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  1. #71
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    È la regola della "nazione più favorita". Se l'UE ha concesso qualcosa ad un membro dell'OMS, deve concederlo anche a tutti gli altri.
    Dunque quello dell'UE sarebbe una violazione delle regole dell'OMC, che può essere dunque denunciata allo stesso.
    Per ora ho confuso l'OMC con l'OMS...
    Citazione Originariamente Scritto da animal Visualizza Messaggio
    Monnet...rampollo di una famiglia di produttori di cognac....il troppo uso.....fa' brutti scherzi.
    Vi deve essere passato da quelle parti anche Junkers, e Barro$o
    Beh, entrambi hanno ricevuto dalla Fondazione Jean Monnet per l'Europa la medaglia d'oro.
    Nel 2017 è andata invece a Mario Draghi.

  2. #72
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    ... e riguardo al primo pacchetto degli accordi bilaterali, a metà mese partirà la raccolta firme per abolire la libera circolazione delle persone. In caso di successo, la rescissione della libera circolazione si porterà dietro gli altri sei accordi.
    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    Partita...
    ... e arrivata.
    Si voterà sulla libera circolazione delle persone
    L'UDC ha raccolto le firme necessarie per l'iniziativa 'Per un’immigrazione moderata' che mira a porre fine alla libera circolazione delle persone

    L'UDC ha raccolto le firme necessarie per inoltrare l'iniziativa 'Per un’immigrazione moderata (Iniziativa per la limitazione)' che mira a porre fine alla libera circolazione delle persone tra Svizzera e Stati membri dell'Unione europea (Ue).
    Secondo il presidente del partito democentrista, Albert Rösti, da metà gennaio sono state riunite 125'000 sottoscrizioni.
    Queste ultime devono essere ancora autenticate, "ma si può già dire: l'iniziativa c'è", ha dichiarato Rösti in un'intervista pubblicata oggi dal Blick. L'UDC aveva tempo fino il 16 luglio 2019 per raccogliere le 100'000 firme necessarie.
    Rösti si è detto sorpreso della rapidità con la quale le sottoscrizioni sono state raccolte: "l'iniziativa si è rivelata essere come qualcosa di scontato". Secondo il presidente dell'UDC, la preoccupazione per i posti di lavoro ha fortemente mobilitato gli svizzeri soprattutto nelle regioni di frontiera come Ginevra, Ticino, Vaud e Basilea Città.
    Rösti ritiene che il testo non metta in pericolo l'insieme degli accordi bilaterali tra Svizzera e Ue, nonostante la "clausola ghigliottina". "Si tratta solo della libera circolazione delle persone", ha insistito, sottolineando che tutti gli altri accordi sono nell'interesse dell'Ue e che potrebbero essere trovate soluzioni.
    La libera circolazione delle persone provoca pressione sui salari svizzeri e difficoltà per i lavoratori più anziani sul mercato del lavoro. "A causa di essa una mano d'opera giovane e conveniente affluisce nel nostro Paese", ha sottolineato Rösti. Ciò, a lungo termine, è dannoso per la prosperità, ha aggiunto.
    https://www.ticinonews.ch/svizzera/4...-delle-persone

  3. #73
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    Ho già postato questo articolo su altro thread, prima di ricordarmi che esisteva questo, più adeguato... ma in fondo anche lì aveva senso.

    Il Governo del 1991 spaccato sull'Europa
    È venuta meno la segretezza dei dossier della Confederazione nell'anno del 700mo. I sette saggi erano divisi come non mai

    Con l'inizio dell'anno è scaduto il periodo di protezione - quindi di segretezza - dei dossier della Confederazione del 1991. Un anno fulcro caratterizzato dalle guerre nell'ex Iugoslavia, dalla guerra del Golfo e dal crollo dell'Unione Sovietica, eventi che hanno segnato la politica estera elvetica dell'epoca. "Sono documenti molto interessanti, perché mostrano un certo disincanto rispetto al 1990, che era stato un anno di forti speranze dopo la fine della Guerra fredda", afferma lo storico Sacha Zala ai microfoni della RSI. Per la Svizzera, però, è soprattutto "l'anno del 700esimo con Flavio Cotti presidente e l'anno in cui si pone in maniera molto forte la questione dell'adesione allo Spazio economico europeo".

