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    Predefinito Appello ai Giovani Europei di Léon Degrelle

    Appello ai Giovani Europei

    Léon Degrelle

    In esilio, l’8 agosto ‘92.

    Contro i buffoni democratici

    Anche noi avemmo l’età di 20 anni. Quei giorni non rinverdiranno più, pur vibrando i nostri animi ed i nostri cuori finora delle idee e degli slanci spirituali che ancora infiammano, indubbiamente, anche voi, giovani camerati nostri europei d’oggigiorno. Ferventi nazionalisti, noi sconvolgemmo – fin nel più intimo della sua coscienza – l’animo della nostra Patria, volendo recuperarla dai pantani politici, in cui stava soffocando, restituirle fiducia nella sua missione, rimettere ordine nelle sue istituzioni, ristabilire la giustizia sociale nel quadro di un’indissolubile collaborazione delle classi e realizzare soprattutto la rivoluzione degli animi che avrebbe liberato gli uomini del materialismo assillante. Nel giugno ‘41, poi, echeggiando le scampanate da un campanile all’altro, schioccò l’ora delle grandi possibilità europee. Soldato semplice prima, in seguito – caporale, sergente, ufficiale e poi Comandante la 28a Divisione Waffen SS Vallonia, come centinaia di migliaia di volontari del vecchio continente nostro, contribuii, sul fronte Est, alla creazione – inizialmente poco compresa, pur essendo inevitabile – d’un’Europa che avrebbe federato delle forze diverse, eppure reciprocamente complementari delle nostre Patrie, minacciate allora di morte dal comunismo sovietico, il quale sin dal 1917 accanitamente aspirava a far passare sotto il suo knut tutti i popoli del mondo intero.

    Dapprima, certo, noi tutti, combattenti non tedeschi, eravamo molto differenti da un Paese all’altro: spagnoli, norvegesi, francesi, bosniaci, neerlandesi, estoni; le dure prove e le sofferenze sostenute, però, ci ravvicinarono rapidamente a vicenda, sigillando poi la nostra unità. Amicizia, ma diversità. L’Europa respirava in noi, e, passata la bufera, ciascuna delle nostre Patrie, fiera dell’onore riscosso dalle sue armi e del sacrificio offerto dai suoi morti, fece risplendere e magnificò la personalità del proprio popolo nel fascio delle nostre civilizzazioni riunite. Sconfitti e drappeggiando i tamburi, noi quell’Europa nostra nascente del ‘42, la vedemmo dopo il ‘45 raggrinzarsi nella banalità e mediocrità ed abbandonarsi perdutamente ad un furioso bisogno del godere, senza neanche indovinarne l’effimera fragilità. E ciò le offuscò l’animo, decomponendone le caratteristiche morali e spirituali. Domani va ricostituito il tutto. Questa devozione alle nostre Patrie e all’Europa che le federava, noi, vostri predecessori della Seconda Guerra Mondiale, la pagammo terribilmente cara: fummo trattati con le forche, incassammo mille colpi e conoscemmo i ruscelli d’amarezza; ci si mescolò col fango, si assassinò le persone a noi più care, ci si braccò ovunque con una rabbia demoniaca. Eppure la nostra fede è rimasta integra, e non solo: resistendo a tutto, non rimpiangiamo nulla. Malgrado che i nostri corpi siano invecchiati, se ritornasse l’occasione di rialzare le nostre bandiere, ripartiremmo senz’indugio, ubbidendo al richiamo del dovere con lo stesso vigore, lo stesso piacere e la stessa risoluzione mai sgretolati. Al presente, se ancora bisogna che morsichiamo le redini nel profondo d’un esilio tanto interminabile, quanto crudele, noi rimaniamo e rimarremo, cari camerati d’Europa, vostri compagni fino all’ultimo respiro nostro.

    A dire il vero, neanche voi avete oggi la vita facile. In tutti i paesi, infatti, i giudici indaffarati e servili, schiamazzanti e gloglottanti, vi trottano alle calcagna – tutt’uno sventolio di sottogonne,– reinventando quotidianamente il Codice civile e quello penale per scoprire – democraticamente, ben certo! – dei nuovi pretesti che consentano d’ingabbiarvi nei loro ergastoli e sopprimere con le ammende aggrovigliate coloro che non accettino di baciare la pianta dei piedi di quella virago sacrosanta che è la loro «democrazia» da minchioni. Tutto il sistema delle acrobazie del parlamentarismo poggia, effettivamente, sul mantenimento dei rispettivi riti, e centinaia di deputati in quella ladroneria dei minestrai elettorali vengono eletti o rieletti, solo se appoggiati da una rastrellata preliminare di milioni, centinaia di milioni, e a volte persino di miliardi, che assicurano la sopravvivenza e l’imballaggio finanziario della loro macchineria elettorale. Le folle ben sazie dell’andazzo credono sempre meno in tali pantalonate, in cui per avere un uovo si deve dare un bue. Scovati nella loro tana, le greggi dei politicanti, visibili dappertutto, sono ridotte allo stremo, dibattendosi sui pruni. E si vota sempre meno, perché non ci si crede più da nessuna parte a quelle strepitose promozioni con agganci giusti. Non si raglia più assieme ai somari. Nei nuovi stati liberati dell’Est, in Polonia, p. es., la quale dovrebbe ancora provare meraviglia per il regaluccio «democratico» del tutto recente, il 65% dell’elettorato non vi si è presentato per votare! Idem in Ungheria! Quanto al Libano, gli elettori ci si sono dichiarati in sciopero! Nella Francia del ‘92 l’assetto ufficiale del governo è costituito solo dal 18% dei votanti, dai socialisti, cioè.

    Tali fratonzoli luminai buoni a nulla e dallo spirito a tracolla difendono con un furore pressoché ridicolo il loro potere sempre più traballante. Ma osar rinfacciargli direttamente nel muso, che le loro compagini governative sono foderate di fatture fasulle e nutrite di estorsioni con la copertura del sangue di emofiliaci e che nel Belgio, in particolare, un ex primo ministro socialista di nome COOLS e dalle mani rapaci è stato fatto secco dal sicario d’uno dei suoi colleghi ministeriali specializzato nei racket, vi costa seduta stante esser considerato «criminale fascista». Far notare che i 9 decimi dei parlamentari, ignoti e incapaci, non servono assolutamente a niente, se non ad intascare i lauti guiderdoni, vi trasforma in un intollerabile guastafeste! Agli oppositori, che denunciano la sterilità delle fandonie prodotte dalle assemblee di 300, 400 oppure 500 crani (il più spesso – vuoti!), gli s’impedisce ogni accesso costruttivo alla TV, così come ai comizi di massa, ove potrebbero fornir lumi al popolo fregato. Per difendere di fronte alle sciocche folle la propria verginità democratica, i meschini intrigantelli del regime rivestono pomposamente i loro tripponi con la sciarpa ufficiale rossa bianca e blu e radunano le orde dei parassiti multirazziali e multicolore, affluiti alla rinfusa dai loro deserti bruciacchiati!

    E ovunque: negli ambiti politico, sociale, economico e morale,– c’è pandemonio; stando alle ultime inchieste giornalistiche, infatti, il 68% dei francesi si dichiarano schifati. Ogni paese è oppresso da imposte folli che smorzano qualsiasi voglia di creare il nuovo. 20mila funzionari irresponsabili e altezzosi, mai eletti da nessuno, incoronano della loro impotenza mezz’Europa – quella tremolante e quella del Mercato Comune autocratico, sballottato nelle crisi a ripetizione e soffocato per giunta dai reucci sindacali, i quali stanno a maneggiare solo le petarde demagogiche. Non ci si produrrà mai altro che uova covate. Da spaccamontagne, il Mercato Comune trascina pietosamente dietro alle sue scemenze 16 milioni di disoccupati irrecuperabili. Voi, giovani ragazzi e ragazze dell’Europa reale, volete sostituire questo sperpero e furfanteria rovinosa con un’unione di stati sani sotto l’autorità d’un vero capo benamato, rispettato e liberamente scelto dal popolo. Tale unione sarà socialmente giusta e razzialmente protetta. Essa sola porrà fine alla dominazione arbitraria, agli assalti da dragoni e battibecchi degli usurpatori, che non meritano neppure l’acqua che bevono e che hanno approfittato della disfatta del ‘45 per fare i rodomonti, mentire ogni giorno, inebetire i popoli e addomesticarli.

