La lista dei nemici degli USA: prospetti e prospettive

Trumpdi James Petras

Introduzione

Per quasi 2 decenni, gli Stati Uniti hanno perseguito una lista di ‘paesi nemici’ da affrontare, attaccare, indebolire e rovesciare. Questa ricerca imperiale di rovesciare i ‘paesi nemici’ ha funzionato a vari livelli di intensità, in base a due considerazioni: il livello di priorità e il grado di vulnerabilità rispetto a un’operazione di ‘cambio di regime’.

I criteri per determinare un ‘paese nemico’ e il suo posto nell’elenco delle priorità degli obiettivi nella ricerca degli Stati Uniti per una maggiore posizione dominante globale, così come la vulnerabilità rispetto a un cambio di regime ‘riuscito’ sarà al centro di questo saggio. Concluderemo discutendo le prospettive realistiche delle future opzioni imperiali.

Priorizzando gli avversari statunitensi

Gli strateghi imperiali considerano criteri militari, economici e politici nell’identificazione degli avversari ad alta priorità.

I seguenti paesi sono in cima alla ‘lista dei nemici’ degli Stati Uniti:

1) La Russia, a causa del suo potere militare, è un contrappeso nucleare agli Stati Uniti a livello di dominio globale. Ha una forza armata enorme e ben equipaggiata con una presenza europea e asiatica e in Medio Oriente. Le sue risorse globali di petrolio e gas la proteggono dal ricatto dell’economia degli Stati Uniti e le sue crescenti alleanze geopolitiche limitano l’espansione degli Stati Uniti;

2) La Cina, a causa del suo potere economico globale e della portata crescente del suo commercio, degli investimenti e delle reti tecnologiche. La crescente capacità militare difensiva della Cina, in particolare per quanto riguarda la tutela dei suoi interessi nel Mar Cinese Meridionale serve a contrastare il dominio degli Stati Uniti in Asia;

3) La Corea del Nord, a causa della sua capacità missilistica nucleare e balistica, la sua fiera politica estera indipendente e la sua posizione geo-politica strategica, è vista come una minaccia per le basi militari statunitensi in Asia, gli alleati e i proxies regionali di Washington;

4) Il Venezuela, a causa delle sue risorse petrolifere e delle sue politiche socio-politiche, sfida gli Stati Uniti come modello incentrato sul neo-liberismo in America Latina;

5) L’Iran, a causa delle sue risorse petrolifere, della sua indipendenza politica e delle sue alleanze geo-politiche in Medio Oriente, sfida il dominio degli USA, israeliano e dell’Arabia Saudita nella regione e presenta un’alternativa indipendente;

6) La Siria, a causa della sua posizione strategica in Medio Oriente, il suo partito di governo secolare e nazionalista e le sue alleanze con l’Iran, la Palestina, l’Iraq e la Russia, è un contrappeso ai piani degli Stati Uniti d’America per balcanizzare il Medio Oriente in bellicosi stati etno-tribali.

Avversari USA di media priorità:

1) Cuba, a causa delle sue politiche estere indipendenti e delle sue alternative socio-economiche, il sistema è in contrasto con i regimi neo-liberisti che ruotano intorno agli Stati Uniti nei Caraibi, in America centrale e meridionale;

2) Il Libano, a causa del suo posizionamento strategico sul Mediterraneo e la coalizione di governo che include accordi con il partito politico degli Hezbollah, che è sempre più influente sulla società civile Libanese, in parte a causa della sua comprovata milizia capace di proteggere la sovranità nazionale, espellendo l’esercito invasore di Israele e aiutando a sconfiggere i mercenari dell’ISIS/al Queda nella vicina Siria;

3) Lo Yemen, a causa del suo movimento nazionalista indipendente guidato dagli Houthi, in opposizione al governo fantoccio imposti dai Sauditi, come anche delle relazioni con l’Iran.

