recente articolo apparso su http://www.lastampa.it/2017/11/28/sc...SK/pagina.html

Nelle terre selvagge d’Italia. Viaggio nella Sila, tra natura, arte e sport
Riserva Mab dell’Unesco, il Parco Nazionale della Sila stupisce per i forti contrasti tra sapori, tradizioni e paesaggi. E per la sua natura e biodiversità ancora intatte. La Calabria selvaggia si svela sulle cime dell’altopiano più grande d’Europa


Lupo, simbolo del Parco Nazionale (Foto Angelo Gandolfi)


Pubblicato il 28/11/2017
Rudi Bressa

“Aspra, selvaggia e forte”. È questa l’immagine che viene in mente pensando alla Sila. Boschi sconfinati interrotti qua e là da campi coltivati a patate. Faggi, castagni, ontani e querce, che presto lasciano posto agli abeti e ai pini, man mano che si sale. L’altipiano più a sud d’Italia e il più grande d’Europa, è composto da rocce granitiche e cristalline: letteralmente un pezzo delle Alpi immerse nel Mediterraneo. Un piccolo tesoro di natura, di storia, di arte. Che racchiude nei suoi confini quasi un quinto di tutta la copertura boschiva del nostro Paese.



È lasciato il Tirreno alle spalle che si sale rapidamente, arrivando presto a superare i 1000 metri di altitudine. La base per esplorare il Parco Nazionale della Sila si trova a Camigliatello Silano, località montana a circa 1.300 metri di altitudine che ospita varie strutture ricettive. Tra queste l’Hotel Aquila-Edelweiss può essere una valida scelta. A gestione famigliare sotto la guida di Giuseppe, è conosciuto in tutta la Sila per la qualità della sua cucina e dell’ospitalità.



Da qui ci si può spostare in tutto l’altipiano, storicamente suddiviso in tre aree: la Sila Grande, la Sila Piccola, rispettivamente tra le province di Cosenza e Catanzaro, e la Sila Greca. Lasciata Camigliatello ci si può spostare verso il Centro Sci da Fondo “Carlomagno”, località posta tra San Giovanni in Fiore e Lorica, seguendo la Statale 107 silana e salendo verso la provinciale 211. Il rifugio Carlomagno è attrezzato per gli sport invernali - l’inverno qui può essere generoso di precipitazioni nevose, che coprono i dolci pendii modellati nei secoli del bianco tipico dei paesaggi alpini - e offre aree di ristoro per gli ospiti e più di 7 chilometri di piste battute, non solo per gli amanti dello sci di fondo.



Qui infatti si tiene ogni anno la “Gran Fondo” organizzata dal Cai Cosenza che vede la partecipazione di amatori provenienti da tutta Italia. “In Sila abbiamo 700 chilometri di sentieri gestiti dal Cai”, racconta Mario Mele, presidente del Club alpino italiano Cosenza. Faccia sorridente, segnata dal sole e dal freddo. “Ma abbiamo fatto di più. Grazie al progetto ’Adotta un sentiero’, la popolazione locale partecipa attivamente a mantenere i sentieri puliti e battuti. È la gente del posto ad avere in gestione parte della sentieristica, che in questo modo collabora per rendere fruibili a tutti i percorsi montani”.





NON SOLO SCI

I sentieri che si snodano sulle cime silane sono scenari ideali per chi pratica la sleddog, ovvero la corsa con i cani da slitta. Sembra incredibile, ma questa disciplina prettamente nordica, trova posto anche qui, in Calabria. “Queste piste sono l’ideale per allenare i miei husky”, racconta Gianni Sabella, pugliese, ex campione mondiale ed europeo di sleddog. La disciplina sportiva ha radici lontane, ai tempi della corsa all’oro in Alaska, ai romanzi di London. I parenti stretti del lupo, addomesticati dall’uomo, sembrano nati per correre e tirare. “Si possono raggiungere anche i 40 km/h, in base alle condizioni della neve”, sottolinea Sabella. “Adrenalina allo stato puro”. Ogni anno l’ex campione organizza degli eventi a cui partecipano decine di altri appassionati. “Le notturne sono quelle più apprezzate. Lo scorso anno c’erano centinaia di persone a vedere la corsa”.





Tappa fondamentale, da mettere nell’itinerario è quella dedicata alla riserva dei Giganti di Fallistro a Spezzano della Sila: una riserva naturale gestita dal Parco Nazionale della Sila e dal Fai (Fondo ambiente italiano) e strettamente protetta. Qui svettano alcuni tra gli alberi più antichi e grandi d’Italia. 56 splendidi esemplari di Pinus nigra calabrica, pino endemico della Regione, di almeno 4 secoli d’età, alti fino a 45 metri e di 2 metri di diametro. Non a caso vengono chiamati i Giganti della Sila.




Da centinaia di anni si ergono su queste cime, alteri, antichi, come guardiani di queste terre attraversate nei secoli da imperi, popoli, guerre. “La nostra Regione è sotto tutela per il 40 per cento del suo territorio. Secondo studi condotti dal Cnr in questa area si respira l’aria più pulita d’Italia”, racconta Giuseppe Luzzi, direttore del Parco Nazionale della Sila. “L’enorme patrimonio forestale che abbiamo dà un contributo notevole alla qualità dell’aria. Purtroppo negli anni non sempre è stata fatta un gestione oculata del patrimonio boschivo, tant’è che gran parte della Sila è stata disboscata per pagare i debiti di guerra a inglesi e americani. Oggi la quasi totalità



degli individui di Pinus nigra calabrica si trova qui, in Sila. Questa è una delle caratteristiche che ci ha permesso di diventare riserva della biosfera dell’Unesco”. Biosfera che ha visto la ricolonizzazione da parte del lupo di ampie aree di Parco.



TERRA DI MONACI E MOSAICI

Ma la Sila è anche arte e storia, spesso antichissima. A San Giovanni in Fiore, a circa 30 chilometri da Camigliatello, si trova l’antica Abbazia Florense dove sorge il Centro Studi Gioachimiti dedicato a Gioacchino da Fiore (1145ca. - 1202), monaco ed esegeta che mise le basi della moderna filosofia. Ai suoi scritti si ispirò Dante per descrivere il Paradiso. Per arrivarci si deve attraversare un’antica foresta costellata di nodose querce, ricoperte da licheni simbionti, che creano assieme ai faggi e ai castagni un bosco che pare impenetrabile. Esattamente come poteva essere nei primi secoli del Medioevo. E di Medioevo trasuda anche Rossano, posta più a Nord, verso la costa ionica.



L’Abbazia di Santa Maria del Patirion ospita dei mosaici dell’11mo secolo, mentre al museo Diocesano è possibile quasi toccare con mano il Codex Purpureus Rossanensis: trattasi di una miniatura contenente i Vangeli di Matteo e Marco, compilata dai monaci dell’Impero Romano d’Oriente nel 400. È uno degli scritti religiosi più antichi conosciuti fino ad oggi, tanto da essere entrato a far parte del Registro mondiale della memoria dell’Unesco. Una testimonianza di un tempo lontano, pietra angolare della cultura e della religione europea. Visitando questa terra, ultima lingua di terraferma d’Europa, si scopre un lato selvaggio e antico del nostro Paese. Testimone di popoli, culture, arte e tradizione. Punto di contatto per secoli tra Oriente e Occidente e scrigno di una natura che ancora oggi ha il sopravvento, ma che sa donare frutti e paesaggi unici.