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  1. #221
    Sagittarius A
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    Predefinito Re: La destra sociale: cos'è?

    Il turboliberismo ha atomizzato la società. Il primo nemico è quello.
    "Un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento, ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango." Cooper (Interstellar).

  2. #222
    Anticapitalista!
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    Predefinito Re: La destra sociale: cos'è?

    Citazione Originariamente Scritto da FRUGALE Visualizza Messaggio
    L'idea di Comunità (e la sua messa in pratica) deve essere trasmessa/imposta da chi ha il potere, e non può che basarsi su dati etnici e razziali.
    L'individualismo inculcatoci culturalmente da decenni a questa parte, in tutte le sue manifestazioni pratiche, è il vero male della società. La rende vulnerabilissima ai mutamenti economici e politici, lascia una opzione sola a chi, credendosi al di sopra dei problemi si trova improvvisamente nella burrasca: il suicidio.
    NB: ai destri che conosco della Comunità non gliene frega una mazza, sono in eccitazione perché è tornato in scena berlusconi.
    Concordo con te.

    ai 'destri' che conosco io importa solo di arrivare alle poltrone. E poi nei programmi leggi solo banalità e slogan che tanto si sa già che non le metteranno mai in pratica perchè a imprenditori e borghesoni, amanti dello status quo iniquo e pieno (per loro) di opportunità, certe cose non piacciono.
    L’immigrazione è fenomeno padronale. Chi critica il capitalismo approvando l’immigrazione, di cui la classe operaia è la 1a vittima, farebbe meglio a tacere. Chi critica l’immigrazione restando muto sul capitale, dovrebbe fare altrettanto. De Benoist

  3. #223
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    Predefinito Re: La destra sociale: cos'è?

    Citazione Originariamente Scritto da Dirty Harry Visualizza Messaggio
    Il turboliberismo ha atomizzato la società. Il primo nemico è quello.
    ASSOLUTAMENTE! Però ricordo sempre che bisogna andare oltre agli slogan, ossia si dovrebbe iniziare a colpire (con tasse, leggi, boicottaggi, carcere, ecc) chi da questa società trae immensi profitti, primi su tutti gli IMPRENDITORI (sia che si parli di micro-impresa schiavista piena di immigrati, sia che si tratti di multinazionale fonte di precarietà e che non paga le tasse).
    Questa marmaglia va trattata come merita!
    L’immigrazione è fenomeno padronale. Chi critica il capitalismo approvando l’immigrazione, di cui la classe operaia è la 1a vittima, farebbe meglio a tacere. Chi critica l’immigrazione restando muto sul capitale, dovrebbe fare altrettanto. De Benoist

  4. #224
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    Predefinito Re: La destra sociale: cos'è?

    Citazione Originariamente Scritto da italicum Visualizza Messaggio
    Ti sbagli. Gratta gratta, è l'esatto opposto: la pensano tutti uguale, tutti inchinati di fronte a neoliberismo e imprenditori. Non confondere l'elemosina di facciata con la Giustizia Sociale, visto che nessuno di questi partiti o movimenti (intendo quelli che si presentano alle elezioni) ha tra le sue proposte un qualche punto che possa incrinare i pilastri della società neoliberista. Nessuno! Non per nulla ad Ostia ormai i 2/3 dei cittadini non votano più, cosa che succederà anche alle prossime elezioni nazionali: nessuno è esterno al sistema dominante neoliberista.
    non mi e' ben chiara una cosa: che intendi per "nessuno di loro ha punti che vogliono incrinare il neoliberismo"? Se ti aspetti che questi movimenti intendan rimettere in discussione il modello capitalista tout court, e' ovvio che non lo facciano, perche' non sono socialisti marxisti o comunisti. Si richiamano idealmente al fascismo, che non ha mai inteso neanche per un momento di mettere in discussione il capitalismo come modello economico, ma al limite di metterlo sotto il controllo dello Stato (che non equivale ad abolirlo, come vorrebbero i marxisti). E la stessa socializzazione delle imprese, non significa che nelle fabbriche comandano i lavoratori e scompaiono i padroni, ma solo che gli utili vengono suddivisi fra loro.
    Ma questi sono dettagli ideologico-culturali chiari a tutti.

  5. #225
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    Predefinito Re: La destra sociale: cos'è?