Avversari a basso livello di priorità

1) La Bolivia, a causa della sua politica estera indipendente, del suo sostegno al governo chavista del Venezuela e difesa di un modello misto di economia; della ricchezza mineraria e il suo supporto alle rivendicazioni territoriali dei popoli indigeni;

2) Il Nicaragua, a causa della sua politica estera indipendente e della sua critica dell’aggressione statunitense nei confronti di Cuba e del Venezuela;

L’ostilità degli USA verso gli avversari ad alta priorità viene espressa attraverso sanzioni economiche, accerchiamento militare, provocazioni e un’intensa guerra propaganda verso il Nord Corea, la Russia, il Venezuela, l’Iran e la Siria. A causa delle poderose interconnessioni della Cina con il mercato globale, gli U.S.A. hanno applicato loro poche sanzioni. Invece, quando trattano della Cina, contano sull’accerchiamento militare, le provocazioni separatiste e un’intensa propaganda ostile.

Avversari prioritari, bassa vulnerabilità ed aspettative irrealistiche

Con l’eccezione del Venezuela, gli ‘obiettivi ad alta priorità’ di Washington hanno vulnerabilità strategiche limitate. Il Venezuela è il più vulnerabile, a causa della sua alta dipendenza dalla rendita petrolifera, con le sue maggiori raffinerie situate negli USA, e i suoi alti livelli di indebitamento, con tendenza al default. In aggiunta, ci sono gruppi di opposizione domestica, che attuano come clienti degli USA e il crescente isolamento di Caracas all’interno dell’America Latina, grazie all’ostilità orchestrata da importanti clienti USA, come l’Argentina, il Brasile, la Colombia e il Messico.

L’Iran è molto meno vulnerabile: è un forte potere militare regionale strategico, collegato ai paesi vicini e a movimenti religiosi-nazionalisti affini. Nonostante la sua dipendenza dalle esportazioni di petrolio, l’Iran ha sviluppato mercati alternativi, come la Cina, liberi dal ricatto statunitense ed è relativamente al sicuro dai tentativi di aggressione da parte dei creditori USA o UE.

La Nord Corea, nonostante le invalidanti sanzioni imposte al regime e alla popolazione
civile, ha ‘la bomba’ come deterrente verso un attacco militare agli USA e non ha mostrato riluttanza nel difendersi. A differenza del Venezuela, né l’Iran né il Nord Corea fronteggiano significativi attacchi interni da parte di un’opposizione domestica finanziata e armata dagli USA.

La Russia ha la piena capacità militare – armi nucleari, l’ICBM e un enorme esercito, ben addestrato- tale da scongiurare ogni minaccia militare USA. Mosca è politicamente vulnerabile alla propaganda promossa dagli U.S.A., dai partiti politici d’ opposizione e dalle ONG finanziate dall’Occidente. Gli oligo-miliardari russi, legati a Londra e Wall Street, esercitano la stessa pressione contro le iniziative economiche indipendenti.

Fino a un certo punto, le sanzioni USA hanno sfruttato la precedente dipendenza della Russia dai mercati occidentali, ma, a partire dall’imposizione di sanzioni draconiane da parte del regime di Obama, Mosca ha effettivamente contrastato l’offensiva di Washington, diversificando i propri mercati in Asia e rafforzando l’autonomia domestica nell’agricoltura, l’industria e l’alta tecnologia. La Cina ha un’economia di portata mondiale ed è naturalmente destinata a diventare un leader economico mondiale. Deboli minacce di ‘sanzioni’ alla Cina hanno semplicemente esposto la debolezza di Washington, più che intimidire Beijing. La Cina ha contrastato le provocazioni e minacce militari USA, espandendo il suo potere economico sui mercati, aumentando la sua capacità strategica ed evitando la dipendenza dal dollaro.

Gli obiettivi ad alta priorità di Washington non sono vulnerabili ad attacchi frontali: essi mantengono o aumentano la loro coesione domestica e integrazione economica, mentre aggiornano la loro capacità di imporre costi del tutto inaccettabili agli USA a ogni assalto diretto. Come risultato, i leader USA sono obbligati a contare su attacchi incrementali, periferici e per mezzo degli alleati locali, con risultati limitati contro gli avversari ad alta priorità. Washington rafforzerà le sanzioni verso il Nord Corea e il Venezuela, con scarse prospettive di successo nel primo caso e una possibile vittoria pirrica nel caso di Caracas. L’Iran e la Russia possono facilmente superare gli interventi degli alleati locali. Gli alleati USA, come l’Arabia Saudita e Israele, possono criticare, fare propaganda e scagliarsi contro i Persiani, ma i loro timori che una guerra a metà contro l’Iran potrebbe rapidamente distruggere Riyadh e Tel Aviv, li costringe a lavorare in tandem per indurre il corrotto establishment politico USA a entrare in guerra, al di là delle obiezioni della popolazione e dei soldati americani stanchi di guerre. L’Arabia Saudita e gli Israeliani possono bombardare e far morire di fame le popolazioni dello Yemen e di Gaza, che non hanno alcuna capacità di rispondere a tono, ma Teheran è un’altra cosa.