    Ma toccare l’onnipotenza dei pascià «democratici», rimestando gli intrighi nei loro panieri di chiocciole, vuol dire maneggiare la dinamite. E spesse volte ne avrete piene le tasche, dovendo sfidare tanti scrocconi e parassiti. Ma ciò non è d’ostacolo, bisogna esserci pronti, munirsi d’una costanza incrollabile e mai commettere azioni riprovevoli. Il popolo ha da sapere, che i princípi della nostra dottrina: responsabilità, tenacia, purezza e competenza d’un potere forte, cooperazione intelligente delle classi, esaltazione delle virtù fondamentali della società,– sono indispensabili. La vita vale, solo se è tesa verso la perfezione e la grandezza. Noi crediamo nello splendore delle stelle. La caccia all’uomo, che subite alla fine del nostro secolo, e le mordacchie, che vi occorre mandar giù, noi – vostri predecessori – le abbiamo conosciute come voi, o, può darsi, persino più di voi. Parecchie volte pure noi siamo stati privati d’ogni uso delle libertà pubbliche, e il nostro coraggio poteva perdere vigore. Così, mentre che un milione di belgi, p. es., sceglieva il rexismo, e nel ‘36 sotto la mia bandiera 33 deputati e senatori venivano democraticamente eletti al sufraggio universale, dal ‘36 al ‘40 noi non potemmo mai utilizzare neanche una volta la radio ufficiale che era però a disposizione di tutti i partiti, i quali bazzicavano la baraccaccia parlamentare! Sin da prima della Seconda Guerra Mondiale tale era l’intolleranza imbecille e il lavaggio dei cervelli nelle «democrazie»! E da allora eravamo degli appestati, in quanto volevamo sostituire un regime corrotto, anarchico e rovinoso con uno stato pulito, forte e popolare. Ed anche perché – oh massimo reato! – rifiutavamo d’essere complici nello scatenare la Seconda Guerra Mondiale «inutile e imbecille» (come lo diceva SPAAK), che i guerrafondai del marxismo e dell’ebraismo mondiale, sostenuti da un ipercapitalismo apolide dagli appetiti canini, imposero – per odio e fifa – all’Europa del settembre ‘39.

    Quell’enorme guerra civile, dovemmo affrontarla soprattutto, quando, risoluto di trasformarsi l’Europa insanguinata del ‘40–‘41 in un pasticcio prima scelta, il comunismo si mosse verso i nostri paesi occidentali. Lottammo tenacemente, offrendo – durante quegli anni terribili – la nostra giovinezza ed il nostro sangue; conoscemmo il freddo, la fame e le interminabili sofferenze nelle immense distese ghiacciate del fronte Est. Parecchi milioni dei nostri compagni d’armi caddero, e migliaia degli altri – dopo tanti sacrifici – resistettero per lunghi anni agli orrori delle prigioni in propria Patria. I farabutti della birbantocrazia cosiddetta «democratica» parlano spesso ai creduloni delle crudeltà di allora, prendendo, però, una grande cura di addossarle ai propri avversari! Quanto alle crudeltà, è proprio l’URSS, alleata carinissima, che – battendo tutti i primati – le perpetrò sin dal 1917 nei confronti di decine di milioni di persone sul suo proprio territorio Gli inglesi, i primi arrivati al di là dell’Oceano Atlantico, ed i nuovi americani venutici su – negli USA nuovi fiammanti – vi ci fecero la mano, massacrando più di 4 milioni d’indiani d’America (200mila sopravvissuti sui 5 milioni) al fine di estirpare quella razza tramite un genocidio così enorme; e bollarono per giunta parecchi milioni di neri, stampigliando sulla loro carne il marchio di schiavitù. Sempre loro in Europa e Asia inaugurarono fra il ‘41 e il ‘45 la loro unica tattica della guerra nel XXÿ secolo – terrorismo,– sterminando centinaia di migliaia di civili coi propri bombardamenti elefantiaci di Amburgo, Colonia, Berlino, Dresda e poi Hiroshima e Nagasaki. Erano sempre loro quelli che dopo l’8 maggio ‘45 consegnarono alla tirannide dei Soviet – per circa 50 anni – i 100 milioni dei nostri compatrioti dell’Est! E ancora una volta furono proprio loro che fra il ‘45 e il ‘46 fecero perire di miseria e fame – nei propri campi nel terzo Reich e in Francia – un milione di prigionieri tedeschi, mentre i depositi statunitensi straripavano dei viveri lasciati deliberatamente inutilizzati. Sono loro, infine, che dopo la guerra permisero che parecchi milioni di civili in fuga – prussiani, slesiani, tedeschi, svedesi – fossero sterminati nel corso d’una «purga razziale» terribilmente selvaggia! Gli statunitensi, gli inglesi e i loro amici russi – recentemente rimbiancati con la lavatrice! – ben possono denunciare il razzismo dei serbi che assassinano le popolazioni civili della Croazia e della Bosnia per poter possedere dei nuovi territori «razzialmente purgati»: ciò non è che una ripetizione matematica degli stermini perpetrati dalle «democrazie» nel quadro del genocidio di oltre 4 milioni d’indiani in America e poi – dopo la Seconda Guerra Mondiale – sui territori confiscati allo stato tedesco! Al presente si sanno le orribili cifre: circa 2 milioni e 280mila rifugiati del terzo Reich perirono sulle strade dell’esilio, morendo di fame o assassinati dai sovietici e dai loro luogotenenti; altri 80mila furono dispersi; più d’un milione di sopravvissuti furono deportati in Siberia. Questi fatti abominevoli sono dettagliatamente descritti dallo storico Jacques de LAUNAY nel suo celebre libro «Il gran crollo» /«La Grande Débâcle»/. E’ comprensibile che nel ‘92 in Croazia e in Bosnia gli statunitensi e gli inglesi – intanto che i russi stavano proprio rimpicciolendosi! – si sono opposti ai conquistatori jugoslavi, ricorrendo a sole palinodie. E’ quello che facevano gli stessi serbi e avevano fatto o lasciato fare i loro cari alleati sovietici – a parecchie riprese e su vastissima scala! Quelle lacrime ipocrite, le versavano dei vecchi coccodrilli. I serbi nel ‘92, svuotando della popolazione civile le terre da loro invase, altro non erano che imitatori modesti! I loro maestri sono stati STALIN, CHURCHILL e ROOSEVELT – maestri sterminatori della prima metà del XXÿ secolo.

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    Predefinito Re: Appello ai Giovani Europei di Léon Degrelle

    Guerre terroristiche e l’imperialismo statunitense

    E ancora, se le truppe della Seconda Guerra Mondiale consistessero non di soli omicidi occasionali! Ma dal ‘45 in poi si ha visto incessantemente riprodursi la tattica devastante della guerra terroristica, dovunque l’imperialismo statunitense abbia voluto imporsi. Così era nel Vietnam, con delle orde di donne e bambini, i quali, tutti nudi e bruciati vivi col napalm, fuggivano lungo le autostrade! Oppure in Iraq, ove 100mila o ben 200mila (non si sa, in effetti, quanti con esattezza!) civili sono stati sistematicamente e senza rischio alcuno falciati dalle mostruose raffiche terroristiche dei missili USA comandati dai computer! Come mai?... Per conservare intatti tanto la macchineria medievale e razzista del paese barile fabbricato poco fa dagli inglesi – il Kuwait, quanto gli emiri leccapiedi, rapaci quanto grifoni, foderati di miliardi di dollari USA e detentori ufficiali dei pozzi petroliferi sì cari ai gangster dell’ipercapitalismo statunitense – carnefici e spillagrana eterni! Saddam HUSSEIN, capo incontestabilmente popolare dell’Iraq, volendo recuperare quella provincia perduta dell’antica Mesopotamia e gestendo, anzitutto, uno stato solido in una regione straricca di petrolio, agli occhi dei capocci statunitensi era un seccatore da stanare, da sgozzare, da tirar giù dalla pertica! Le provocazioni iniziavano in primavera ‘89.

