino, poi JP Morgan a far crollare Bitcoin. Un calo c’è stato, ma conseguentemente c’è stata anche la ripresa. E nonostante attualmente BTC spunti segno negativo, bisogna considerare la forte ripresa della criptovaluta, che ha resistito agli attacchi su più fronti. Il 15 settembre scorso, infatti, Bitcoin è sceso sotto quota 3 mila dollari. Ciò aveva vanificato tutti gli sforzi compiuti nel mese di agosto e nella prima metà del mese. Sforzi che avevano fatto registrare ottimismo e previsioni rosee per il futuro della criptomoneta. Con gli altolà da parte di Cina e istituzioni finanziarie, BTC ha subito un crollo fisiologico. Ma poi è risalita, tornando sopra quota 4 mila dollari. E zittendo gli scettici. Ma cosa c’è alla base di questa inaspettata e piuttosto rapida ripresa?
Bitcoin giù: le cause del calo

Prima venne la Cina. Con il governo di Pechino che aveva bloccato le Ico (Initial Coin Offerings). Questo divieto aveva allentato la rincorsa di BTC, che però, dopo qualche giorno, si è subito ripreso. Poi ci ha pensato Jamie Dimon di JP Morgan a sparare a zero contro Bitcoin. La “moneta senza futuro” sembra aver risentito maggiormente delle parole del numero 1 dell’istituto e ha ribadito il calo. Tuttavia, recentemente, BTC ha ripreso la rincorsa ed è tornato a crescere, tornando sopra quota 4 mila dollari. Il calo attuale, al momento in cui scriviamo BTC è sotto il punto percentuale a 3.836 dollari, è da additarsi ancora a Pechino.
Secondo quanto riporta China Daily, le tre grandi piattaforme di trading in BTC cinesi sono state prese di mira. Btc China, Huobi e OkCoin hanno infatti comunicato che concluderanno le operazioni di trading in BTC entro il 30 settembre. Sia a Shangai, sia a Pechino. Le manovre cinesi stanno pertanto allontanando moltissimi trader dal Paese. E BTC ne risente di conseguenza.
Bitcoin torna a salire: ecco perché

Nonostante il calo, non si può parlare di vero e proprio crollo. E il peso decisionale della Cina non sta influendo sull’andamento di BTC. Questo perché da fine 2016 a oggi, gli scambi di valuta sono drasticamente scesi nel Paese cinese. Dal 90% del totale, si è passati al 23%, sebbene altre stime parlino di un 19% complessivo. Pertanto, la rinascita di BTC parte da altre sedi che non sono quelle cinesi. Le più quotate, invece, sono Ginevra e Singapore. Qui stanno nascendo nuove società che si finanziano tramite Ico.
Un altro porto interessante potrebbe diventare Hong Kong. Aurelien Menant, CEO dell’exchange Gatecoin, con base proprio a Hong Kong, ha rilasciato le seguenti affermazioni a Cnbc: “Il mercato sta diventando consapevole che quello che succede in Cina non interessa più. Gli exchange locali non dominano più da tempo l’attività di trading. Mentre la liquidità più matura degli operatori istituzionali in Giappone, Corea del Sud ed Europa sta fornendo la spinta decisiva al prossimo ciclo”. Poi arriva la precisazione sullo stop cinese: “La repressione riguarda le attività degli exchange locali poiché non rispettano la regolamentazione finanziaria cinese. Non si può perciò parlare di repressione di Bitcoin e della tecnologia Blockchain”.
Insomma, non esiste solo la Cina. E alla base della ripresa di BTC c’è un’espansione a livello globale. Che va contro tutte le streghe dell’ultimo minuto.
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Scritto da: Daniele Sforza
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