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LE CANNONIERE TURCHE MINACCIANO SAIPEM. E LA UE DOVE’? NON C’E’ PIU’.

Maurizio Blondet
25 febbraio 2018


La piattaforma Saipem 1200 ha rinunciato. Per conto dell’ENI doveva perforare una zona attorno a Cipro, ma cinque navi turche hanno minacciato di speronarla.

Siamo scappati come conigli. Le nostre navi da guerra dov’erano? Non chiedetelo: nel febbraio di due anni fa sono scappate davanti a due criminali scafisti armati di kalashnikov che “hanno intimato agli italiani di lasciare loro l’imbarcazione dopo il trasbordo dei migranti. E così è avvenuto.

Il personale della Guardia Costiera a bordo delle motovedette non è armato”. E’ chiaro: le nostre navi da guerra concepiscono la loro missione come ONG soccorritrici, navi-accoglienza del papa, navi-infermeria, navi asili-nido galleggianti di rifocillamento di prostitute africane e stregoni nigeriani hanno speso 3-5 mila dollari per venire qui:

gettano loro i bei salvagente arancione, li imboccano, li scaldano in morbide coperte, li rivestono, poi li sbarcano qui dove vengono forniti di smartphone. E i nostri angeli del mare in blu tornano a “salvare altre vite” sotto la Libia, senza nemmeno le armi per difendere se stessi. Bandiera bianca.


(Gentiloni non appare nella foto)
Almeno le ONG che li vanno a prendere sottocosta si fanno pagare da Soros. Dovremmo farci pagare da “Francesco”, invece siamo noi contribuenti a pagare il carburante di corvette e incrociatori trasformati in asili-nido: se la Saipem 1200 costa solo di carburante 600 mila dollari al giorno, fate voi i conti.


(Anche qui Gentiloni non appare) Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Tiberio Barchielli

Allora dovrebbe difenderci la NATO? Da chi: dalla Turchia che ne è un membro essenziale? La NATO poi sta preparando la guerra alla Russia con baltici e polacchi, ma al Sud è in piena, storica crisi d’identità, gioca sul doppio tavolo, alleata alla Turchia arma i curdi che la Turchia attacca in Siria:

ci getta nella guerra ad Assad, a fianco dei sauditi, per Israele sua unica cura; la “protezione” di un alleato minore e servile, che mai esige nulla e mai protesta, è l’ultima delle preoccupazioni del Pentagono.

L’Unione Europea? Come sempre quando dovrebbe schierarsi con l’Italia, fa finta di nulla. Tanto, Gentiloni ed Alfano mai chiedono qualcosa. Vaghe informazioni riferiscono che della questione delle navi turche che hanno minacciato la nostra, non si parlerà.

Invece si parlerà del contenzioso di Cipro con Ankara, ma su iniziativa del “ primo ministro della Grecia Alexis Tsipras e il presidente di Cipro Nikos Anastasiadis”, i quali “chiederanno una presa di posizione dell’Unione Europea”.

Loro, i greci, hanno capito che devono “chiedere”, esigere, bussare – hanno capito che l’Unione Europea da sé, se non è spinta e premuta, non fa nulla, perché questa è la sua natura: di mostro burocratico passivo, incapace di reazioni proprie. Persino Tsipras l’ha capito.
Ma secondo notizie RAI di due giorni fa, “del blocco nei confronti di Eni dovrebbe discutere anche il premier italiano, Paolo Gentiloni”. Dovrebbe. Diceva una breve di due giorni fa.

Risulta a qualcuno che Gentiloni abbia disturbato la Merkel su questa faccenda, lei che ha tante cose a cui pensare? Avrà posto la questione al suo tanto amico Macron, il tanto amico che ci ha fregato i rapporti petroliferi con la Libia? Presto, temo, nelle acque di Cipro vedremo una piattaforma Total.

L’Italia è “l’anello più debole”, ha detto il ministro degli Esteri cipriota, Ioannis Kasoulides. Ecco, al confronto, uno statista. La “Unione Europea” è ormai un posto dove ciascuno pensa a sé al proprio interesse nazionale, e cerca solo di fregare gli altri: se poi questi sono “anelli deboli” del tutto privi di una dottrina dell’interesse nazionale, è un invito a nozze per il saccheggio. Lo hanno già fatto alla Grecia.

