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    Predefinito L'Alto Adige nei primi anni del fascismo (1922-1926)

    Nel febbraio 1922 Bonomi è costretto a dimettersi e gli subentra il giolittiano Luigi Facta. In quello stesso anno avvengono nuove intense offensive squadriste. Il fascismo è consapevole che un'azione volta ad affermare l'autorità nazionale nelle terre di confine riscuoterebbe un grande successo a livello di opinione pubblica e contribuirebbe a indebolire ulteriormente un governo già molto in crisi. Il 6 settembre la sezione del nuovo Partito Nazionale Fascista di Bolzano consegna al Consiglio comunale un memorandum con una serie di richieste al cui primo posto ci sono le dimissioni del sindaco Perathoner, considerato il simbolo della resistenza pangermanista e anti-italiana. Fra le altre richieste avanzate ci sono la toponomastica bilingue, il bilinguismo negli atti amministrativi, l'assegnazione dell'edificio scolastico in via Elisabetta alla scuola italiana, l'affidamento di una chiesa per italiani a sacerdoti italiani. Il Consiglio comunale di Bolzano non declina le richieste, ma risponde con una serie di controproposte. I fascisti reagiscono con un ultimatum di minaccia.
    Il commissario Credaro, intanto, rinnova al governo la richiesta di rimuovere Perathoner per calmare le acque e il 29 settembre questi viene destituito; poi chiede alle prefetture vicine di bloccare le partenze di gruppi di fascisti, ma i tentativi di fermare la marcia si rivelano inutili. Tra il 30 settembre e il 1° ottobre si riversano a Bolzano circa 1.200 fascisti provenienti da tutta l'Italia del Nord, guidati da Francesco Giunta, Achille Starace e Alberto De Stefani. Le squadre fasciste sono armate e assaltano la Kaiserin-Elisabeth-Schule, che viene ribattezzata Scuola Regina Elena, poi occupano il municipio chiedendo le dimissioni del Consiglio comunale e la nomina di un commissario prefettizio, un certo Augusto Guerriero.
    Eseguita la marcia sulla città, ai fascisti non rimane che colpire i rappresentanti del governo liberale incapaci, ai loro occhi, di affermare l'italianità in Alto Adige, tra loro il responsabile per le nuove province Francesco Salata e lo stesso Credaro. I fascisti si dirigono dunque nei giorni successivi a Trento, dove occupano la sede della Giunta provinciale straordinaria, ottenendone lo scioglimento e il 5 ottobre circa 3mila fascisti costringono Credaro alle dimissioni e alla fuga, mentre a Roma Salata si dimette. Il 17 ottobre viene sciolto il commissariato civile per la Venezia Tridentina e sostituito con un prefetto, Giuseppe Guadagnini.

    La prova di forza delle camicie nere in Trentino-Alto Adige contribuisce ad affievolire lo scarso prestigio di Facta, atto di una lunga serie di violenze fasciste perpetrate in tutto il Regno. Il 28 ottobre la cosiddetta marcia su Roma porta lo stesso re Vittorio Emanuele III di non firmare lo stato d'assedio, convocando Mussolini il 30 ottobre, affidandogli l'incarico di formare un nuovo governo, rendendo così la Corona complice della dittatura. Mussolini forma un governo di coalizione con liberali, cattolici, socialdemocratici e fascisti e il 16 novembre ottiene la fiducia in Parlamento, con l'astensione dei deputati sudtirolesi. L'atteggiamento di questi ultimi si spiega col tentativo di mantenere un dialogo aperto col nuovo esecutivo, riassunto nel discorso parlamentare di Reut-Nicolussi: «La nostra posizione rispetto al governo è perfettamente chiara: noi aspettiamo. Possiamo farlo a cuor leggero, perché abbiamo fiducia nell'avvenire del nostro popolo. I popoli non vanno e vengono come i partiti».
    I segnali da Roma però non promettono nulla di buono per l'autonomia sudtirolese. Nella prima fase legalitaria del governo Mussolini, tra alcuni esponenti della Deutscher Verband e rappresentanti fascisti locali, c'è un tentativo di trovare garanzie per una pacifica convivenza. Il 21 gennaio 1923 è istituita la Provincia di Trento a cui è aggregato l'Alto Adige, con la conseguente messa in minoranza del gruppo tedesco anche a livello provinciale. In febbraio si giunge alla stesura di un protocollo d'intesa sull'ambito linguistico, associativo, scolastico e l'unione dell Bassa Atesina con la sottoprefettura di Bolzano. Tuttavia la proposta è rigettata il 12 marzo dal neonato Gran Consiglio del fascismo, che motiva la sua scelta con le seguenti parole: «Il governo Fascista non intende affatto di dare quelle garanzie di perpetuità del germanesimo, che sono state richieste ad opera del Deutscher Verband ai passati governo. Anzi spalanca le porte all'italianità che sale e che si afferma naturalmente e favorisce, con ogni forma di penetrazione, l'assimilazione di questa terra di frontiera con la grande unità della Nazione». Queste parole rispecchiano il pensiero di Tolomei, appena nominato senatore del Regno, che stende un elenco di provvedimenti per l'Alto Adige con l'aiuto di Giovanni Preziosi, ideologo del razzismo antisemita italiano. Il 1° luglio il governo approva i «Provvedimenti».