    Citazione Originariamente Scritto da Ticonderoga Visualizza Messaggio
    non mi e' ben chiara una cosa: che intendi per "nessuno di loro ha punti che vogliono incrinare il neoliberismo"? Se ti aspetti che questi movimenti intendan rimettere in discussione il modello capitalista tout court, e' ovvio che non lo facciano, perche' non sono socialisti marxisti o comunisti. Si richiamano idealmente al fascismo, che non ha mai inteso neanche per un momento di mettere in discussione il capitalismo come modello economico, ma al limite di metterlo sotto il controllo dello Stato (che non equivale ad abolirlo, come vorrebbero i marxisti). E la stessa socializzazione delle imprese, non significa che nelle fabbriche comandano i lavoratori e scompaiono i padroni, ma solo che gli utili vengono suddivisi fra loro.
    Ma questi sono dettagli ideologico-culturali chiari a tutti.
    Infatti li chiamo 'destri' mica per nulla. Destri che di anticapitalista non hanno nulla.
    L’immigrazione è fenomeno padronale. Chi critica il capitalismo approvando l’immigrazione, di cui la classe operaia è la 1a vittima, farebbe meglio a tacere. Chi critica l’immigrazione restando muto sul capitale, dovrebbe fare altrettanto. De Benoist

  6. #226
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    Predefinito Re: La destra sociale: cos'è?

    Citazione Originariamente Scritto da italicum Visualizza Messaggio
    La questione è che la 'destra' non può giungere a tali 'proposte economiche' (spero che tu intendessi 'proposte sociali').
    Non essendo finalizzate a scopi sociali che ne sarebbero solo la conseguenza indiretta intendevo economiche. Allora non chiamiamola destra, fa lo stesso, chiamiamola "area", così il discorso torna?
    "Il copione teatrale dell’anti-italiano consiste nell’attribuire all’intera collettività nazionale i difetti specifici ed irripetibili della propria canagliesca personalità individuale, con in più l’ipocrisia del tirarsene fuori" (Costanzo Preve)

  7. #227
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    Predefinito Re: La destra sociale: cos'è?

    Citazione Originariamente Scritto da Dirty Harry Visualizza Messaggio
    Il turboliberismo ha atomizzato la società. Il primo nemico è quello.
    Io ribadisco che il problema è l'assenza di adeguate compensazioni.
    "Il copione teatrale dell’anti-italiano consiste nell’attribuire all’intera collettività nazionale i difetti specifici ed irripetibili della propria canagliesca personalità individuale, con in più l’ipocrisia del tirarsene fuori" (Costanzo Preve)

  8. #228
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    Predefinito Re: La destra sociale: cos'è?

    Citazione Originariamente Scritto da italicum Visualizza Messaggio
    Chi si autodefinisce 'di destra' non potrà MAI fare qualcosa di buono per il sociale. Che non è l'elemosina del pacco cibo una tantum.
    La destra, anzi, la Destra non è certamente né liberale né liberista. Se oggi il liberalismo più moderato viene considerato, erroneamente, di destra è solo perché la collocazione del comunismo all'estrema sinistra spostò, nella seconda metà dell'Ottocento, l'asse politico. Il corporativismo, la collaborazione interclassista in nome dell'unità della nazione o del bene comune della società, la protezione e la promozione del lavoro autoctono, la difesa della proprietà privata non solo come diritto individuale ma anche come funzione sociale, la concezione del lavoro come dovere sociale e non come mera "merce", l'intervento dello Stato ove necessario senza sbandamenti collettivistici o senza soffrire di anoressia liberista, un solidarismo etico diffuso, ecc. sono tutte cose ascrivibili più alla destra (o quanto meno alla destra più radicale) che ad una sinistra che, invece, non riesce a non vedere nella società un terreno di scontro per poter affermare le proprie ideologie aberranti, si tratti del progressismo gender o del comunismo collettivista o del liberalismo difensore dell'alta finanza e dei suoi interessi. Se poi qualcuno crede che la grande cultura politica della Destra possa davvero essere rappresentata integralmente da Lega Nord e FdI, direi che il problema è tutto di chi crede ad una stupidaggine del genere.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

  9. #229
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    Predefinito Re: La destra sociale: cos'è?