“La UE si sta sfaldando”

E’ essenziale che l’elettorato italiano non affidi più il suo destino a questo genere di “europeisti” che ci governano su mandato di Berlino . Perché la sedicente “Unione” Europea è in accelerato sgretolamento e decomposizione, si sta già trasformando in qualcos’altro, e gli altri, più lesti, ne approfittano.

In ballo ci sono i miliardi. I 400 miliardi del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), di cui noi siamo il terzo contribuente, e che è già servito a salvare le banche tedesche e francesi con la finzione di “aiutare la Grecia”. Gentiloni, se non ha parlato dell’Eni minacciata dalle navi turche, ne parlerebbe al “prossimo vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE, il 22 e il 23 marzo 2018”?

Ma questo vertice è dedicato appunto al MES: che gli altri capi di Stato e di Governo vogliono “freneticamente” far diventare la fonte di finanziamento alternativa dei loro bilanci nazionali, quando la BCE ridurrà la sua generosa di titoli di Stato.

Come ha spiegato il giornalista Ronald Barazon, direttore di Der Volkswirt, “nella cerchia dei capi di stato e di governo, come dei ministri delle finanze, c’è una crescente intenzione di riorganizzare il MES senza il coinvolgimento della Commissione europea.

La Commissione complicherebbe tutto e ostacolerebbe un approccio efficace, dicono. Pertanto, il MES dovrebbe funzionare sulla base di un accordo degli Stati e non sulla base del diritto dell’UE. Ciò sarebbe giuridicamente semplice, mentre una costruzione all’interno del quadro dell’UE richiederebbe una revisione dei trattati, decisioni dei parlamenti nazionali, probabilmente anche referendum”.

Quindi ci teniamo trattati da revisionare che non possono essere revisionati, perché ciò implicherebbe interessarne i parlamenti nazionali, o ancor pggio, i popoli: i quali si sa come si pronunciano nei referendum sulla UE.

Ma insomma la riunione del 22 marzo sarà la fiera del braccio di fermo e dell’arraffa-arraffa, stati uno contro l’altro, i forti contro i deboli. Chi vincerà? Basta dire che il capo del MES si chiama Klaus Regling, ed è colui che “quando Germania e Francia hanno superato i limiti di disavanzo concordati nel 2002 e nel 2003, ha avviato un procedimento per la Commissione europea contro i due paesi”, che ha poi lasciato cadere.

“I capi di Stato e di governo – ci informa Barazoin – stanno ora reagendo come molti cittadini: sono arrabbiati per le complicazioni della Commissione europea e cercano modi per sfuggire alla responsabilità della Commissione.

I governi temono che la Commissione e il Parlamento esigano una disciplina di bilancio e che un MES sia più rilassato in bocca agli Stati. Si vuole sfuggire alla verga della commissione”. Ma anche è da notare che “sorprendentemente vaghe e scarse sono le dichiarazioni sulla UE del governo tedesco di Angela Merkel e Martin Schulz. A differenza del passato, la Germania non è attualmente il pioniere di una comunità forte e finanziariamente stabile”.

E “mentre le casse vuote uniscono i governi nella ricerca di nuove fonti di denaro, si è incidentalmente desiderosi di smantellare l’UE nella sua forma attuale e convertirla in una confederazione allentata”.

LA UE non è stata capace di impegnarsi in “una politica di immigrazione intelligente e concertata”, che curi “la minaccia a lungo termine del declino ed invecchiamento della popolazione senza sovraesporre la società europea a stress etno sociali intollerabili”.
Risultato, “Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria hanno sostanzialmente chiuso i confini. L’Austria ha aderito a questo movimento, col governo che è in carica da dicembre.

E il paese assumerà la presidenza dell’UE nella seconda metà dell’anno e ha già annunciato un “summit dei rifugiati” di capi di stato e di governo. Per non dimenticare la Baviera, che ha anch’essa imposto un freno all’immigrazione di rifugiati in Germania. E il rifiuto dell’immigrazione va di pari passo con un nazionalismo più pronunciato che vuole indebolire le istituzioni dell’UE e rafforzare gli stati.