    Occorreva, poi, riuscire a raggirare Saddam HUSSEIN, spingendolo ad un intervento che avrebbe fornito una parvenza di scusa per un’offensiva militare. Certo che la creazione artificiale e di freschissima data (‘62) dello stato di Kuwait fu inventata del tutto appositamente per mantenere sotto il controllo angloamericano i pozzi petroliferi, da cui in quella regione il petrolio sgorga in sovrabbondanza. La formazione di quel Kuwait fu escogitata altrettanto per sbarrare l’accesso principale al petrolio iracheno dalla parte del golfo Persico, dato che l’isola di Bouliban – principale ostacolo per le esportazioni del petrolio iracheno – è posseduta appunto dal Kuwait. Nel ‘69 il Kuwait accordò la cessione di quest’isola all’Iraq per 99 anni, ma un anno dopo il Kuwait, ripreso dagli statunitensi e dagli inglesi ed in preda al timore, ne fece disdetta. Conversando di questi problemi con Saddam HUSSEIN il 25 luglio ‘90 l’ambasciatore statunitense April GLAPPI appariva comprensibilissimo, come se il ritorno iracheno nel Kuwait gli sembrasse assai normale, e Saddam HUSSEIN allora credette che la tremenda campagna propagandistica mendace condotta in USA contro di lui nei mesi precedenti, fosse stata smontata, ed è così che cadde nel tranello diplomatico.

    Sicché il 2 agosto seguente egli recuperava quasi liscio liscio senz’intoppo il Kuwait, il cui Emiro s’era gloriosamente messo i piedi in capo alla prima rotolata dei carri armati iracheni! Il caso, cioè, era abbastanza banale e simile a decine di quelli altri, accaduti precedentemente in terre arabe: nel Libano, parzialmente occupato dalle truppe israeliane, senza che nessuno le ricacciasse nel loro covo; in Giordania, alla Mecca, nello Yemen e pure in Siria, di cui erano state invase le Alture di Golan; senza scordare le terre degli Hashimiti! Ma stavolta Washington, trovando l’occasione tanto sognata di affermare in Oriente la propria supremazia, sbalordiva l’universo mondo con le stridenti urla. I barili di petrolio furono tenuti ben celati in retroscena: si sarebbe trattato, invece, di salvare la Libertà! il Diritto! la Civilizzazione! E chi è che non vi ci si sarebbe precipitato, udendo risuonare gli appelli di tanta virtù?... Ognuno su questa terra fu invitato a quell’hallalì, a cui accorsero i ficcanasi benintenzionati da tutte le latitudini, essendone i più zelanti proprio i rivali arabi – nella speranza di poter subentrare a Saddam HUSSEIN... in cambio dei dollari USA, beninteso! Nell’Egitto, affrettatosi d’accettare tal invito, BUSH annunciava la promessa di passare la spugna sui 7 milioni di dollari, dovuti agli USA da quel paese, se esso li avesse seguiti nell’impresa! Si correva l’estremo pericolo – delucidava Washington, intanto che a firma di W.SAFIRE l’«International Herald Tribune» arrivava persino ad affermare che da un momento all’altro su Nuova York, ci poteva cascare una bomba atomica di Saddam HUSSEIN!... Portataci nientemeno che dal diavolo stesso, sicurissimamente! Ed il 15 gennaio ‘92, allorché tutti erano pronti, si scatenò la carneficina della guerra: in alcuni giorni le spaventose armi del Sig. BUSH, mille volte superiori a quelle che avrebbe potuto mai procurarsi Saddam HUSSEIN, sterminarono migliaia di civili dappertutto in Iraq; il Kuwait fu ripreso quasi subito e senza ricorrere ai grandi combattimenti. Eppure, solo a malapena il Re d’Arabia Saudita ottenne allora dal suo compare statunitense nella ventura, che si fermasse il massacro, giacché era raggiunto l’obiettivo ufficiale ipocritamente proclamato in precedenza da BUSH sull’«International Herald Tribune», e cioè: «Il nostro scopo non è la conquista dell’Iraq, bensì la liberazione del Kuwait.

    Tale liberazione rimise il Kuwait sotto la dominazione petrolifera degli USA, lasciando quello stato fantasma impegolato nel Medioevo vero e proprio, come prima. Ed essa fu ottenuta con una caterva d’armi terroristiche fornite dagli USA in un’abbondanza inaudita, e solo per via di fare le folle bere le fregnacce da sballo. La notizia menzognera più nefanda e abominevole spacciata agli statunitensi era quella della balla dei bebè kuwaitiani. Su mille giornali fu lanciata la comunicazione, destinata a sconvolgere migliaia di persone: in Kuwait 300 bebè sarebbero stati tirati fuori dalle incubatrici ed assassinati! Il 17 gennaio ‘91 la rete TV statunitense CNN /Cable News Network/ ne fece la sua delizia; e tutta la stampa distillò la nuova in 7 milioni di copie: «La descrizione delle truppe irachene che tirano fuori i bebè prematuri dalle incubatrici ha disgustato la coscienza della comunità mondiale.» Esatto, e per attribuirci un carattere ancora più mostruoso, BUSH ripeteva la storia dei bambini belgi, a cui i tedeschi avrebbero troncato le mani durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo la vittoria degli alleati nel 1918 non si poté mai dimostrare al pubblico pervaso dall’indignazione alcuna di tali presunte vittime. – Per l’eccellente ragione che non ne era esistita una sola! Nient’altro che lavaggio di cervello! BUSH confirmò la frottola, corredandola persino di fronzoli in una nuova versione, sicchè la grande rivista francese «Identité» – su cui abbondano i professori universitari ed i maestri della Sorbonne – dava spazio a questa truffa nel suo N 16 del ‘92: «Lo stesso George BUSH ha dovuto far eco al barbaro atto, dichiarando in Arabia Saudita: “I bebè venivano strappati dalle incubatrici e scagliati per terra come legna da ardere”!» Immagini terribili, destinate a preparare l’opinione pubblica occidentale alla grande crociata a venire. Questo fatto che indignò «l’opinione pubblica internazionale» servì pure di trama per un film e fu oggetto d’un rapporto dell’Amnesty international.

    Terminata la guerra, si ha appreso da una missione dell’Organizzazione Mondiale della Salute guidata dal Dott.David CHIU, che si trattasse d’una montatura orchestrata dalla ditta statunitense «HILL & KNOWTON» di relazioni pubbliche ed ordinata dall’Emirato del Kuwait – contro un ammontare di 60 milioni di franchi francesi! Come mai i bebè? – Siccome bisognava «ottenere un effetto emozionale tale, che la gente approvasse le risoluzioni dell’ONU». E furono fatti comparire anche i testimoni falsi e le biografie fasulle, in particolare – la testimonianza straziante di una ragazza, presentata come rifugiata e che in realtà era, invece, figlia dell’ambasciatore del Kuwait negli USA! Qui si raggiungono i colmi dell’ignominia! (ved. «Identité», N __ del ‘92).
    E furon fertili di risultati, tali prese per i fondelli, sicché Saddam HUSSEIN fu battuto, ma solo parzialmente, al gran dispiacere del Sig. BUSH, il quale nel novembre ‘92 senza avere scalpato il Sig. Saddam HUSSEIN, come se si trattasse d’un SIOUX dei tempi beati, in cui i gloriosi antenati procedevano alle purghe razziali in USA, non poteva mica presentarsi agli elettori statunitensi ancora frastornati dal ricordo dei «300 bebè strappati dalle incubatrici» e «scagliati per terra come legna da ardere». Facendo quaresima, il presidente statunitense BUSH non si sognò sin dal ‘91, che di rifarsi del brutto affare. E nel ‘92 – di nuovo – moltiplicò, cinicamente, i pretesti mirati a provocare un altro conflitto. Dapprima innondò l’Iraq d’inquisitori delegati dell’ONU, i quali pretendevano di far emergere da ogni buco quelle armi d’una potenza fantastica, che venivano ascritte a Saddam HUSSEIN (mentre ne straripano gli USA!). BUSH esigeva addirittura di scavarle negli scantinati del Ministero di Agricoltura iracheno, e i reperti videro la luce del sole, ma erano solo cavoli e patate! Le centinaia di schizzinosi inquirenti dell’ONU conclusero, alla fine, le ben 14 ispezioni draconiane, affirmando ufficialmente nel rapporto finale da loro redatto, che le ricerche non avevano reso nulla e che non gli risultava esistente alcuna prova di installazioni militari. E neanche rintracciarono il famoso cannone lungo 2 chilometri e destinato, senz’ombra di dubbio, a far stornare al Sig. BUSH le palle da golf o sbalestrare il suo monopattino fuoristrada. Rimasta la bichilometrica bombarda occulta agli occhi del mondo dopo un anno di inchieste accanite, al Sig. BUSH, gli occorreva escogitare un’altra scusa, e lo divenne l’affare degli sciiti...