    Nel Governo chiamato a decidere sulla conclusione dell'accordo fra i membri della Comunità europea e quelli dell'AELS non regnava decisamente l'unanimità: "I documenti mostrano dibattiti molto animati all'interno del Consiglio federale, spaccato su tutte le opzioni possibili e immaginabili", racconta il direttore del Centro di ricerca Documenti diplomatici svizzeri. "Una parte voleva concludere l'intesa il prima possibile e inoltrare una richiesta di adesione, una parte - e fra questi Flavio Cotti- optava per un'adesione diretta alla Comunità europea", racconta Zala.

    Emblematica la seduta del 17 aprile, in cui il responsabile della diplomazia René Felber difese il testo, per quanto svantaggioso per la Confederazione, il suo compagno socialista Otto Stich sostenne che "un cattivo trattato non può mai essere considerato un passo nella buona direzione" e il liberale-radicale Kaspar Villiger era dell'idea che il Paese si avviasse ad essere "uno Stato vassallo" dell'allora CE (prese il nome di Unione Europa solo in seguito, con il Trattato di Maastricht).

    Un dibattito che ricorda un po' la situazione vissuta nel 2021 con l'accordo quadro? "Le discussioni in Governo sull'accordo quadro le conosceremo fra 30 anni quando cadrà il segreto", ride Zala, "ma da quello che è trapelato sulla stampa sembra palese che il dibattito fosse complesso e il Consiglio federale non proprio unito".

    Il 22 ottobre 1991 Felber e Jean-Pascal Délamuraz - dopo che Berna aveva più volte manifestato il suo malcontento - accettarono i risultati dei negoziati e dichiararono che l'adesione era un obiettivo strategico. In novembre la Commissione di politica estera degli Stati avvertì che la votazione popolare "non era ancora vinta".

    Il finale della storia già lo conoscevamo: il 6 dicembre del 1992 si andò alle urne e il popolo disse "no" nella misura del 50,3%, con uno scarto di soli 14'000 voti. Dei sette Paesi dell'Associazione europea di libero scambio coinvolti nel trattato di allora, la Svizzera scelse la via bilaterale che oggi sta mostrando i suoi limiti. Islanda, Liechtenstein e Norvegia restano membri dello SEE, mentre Austria, Finlandia e Svezia hanno nel frattempo aderito all'UE.
    https://www.rsi.ch/news/svizzera/Il-...-14985300.html

    Mi sa che i documenti diplomatici in questione saranno interessanti... anche se Felber e Delamuraz sono nomi noti, tra gli euroforici...
    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    - Jean Pascal Delamuraz, Consigliere federale e coniatore dell'espressione "domenica nera" quando il popolo svizzero rifiutò lo SEE, studente del "Dipartimento studi europei" dedicato a Jean Monnet.
    [...]
    - René Felber, consigliere federale, premiato dalla « Fondation Jean Monnet pour l’Europe » per i suoi meriti nella costruzione degli "Stati Uniti d'Europa". (e, aggiungo ora, sostenirore dell'ingresso nello SEE)
    Aggiungo il più dettagliato (e con riferimenti diretti) articolo di DoDiS... o quantomeno la parte rilevante.
    Apertura degli archivi: Nuovi documenti sulla politica estera svizzera 1991

    Il 1° gennaio 2022 scade il periodo di protezione dei dossier della Confederazione del 1991. I documenti messi a disposizione in questa occasione fanno luce sulla controversa conclusione del trattato SEE, sulle sfide della politica estera svizzera durante lo scoppio della guerra del Golfo, sulle guerre in Jugoslavia, e sulla situazione in relazione al crollo dell'Unione Sovietica.

    «L’Europa è una parte di noi stessi, e noi siamo parte di essa. Così è sempre stato. Così sarà sempre.» Il presidente Flavio Cotti si dimostrò un europeo convinto di fronte a numerosi ospiti nazionali e stranieri invitati a Sils, in Engadina, nel settembre 1991, nell’ambito del 700° anniversario della Confederazione (doc. 37, dodis.ch/57668). La staticità apodittica del suo posizionamento fu però nettamente contrastata dal dinamismo degli sviluppi della politica europea nel 1991: «Durante l’anno dell’anniversario, la questione delle future relazioni con l’Europa è apparsa più incerta, e il Consiglio federale più diviso che mai», afferma Sacha Zala, direttore del centro di ricerca Dodis, riferendosi al nuovo volume dei Documenti diplomatici svizzeri (DDS). Quest’ultimo documenta in dettaglio la politica estera svizzera nel 1991, basandosi su una selezione di documenti. Numerose altre testimonianze dell’epoca, che verranno pubblicate il 1° gennaio 2022 – dopo la scadenza del loro periodo di protezione legale – presentano un anno marcato da una forte disillusione che pone nuove sfide alla diplomazia svizzera. Si tratta dunque di un anno che discorda nettamente dal precedente 1990, caratterizzato invece da molte speranze di cambiamento dopo l’epocale cesura del 1989.