I politici e i propagandisti di Washington possono blaterare di interferenze della Russia nel corrotto teatro elettorale degli Stati Uniti e la chiacchiera si mette in moto per migliorare i legami diplomatici, ma loro non possono contrastare la crescente influenza della Russia in Medio Oriente e la sua espansione commerciale in Asia, in particolare verso la Cina.

In sintesi, a livello globale, gli obiettivi ‘prioritari’ degli Stati Uniti sono irraggiungibili e invulnerabili. Nel mezzo della continua rissa canina tra le elites degli Stati Uniti, potrebbe essere troppo sperare nell’avvento di alcuni politici razionali a Washington, che potrebbero ripensare le priorità strategiche e calibrare le politiche di mutuo adattamento alle realtà globali.

Priorità, vulnerabilità e aspettative medie e basse

Washington può intervenire e forse infliggere gravi danni a paesi con priorità media e bassa. Comunque, ci sono diversi inconvenienti per un attacco su vasta scala; lo Yemen, Cuba, il Libano, la Bolivia e la Siria non sono nazioni capaci di determinare configurazioni globali in termini politici ed economici. Il massimo che gli Stati Uniti possono garantire in questi paesi vulnerabili sono distruttivi cambiamenti di regime, con massicce perdite di vite umane, infrastrutture e milioni di rifugiati disperati… ma a grandi costi politici, con instabilità prolungata e gravi
perdite economiche.

Gli Stati Uniti possono spingere per una vittoria saudita definitiva sull’affamato popolo yemenita, afflitto dal colera. Ma a chi giova? L’Arabia Saudita è nel bel mezzo di uno sconvolgimento di palazzo e non ha nessuna possibilità di esercitare l’egemonia, nonostante le centinaia di miliardi di dollari di armi USA/NATO, gli istruttori e le basi. Le occupazioni coloniali sono costose e producono pochi, se non nessuno, benefici economici, specialmente da parte di una povera nazione, devastata e geograficamente isolata come lo Yemen.

Cuba

Cuba ha un potente esercito professionista, supportato da un milione di membri della milizia. Sono capaci di una resistenza prolungata e possono contare su aiuti internazionali. Un’invasione statunitense di Cuba richiederebbe un’occupazione prolungata e forti perdite. Decenni di sanzioni economiche non hanno funzionato e la loro re-imposizione da parte di Trump non ha colpito i settori chiave del turismo. La ‘simbolica ostilità’ del Presidente Trump non ha rotto il ghiaccio con i principali gruppi dell’agro-business, che vedevano in Cuba un mercato. Circa metà dei cosiddetti ‘Cubani d’oltremare’adesso si oppongono all’intervento diretto degli USA. Le ONG finanziate dagli USA possono fornire alcune risorse in termini di punti marginali di propaganda, ma non possono invertire il supporto popolare per l’economia mista ‘socializzata’, l’eccellente educazione pubblica, il sistema sanitario e la sua politica estera indipendente.

Il Libano

Un blocco congiunto USA-Arabia Saudita e bombe israeliane possono destabilizzare il Libano. Comunque, un’invasione israeliana prolungata su vasta scala costerà molte vite ebree e causerà disordini domestici. Hezbollah ha missili per contrastare le bombe israeliane. Il blocco economico saudita radicalizzarà i nazionalisti libanesi, specialmente tra gli Sciiti e le popolazioni cristiane. L”invasione’ della Libia da parte di Washington, che non ha visto una sola perdita di soldato americano, dimostra che le invasioni distruttive si traducono in un caos a lungo termine, in tutto il continente. Una guerra israelo-statunitense-saudita distruggerebbe completamente il Libano ma destabilizzerebbe la regione ed esacerberebbe i conflitti nei paesi vicini: in Siria, in Iran e forse in Iraq. E l’Europa sarà inondata da milioni di rifugiati disperati.