    Tali sciiti appartengono a un clan religioso, diverso dai sunniti, i quali sono musulmani ortodossi. Il tutto, d’altronde, è intricatissimo, scomponendosi gli sciiti in 6 sette differenti e i sunniti – in 4. A 10mila chilometri di distanza, gretto, meschino e ignaro completamente delle traversie politico–religiose degli iracheni, BUSH ritenne scaltrissimo da parte sua inviare dai curdi nell’Iraq Settentrionale e dagli sciiti nell’Iraq Meridionale – alla vigilia della guerra del Kuwait – gli agenti CIA per sobillare queste minorità contro il sunnita Saddam HUSSEIN, intendendo di rovesciare quest’ultimo in quattro e quattr’otto e spezzarne il paese in 3 semistaterelli. Sin dal lancio del suo primo missile nel ‘91 BUSH aspettò, dunque, una rivolta simultanea. In realtà, invece, i curdi e gli sciiti s’agitarono pochissimo. In barba alla doppia trappola e alla distruzione del suo territorio, Saddam HUSSEIN da una barca di guai così neri, se la cavò benone. I curdi del Nord rimasero con un palmo di naso di fronte ai turchi – i loro nemici mortali, ben decisi di stritolarli un bel giorno; e quanto agli sciiti del Sud scatenati dagli agenti provocatori yankee, erano di nuovo impantanati, sguazzando da soli nelle spugnose paludi di Bassorah.

    In piena guerra questo duplice tradimento doveva avere, evidentemente, delle conseguenze sul terreno: furono, infatti, arrestati alcuni capoccioni sciiti; uno di loro – si affermava – sarebbe stato impiccato. Triste, ma abbastanza comprensibile. Era ad ogni modo affare politico–religioso interno di uno stato, e riguardava solo il medesimo. Comunque, se sevizie ci furono, eran 100 volte meno severe del trattamento che i finti vincitori francesi e belgi – alleati degli statunitensi – fecero subire nel ‘44 e nel ‘45 a centinaia di migliaia di «collaboratori» trucidati in massa o interminabilmente incarcerati (a Bruxelles il mio Capo dello Stato Maggiore della Divisione Wallonie, ufficiale d’una correttezza esemplare, figlio e nipote dei Ministri della Guerra, languì in galera per 17 anni!). Nell’Iraq Meridionale durante la Guerra del Golfo l’ayatollah Abolkassem KHOEI – per istigazione degli emissari statunitensi – ci costituì un Consiglio provvisorio che avrebbe dovuto sostituire l’Amministrazione centrale, e alla resa dei conti la propria collaborazione, la poté ripagare con la fune di canapa che gli orlò la barba arrossata all’henna. Ma aveva 92 anni, si ritrovò meramente dentro una «residenza sorvegliata» e non gli doverono mancare cure o premure speciali: gli si procurò addirittura uno stimolatore cardiaco! Saziatosi degli anni, il sant’uomo ha finito poco fa col rendere tranquillamente all’Iddio di Maometto la sua bell’anima particolarmente pugnace e battagliera. A paragonare ciò con l’ignominia che nel ‘45 in Francia conobbe il suo equivalente, glorioso Maresciallo d’Armata PÉTAIN, diventato – sull’isola del Re – il più vecchio ergastolano del mondo all’età di 95 anni! Chi mai sentì parlare, all’epoca, d’una qualsiasi portaerei statunitense che minacciosamente venisse ad incrociare in prossimità di quell’ergastolo francese? E a bersagliare con raffiche dei suoi aerei il carcere del più illustre vincitore della Prima Guerra Mondiale? Ahimè, sciita non fu il Maresciallo d’Armata PÉTAIN! Da mezzosecolo oramai il corpo suo è in attesa d’essere trasferito in terra di Verdun – fra i suoi soldati. Ma guarda caso, a Bassorah, non ci schizza mica fuori il petrolio dell’isola del Re!
    Piantati in asso nel ‘91, quegli sciiti, dunque, sarebbero dovuti risuscitare nel ‘92. Per mesi e mesi la stampa e la radiotelevisione ne avevano parlato pochissimo, e neanche si sapeva che fine mai avessero fatto, ma poi di botto furon fatti rispuntare a colpi di titoloni in bellissima vista.

    Dopo che nel ‘91 aveva fatto cilecca la conquista finale dell’Iraq, e nella primavera e nell’estate ‘92, poi, l’orco Saddam HUSSEIN, presunto occultatore del bichilometrico cannone, fu messo al bando, tutto d’un tratto riemersero a galla i turbanti sciiti, agitati in un batter d’occhio sia in America che in Europa dai cacciabubbole che subissarono di sprecati fuochi d’artificio gli schermi blu mondiali. In effetti, al Sig. BUSH, gli premeva, costi quel che costa, migliorare la propria misera graduatoria elettorale, riesumando il malfattore HUSSEIN ora ridipinto per l’occasione da antisciita! Ed in pochi giorni il Sig. BUSH si rivelò ardente alfiere e paladino dei suoi amiconi sciiti di vecchia data, tanto speditamente mandati nel dimenticatoio nel ‘91! Perché mai, gran Dio, lanciarsi in quella bolgia? Ed intanto che neppure uno statunitense su mille avrebbe potuto fare i nomi delle sette in opposizione ai sunniti e agli sciiti! Poc’importa! A fine agosto ‘92 in alcuni giorni la portaerei statunitense «Independance», fu fiondata in fretta e furia nel profondo del golfo Persico – coi suoi 70 aerei da bombardamento, i quali scorrazzarono per lungo e per traverso l’Iraq sciita e furono poco dopo sostituiti coi Mirage 2000 e Tornados inviati con urgenza dai francesi e inglesi, i vassalli più docili di tutti. Che pagliacciata! Ci s’immaginerebbe, forse, una flotta aerea statunitense sorvolare la Francia repubblicana ai tempi, in cui il Sig. COMBES scacciava dal suo paese migliaia di religiosi e religiose cattolici indigesti al suo anticlericalismo? Ma nell’Iraq del ‘92 – in nome della sacrosanta protezione d’una setta quasi a tutti ignota – gli aerei statunitensi, inglesi e francesi sfrecciavano incessantemente nel cielo, andando in cerca d’un qualche incidente militare che avrebbe consentito di scatenare un nuovo eccidio terroristico! Volevano ad ogni prezzo stanare quell’eretico di Saddam HUSSEIN dal suo covo e falciargli l’erba sotto i piedi! Ansiosi anche di strozzare definitivamente l’Iraq, tagliandogli ogni accesso petrolifero al golfo Persico, feudo oramai degli USA. E Saddam HUSSEIN, ben conscio del fatto, che la lotta sarebbe stata impari e le sue truppe e il suo popolo sarebbero stati stritolati, si mordeva la lingua e dava il tempo al tempo. Ma che pensare, invece, d’un capo di stato, il quale, accorgendosi che l’elettorato sta abbandonandolo, si scaglia in un’insana smargiassata terroristica nell’Iraq Meridionale per poter barattare le consistenti cataste di cadaveri arabi contro qualche magro voto in più a Chicago o Arkansas? Ecco chi è colui che a tal fine risuscita le furiose guerre religiose del XVI° secolo punteggiato dai Carli IX e Caterine de’ Medici con un ammiraglio De COLIGNY che rispunta campeggiando sormontato dal turbante sciita! E ciò a rischio di scandalizzare fino all’esasperazione centinaia di milioni di sunniti in Asia e in Africa, o far insorgere – non si sa mai – un conflitto internazionale di un’ampiezza ancor più grande, spingendo gli arabi devoti alla propria fede di nuovo dalla parte dei loro fratelli spirituali dell’Iraq, da cui si distaccarono momentaneamente nel ‘91 sotto le pressioni di BUSH e compagnia bella!