    «Satellizzazione» attraverso il SEE?

    Durante tutto l’anno, l’integrazione europea rimase il tema dominante. Un punto positivo fu la conclusione dell’accordo di transito con la Comunità europea (CE) da parte del Consigliere federale Adolf Ogi (doc. 51, dodis.ch/58168). I negoziati sullo Spazio economico europeo (SEE) ebbero meno successo. Mentre nel 1990 la «via di mezzo» dello SEE sembrava essere l’unica soluzione possibile, nel 1991 il Consiglio federale cambiò opinione. In marzo, il Presidente della Confederazione Cotti propose al Consigliere federale Jean-Pascal Delamuraz, che dirigeva il Dipartimento dell’economia e conduceva i negoziati con la CE insieme al ministro degli affari esteri René Felber, di interrompere al più presto le «umilianti» trattative sul SEE a favore di una domanda diretta di adesione (doc. 9, dodis.ch/57510). La controversa discussione del Consiglio federale, avvenuta il 17 aprile 1991, fu altrettanto emblematica riguardo al disaccordo all’interno del governo: mentre il ministro delle finanze Otto Stich era convinto che «un cattivo trattato non potesse mai essere visto come un passo nella giusta direzione» e che nella fattispecie, lo SEE, significava «una satellizzazione della Svizzera». Il ministro degli affari esteri Felber sottolineò «i numerosi punti positivi» e «i chiari vantaggi» di un accordo, seppure non equilibrato per la Svizzera. Per il ministro della difesa Kaspar Villiger invece, il paese si trovava «sulla strada verso uno stato coloniale, con uno statuto di autonomia» (doc. 13, dodis.ch/57331).

    Pressione internazionale

    Nelle discussioni con i loro partner europei, i consiglieri federali cercarono ripetutamente di esprimere la loro insoddisfazione riguardo all’andamento dei negoziati. Il ministro tedesco degli affari esteri Genscher rispose con fermezza che solo come membro della CE «i propri interessi nazionali possono essere fatti valere nel miglior modo possibile» (doc. 16, dodis.ch/57028). Il presidente francese Mitterrand fu ancora più critico nei confronti della posizione svizzera di distanziamento, sottolineando che «le banche da sole non erano una base sufficiente per una civilizzazione» (doc. 25, dodis.ch/58092). Il capo negoziatore della CE, Krenzler, parlò addirittura di un «deficit di modernità» svizzero che poteva essere «corretto» con l’adesione della Svizzera alla CE o attraverso la sua sala d’attesa, che sarebbe lo SEE (doc. 27, dodis.ch/58039). Solamente poco prima della riunione dei ministri della CE e dell’AELS a Lussemburgo, durante la quale, secondo la Svizzera, sarebbe stato necessario «forzare una svolta o i negoziati sarebbero falliti» (doc. 44, dodis.ch/58388), il Consiglio federale prese una decisione di principio. La notte del 22 ottobre 1991, i Consiglieri federali Felber e Delamuraz accettarono i risultati dei negoziati sul trattato SEE e dichiararono l’adesione della Svizzera alla CE in quanto obiettivo strategico. Nonostante ciò, a novembre, il Comitato di politica estera del Consiglio degli Stati anticipò in modo asciutto che: «Il voto sul trattato SEE non è ancora stato vinto» e che c’era «ancora un’enorme quantità di lavoro se vogliamo far si che il popolo accetti questo trattato» (doc. 56, dodis.ch/58525).
    [...]
    https://www.dodis.ch/it/apertura-deg...-svizzera-1991

  4. #74
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    Cotti di che partito era? Che delusione!
    In Piazza Grande a Locarno ci sono i suoi eredi!
    Possiamo concludere che tutto il peggio che succede in Italia e' dovuto alle elites PD ed al vaticano?
    Stupri, attentati, invasione, fallimenti, disoccupazione, emergenza sociale, denatalita',violenza verbale , suicidi, omicidi....