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    La destra, anzi, la Destra non è certamente né liberale né liberista. Se oggi il liberalismo più moderato viene considerato, erroneamente, di destra è solo perché la collocazione del comunismo all'estrema sinistra spostò, nella seconda metà dell'Ottocento, l'asse politico. Il corporativismo, la collaborazione interclassista in nome dell'unità della nazione o del bene comune della società, la protezione e la promozione del lavoro autoctono, la difesa della proprietà privata non solo come diritto individuale ma anche come funzione sociale, la concezione del lavoro come dovere sociale e non come mera "merce", l'intervento dello Stato ove necessario senza sbandamenti collettivistici o senza soffrire di anoressia liberista, un solidarismo etico diffuso, ecc. sono tutte cose ascrivibili più alla destra (o quanto meno alla destra più radicale) che ad una sinistra che, invece, non riesce a non vedere nella società un terreno di scontro per poter affermare le proprie ideologie aberranti, si tratti del progressismo gender o del comunismo collettivista o del liberalismo difensore dell'alta finanza e dei suoi interessi. Se poi qualcuno crede che la grande cultura politica della Destra possa davvero essere rappresentata integralmente da Lega Nord e FdI, direi che il problema è tutto di chi crede ad una stupidaggine del genere.
    Secondo me la distinzione che si dovrebbe fare è quella tra laburismo e produttivismo.

    Il lavorismo praticamente è l'ideologia economica dell'osservanza nordista, mentre il produttivismo è quella dell'osservanza sudista. Il sistema economico capitalista si suddivide quindi tra l'economia ridistributiva-lavorista e l’economia distributiva-produttivista (detta anche "economia dei bisogni"). Praticamente dal 1865 ad oggi l'economia globale si è fondata totalmente sul primo. Quando noi oggi parliamo di capitalismo riferendoci al sistema economico vigente, intendiamo quello ridistributivo-lavorista, non quello distributivo-produttivista che non è più applicato da almeno 150 anni in nessun luogo. Quindi, è inesatto criticare "il capitalismo"; dal punto di vista distributista è esatto criticare il capitalismo di tipo ridistributivo-lavorista dell'osservanza nordista, e quindi lodare ed auspicare quello distributivo-produttivista dell'osservanza sudista. Criticando "il capitalismo" non si va fuori dall'impossibilità di comprensione. Idem per la massoneria: è inesatto criticare "la massoneria"; dal punto di vista distributista è corretto criticare l'osservanza nordista e lodare quella sudista. Per questo motivo in questo testo ho cercato di distinguere bene le cose, criticando il lavorismo, non il capitalismo; quando nel testo trovate una critica al lavorismo, sappiate che equivale a criticare il capitalismo come inteso oggi; quando trovate una critica al nordismo, equivale a criticare la massoneria nella concezione in cui lo farebbero i critici della massoneria oggi preponderante. Ma il reddito di cittadinanza non ha solo ragioni scientifiche, bensì poggia su una solida base filosofica che parte dalla fine del feudalesimo con Tommaso d'Aquino e passando per Tommaso Moro si manifesta apertamente al tempo delle rivoluzioni francese (François Huet) e americana (Thomas Paine), e portato avanti da economisti (Stuart Mill, Thomas Spence, John Locke, e altri che vedremo in seguito) e visionari (Ezra Pound, Martin Luther King). Se dal filone milliano del socialismo anti-marxista sorse il distributismo, dall'altro lato del filone dei socialisti primordiali invece sorse Josiah Warren, considerato dal 1833 il primo anarchico americano.