La UE senza difesa

Oltretutto, gli europei si sono di colpo resi conto di “avere un serio problema di sicurezza. Gli Stati Uniti non si considerano più una potenza protettiva degli europei, ma sostengono che l’Europa stessa deve provvedere alla sua difesa. Diventa quindi evidente che le numerose dichiarazioni sulla politica europea di difesa e sicurezza erano solo frasi vuote.
La UE ha sempre fatto affidamento sugli Stati Uniti come leader della NATO e non ha sviluppato una propria strategia”.

Barazon ricorda persino come gli “europeisti derisero e attaccarono De Gaulle”, quando “nel 1962 fece uscire la Francia dalla NATO e volle che la Francia si costruisse una proprio autonoma forza di dissuasione” (anche nucleare). Negli anni seguenti la gente si abituò alla protezione della NATO e quando l’Unione Sovietica crollò nel 1991, si ebbe l’illusione che non ci fossero più minacce. E ora l’UE è indifesa.

“Ogni paese ha il suo esercito, che non può far molto in caso di emergenza. Il coordinamento di tutti questi piccoli eserciti è meno che modesto. Ed oggi è anche difficile immaginare che i governi, che sono attualmente impegnati nella riconquista del loro presunto potere, subordinino i loro eserciti a un comando congiunto o addirittura contribuiscano a un esercito europeo”.

Ma aggiunge il giornalista europeista, che “inoltre, l’attuale trattato di Lisbona, che è una specie di costituzione dell’Unione europea, stabilisce espressamente la cooperazione con la NATO”.

Dunque gli europeisti hanno scritto in quella “specie di costituzione” il servaggio e la dipendenza dalle armi americane. Ci siamo legati mani e piedi ad un protettore che ci manda, disarmati, alla guerra contro la Russia. Lo riconosce Barazon:

“Ucraina: la crisi se l’è voluta la UE”

“La UE non vuol vedere un altro fallimento: che la crisi ucraina non è prima di tutto colpa della Russia, ma soprattutto della NATO e dell’UE. E’ stata ripetutamente promessa l’inclusione del paese nella NATO e nell’UE senza rafforzare economicamente attraverso un programma di ricostruzione.

Era inevitabile che gli sforzi per legare l’Ucraina alla NATO e all’Unione europea dovessero allarmare la Russia. Per la politica di difesa russa l’Ucraina forma una specie di muro.

La flotta russa del Mar Nero è di stanza in Crimea; dunque la NATO in Crimea e al confine russo è inaccettabile per la Russia. Di conseguenza, vi è stata annessione della Crimea e disordini sul confine orientale dell’Ucraina alla Russia. L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno utilizzato l’annessione della Crimea, che essi stessi hanno provocato,

come un’opportunità per dichiarare la Russia un aggressore e per imporre sanzioni, il che rendeva impossibile una cooperazione costruttiva con la Russia. Conclusione: la Crimea è ancora russa, l’Ucraina è economicamente in una situazione catastrofica, l’economia europea stessa subisce perdite attraverso le sanzioni e la Russia ha ulteriori problemi nel modernizzare la sua economia.

E non c’è modo di uscire da questo impasse a Bruxelles”. Naturalmente, l’uscita dalla NATO una alleanza alla Russia eliminerebbe il nemico militare a cui ci opponiamo militarmente, ma “da Bruxelles è impossibile”

E’ qui compendiato il fallimento di tutte le politiche “europeiste” degli ultimi 30 anni. Tutti i nodi ideologici, tutte le ricette economiche radicalmente sbagliate stanno venendo al pettine. Tutte le politiche di Merkel, a cui i nostri oligarchi (che chiamano se stessi “democratici”) hanno obbedito, si stanno disfacendo nel disordine. E qui?

Stiamo per votare le sinistre, Più Europa con Berlusconi, o il neo-europeista 5 Stelle, che ha scelto la “moderazione conformista” quando sarebbe stato il suo momento rivoluzionario. Auguri, italioti.


I bocconiani la votano al 23%.
Il PD, al 33%.
(Salvini, 5%. Cinque Stelle 3,5).
Generazione Erasmus