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Salvate il soldato Molinari dal delirio atlantista:
se le vedove dell’Isis ora sfidano Mosca. E il ridicolo
10 dicembre 2017
Nemmeno più la domenica mattina si può stare in pace. Dopo una settimana di lavoro, uno vorrebbe prendersela con calma, godersi in pace il caffè, guardare la rassegna stampa con occhio meno attento, ciondolare un po’ nel tepore di casa, mentre fuori si gela.
E invece, tocca restare vigili e allerta, ingollare il caffè di fretta, bruciare la sigaretta in bocca come fosse un tizzone, scrutare fuori dalla finestra con occhio attento e preoccupato, guardarsi le spalle: russi e fascisti ovunque. Anche di domenica.
Sti cazzo di stakanovisti dell’imboscata anti-democratica sono in servizio permanente ed effettivo, anche nei giorni di festa.
D’altronde, c’è da capirli, come ci mostra la prima pagina de “La Repubblica”:
oggi per loro è il day after della grande sconfitta, dopo l’oceanica adunata anti-fascista di Como: una moltitudine di persone a perdita d’occhio, ministri e leader sindacali in piazza, Matteo Renzi gongolante, bandiere che garrivano al vento e slogan di libertà.
Peccato che quel covo di fascisti e russi della questura di Como si sia messo in mezzo a rovinare un po’ le celebrazioni: erano in 4mila scarsi in piazza, questo nonostante la mobilitazione diretta del partito di maggioranza relativa, della CGIL e la grancassa del quotidiano di De Benedetti. Va beh, le rivoluzioni si sono sempre basate sulle avanguardie. E quando fra queste ultime annoveri calibri come il ministro Fedeli, puoi stare certo che il sol dell’avvenire sorgerà. Magari un po’ ignorante ma sorgerà.
Ma oggi il neo-fascismo può attendere, d’altronde con l’anniversario della strage di piazza Fontana alle porte, sono certo che “Repubblica” saprà regalarci qualche straordinario nesso spazio-politico-temporale che legherà il blitz dei naziskin a Como alla strategia della tensione.
La vera emergenza arriva da Torino, in tutta la sua drammaticità. Eccola:
la NATO scende in campo contro le ingerenze russe nelle politiche interne degli Stati europei, Italia in testa. E non sarebbe l’ennesima fantasia lisergica di Maurizio Molinari a dare corpo a quel titolo, bensì una politica precisa quasi imposta dagli USA agli altri membri dell’alleanza all’ultimo vertice atlantico: ovvero, hanno veramente parlato in veste ufficiale di questa troiata.
Ora, anche un labrador affetto da ritardo della crescita e labirintite acuta riuscirebbe a trovare il minimo sindacale di lucidità per capire che un mondo dove gli USA denunciano le attività destabilizzatrici di qualcuno sulle scelte politiche di Stati terzi assomiglia molto a quello degli unicorni, stante cinquanta anni di intromissioni indebite di Washington nei cazzi del mondo intero ma tant’è, fino al 1989 c’era la scusa della Guerra Fredda e del mondo diviso in blocchi.
Ora, invece, ci sono le fake news. Ovvero, l’attività del Cremlino per destabilizzare gli scenari politici interni europei e farli virare verso derive populiste, anti-europeiste e, sostanzialmente, anti-democratiche. L’esempio?
Il referendum costituzionale italiano, quello dell’indipendenza catalana e, nelle parole stesse – forse influenzate da qualche gin-tonic di troppo – di Theresa May, il Brexit. Di più, ora Mosca punterebbe al voto di primavera nel nostro Paese, supportando in tal senso Lega Nord e Movimento 5 Stelle. Come?
Pagando un corso di italiano ai deputati grillini, al fine di porre fine al titanico conflitto fra questi ultimi e il congiuntivo? Oppure un tutorato in storia e geografia, tanto per collocare Pinochet dove deve stare?
L’addio di Di Battista coincide con il suo esilio a Mosca, in preparazione di una campagna che porti i bolscevichi a Palazzo Chigi nel 2019? E come si sostanzierebbe l’aiuto di Mosca alla Lega? Comprando felpe a Salvini? Facilitando l’avvicinamento fra quest’ultimo e Storace e Alemanno, portatori di uno 0,1% di fondamentale importanza strategica?
Chissà. Certamente cozza con la versione NATO il fatto che, visti i conti non proprio floridi, Salvini abbia chiuso l’organo di partito, “La Padania”, visto che se si punta tutto sulla disinformazione, il quotidiano – per quanto illeggibile – è l’ultima cosa che vai a tagliare. Forse la grande moscovita in fianco della lotta leghista è stata la nascita del sito “Il populista”, il cui contributo alla contro-informazione seria è pari a quello di Asia Argento all’emancipazione femminile?
Perché è facile sparare accuse a cazzo, più difficile renderle credibili con i fatti. E le prove. D’altronde, questa è una grande prerogativa USA: non stiamo, infatti, ancora attendendo con trepidazione le prove inconfutabili dell’attacco chimico a Idlib, in Siria, dello scorso aprile? Il tutto, senza scomodare le provette alla Citrosodina di Colin Powell, somma sintesi della fake news ante litteram. E il forno crematorio di Assad? E i bombardamenti sistematici di ospedali pediatrici?