    Quindi anche oggi sono gli adepti della massoneria di osservanza nordista a “remare contro” a qualunque tipo di condizione che muova lo sviluppo economico verso il senso distributista-organicista. Difatti all'origine della parola fine sulla possibilità di un futuro ad economia distributista la mise la vittoria della filosofia nordista nella guerra civile americana terminata nel 1865, la più avversa delle due al distributismo. Soprattutto nelle Logge del nord era presente in maniera influente una componente che si rivelò particolarmente interessata ad impedire uno sviluppo verso il senso personalista dell’economia mondiale. Oggi in Italia l'incarnazione della filosofia nordista può essere considerato Carlo De Benedetti (con il suo "mini-me" Eugenio Scalfari), mentre sul lato sudista potremmo identificarci Berlusconi-Feltri. Non a caso questi ultimi due si sono più volte detti favorevoli al reddito di cittadinanza, al contrario dei primi due che lo vedono come il fumo negli occhi. Questo, lo preciso, non significa dire che essi siano massoni effettivi. Anche voi siete o nordisti o sudisti, poiché esse sono le radici dualistiche non solo filosofiche ma perfino antropologiche del pensiero umano. C'è un modo molto semplice per capire quale dei due tipi siete: invariabilmente, quando arricchitisi, i nordisti-lavoristi fanno vanto del loro "arrivo"; i sudisti-produttivisti ne provano vergogna. Provate ad immaginare in tale condizione voi come vi porreste tra le due.
    In questo modo è possibile comprendere la divisione tra i liberali essendo anche tra essi vigente la divisione tra "nordisti" e "sudisti", il cui apice fu raggiunto dalla nascita del marxismo ad opera dell'osservanza nordista: a rompere la linearità spontanea del percorso liberale fu il nordista Karl Marx, che, a ruota dopo Rousseau, in antitesi alle filosofie mistico-organiciste di Hegel, e forte dell'umanesimo materialista di Feuerbach, in linea con i principi esclusivamente francescani, nel 1848 nel suo tomo "Il capitale" tornò a riproporre l'abolizione della proprietà privata, per cui i marxisti divengono acerrimi avversari del reddito di cittadinanza poiché per via della filosofia del diritto contrattualista su cui si fonda, esso darebbe alla proprietà privata quella base giuridica che loro hanno sempre contestato (peraltro a ragione, duole ammettere) non aver mai avuto.

    Difatti bisogna valutare bene il significato delle parole, poichè anti-laburismo è sinonimo di produttivismo, non sua antitesi. In sostanza, produttivista è sinonimo di anti-lavorista, e lavorista è sinonimo di anti-produttivista. A volte la sola modifica lessicale cambia del tutto il senso, a volte do troppo per scontato che tutti interpretino le cose allo stesso modo, invece le parole vanno soppesate per evitare interpretazioni personali. Caratteristica dei "produttivisti" è considerare il lavoro come necessario mezzo di produzione, mentre i "lavoristi" neanche si capisce quale possa essere la loro cognizione precisa... "stipendificio" fine a sè stesso parrebbe la più azzeccata, da cui il considerare i salari una "variabile indipendente", come se i beni nascessero dal nulla. E tutte le relative conseguenze e derivazioni (luddismo, decrescismo, scioperismo, assenteismo, ecc).

    "E' importante non confondere lavoro e occupazione" (Alain de Benoist)

    In un contesto di rarefazione dell’occupazione, scrive Jean Zin, "delle due l’una: o le protezioni sociali sono legate all’occupazione con le conseguenze di disuguaglianza ed esclusione che conosciamo, tanto più in quanto l’occupazione diventa discontinua e precaria, o le protezioni sociali sono legate alla persona, e ciò deve tradursi come minimo in un reddito garantito". Si passerebbe così da un’economia ridistributiva-lavorista a un’economia distributiva-produttivista (detta anche "economia dei bisogni").

    "La ridistribuzione delle ricchezze tramite il lavoro non riesce a impedire che il potere d’acquisto di una parte crescente della popolazione diminuisca a vantaggio dei patrimoni più grossi. Bisogna dunque sostituire questa ridistribuzione attraverso il lavoro con la distribuzione delle ricchezze prodotte, dal momento che esse lo sono con sempre meno lavoro" (Marie-Louise Duboin)

    L’unica risposta sensata alle lacune del capitalismo lavorista e alla sterilità delle dottrine marxiste che hanno pretenziosamente tentato di contrastarlo, risiede nel produttivismo, e quindi nel distributismo. Solamente tramite il distributismo è possibile dare al concetto di "lavoro" la vera accezione produttiva in luogo di quella lavorista di "stipendificio indipendente".

    "La scienza moderna è riuscita a moltiplicare le possibilità della ricchezza; la scienza, controllata e pungolata dalla volontà dello stato, deve risolvere l'altro problema: il problema della distribuzione della ricchezza, in modo che non si verifichi più l'evento illogico, paradossale e al tempo stesso crudele, della miseria in mezzo all'abbondanza" (Benito Mussolini)

    Zelo ed etica non sono sempre complementari... quando lo sono costano molto in produttività, mentre singolarmente costano molto meno, e lo zelo senza etica costa ancora meno dell'etica senza zelo; lo zelo è caratteristica dei lavoristi, mentre l'etica dei produttivisti.