    Giusto al contrario, nel ‘92 in piena Europa, quando bisognava por fine alle liquidazioni razziste di parecchi milioni di bosniaci diseredati, per scalogna, di nafta: «Neanche un casco blu statunitense,– rifaceva il Sig. BUSH con un’impassibilità da beccamorti! – sarebbe inviato in soccorso di Sarajevo» – come se i caschi blu ad altro non sarebbero serviti, che a proteggere i percorsi degli autocarri della Croce Rossa carichi di approvvigionamenti umanitari! Col materiale terroristico unico al mondo in possesso agli statunitensi, gli agressori serbi – tanto falsi leoni, quanto miseri di armi sofisticate – sarebbero stati probabilissimamente spazzati via in men che non si dica. Da non scordare che nel maggio ‘41 coi mezzi di gran lunga più scarsi HITLER mandò a fondo l’intera Jugoslavia in soli 10 giorni, dopo che il figlio di CHURCHILL e la spia statunitense DONOVAN avevano ordito contro di lui a Belgrado un colpo di stato particolarmente perfido (a quell’epoca là gli USA non erano neanche in guerra!). Ma stavolta – davanti al dramma bosniaco – il Sig. BUSH, con una sufficienza pressoché ostentata, diceva seccamente: No! La Bosnia non è interessante né dal punto di vista finanziario, né da quello elettorale. Risultato: la si ha condannata a morire. Ed essa non se la caverà. Al contrario, i cadaveri iracheni e, soprattutto, la liquidazione fisica di Saddam HUSSEIN avrebbero aiutato di molto la propaganda elettorale – e la sciabola fu súbito sguainata! Facendo lo spaccone e gonfiando le piume, impugnato il ferro della vendetta, il Sig. BUSH colmava l’aria delle strombettate! Da fine agosto ‘92 i bombardieri volavano attraverso tutto l’Iraq del Sud a getto continuo 24 ore su 24! «Magari – diceva BUSH tra sé e sé – Saddam HUSSEIN opponesse resistenza! E che si potesse colpire forte di nuovo! Un tantinello di sangue iracheno sulle schede elettorali non farebbe affatto male nelle malsicure elezioni novembrine!» Mai nella storia dell’universo si conobbe un’ipocrisia dalle smorfiacce simili. Nel ‘92 da Sarajevo a Bassorah, in spire terroristiche ci si sarebbe dispiegato tutt’un giuoco maligno di rinunce algidamente interessate e dei più marci compromessi spudoratamente religioso–petroliferi!.

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    Predefinito Re: Appello ai Giovani Europei di Léon Degrelle

    Ci siamo: qui la putredine del mondo attuale

    Prima legge: il volgare profitto materiale. Poi il disordine, l’impotenza e l’ipocrisia degli stati. – E se sia immorale! L’orizzonte dell’economia è ovunque invaso da ondate d’incubi neri. Sul piano internazionale le fregature s’accoppiano ai ragionacchiamenti sornioni. 20 «Trattati di pace» finti sono stati violati – ogni volta – la stessa identica sera del giorno della stipulazione! Centinaia di scrocconi diplomatici che dilapidano milioni in favolose spese di rappresentanza e ci si pavoneggiano davanti ai fiutoni della TV, con milioni di spettatori impotenti che – di fronte a questi rigiri striscianti – stralunano gli occhi grandi come saliere. Neppure l’ombra d’un programma per ripescare 300 milioni di russi in perdizione! Di fronte all’insolenza sicura degli aggressori serbi l’impantanarsi dell’Europa che va sguazzando nel fango è totale. I caschi blu si dánno da fare, convogliando i camion con le vettovaglie e, a volte, dandosela a gambe! Ognuno sa perfettamente che la Bosnia è spacciata e che i tre quarti ne sono già occupati dai serbi, i quali la svuoteranno dei suoi abitanti e non cederanno mai una spanna del terreno conquistato e «razzialmente purgato»! Perché mai ci s’arrabatterebbero? Lo sanno che, se le democrazie si turbano di tempo in tempo – è unicamente per salvare le apparenze e rassicurare i babbei! E si riuniranno solennemente 100 volte, dandosi appuntamenti per le trattative, di cui si sa benissimo che non ne uscirà fuori assolutamene nulla. E firmeranno dei papiri pesanti e pretenziosi, annullati prima ancora che siano levati i cappucci delle stilografiche. Questo è tutto, e nell’esecuzione di quel pietoso carnevale, non ci si andrà oltre. E’ proprio così. Quello che vi si ha costruito nel ‘45, è codesto mondo odierno, ipocrita, impotente e buffonesco in mezzo alla vera tragedia; è proprio esso, trasudante l’inutilità e nocivo, che voi, giovani europei d’oggigiorno, siete in punto di dover abbattere.

    Europa nella meschinità

    La democrazia, il cui sfacelo vediamo a occhio, è anarchia, sono strade malridotte e con buche, è filibusteria.

    Centinaia di avventurieri, retori, dementi infestati di ignoranza, appollaiatisi sugli strapuntini parlamentari e ministeriali, fanno coccodè e la ruota, agitando il vento. Gli stati se la sbarcano, trascinandosi di una bufera in un’altra. I bilanci precipitano a rotoloni in fondo ai baratri spalancati come crateri vulcanici. I debiti nazionali non si calcolano più in milioni, bensì in miliardi, portati via come i granelli di sabbia che segnano i margini dei mari immensi. Pure il crollo dei princípi è del tutto impressionante: l’uomo non ci crede più in un bel niente, tranne che nel quattrino e in null’altro che in quattrino – il Buddha, a cui tutto torna e da cui tutto dipende. L’ideale non è, che uno scherzo! ¡Quiero vivir! – commentano gli spagnoli. Desidero vivere! In effetti, sul suolo che si sgretola ovunque, non ci si vedon più che gambe all’aria. Lo strombazzamento dei sassofoni sta ritmando il crollo, crollo delle nazioni, crollo della morale, crollo del divino e dell’umano. E il tutto – in un’euforia che ciascuno considera reale. La vita – lo sentite voi – fa il bum! E la società! E gli stati ci hanno il naso che sciaguatta nella meschinità.

    In mezzo a questo casino, l’Europa amministrativa, detta Mercato Comune, sulle zampettine di tartaruga è subentrata all’Europa unificata dalle nostre battaglie e s’è accampata a Bruxelles. Priva di faccia, è, anzitutto, un conglomerato, un’accozzaglia di circa 20mila funzionari onnipotenti, bilancivori variopinti dai privilegi materiali crescenti a getto continuo. Non li ha eletti alcuna comunità popolare. E’ un congresso di capi ufficio. In tutto quest’affare la democrazia non è che una bolla incolore e inconsistente che alla minima corrente d’aria si spegne e svanisce. Una volta divinizzata, la Democrazia in questo fine secolo ventesimo altro non è, che uno specchietto per le allodole. I partiti politici – rossi, bianchi, gialli o verdi, di sinistra, centristi o di destra che siano – sono tutti uguali e identici nella propria strepitosa inutilità. Erano persino incapaci – dovunque fosse – di stroncare o meramente attenuare la disoccupazione – problema sociale elementare. Al contrario, l’hanno accresciuta favolosamente. Nella loro Europa nana del Mercato Comune ogni anno un milione, 2 milioni di disoccupati in più – sopratutto giovani – agganciano la loro miseria agli attaccapanni dell’economia in fallimento. Gli stati schiacciano le popolazioni – quelle che ancora lavorano! – con le stangate fiscali da sterminio, divorando coi loro sperperi la metà – o più d’una metà – dei frutti della fatica d’ogni artefice audace. Gli stessi partiti cosiddetti «democratici», i quali avrebbero dovuto elaborare una soluzione economica per combattere la miseria in quel terzo mondo che loro medesimi nella loro liberazione bacchettata del ‘45 progettarono come un sacco della spazzatura, sono stati ugualmente impotenti d’affrontare l’invasione multirazziale di massa d’enormi contingenti cenciosi delle popolazioni straniere che per colpa propria hanno perso la bussola, straripando ora tutti i parapetti sociali.

    E per soprammercato, codesti liquidatori politici sono tremendamente corrotti – sia per necessità elettorale (in fase nazionale un’elezione – con tutto il suo schiamazzo pubblicitario – costa delle fortune!), sia per bulimia personale o familiare (le consorti, uscite spesse volte da un bel niente e rapidamente abituatesi alle automobili di servizio e ai viaggi gratis et amore a Los Angeles e Tokyo, non vorrebbero mica tornare a far le portinaie o domestiche a giornata!). Anche i politici sguazzano nei marci maneggi, fatture di gentilezza e bustarelle, spillando gli interessi da rapina su contratti di stato, forniture ufficiali, opere pubbliche e su tutte le operazioni, alle quali gli intrallazzoni d’influenza possono allacciarci le loro venali pompe di aspirazione. Sicchè negli elettori – lo possono constatare tutti – i politici altro non suscitano, che un’estenuazione da morire, e in parecchi – una crescente ripugnanza addirittura. Sorgesse domani, in Europa o nelle sterminate distese russe, un riformatore d’ingegno, il quale, scopa in pugno, sapesse proporre alle masse un vero e proprio programma economico–sociale di salute popolare! Allora le mafie pseudodemocratiche vedrebbero spazzare speditamente via il loro pullulamento viscoso di onischi sazi! A quest’ora la democrazia sta sopravvivendo ancora se stessa – valga quel che vale,– solo perché al momento c’è penuria di becchini!.