  5. #75
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    Proprio oggi, trent'anni dal NO allo Spazio Economico Europeo, con tanto di NO all'accordo quadro (SEE 2.0) nel mentre.
    Svizzera-UE. 6 dicembre 2022: trent'anni da quando la Svizzera ha rifiutato di aderire allo SEE.
    Yvan Perrin

    « In realtà, da trent'anni la Svizzera non riesce a farsi carico del proprio destino di Paese europeo situato nel cuore dell'Unione e profondamente coinvolto nel suo sviluppo. »
    Sentiamo che si sta avvicinando il trentesimo anniversario dello storico 6 dicembre 1992. Questa data mortale mobilita tutti coloro che non si sono ancora ripresi, Françoix Chérix in testa, a cui dobbiamo le righe che appaiono sopra. Avevano annunciato l'apocalisse, credendo che solo una Svizzera soggiogata, diluita nell'Unione Europea, potesse garantire il suo futuro.
    Trent'anni passati a far finta che certo il disastro non c'è stato ma che sarebbe comunque molto meglio se potessimo giocare nella corte dei grandi, se potessimo disporre di un indispendsabile commissario europeo. Trent'anni a sopportare questi fatti ostinati che dimostrano che l'intelligenza collettiva della popolazione svizzera supera di gran lunga l'arroganza della Commissione europea, che impone le sue opinioni pretendendo di sfuggire al minimo controllo democratico.
    Dovremo fare i conti con questi prossimi giorni. Il coro dei dolenti non ha finito di cantare le lodi dell'Unione mentre si lamenta di questa piccola Svizzera che pretende di conservare ciò che resta della sua indipendenza e della sua democrazia diretta. Il prossimo 6 dicembre avremo l'opportunità di ringraziare coloro che hanno avuto il coraggio di prendere la decisione giusta nel 1992.
    E ricordare che solo l'Udc aveva guidato la lotta per la libertà, lottando contro questi volontari schiavi che pretendevano le catene perché gli sembravano d'oro. E che solo l'UDC farà in modo di non rinunciare mai a ciò che ci rende cittadine e cittadini, a differenza degli europei che sono solo degli amministrati.
    https://lesobservateurs.ch/2022/12/0...dherer-a-leee/
    (originale in francese)

    “Il Parlamento europeo ha causato molti danni in Europa” – Così un deputato polacco ha diviso per quattro minuti il Parlamento europeo.

    La barca è stata lanciata dall'eurodeputato polacco Ryszard Legutko, un uomo che non è noto per la sua morbidezza, poiché ha recentemente spiegato che la politica principale europea persegue in realtà un'agenda comunista, tanto che l'Europa si è isolata dalle proprie tradizioni.
    Davanti ai deputati del Parlamento europeo riuniti in occasione del 70° anniversario di questa istituzione, Legutko ha parlato sul podio per quattro minuti senza giri di parole. Durante il suo intervento, oltre agli applausi, ha ricevuto fischi, sorrisi di scherno e grida di rabbia, ma non la minima contro-argomentazione. Ecco la traduzione integrale del suo breve intervento:

    « Signora Presidente, Primi Ministri,

    Due minuti di verità, di amara verità. E questa amara verità è che il Parlamento europeo ha causato molti danni in Europa. Ha inviato il falso messaggio che rappresentava i demos europei [popolo]. Tuttavia, non ci sono demo europee e non ci saranno mai. Il Parlamento ha contagiato l'Europa con uno spudorato atteggiamento partigiano. E questa infezione è diventata così contagiosa che si è diffusa ad altre istituzioni, come la Commissione europea. Il Parlamento europeo ha abbandonato la sua funzione fondamentale di rappresentanza dei cittadini. Invece è diventato una macchina per realizzare il cosiddetto progetto europeo, alienando milioni di elettori.

    Il Parlamento europeo è diventato lo strumento politico della sinistra per far valere il proprio monopolio con feroce intolleranza verso ogni dissenso. Per quanto si ripeta la parola "diversità", la diversità sta gradualmente diventando una specie in pericolo nell'Unione europea, e in particolare in questo emiciclo.