    In questo senso, per alcuni autori, il fascismo sarebbe stato il tentativo di dare politicamente vita ad una terza forza che si opponesse sia alla democrazia parlamentare dei paesi capitalistici sia al comunismo e che aveva il suo motore principale nei ceti medi in funzione di una loro affermazione in quanto autonoma realtà sociale. Le interpretazioni sullo stile di De Felice compiono l'errore di generalizzare come "ceti medi" o "borghesia" la tipologia sociologica produttivista; le conclusioni di De Felice di un gruppo sociale di persone come nucleo del fascismo assume senso solo se alla "classe sociale media" si sostituisce la tipologia socio-antropologica produttivista, che non è certo limitabile ad una classe ma si estende in tutte le cosiddette classi, e se proprio vogliamo identificarne una dove sia maggioritaria questa è quella sotto-proletaria, non certo quella "media-borghese" che invece contiene chiaramente in egual misura se non in maggioranza anche lavoristi ossia anti-produttivisti. Perchè questa identificazione coi ceti medi in generis? Per il semplice motivo che i ceti medi sono... medi, appunto. Quale più semplicistica schematizzazione quindi? Benedetto Croce stesso, in "Scritti e discorsi politici (1943-1947)" ammise che "innanzi al fatto del fascismo, è ingenuo credere di averne trovato la radice nei superficiali e meccanici concetti delle classi economiche e delle loro antinomie, ma bisogna scendere molto più in fondo; nei cervelli degli uomini; e colà scoprire il male"... certo, se vedere la realtà per com'è e non per come si vorrebbe fosse... se è questo il male, a voi il giudizio. La risposta alla domanda che a volte si sente "come è possibile che nonostante tutto ciò che sappiamo del fascismo, ancora oggi nascano delle persone che si dicano tali?", innanzitutto è che quello a cui si riferisce con "sappiamo" sono solitamente falsità (la guerra voluta dal fascismo, la dittatura, legami ideologici con il nazismo, ecc, falsità perfino puerili), e la risposta è: perché persone socio-antropologicamente produttiviste ne nasceranno sempre essendo una tipologia umana, così come nasceranno sempre persone belle e persone brutte, persone attive e persone pigre, persone simpatiche e persone antipatiche, lo stesso per persone produttiviste e persone lavoriste. E finché i produttivisti si troveranno in un mondo dove a comandare sono i lavoristi, non potranno non trovarvicisi male e quindi non contrapporsi ad un mondo, quello lavorista, dove la logica stessa è capovolta in ogni ambito.

    "La classe di quelli che possiamo definire genericamente i vincitori sta conducendo una tenace lotta di classe contro la classe dei perdenti" (Filippo Giannini)

    Per questi motivi Salvatorelli rifiuta la definizione di "rivoluzione" per definirla invece "rivolta", in pratica smentendone le interpretazioni classiste e sottolineandone invece quella psicologica, definendo i suoi protagonisti, i fascisti, "non un vero ceto sociale, con funzioni e forze proprie, ma un agglomerato che vive in margine del processo produttivo essenziale alla civiltà capitalistica", definizione quantomai azzeccata che conferma il Salvatorelli come colui che più a fondo ha compreso il fascismo da esterno. Una rivolta (o rivoluzione "etica" come la chiama Zeev Sternhell, anziché "sociale") della tipologia mentalmente produttivista contro il mondo lavorista. Generalizzando, l'origine del fascismo va inquadrata più esattamente, come accennato all'inizio, nell'assorbimento delle teorie distributiste a compensazione dell'iper-liberismo miniarchista da parte delle filosofie libertarie repubblicane radicali di tradizione mazziniana avverse sia al marxismo che al capitalismo social-democratico, già riprese dal "socialismo nazionale", l'ideologia che riprendeva elementi del pensiero del nazionalismo sociale di Enrico Corradini, del sindacalismo rivoluzionario del francese Georges Sorel e del socialismo patriottico di Carlo Pisacane. Per cui, se proprio vogliamo, la loro coniugazione identificabile nel Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti può essere considerato l'anticipatore ideologico diretto del fascismo. Oggi, dopo che gli anti-fascisti hanno tentato invano di appropriarsene, mentre la sinistra ovunque si decompone nell'incapacità di abbandonare i suoi pregiudizi, leggere Mazzini fa pensare amaramente a ciò che essa poteva essere ma non fu.