    Dal ‘45 a questa parte lo scacco dato alla democrazia è stato totale: in politica, economia, morale e in vita sociale. E tutto ciò – giusto nel momento, in cui, mezzorovinata e strozzata dalle ambizioni mondiali degli statunitensi che sono pazzi della loro riuscita momentanea, l’Europa sotto pena di perire dovrà far fronte su tutti i campi ad impegni ineluttabili. Il mondo comunista, insensato sin dall’inizio (nel 1917), in quanto basato sulla lotta suicida delle classi, con una selvatichezza delirante ha fatto massacrare decine di milioni di ricalcitranti. Per fortuna, dal ‘42 a questa parte l’ordine europeo ha sempre messo in fuga i Soviet – dal Golfo Finnico fino alle vette dei picchi caucasici. Da allora ben 20 popoli dell’Est sono riusciti a farsi salvare senza l’imbecillità criminale degli americani di ROOSEVELT che subissavano STALIN di materiale bellico altamente distruttivo. Le bande alleate, infatti, non solo consentirono a questo tiranno di vincere la Seconda Guerra Mondiale, ma da regalo inaudito gli consegnarono per giunta – nel maggio ‘45 – tutt’Europa Est, e bisognò attendere pressoché un mezzosecolo affinché gli schiavi di Varsavia, Praga, Bucarest, Sofia e dietro a loro in seguito tutti i popoli della Russia riuscissero da sé stessi ad ottenere libertà, senza che un solo governo «democratico» dell’Ovest li avesse aiutati in checchessia a far saltare le loro garrotte.

    Ed ora si tratta di ristabilire ordine in quel favoloso campo di rovine. Soltanto per riassestare la Germania Est, fra l’89 e il ‘92 la Germania Ovest s’è dissanguata dandosi fondo alle vene: da rifare era tutto, gli obsoleti stabilimenti inquinanti l’ambiente ed allestiti dai Soviet, appestavano l’aria; le loro macchine vetuste erano incapaci di sostenere alcuna concorrenza moderna. Si ha dovuto demolire ogni cosa e trovare migliaia di ricostruttori privati non sprovvisti d’audacia, mentre che nel frattempo le masse operaie, ridotte alla disoccupazione nel corso degli anni della ricostruzione, ora potrebbero sussistere fisicamente solo grazie alle indennità che raggiungono delle somme astronomiche. Si badi soprattutto che l’operaio della Germania Est, disinteressato lungo i 50 anni per ogni iniziativa personale e ucciso in nuce dall’egualitarismo sovietico, ha perso quell’antico gusto di lavoro ben fatto alla maniera tedesca che il lassismo comunista e l’assenza di qualsiasi incentivazione avevano scioccamente dilapidato. E’ tutt’un tessuto sociale, quello che andrebbe riordinato, come se prima non fosse mai esistito – un’opera immane. La Germania Ovest, però, ridiventata opulentissima e intraprendentissima, a quest’opera da giganti, ci ha dedicato tutte le proprie forze, facendo valorosamente fronte alla prova molto, ma molto difficile, ragion per cui dovrà ancora faticare per anni sudando sette camicie, prima che avrà reso vitalità e dinamismo a quella Germania Est che è stata totalmente snaturata dopo il ‘45 per l’aberrazione staliniana e che gli Alleati medesimi avevano messo su alla fine delle ostilità.

    Ciononostante, la Germania Est è stato il paese meno arretrato fra quelli dominati dall’URSS, rappresentando, al tempo stesso, non appena una ventesima parte di essi (19 milioni d’abitanti sui 400 milioni!). Chi, quando e come si assumerà l’incarico di rimettere in piedi i restanti 19 ventesimi, completamente scardinati ed in preda all’incoerenza? Quindi, se non li si salva rapidamente e con un’efficienza tutt’esemplare, saranno sommersi dall’anarchia... Ed allora?... Li ne tireranno fuori gli USA? Proprio coloro, cioè, che durante la Seconda Guerra Mondiale in maniera così sostanziale aiutavano STALIN ad affondarli?... Ma se loro stessi sono in piena crisi economica, e nello scarso sforzo mondiale volto a prestar aiuto ai popoli della Russia nel ‘91 la partecipazione statunitense ha inciso del solo 3%, il che é quasi insignificante! Gli USA, costituendo la nazione più materializzata sulla Terra, per assicurarsi le ricchezze petrolifere del Kuwait – sì che hanno mobilizzato gli uomini e il denaro di tutt’il mondo, ma quello era un investimento, e mica un’opera filantropica. Caso mai, li indurrebbe nella tentazione, forse, il petrolio siberiano – nell’interesse dei megaprofitti del loro ipercapitalismo USA dai denti di pescecane e per la massima gloria del loro nuovo «ordine mondiale»? O che sarà così? Ad ogni modo, l’ex URSS non significa solo petrolio, essendoci lì non unicamente dei barili da riempire, ma anche ben 300 milioni d’esseri umani da sfamare e richiamare in vita.

    Ed è, davvero, l’Europa, proprio quell’Europa vacillante d’oggigiorno, che avrà da fare l’essenziale, lo voglia o no. Abbiamo, dunque, visto che il ristauro dell’URSS in rovine rappresenterebbe uno sforzo almeno 20 volte superiore a quello che attualmente sta facendo la Germania Occidentale. Quest’ultima a tal fine ha dovuto svuotare le proprie casse. Potrà, forse, riempirle e rovesciarle 20 volte di più per risuscitare economicamente e industrialmente il gigantesco spazio russo del tutto indispensabile per un’Europa forte? E al di fuori della Germania, chi? La Francia diffidente – e ben la si capisce – è perennemente attaccata ai propri quattrini, e già esita d’accogliere un pugno di rifugiati croati e bosniaci, intanto che la Germania – malgrado tutte le sue preoccupazioni – ne ha accolti, con una generosità criticata, più di 200mila! Allora, ripescherebbe domani 300 milioni di bancarotti dell’Est?... Gli inglesi?... Questi qui ci hanno le pieghe dei pantaloni impeccabili, gli ombrelli rigidi come bastoni dei bovari e le loro donne portano i cappelli infioccati di nastri e maestosi come i transatlantici. A parte ciò, i loro portafogli sono gualdrappati di elastici! D’altronde, precipitano solennemente rotolon rotoloni pure loro, dopo che CHURCHILL, sborniandosi e scoreggiando, ha svenduto il loro impero nel ‘45... Chi altro, a prima vista, avrebbe voglia di darsi da fare? sopratutto, di «sborsare»? Si moltiplicano le conferenze schiamazzanti a più non posso, che non partoriscono mai altro che embrioni.

    La collaborazione finanziaria coi russi frastornati è consistita tuttora solo in mancette, scucite obtorto collo dai rastrellaquattrini ad un GORBACIOV e un ELTSIN, i quali trottavano, frugando per vari Paesi, la scoppola nella mano tesa...