    Il Parlamento europeo è solo un'apparenza di un parlamento, perché rifiuta il principio fondamentale del parlamentarismo, vale a dire la responsabilità. Permettetemi di ricordarvi che un deputato è eletto dall'elettorato e deve rendergli conto. Ma non è così nell'Unione Europea. L'idea che i parlamentari spagnoli, tedeschi, francesi, ecc., che sono responsabili nei confronti dei propri elettori, possano dettare il loro comportamento alla società ungherese, ad esempio, o a qualsiasi altra società nei confronti della quale non sono responsabili e che non possono ricordarglielo la loro responsabilità, è semplicemente assurdo.

    Chiamatela come volete, ma non è democrazia. In sintesi, il Parlamento europeo rappresenta un demos inesistente, lavora per progetti che ignorano la realtà e la legge, evita le responsabilità, volta le spalle a milioni di persone e serve gli interessi di un'unica tendenza politica. E ancora, questa è solo la punta dell'iceberg. Questo, signore e signori, è tutto quello che avevo da dire
    »
    https://lesobservateurs.ch/2022/11/2...uatre-minutes/
    (originale in inglese)

  6. #76
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    Liberi, perché lo vogliamo
    Yvan Perrin

    Oggi celebriamo il trentesimo anniversario della famosa domenica nera, quando il popolo svizzero scelse di rimanere libero, fedele ai suoi predecessori del Rütli. Abbiamo fatto bene a dire no a questa Unione europea che pretende di privarci delle nostre prerogative democratiche. Lo vediamo tutti i giorni, la Commissione europea è sempre più slegata dalla realtà dei popoli di cui cerca di contestare l'esistenza. È un'Europa di governanti e non di cittadini che estende ogni giorno la sua presa sulla vita quotidiana.
    « Non ci possono essere scelte democratiche contro i Trattati europei », ci ha detto qualche tempo fa un deplorevole presidente della Commissione. Questo vale più che mai oggi, quando la presidente si permette di distribuire i punti positivi e negativi durante le elezioni nazionali. A Ursula von der Leyen non sono mancate parole dure per castigare questi francesi, questi italiani che recentemente hanno scelto il patriottismo di fronte a questo Soviet Supremo che presiede la tedesca.
    È nella natura di ogni despota irrigidirsi quando il suo potere viene messo in discussione. È così che la Commissione ha minacciato i peggiori mali ai nostri vicini italiani se per caso il loro governo guidato da Giorgia Meloni si fosse rifiutato di ottemperare alle sue ingiunzioni. L'Unione si comporta così anche con noi svizzeri restii agli ukaz di Bruxelles. La Commissione non ha ancora digerito la tardiva ma coraggiosa decisione del Consiglio federale di porre fine alle trattative relative all'accordo quadro. Da allora ci sono state solo minacce, rappresaglie e intimidazioni varie. Questo atteggiamento da ragazzina offesa non avrà i risultati sperati. L'agitazione di Bruxelles dimostra, se necessario, che l'Unione europea non sostiene la minima contraddizione e punisce i sediziosi.
    La libertà il più delle volte si acquisisce attraverso il dolore, si conserva attraverso lo sforzo. Ma ci rende cittadini e non semplici amministrati. La nostra democrazia diretta è un bene prezioso, spesso frainteso. Ieri, su Le Temps, l'organo ufficiale di propaganda europeista, un eurodeputato tedesco ha sottolineato che: « Il problema non è la popolazione svizzera, ma il Consiglio federale e il sistema politico che dà grande influenza a certi partiti anche se non hanno la maggioranza. »
    Pover'uomo incapace di capire che è il popolo svizzero a non volere i benefici europei. Sarebbe molto sorpreso se venisse a sapere che nel nostro Paese ogni cittadino ha più prerogative democratiche rispetto a lui come eurodeputato. Dire sì all'Unione europea significa usare la democrazia diretta per abolirla. Teniamocela!
    Oggi, giorno di festa, facciamo in modo che la Svizzera resti per sempre l'eccezione nel Vecchio Continente, un Paese dove conta l'opinione della gente.
    https://lesobservateurs.ch/2022/12/0...-voulons-bien/
    (originale in francese)

  7. #77
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    RSI - Il Governo del 1991 spaccato sull'Europa
    Mi sa che i documenti diplomatici in questione saranno interessanti... anche se Felber e Delamuraz sono nomi noti, tra gli euroforici...
    Dimenticavo... riporto anche qui.
    Quella decisione «tirata» e avventata che ha segnato i rapporti con l’Europa
    CONSIGLIO FEDERALE / I documenti confidenziali resi pubblici pochi giorni fa svelano i retroscena del voto del 1992 sullo Spazio economico continentale Lo storico Sacha Zala: «La domanda d’adesione, decisa nella seduta del 18 maggio, fu un errore tattico, ma il Governo volle giocare a carte scoperte»