La Siria

La guerra per procura USA-Arabia Saudita in Siria ha subito gravi sconfitte e la perdita di posizioni politiche. La Russia ha acquisito influenza, basi e alleati. La Siria ha mantenuto la sua sovranità e ha forgiato una forza armata nazionale temprata sul campo. Washington può sanzionare la Siria, può afferrare qualche base in un’enclave curda’ fasulla, ma non avanzerà oltre lo scacco matto e sarà vista da molti come invasore occupante. La Siria è vulnerabile e continua a essere un obiettivo di fascia media sulla lista dei nemici degli Stati Uniti, ma offre poche prospettive di avanzamento per il potere imperiale degli Stati Uniti, al di là di qualche legame con un’’enclave kurda’ instabile, suscettibile di guerre intestine e rischiando serie rappresaglie turche.

La Bolivia e il Nicaragua

La Bolivia e il Nicaragua sono fastidi minori sulla lista dei nemici USA. I politicanti regionali USA riconoscono che nessuno di loro esercita un potere globale e nemmeno regionale.

In aggiunta, entrambi i regimi hanno rifiutato in pratica le politiche radicali e coesistono con potenti e influenti oligarchi locali e MNC internazionali legati agli USA.

Le loro critiche riguardo la politica estera, che sono per lo più rivolte a uso interno, sono neutralizzate dall’onnipresente influenza nell’OSA degli USA e dei maggiori regimi neo-liberisti del Latino-America. È lecito pensare che gli USA tenderanno a trovare un adattamento con questi avversari retorici marginalizzati, piuttosto che rischiare di provocare il revival di movimenti di massa radicali nationalisti o socialisti a La Paz o a Managua.

Conclusione

Un breve esame della ‘lista dei nemici’ di Washington rivela che le possibilità di successo sono limitate anche tra gli obiettivi vulnerabili. Chiaramente, in questa configurazione di potenza mondiale in evoluzione, il denaro e i mercati statunitensi non altereranno l’equazione di potere. Gli alleati degli Stati Uniti, come l’Arabia Saudita, spendono enormi quantità di denaro nell’attaccare una nazione devastata, ma distruggono i mercati, mentre perdono le guerre. Potenti avversari, come la Cina, la Russia e l’Iran, non sono vulnerabili e offrono al Pentagono poche prospettive di conquista militare nell’immediato futuro.

Le sanzioni o le guerre economiche non sono riuscite a sottomettere gli avversari in Corea del Nord, Russia, Cuba e Iran. La ‘lista dei nemici’ è costata al prestigio, ai soldi e ai mercati degli Stati Uniti – un aspetto molto particolare del bilancio imperialista. La Russia ora supera gli Stati Uniti nella produzione di grano e nelle esportazioni. Passati sono i giorni in cui le agro-esportazioni statunitensi dominavano il commercio mondiale, compreso il commercio con Mosca.

Le liste dei nemici sono facili da comporre, ma politiche efficaci sono difficili da implementare contro rivali con economie dinamiche e una forte preparazione militare.

Gli Stati Uniti riguadagnerebbero parte della loro credibilità se operassero all’interno dei contesti delle realtà globali e perseguissero un’agenda paritaria, anziché rimanere un perdente ricorrente in un gioco d’azzardo pigliatutto. Leader razionali potrebbero negoziare accordi commerciali reciproci con la Cina, il che svilupperebbe legami high-tech, finanziari e agro-commerciali con produttori e servizi. Leader razionali potrebbero sviluppare accordi congiunti, economici e di pace, in Medio Oriente, riconoscendo la realtà di un’alleanza tra i libanesi Hezbollah, la Russia, l’Iran e la Siria.

Così com’è, la ‘lista dei nemici’ di Washington continua ad essere composta e imposta dai propri leader irrazionali, maniaci filo-israeliani e russofobi del Partito Democratico – con nessun riconoscimento delle realtà attuali.

Per gli Statunitensi, la lista dei nemici domestici è lunga e ben nota, ciò che manca è la leadership politica civile per rimpiazzare questi capobranco seriali.

[Trad. dall’inglese per ALBAinformazione di Marco Nieli]


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