Originariamente Scritto da
abreham
Qualche anno fa non avrei avuto gli odierni grattacapi, prima di rispondere alla domanda riguardante il partito politico per cui sarei stato incline a votare, data anche una maggior distinzione ideologica tra i partiti e le coalizioni. Cosa che, a parer mio, spesso poteva anche sfociare in mera strumentalizzazione ideologica di qualunque argomento nei vari consessi in cui venisse sollevato. Questa fase, di "normale" dialettica tra schieramenti, si concluderà con la crisi dell'ultimo governo Berlusconi e la nomina a primo ministro di Mario Monti. Sotto il governo Monti si cercava in tutti i modi di evitare qualunque argomento "divisivo". Insomma, in quella fase si demonizzava e poi si limitava la naturale e necessaria dialettica politica a colpi di "ce lo chiede l'Europa" o comunque con le necessità che un "governo di unità nazionale" poteva comportare. Successivamente i governo Letta e poi Renzi porteranno avanti il lavoro di smantellamento della distinzione ideologica tra gli schieramenti di destra e sinistra, volenti o nolenti. E' innegabile che ciò fosse avvenuto fin dal principio, soprattutto per opportunità politica (perchè i governi avessero le maggioranze necessarie per restare in piedi). Sta di fatto che molti soggetti politici o fattori esterni (politica ed economia internazionale anche da molto prima dell'avvento di Monti) concorreranno nel processo di annacquamento delle già precarie condizioni della distinzione ideologica tra gli schieramenti di destra e sinistra. Persino Silvio (noto fagocitatore ed assimilatore di soggetti e correnti politiche) avrà più di un problema nel tentativo di liberarsi dalla morsa letale dell'abbraccio di Renzi.
Questo confine labile tra parititi aveva portato, secondo me, una certa trasversalità in quelle tematiche che venivano definite "divisive", cioè la sede della contrapposizione non era più il Parlamento tra i diversi partiti, ma intestino ai partiti. Questo modo di comporre i conflitti, io lo trovo da un certo punto di vista sano, rispetto alla pretestuosa contrapposizione ideologica tra partiti.
Uno, perché una maggiore trasversalità favorisce la discussione interna ad ogni singolo partito.
Due, perchè un partito già "dilaniato" internamente farebbe molta più fatica a fare inutile polemica ideologica attestandosi invece in una posizione più aderente alle questione di merito, discutendo volta per volta ogni tematica in modo più pragmatico, invece che partendo già dalla propria sintesi politica nel confronto con altri soggetti o schieramenti politici.
Tuttavia la morte dell'ideologia potrebbe essere l'anticamera di una crisi di rappresentanza in cui il cittadino si troverebbe a decidere di votare per un partito o coalizione senza un'ideologia di partenza, come se il voto fosse una delega in bianco al partito(o peggio al solo capopartito) svuotato di ideologia, di fare ciò che ritiene più opportuno a seconda dello scenario politico di fronte al quale si troverebbe al termine del confronto elettorale. Mentre per il partito stesso si tradurrà nella difficoltà di elaborare un programma politico coerente e nel tentativo di portare avanti una serie di proposte finalizzate a conquistarsi il più grande bacino elettorale possibile.
Alla luce delle precedenti considerazioni quali sono secondo voi i criteri che si dovrebbero mettere in atto per individuare il partito da votare?
Qualunque altra osservazione alle mie personalissime considerazioni sarà più che gradita
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