    «Il 6 dicembre del 1992 è stato il fallimento della politica europea. La posizione, molto chiara, del Consiglio federale in quell’anno era di sottoporre al popolo l’adesione allo Spazio economico europeo (SEE) e, allo stesso tempo, iniziare le trattative per un’adesione alla Comunità Europea. Ma, alla fine, né l’uno, né l’altro diventeranno realtà». Ora, a distanza di 30 anni, lo storico Sacha Zala ha permesso di svelare i retroscena che portarono alla cosiddetta «domenica nera» di fine 1992, come la descrisse l’allora consigliere federale Jean-Pascal Delamuraz.
    Tramite i documenti e i verbali del Governo, finora segreti e confidenziali, viene ripercorsa in particolare la seduta del 18 maggio, con la decisione che molti considerano «il più grande errore tattico del Consiglio federale dalla Seconda Guerra mondiale».

    Le congratulazioni di Felber

    È il 18 maggio 1992. Il Consiglio federale si riunisce per una riunione straordinaria che segnerà per sempre la politica europea della Confederazione.
    La maggioranza della popolazione, il giorno precedente, ha seguito il Governo approvando con circa il 56% di voti favorevoli l’adesione alle istituzioni di Bretton Woods: il Fondo monetario internazionale (FMI) e la Banca mondiale. L’allora presidente della Confederazione, René Felber, all’inizio della seduta si congratula con i colleghi per il successo alle urne.
    L’Esecutivo «ha così dimostrato di essere in grado di prendere decisioni accettate dal popolo», si legge nel verbale dell’epoca. Il resoconto confidenziale di quella storica seduta fa ora parte dei 1.700 documenti che dal primo gennaio, alla scadenza del periodo di protezione legale di 30 anni, sono stati resi pubblici dall’Istituto di ricerca indipendente Dodis (Documenti diplomatici svizzeri), che fa parte dell’Accademia svizzera di scienze umane e sociali.

    Un anno chiave

    Già nell’ottobre 1991, Felber annuncia di porre come obiettivo l’adesione della Svizzera alla Comunità Europea, rinominata Unione europea dal 1993. La strategia di integrazione europea del Consiglio federale viene però discussa approfonditamente nel corso della successiva primavera. L’Esecutivo è chiamato a prendere una decisione formale sul tema, consapevole anche del rischio di interferenze tra la richiesta di adesione e il voto sullo SEE, previsto per il 6 dicembre dello stesso anno. Tra aprile e maggio dedica tre sedute straordinarie alla questione. Il processo di avvicinamento e di adesione alla Comunità Europea sarebbe molto più semplice se gli svizzeri aderissero allo SEE, si dice convinto il Governo.

    Governo sicuro di sé

    «Il Consiglio federale era molto sicuro di sé, anche a seguito del successo relativo al FMI e a una buona posizione sulla scena internazionale. Questa nuova presa di coscienza della propria forza, forse, portò anche a una certa avventatezza. E a considerare maggiormente gli argomenti di politica estera che non quelli di politica interna», spiega Zala, direttore di Dodis.
    Nella sua seduta del 18 maggio, però, il Governo osa troppo. Il ticinese Flavio Cotti (PPD), insieme al collega romando Jean-Pascal Delamuraz (PLR) e al presidente della Confederazione René Felber (PS), intendono presentare rapidamente una domanda per negoziare l’adesione alla Comunità Europea.
    «Si tratta sostanzialmente di inviare una semplice lettera alla Commissione», viene spiegato nel verbale reso pubblico ora. Sul fronte dei contrari, anche per la questione della neutralità, si pongono Kaspar Villiger ( PLR), Otto Stich ( PS) e Arnold Koller (PPD). Quest’ultimo, in particolare, avverte che «dopo il voto sul FMI, le possibilità di adesione allo Spazio economico europeo sono aumentate. Ma se il Consiglio federale dovesse presentare una domanda di adesione prima del voto di dicembre, ciò metterebbe in pericolo lo stesso SEE».