L’elenco di stronzate messe in campo dagli USA è lungo, infinito. E “La Stampa”, sotto la sapiente direzione di Maurizio Molinari, le ha veicolate tutte. D’altronde, occorreva giustificare il sostegno NATO ai jihadisti in Siria, missione non semplicissima, anche perché quei destabilizzatori senza redenzione dei russi hanno la brutta abitudine di far seguire le prove alle accuse, ad esempio le strane avanzate di Daesh in contemporanea con i raid della coalizione a guida di Washington.
E poi, come cazzo puoi sostenere il concetto stesso di “guerra civile siriana”, essendo presenti fin dall’inizio del conflitto mercenari di almeno 12 nazionalità (oltre ad addestratori USA, britannici e israeliani), se non attraverso una serie infinite di fake news e armi di propaganda?
E che dire, poi, dell’Isis: quanti allarmi per il ritorno in patria dei foreign fighters hanno lanciato giornali come “La Stampa”, basandosi su fantomatiche fonti d intelligence NATO o statunitensi? Quanti “attentati” hanno visto certificata la loro natura jihadista, nonostante palesi incongruenze e falsi da antologia?
Automobili e trolley soggetti ad autocombustione, primule rosse che non si sono mai mosse dal loro quartiere d’origine e si nascondono negli armadi, commando di pluri-pregiudicati per droga o pluri-segnalati per attività eversive che si muovevano con la libertà di una libellula, servizi segreti incapaci di tracciare i movimenti di uno schedato dal Belgio a Parigi, tanto che il presunto attentatore degli Champs-Elysées si presentò in caserma in Belgio il giorno dopo per chiedere egli stesso conto del suo millantato coinvolgimento.
E potrei andare avanti per tutta la giornata. E a fronte di queste conclamate e acclarate fake news statunitensi e NATO, quali sarebbero state finora le mosse destabilizzatrici della Russia? Forse svelare la natura fallace dell’intero impianto mediatico e politico della strategia del terrore?
Forse dire al mondo che se l’Isis è resistito così tanto, visto che all’inizio della sua “avventura” era composto da 30mila uomini e poteva essere eliminato in due settimane, è perché proprio chi millantava di combatterlo ed esserne vittima in patria (vedi le stragi da barzelletta di Orlando e San Bernardino), in realtà lo supportava, addestrava, armava e copriva in chiave prima anti-Assad e poi anti-sciita e anti-russa in Medio Oriente e nell’intero mondo arabo?
Io non so cosa intenderanno fare la NATO e i suoi agit-prop alla Molinari per contrastare le interferenze russe, magari vieteranno la vendita di vodka perché inquinata con sostanze psicotrope in grado di fiaccare le resistenze di chi la beve o costringere gli europei a morire di freddo pur di non dare a Putin la soddisfazione della dipendenza energetica
(tanto gli USA hanno promesso al mondo di esportare lo shale-oil alla grande in breve tempo) ma una cosa appare chiara: siamo ai titoli di coda della disperazione, quindi occorre stare attenti. Perché quando si arriva a tali vertici di parossismo, significa che si vuole giocare la carta grezza e grossolana della paura su larga scala, il terrorismo da discount, la tensione generalizzata stile “Studio aperto”.
Salterà fuori qualche milioncino di rubli transitato per l’Italia? E chi può escluderlo. Il Russiagate vivrà la sua ennesima svolta? Probabile. Facebook e Twitter ammetteranno devastanti intromissioni russe durante a campagna elettorale italiana? Non mi stupirei.
O, magari, sulla spinta della rivolta palestinese, l’Isis tornerà a farsi sentire, magari con qualche “lupo solitario” a corto in Xanax in qualche capitale europea e magari a ridosso di Natale o Capodanno? Ahimé, non mi sento anche in questo caso di escluderlo a priori.
Così come le vedove mediatiche dell’Isis e di Rita Katz paiono inconsolabili, così il Deep State sembra sempre più intenzionato a giocare la carta russa. Magari anche a causa di questo, voi cosa ne dite?
Una cosa è certa, una guerra è sicuramente in atto, così come un palese processo di destabilizzazione politica da parte di un governo terzo. Peccato che non sia quello russo, a meno di prove eclatanti che saltino fuori ma bensì quello USA, lo stesso che ci invita a guardare con sospetto verso Mosca, soprattutto in caso qualche pazzo intendesse rivedere il regime di sanzioni economiche contro Mosca.
Su una cosa concordo con Maurizio “Zio Sam” Molinari, ovvero con il titolo del suo editoriale di oggi: “Il duello passa per l’Italia”. Ovvero, l’ennesima campagna USA per il mantenimento dello status quo di potenza egemone utilizzerà il nostro Paese come una scacchiera o un panno del Risiko, forzando la mano in primis soprattutto sulla percezione di pericolo “altro”: ieri rosso, oggi russo. Con la variabile fissa del neofascismo.
Fra due giorni, la mia città celebrerà la ricorrenza della perdita della sua verginità, la strage di Piazza Fontana. Se volete capire cosa accadde e cosa sta accadendo, seppur con elementi e addendi differenti, dovreste fare un salto davanti alla Banca Nazionale dell’Agricoltura la mattina prestissimo, quando il silenzio è interrotto solo dallo sferragliare dei tram e dal vento che gioca con impalcature e rami dei pochi alberi spogli. Anche allora, il duello passava per l’Italia.
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @mauroBottarelli