    Il radicale programma di snazionalizzazione contempla diversi ambiti della realtà locale. Tolomei va ben oltre l'idea di una graduale assimilazione e propone una rapida «ri-nazionalizzazione» dell'Alto Adige, partendo dal presupposto che le terre e le popolazioni locali originariamente non erano tedesche, ma sono state «intedescate» e vanno riportate all'originaria identità italiana. Si ritiene necessaria l'immediata introduzione della toponomastica italiana e l'italianizzazione, oltre che dei luoghi, anche delle strade, delle insegne di negozi e alberghi. Si prevede il massiccio incremento di popolazione italiana sul territorio, attraverso una maggiore presenza di funzionari e istituzioni statali (segretari comunali, carabinieri, militari) e un progressivo inserimento di italiani nell'amministrazione pubblica locale - i funzionari sudtirolesi verrebbero licenziati e trasferiti in vecchie province - e una politica economica mirata alla «riconquista del suolo» in agricoltura. Si reprime ogni forma di resistenza organizzata (scioglimento del Deutscher Verband e dell'Alpenverein [Associazione alpina tedesca] e la chiusura del quotidiano «Der Tiroler»). Altri interventi prevedono l'allontanamento di cittadini austriaci e tedeschi indesiderabili, la limitazione dell'uso della lingua tedesca attraverso l'introduzione della lingua italiana in ambito amministrativo e giudiziario e il divieto di uso del nome Südtirol. Inoltre, è prevista l'italianizzazione dei cognomi. Si punta poi ad una rapida e massiccia assimilazione della popolazione giovanile attraverso una politica scolastica che introduce asili e scuole italofoni ed elimina progressivamente quelli germanofoni.
    In ottobre, con decreto prefettizio, l'italiano è dichiarata lingua ufficiale e ne viene prescritto l'uso in ogni settore pubblico. Entra poi in vigore la «legge Gentile», dal nome del ministro dell'Istruzione Giovanni Gentile, che dice che sull'italianizzazione delle scuole deve avere un ruolo determinante la snazionalizzazione dei giovani sudtirolesi. Avviene una grande protesta in questo senso: dalle 700 alle 1.000 donne sudtirolesi si riversano davanti alla sottoprefettura di Bolzano per chiedere il mantenimento della scuola tedesca, inviando un telegramma a Mussolini e alla regina Elena. Contemporaneamente collaborano col Deutscher Verband per organizzare una capillare raccolta firme in tutto l'Alto Adige contro la chiusura delle scuole tedesche, raggiungendone più di 50mila.
    Per le elezioni la Provincia di Trento è parte del quinto collegio e per poter accedere al Parlamento il Deutscher Verband si presenta in una lista comune con i partiti della minoranza slovena e croata della Venezia Giulia e dell'Istria. Le elezioni del 6 aprile 1924 sono come sempre precedute da scontri e intimidazioni fasciste: in Alto Adige l'ex sindaco di Bolzano Perathoner e il deputato uscente Reut-Nicolussi vengono aggrediti in strada; a Brunico i fascisti irrompono in una sezione elettorale e penetrano nella residenza del candidato Paul von Sternbach a Villa Ottone. Cionostante, il Deutscher Verband riesce a far convergere su di sé la stragrande maggioranza dei consensi, ottenendo l'83% dei voti ed eleggendo il barone Paul von Sternbach e l'avvocato Karl Tinzl.
    Il 28 aprile, una delegazione di donne sudtirolesi si rivolge anche al principe ereditario Umberto con la preghiera di conservare la lingua d'insegnamento tedesca nelle scuole altoatesine. In maggio il regio provveditore agli studi di Trento trasforma gli asili tedeschi in italiani. Le autorità fasciste perseguono i tentativi di scuole clandestine germanofone e sequestrano tutto il materiale didattico.

    Dopo la «secessione dell'Aventino» del 27 giugno, a cui però i parlamentari sudtirolesi non partecipano, il governo divenuto presto regime fascista riesce a consolidarsi. Nel 1925 vengono italianizzati i tribunali: solo eccezionalmente viene ammessa la lingua tedesca, nelle audizioni, alla presenza di un interprete. Nel 1926 viene introdotta l'italianizzazione dei cognomi, sia quelli che si riteneva «tedeschizzati», sia quelli stranieri. Le «leggi fascistissime» di questi anni fanno sentire la loro efficacia anche in Alto Adige. Dopo che i giornali sudtirolesi non possono più essere pubblicati, viene stampato l'«Alpenzeitung», un giornale fascista di lingua tedesca e a questo viene accostato la «Provincia di Bolzano», giornale ufficiale di lingua italiana del PNF in Alto Adige. Grazie all'intervento dei vescovi di Bressanone e Trento è possibile ripubblicare il «Volksbote» e il «Dolomiten», che vengono sottoposti a severa censura. Viene infine sciolto il Deutscher Verband. I sindaci altoatesini sono sostituiti dai podestà di nomina regia o sotto supervisione prefettizia e sono prevalentemente italiani provenienti da vecchie province o dal Trentino. Diversi di questi, spinti dall'interesse privato, si rivelano cattivi amministratori e finiscono per essere rimossi o trasferiti.

  2. #2
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    Predefinito Re: L'Alto Adige nei primi anni del fascismo (1922-1926)

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