    I miliardi della droga e il futuro della Russia E poi?... Viene da domandarsi, se sarà il gigantesco consorzio della droga – uno dei più potenti al mondo – quello che in fin dei conti prenderà in mano le enormi terre intorpidite dell’ex URSS... Di primo acchito potrebbe sembrare bizzarro, però non lo è affatto. La mafia mondiale degli stupefacenti possiede miliardi di dollari provenienti da mille gigantesche frodi e stende i suoi tentacoli dappertutto. Se ne troncano alcuni di qua e di là, ma senza ottenere risultati molto significanti. Cionondimeno, attualmente sia in Occidente che in America la mafia si sente braccata: si sorvegliano le banche, il lavaggio del denaro olezzante ed i trafficanti che saltano un po’ troppo agli occhi. Non si ha impedito, sicuramente, che la droga diventi una delle industrie più ricche e fruttuose dell’universo mondo, né che tale industria abbia fatto guadagnare, quest’anno, più denaro di non importa quale gruppo industriale. Eppure, dopo assestato un certo numero di colpi contro di essa in Occidente e negli USA, nell’ambito europeo dei marci maneggi della droga, ci s’è imposta una certa prudenza. E’ allora, esattamente, che la mafia degli stupefacenti ha scoperto le immense possibilità nuove nella Russia devastata. La legge del libero mercato, concessa ai russi, ha facilitato il traffico delle droghe, dette «leggere», di cui i raccolti vi coprono 35 volte più spazio che nel Marocco, il quale, però, da solo e in maniera pericolosissima rifornisce l’intera Europa. I confini della nuova unità russa passano vicino a tutt’una serie di paesi produttori di droghe pesanti, particolarmente – presso l’Afghanistan, che ne è il più importante fornitore nel mondo. Essendo stati una volta tali traffici più o meno sorvegliati, ora invece le frontiere orientali altro non sono, che un colabrodo, e permettono la penetrazione all’interno della Russia – vuol dire verso la mafia – degli stock di droghe pesanti di una mole inimmaginabile mai prima. La mafia internazionale che non sapeva più dove investire ancora le proprie montagne di miliardi ha così in un anno individuato il paese della cuccagna, il quale – contro i suoi angelici, anzi archiangelici assegni – le forniva contemporaneamente un campo di manovre, la mercanzia e le reti nuove di zecca per espandersi verso l’Occidente.

    In tal modo, quei marci capitali sono in punto di provvedere l’ex URSS di una parte sostanziale dei miliardi che la sua risurrezione esige e che tutte le democrazie le rifiutano – gentilmente, beninteso,– ma con un egoismo e una mancanza di visione politica sorprendenti. Codesta fase è oramai superata. Di recente, solo alcuni mesi fa, la mafia s’è resa conto che questo rifugio immenso e quasi invulnerabile potrebbe consentirle di fabbricare oltre alle droghe naturali, pure quelle chimiche, di gran lunga più mortifere. Numerosi stabilimenti sovietici sono dismessi, e migliaia di ingegneri e scienziati, avendo perso la loro condizione precedente ed essendo cacciati nella miseria più nera, dovevano lasciarsi tentare. Gli si offrivano delle laute ricompense – a coloro, cioè, che nel miglior dei casi mai guadagnavano più dell’equivalente di 7 dollari USA al mese (nell’agosto ‘92 il rublo valse 205 volte meno d’un dollaro USA), e parecchi si sono lasciati imbrogliare e ci han ceduto. In Russia l’industria delle droghe chimiche sta per assumere delle dimensioni favolose. Essa vizia la gioventù russa che viene già sospinta dalla miseria verso le evasioni pericolose e che la TV alla moda nuova, piena zeppa dei film statunitensi imperniati sulla violenza e sulla droga sta intossicando tragicamente. Il traffico è andato molto più lontano – verso la Polonia, ove contaminava già gravemente la popolazione, e verso la Cechia. Da lì, in un anno o due, è passato in Germania, e poi – in tutt’Europa. Quest’ultima nutriva una vaga speranza di poter contenere le masse degli stupefacenti provenienti dall’America e dall’Africa, malgrado che la mafia impiegasse tutti i sotterfugi per camuffarli, presentandoli alle frontiere persino sotto forma di finti legumi secchi color naturale. Ma i democratici occidentali – e gli USA – forniscono per niente alla mafia un formidabile trampolino nuovo, lasciandola sostituirsi – nell’ambito finanziario – all’Europa in Russia, ed in tal modo le droghe di origine vegetale e chimica provenienti dall’Est potranno prossimamente sommergerli tutti.
    Un particolare supplementare: approfittandosi dell’abandono in cui permangono le vaste distese intorno alla Centrale elettronucleare di Cernobyl, pure là le piantagioni di papavero hanno alzato i loro fiori della morte, essendo, però, smisuratamente enormi, simili ai grandi garofani allargati che s’innalzano sugli steli alti un metro e mezzo.

    Si badi, che questi terreni danneggiati da emanazioni d’origine nucleare sono impregnate delle sostanze radioattive, le quali favoriscono in maniera sensazionale la crescita di tali garofani di papavero dalle misure del tutto abnormi! Ho visto le foto di queste piante gigantesche. E’ tremendo. La droga arrivata da Cernobyl produrrebbe nel mondo le scelleratezze supplementari che andranno ad aggiungersi a tutte le altre? Si conosce la mafia mondiale degli stupefacenti, le sue possibilità pressoché illimitate, la forza della sua organizzazione segreta e il cinismo dei suoi crimini. E voi, giovani d’Europa, n’eravate la preda, già attesa in agguato da quei trafficanti di sciagure, i quali in seguito al fallimento comunista stanno per disporre d’un potenziale produttivo straordinario. Un domani la Russia e il suo prolungamento – l’Europa – sono sul punto di conoscere un boia nuovo che succederà a LENIN e a STALIN appena rovesciati. Chi – fra tutti i nostri paesi stremati – avrebbe mai supposto l’apparizione di un tale concorrente: la Russia, addirittura, che ha subíto uno scacco ed è affamata e pronta a tutto? Invece è qui, mentre altri concorrenti non ci sono. Tale è la verità e la minaccia terribile per il futuro prossimo – una in più...

    Aspettando senza decidere niente, l’Europa si disonora, impantanata com’è da 2 anni a questa parte e sguazzando nel fango della putrefazione russa e sui Balcani convulsi, e sia nel primo che nel secondo caso è riuscita a fare una pietosa cagata. Gli USA agganciano i propri missili alle stive degli aerei spia dell’«Independance» e schierano centinaia di cacciabombardieri in Arabia Saudita nella ferma intenzione d’ottenere – costi quel che costa – una risposta che gli consentirebbe di concludere vittoriosamente la loro guerra terroristica nel golfo Persico! Da non scordare che, spingendo forzatamente la via del petrolio fino a Bassorah, BUSH renderà un giorno o un altro accessibili al integralismo isdraeliano i vasti spazi del Nilo–Eufrate, a cui i loro profeti hanno sempre sognato, sicché quest’avventura di Bassorah risulta estremamente allettante. Per cattivarsi definitivamente – oltre all’elettorato avverso a Saddam HUSSEIN – pure quell’ebraico, talvolta reticente, BUSH non ha esitato a prorogare un avallo finanziario fantastico di 10 miliardi di dollari USA all’Israele, nel contempo più d’una volta condannata dall’ONU per le sue spedizioni brigantesche in Palestina, a Jaffa, nel Libano e in Siria. Già prima dell’avallo recente dei 10 miliardi di dollari USA un israeliano riceveva ogni anno dagli Stati Uniti un sussidio 300 volte superiore a quello d’un africano! C’è da domandarsi, di quale paese sarebbe presidente il Sig. BUSH in futuro: quello degli USA? Dell’Israele? O di tuttedue insieme?...

    I bosniaci e i croati vengono sterminati a mitragliate dai serbi. 2 milioni e 500mila uomini, donne e bambini sono scacciati dal loro suol natio. L’Israele, invece, è grossa e grassa, luccicante come un vitello d’oro: per le lobbies ebraiche negli USA, gli conta solo quello! Gli ebrei della Russia vogliono sfuggire l’ex URSS, prendendo rotta verso la messianica Israele. Nel ‘92 si sono visti stanziare dagli USA 10 volte più dollari USA che non ne hanno ricevuti i 400 milioni di abitanti dei vari popoli della Russia e dell’Est messi insieme! Questi ultimi, invece, aspetteranno in vano che nel quadro dell’«ordine mondiale» del Sig. BUSH s’intraprenda a tirarli fuori dal disastro! Costui ha altre gatte da pelare, altri bidoni di petrolio da riempire e altri ebrei da coccolare. Nella Casa Bianca, allo sportello degli iracheni e dei bosniaci, c’è attaccato un gran cartello: «CLOSED»! Chiuso! Voler penetrare oltre vuol dire avere la certezza di farsi rompere il naso. Europei, non insistete: qui l’affare è regolato una volta per tutte.