    Ogi ago della bilancia

    Tre favorevoli, tre contrari. L’ago della bilancia è Adolf Ogi. L’allora «ministro» dei Trasporti vorrebbe rimandare la decisione almeno all’autunno, poiché teme che l’avvio dei negoziati di adesione possa ripercuotersi negativamente anche sulla votazione - prevista nel settembre dello stesso anno sulla Nuova trasversale ferroviaria alpina (NFTA), che dà il via libera alla costruzione delle nuove gallerie di base del San Gottardo, del Ceneri e del Lötschberg. Dopo un secondo giro di discussioni, però, Ogi cede e decide di allinearsi ai favorevoli.
    «Achille Casanova - ex vicecancelliere e portavoce del Consiglio federale - era diplomaticamente molto abile nella stesura dei verbali, fatti in modo tale che nessuno si arrabbiasse. Ancora oggi non si capisce bene cosa abbia fatto cambiare idea a Ogi», afferma Zala, secondo cui a influire sulla decisione del democentrista bernese fu anche il cancro diagnosticato a Felber.
    Per lo storico, «Il Consiglio federale volle giocare a carte scoperte e in maniera trasparente verso il popolo. Ma se lo scopo era di entrare nello Spazio economico europeo, si può certamente dire che fu un errore tattico. Ma lo fece per un motivo: nel 1992 il Governo trovò una fiducia e una sicurezza nella forza politica del Paese che sarebbero state impensabili solo fino a pochi anni prima. Con la fine della Guerra fredda e la caduta del Muro di Berlino fu un periodo di grosse speranze, quasi di euforia, per la comunità internazionale ».

    Segreto svelato

    Il dado è dunque tratto: « Il Consiglio ha deciso a maggioranza di presentare una domanda di apertura dei negoziati per l’adesione della Svizzera alla Comunità Europea prima della votazione sullo SEE. Questa richiesta sarà presentata il prima possibile. La decisione del Consiglio sarà tenuta riservata e sarà annunciata mercoledì», rivela il verbale.
    Le cose però non vanno come vorrebbe il Consiglio federale. Già nel pomeriggio, la notizia rimbalza nelle redazioni dei giornali e tra i partiti, dando il via a una serie di critiche. In particolare, è l’UDC a scagliarsi contro la politica europea del Governo: «Ora il voto sullo SEE diventa contemporaneamente un voto sull’UE», dichiara l’allora consigliere nazionale Christoph Blocher, che durante la campagna di voto diventerà il faro dei contrari.

    La «domenica nera»

    Due giorni dopo la decisione del Consiglio federale, il presidente della Confederazione René Felber scrive una lettera per chiedere formalmente a Bruxelles di avviare i negoziati di adesione.
    Il resto è storia nota: Blocher e l’UDC vincono la loro battaglia sullo Spazio economico europeo e il referendum del 6 dicembre - con una partecipazione del 78,73% - viene respinto dal 50,3% dei votanti. «Un magnifico autogol, una domenica nera», dichiara stizzito Pascal Delamuraz commentando l’esito negativo della consultazione. La domanda d’adesione, congelata in seguito alla bocciatura, è stata formalmente ritirata solamente nel 2016.
    https://www.cdt.ch/news/quella-decisione-tirata-e-avventata-che-ha-segnato-i-rapporti-con-leuropa-304134

    Nuovi documenti sulla politica estera svizzera 1992

    Il 6 dicembre 1992, l’elettorato svizzero diede una sterzata alla politica europea della Svizzera, decretando il naufragio dell’adesione allo Spazio Economico Europeo (SEE). «Il Consiglio federale prende atto di questa decisione e la rispetta», dichiarò il Presidente della Confederazione René Felber dopo la votazione, pur rammaricandosi «che la Svizzera rinunci alle opportunità di apertura che le sono state offerte, rompendo così anche con la sua politica di avvicinamento all’Europa, perseguita politicamente fin dalla Seconda Guerra Mondiale» (dodis.ch/61182). Ma come si giunse a questa rottura?
    Il centro di ricerca Dodis ha analizzato un gran numero di documenti sul fatidico 1992, pubblicandone una selezione nella banca dati Dodis e nell’ultimo volume dei Documenti diplomatici svizzeri, esattamente alla scadenza del periodo di protezione legale, ovvero il 1° gennaio 2023. «I documenti dimostrano», afferma il direttore di Dodis, Sacha Zala, «che con la fine delle certezze della Guerra fredda, le maggiori sfide con cui si trovò confrontata la Svizzera furono proprio le questioni di integrazione politica».