    Il distributismo con il suo reddito di cittadinanza è un caposaldo da sempre assieme a socializzazione, corporativismo, e fiscalità monetaria, della politica economica del fascismo "di sinistra" rifacentesi alle teorie di Ezra Pound che proprio per questo fu "traghettato" dall'anglosassone distributismo al fascismo italiano (che non a caso "nasce" proprio nel momento di maggior fermento delle teorie distributiste, 1919) e da questo già fatte proprie non così per caso ma conseguentemente poiché perfettamente congeniali alla sua visione etica di tipo "organicista" e "personalista" del mondo e "razionalista" dell'economia. Ezra Pound fece quindi da traite d'union tra filosofia ed economia, una filosofia che può essere spiegata dal suo Cantos XLV che rappresenta praticamente il manifesto stesso della filosofia capitalistica del produttivismo. Essendo un poeta non bisogna intendere il suo uso del termine usurai nel senso letterale, ma come eufemismo di "anti-produttivisti" ovvero "lavoristi".Anche la sua interpretazione della seconda guerra mondiale è indicativa: "questa guerra non fu cagionata da un capriccio di Mussolini né di Hitler. Questa guerra fa parte della guerra millenaria tra usurai e contadini, fra l'usurocrazia e chiunque fa una giornata di lavoro onesto con le braccia o con l'intelletto". A conferma, dalla parte opposta, avversa e pure furentemente, chi abbiamo? Da un lato la sinistra contraria solo per pregiudizio antifascista, ignoranza economica ("lavorismo anti-produttivista"), invidia (poiché una politica sociale di destra gli sarebbe d'intralcio in quanto concorrente), e in quanto inconciliabilmente contrastante con lo statalismo dirigista clientelare che è il fondamento della sinistra burocratica, e dall'altro (questo consapevolmente e non solo per ignorante pregiudizio od interesse) l'area ideologica rifacentesi all'azionismo (in riferimento al vecchio partito d'azione) e all'umanismo (la filosofia opposta al razionalismo) individualisti della massoneria di osservanza nordista (mentre quella di osservanza sudista è tendenzialmente favorevole alle politiche di tipo distributista) sedicente "illuminata" (quando invece è proprio l'opposto) di derivazione filosofica ebraico-protestante-giansenista, per via della loro etica economica contraria per principio e morale religiosa a redistribuzioni che non abbiano scopo clientelare (quindi i sussidi e l'assistenza pubblica gli stanno bene, il reddito di cittadinanza no), secondo i loro precetti religiosi di "sovranità delle sfere" e "salvezza attraverso le opere" che l'uomo (leggi: "il povero") deve soffrire, la sofferenza avvicina a dio (mentre i ricchi già ci sono vicini a lui), la povertà è una propria colpa e la ricchezza un proprio merito, il povero non deve essere indipendente ma restare al giogo dei prescelti da dio tramite la dipendenza indotta dal ricatto della necessità, le gerarchie umane le stabilisce dio ("predestinazione"), la ricchezza è un dono che dio sceglie a chi distribuire per merito, ci si porta i propri soldi nell'aldilà e quindi i ricchi compreranno l'ingresso al paradiso (o la resurrezione) mentre i poveri andranno all'inferno (e quindi lo scopo della vita terrena viene identificato nel maggior arricchimento materiale possibile, "salvezza attraverso le opere"), cose così, tutte stupidaggini per giustificare moralmente l'avidità, la competizione (che per chi non lo sapesse, è il concetto opposto a "merito") e lo schiavismo sotto qualunque forma si presenti insomma, e che il reddito di cittadinanza andrebbe ad intaccare in maniera determinante per evidenti motivi, da cui la classica accusa che è sempre aleggiata (e di cui dubito i 5 stelle siano al corrente) sul reddito di cittadinanza ovvero di essere una cospirazione antisemita (che esso vada contro ai precetti "religiosi" elencati lo posso anche capire, ma se qualcuno mi potesse spiegare secondo quale logica il dare un reddito di base mensile a tutti può essere interpretato come atto di antisemitismo, me lo spieghi perché è una cosa a cui io non ci arrivo proprio ancora a capire dopo tanti anni...). Per inciso, questo è il motivo prima accennato dell'avversione dei burattinai di wikipedia verso il distributismo e l'origine ideologica del reddito di cittadinanza. Vedete un pò voi quanto sono credibili.

    Sull'accezione di "lavorismo" si intende solitamente l'ideologia che incentra tutto sul lavoro dipendente (che sia da parte del privato o dello stato) e per i quali i sindacati sono una "seconda casa", cui si fa accenno anche in altre parti del testo. La concezione opposta, che solo per contrapposizione lessicale definisco "anti-lavorismo" oppure "produttivismo" ma non è mai stata usata da nessuno prima, che io sappia, la si può incentrare in quel filone di pensiero partente dal pauperismo francescano, l'anarchismo cattolico di Peter Maurin, e l'organicismo di Giuseppe Toniolo, avente il suo caposaldo nel romanzo "The Jungle" (La giungla, 1906) di Upton Sinclair, sulla scandalosa condizione dei lavoratori ai mercati di bestiame di Chicago, libro che fu definito da Jack London "la Capanna dello zio Tom degli schiavi salariati". Ecco, la generica differenza tra "lavoristi" e "produttivisti" si può riassumere in "cresciuto in un ambiente colto e raffinato ma in mezzo a costanti ristrettezze economiche" che fu l'esperienza di Upton Sinclair, rispetto alla quale non si può non notare la medesima origine e condizione sociale generalmente comune sia ai fascisti "della prima ora" sia dei successivi ed attuali fascisti come definiti anche da Luigi Salvatorelli "quella parte della società che non appartenendo al capitalismo, e non costituendo neppure un elemento dei processi produttivi, rimane altresì nettamente distinta dal proletariato, non tanto per condizioni economiche, quanto per abitudini sociali borghesi e per una propria coscienza di classe non proletaria" di cui ho già accennato riguardo come il neofascismo sia sempre stato composto di sottoproletari inoccupati che "tirano a campare", disadattati rispetto alla società odierna (da cui ne era derivata la commistione con la malavita che aveva dato origine ai noti sodalizi tra criminalità e neofascisti: banda della Magliana, banda della Comasina, banda del Brenta) ed in quanto tali percepentisi come un "aristocrazia" (non inteso nel senso di titolo nobiliare, ma di aristocrazia dell'animo) materialmente povera ma che non riesce ad adeguarsi a sottomettersi ad un "padrone" come invece fanno i lavoristi del "lo faccio per vivere", da cui deriva la propensione dei "produttivisti" per la socializzazione delle imprese ovvero il lavoro autonomo esteso a tutti al posto del lavoro dipendente (o come lo chiama Gorz, "eteronomo") che ho già definito dove tratto del fabianismo, l'ideologia socialista "nordista" che i sottoproletari li vuole letteralmente sterminare e sta tutt'oggi marciando a pieno vapore per giungere a conseguire questo scopo tramite il mezzo del salario minimo imposto per legge e la contemporanea negazione del reddito di base. Per aiutare nella comprensione della differenza tra le due tipologie, è utile un distinguo netto su un comportamento tipico: ai colloqui di lavoro i lavoristi aspiranti all'assunzione si caratterizzano per il porre domande al selezionatore, il lavorista come prima cosa chiede nell'ordine: cosa andrà a prendere di stipendio, qual'è il giorno di riposo, quante ore fa al giorno e quanti giorni di ferie ha, e altre domande del genere; cosa che i produttivisti non si abbassano a fare; l'entità del salario l'apprenderanno solo al momento della sua ricezione. Sembra un distinguo banale e non è certo l'unico, ma è indice di una diversità mentale che distingue nettamente i due tipi.
    E con la definizione di "produttivisti" o "anti-lavoristi" ci si riferisce perciò ai fascisti autentici, non alla borghesia che nel '22 aderisce al fascismo solo per interesse o alla "casalinga di Voghera" che lo fa perchè stata convinta dalla propaganda anti-fascista di esserlo ed oggi impesta i gruppuscoli d'area andando perfino ad egemonizzarli tra lo sconcerto dei veri fascisti. E così si mette un altro tassello sull'interpretazione del fascismo che già De Felice aveva intuito, non come reazione borghese a qualcosa, ma tipologia antropologica fino al 1919 rimasta sopita e svegliatasi per forza di cose nel tentativo di difendersi dall'aggressione social-fabianista.

    “Fascisti si nasce, non si diventa” (Carlo Tassi)
    "Il copione teatrale dell’anti-italiano consiste nell’attribuire all’intera collettività nazionale i difetti specifici ed irripetibili della propria canagliesca personalità individuale, con in più l’ipocrisia del tirarsene fuori" (Costanzo Preve)

 

 
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