    Una politica europea in frantumi

    Appena qualche mese prima, in primavera, il Consiglio federale aveva deciso di presentare rapidamente una richiesta alle Comunità europee (CE) per l’avvio dei negoziati di adesione. La decisione fu tutt’altro che unanime: mentre i rappresentanti della Svizzera latina puntavano ad avanzare rapidamente, i Consiglieri federali Arnold Koller e Adolf Ogi temevano che ciò potesse ripercuotersi negativamente sulle votazioni sul SEE e sulla Nuova trasversale ferroviaria alpina (NFTA). Il Consigliere federale Kaspar Villiger sottolineava dal canto suo come il SEE rappresentasse «un’opportunità concreta», mentre la questione dell’adesione era «ancora molto controversa». Dopo un secondo giro di discussioni, il Ministro dei trasporti Ogi rinunciò ad opporsi, facendo pendere l’ago della bilancia a favore dell’adesione (dodis.ch/58958). Fu così che, il 20 maggio, il Consiglio federale approvò le lettere di adesione alla CE.

    Sul piano comunicativo, la votazione sul SEE si rivelò un esercizio estremamente delicato. Il più noto e potente oppositore allo SEE era Christoph Blocher, membro zurighese del Consiglio nazionale per l’UDC. Davanti alla Commissione dell’economia, esortò a «forzare» gli accordi bilaterali con la CE, senza tuttavia trovare alleati tra la maggior parte dei suoi colleghi. Pascal Couchepin, Consigliere nazionale liberale-radicale vallesano, mise in guardia contro il crescente livello di emotività del dibattito, nocivo per la democrazia (dodis.ch/60997).
    Sia fuori che dentro il parlamento si scatenò una campagna di votazioni burrascosa che provocò, con l’esito della votazione del giorno di San Nicolao, una scossa per il Consiglio federale. Nonostante il rammarico interno per il fatto che non tutti i Consiglieri federali si fossero espressi chiaramente a favore del SEE, il compito divenne di «accettare la decisione del sovrano», di sanare il più rapidamente possibile le «ferite aperte e lacerate» e di «riunire il Paese» evitando il diffondersi della rassegnazione (dodis.ch/60622).
    [...]
    https://www.dodis.ch/it/nuovi-docume...-svizzera-1992

    Da quel che ho capito Adolf Ogi « rinunciò ad opporsi », ovvero non votò contro. Se così fosse, il voto per l'adesione all'UE fu di 3 contro 3 con 1 astensione. Ma siccome il Presidente della Confederazione (l'euroforico Felber) come Primus Inter Pares ha la facoltà di decidere una votazione in pareggio, la richiesta di adesione è stata inviata. Bell'esercizio di unità, non c'è che dire... ma congratulazioni per aver creato una situazione che ha portato alla bocciatura dello SEE...

  8. #78
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    Spero che non sia vera la vecchia battuta: gli svizzeri fanno le stesse cazzate degli altri popoli, ma con vent'anni di ritardo.

  9. #79
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    certo la Svizzera fu salvata...poi arrivo' il topo Ignazio, il presidente italiano dal doppio passaporto che sta approvando prima della fine del mandato il sequestro di tutti i beni depositati nelle banche elvetiche dai russi.

    Secoli di storia, di liberta' di democrazia aborriti in pochi mesi da questo servo e dalla sua cricca nazirossa!
    Possiamo concludere che tutto il peggio che succede in Italia e' dovuto alle elites PD ed al vaticano?
    Stupri, attentati, invasione, fallimenti, disoccupazione, emergenza sociale, denatalita',violenza verbale , suicidi, omicidi....

  10. #80
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    Predefinito Re: 25 anni fa il referendum che salvo' la Svizzera

    vero, sareste stati invasi da milionate di immigrati e invece...


    e invece...


    e invece 25% di popolazione straniera



    la nazionale di calcio della Svizzera...

    Fernandes
    Embolo
    Bombolo
    Akanji
    Xhaka
    Sow
    Jashari
    Shaquiri
    Okafor
    Seferovic




    meno male che non sono entrati in UE, si sono salvati ahahahahahhah

    ancora Animal alla tua età non hai capito un cazzo, che il problema è il CA-PI-TA-LIS-MO, non stare dentro o fuori la UE
    PATRIMONIALE PROGRESSIVA SU IMMOBILI, DEPOSITI, PRODOTTI FINANZIARI, RENDITE E SUCCESSIONI!

 

 
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