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    Predefinito Re: Appello ai Giovani Europei di Léon Degrelle

    La potenza dell’Asia e il dramma dell’Africa

    Completamente sprofondati nella gran bassezza da noi descritta, i mestieranti dell’Europa Est e di quella Ovest, così come i predatori degli USA (continuasse o meno quella zucca del Sig. BUSH a rigirare per la Casa Bianca come in un vaso d’aceto) sin da ora hanno da affrontare all’estero le consistenti forze nuove che con molta probabilità daranno loro un fastidio mortale nel corso del prossimo secolo. In effetti, il XXIÿ sarà, anzitutto, il secolo dell’Oceano Pacifico. E non solo quello del Giappone, Corea, Taiwan, Hong–Kong e Singapore, fertili di espedienti e già in piena fioritura, bensì pure il secolo d’un milione e mezzo di cinesi operosi e sobri, portatori – nel proprio intelletto – della sintesi di parechi millenni d’anni di altissima civilizzazione. Sviati sotto MAO per 50 anni di marxismo, i cinesi hanno ricominciato molto saggiamente, riscuotendo successi dapprima nella loro modernizzazione economica, invece di fare stoltamente – come dei GORBACIOV e degli ELTSIN – una rivoluzione politica, automaticamente condannata al fiasco, in quanto era già svanita l’essenza stessa di questi paesi e poiché in sostituzione del comunismo si offrivano loro soltanto dei modelli desueti, corrotti e falliti già dappertutto. I cinesi hanno agito al contrario di Mosca, ricostruendo l’economia prima di giocare ai riformatori politici, inventando dei metodi avanzati, come l’avevan fatto i giapponesi, e creando – come questi ultimi – una solidarietà sociale che raddoppia tanto il rendimento del lavoratore, quanto quello dell’industriale. Risultato: una volta ristrutturatisi, i cinesi entro 25 anni potranno raggiungere con le proprie vaste schiere la massa dei 2 miliardi degli asiatici tenaci e in possesso della tecnica più avanzata del mondo. E tutti insieme faranno sorgere la loro ricchissima unità di fronte ad un’Europa delle «democrazie», scarsamente congiunta oppure disgiunta e cinque volte meno numerosa, dal sangue depravato dall’AIDS e incancrenita da milioni di insoliti neoarrivati che fuggono dall’Africa o s’infiltrano dall’Est. Tale Europa sarà svuotata per giunta del senso morale, d’un ideale sociale e di confidenza in sé stessa. E non avrà più peso.

    Malgrado tutto, non possiamo mica impigrirci scioccamente nel nostro vermicaio europeo; dobbiamo trarre le lezioni: quelle della digestione pertinace, delle scoperte tecniche e dei modi sociali tanto efficienti del mondo giallo. E il tutto – sotto pena di perire...politicamente squilibrati?
    Slittando nella propria stridente bulimia, gli USA (pure essi, finalmente, dissanguati smorti dai deficit astronomici) regali, non ne faranno, se i medesimi non frutteranno. Ma che cosa mai potrebbero fruttare? Lasceranno alle ex colonie alcuni scarti agricoli comunemente invendibili – tutte storie per salvare le apparenze,– e subito dopo il rubinetto si richiuderà. Presa per la gola dai suoi propri problemi, l’Europa non fuorvierà esageratamente – essa non più – su quelle distese immense, prossimamente desolate. La Croce Rossa, i medici volontari e quelle poche forniture caotiche di ranci da sopravvivenza per il 2 o il 3% degli africani bisognosi non saranno che dei miseri pannicelli caldi somministrati sulle ossa sezionate. Ed in ciò di nuovo si vede, quale è stata la follia dei vincitori nel ‘45, che alla cieca gettavano un quarto dell’umanità nell’abisso. Russia, Asia ed Africa: problemi giganteschi, che il 6% degli europei dovrà affrontare durante tutto il secolo prossimo.

    Il passato e la felicità

    Il passato è stato liquidato sotto i nostri propri occhi. anni fa il mondo operaio, pur malpagato, godeva d’una certa stabilità. Non c’erano splendide banche ad ogni 30 metri delle viuzze popolari, ma le modeste economie di carattere quasi generale assicuravano parecchia serenità. In quanto al contadino, col suo grano, cavoli, olive, carote e maiali più o meno se la cavava benone e si recava al suo campo, canterellando un antico ritornello, in groppa al suo ciuccio dalle orecchie drizzate come megafoni. Fu l’Europa dei campi, di quelli puri e semplici, nido e sussistenza della vita. Nella Prima Guerra Mondiale più della metà dei morti «caduti per la Francia» o «caduti per la Germania» furono contadini. E ciò non è quasi più credibile. Eppure era proprio così: più del 50%. Attualmente nelle campagne, i villani rimanenti ci fanno il 7% della popolazione. E anche questo è provvisorio: fra poco in tutt’Europa non ce ne sarà più del 5% o del 4%. E saranno minacciati per giunta d’essere sommersi di immense eccedenze statunitensi a prezzi ribassati. Le popolazioni rurali rappresentando un peso sempre crescente per gli stati, non potranno più sussistere in Europa, che a colpi di sovvenzioni, le quali incidono soltanto del 60% degli aiuti accordati dai cassieri del Mercato Comune. Gli agricoltori fanno oggi negli Stati Uniti solo il 3% della popolazione.

    E si tratta, inoltre, di un ceto contadino incrinato che s’è industrializzato quasi del tutto e ce la fa a tirare avanti materialmente unicamente a forza di tostare, macinare, triturare o surgelare i prodotti, i quali vengono ottenuti in fretta dalle catene di produzione e per via della speculazione, hanno perso il loro sapore e sono imballati in plastica bell’e luccicante, buona solo ad adescare gli acquirenti. Prima della Seconda Guerra Mondiale il mondo dell’agricoltura costituiva l’essenza stessa dei popoli europei, i quali curavano con uno zelo geloso la bellezza e la qualità dei podotti dei loro raccolti – dei veri capolvori di pazienza, intanto che a ora, invece, si sentono sommersi dal mercantilismo statunitense. Dal canto suo, il lavoratore delle città è stato trasformato in un complemento imperfetto della macchina che lavora meglio di lui, più veloce di lui e prende spesso il suo posto. Acquistare una macchina supermoderna significa poter impiegare il 50% di operai in meno, vuol dire creare il 50% di disoccupati in più. La macchina sarà l’inumana padrona del XXIÿ secolo.

    Prevedendo un licenziamento sempre possibile del lavoratore, in migliaia di focolari familiari è stato necessario raddoppiare la capacità di sopravvivenza, mettendo all’opera la donna, perché il suo salario serva di compensazione nel caso, se quello dell’uomo venisse un giorno a mancare. Da qui il disordine nei rapporti intimi: la stanchezza delle coppie, la noia di fronte ai lavori domestici, scontri d’incomprensione fra i caratteri estenuati, divorzi e bambini ogni volta meno numerosi ed affidati agli anonimi asili nido. Eppure a tutti i piccini è necessaria la tenerezza – alimento insostituibile per l’equilibrio infantile. Il costante utilizzo, d’altronde, dei supermercati, diventati un indispensabile complemento dei focolari a doppio introito e dei bimbi declassati, ha eliminato quell’essenziale elemento stabilizzante della società, il quale è rappresentato dai milioni di imprese commerciali di modeste dimensioni, annunciando la scomparsa delle classi medie. Lo stato è divenuto il mostro finanziario del mondo contemporaneo che gratta a grandi rastrellate una parte d’anno in anno maggiore degli utili famigliari, spesso artificiosi, ma cionondimeno faticosamente acquisiti, anche se un qualunque sussulto economico può improvvisamente spiaccicarli. L’umanità si crede libera; ma in che cosa lo è? – L’ipercapitalismo domina la società. E’ una nuova forma di schiavitù, di cui le dorature non celano per nulla la crudeltà. Un tempo un povero – se povero era – poteva più o meno reggere al colpo, e ci bastava ben poco. Oggigiorno, invece, l’implacabile asprezza della vita moderna coi suoi consumi esasperati e spese in continuo incremento soggioga o soffoca un diseredato. L’uomo intimamente onesto finisce per essere ritenuto un sempliciotto, prendendoci il sopravvento colui che è il più maligno, il massimo faccendiere, il meno scrupoloso. E se i soldi mancano, si prendono in prestito, ben al di là delle proprie possibilità e col rischio di venir tiranneggiati – messo il coltello alla gola – dai propri creditori. Per i 9 decimi delle famiglie le carte di credito sono diventate dei passaporti falsi per il tranello teso dalla ricchezza, la quale ci sfugge ogni volta, sicché si vuole sempre acchiapparla di nuovo.

    Un giovane non capisce neppure che un tempo si poteva vivere altrimenti. Teoricamente la vita moderna è, ben certo, più agiata di una volta, ma – solo per alcuni: essa respinge, infatti, all’inferno i popoli interi non evoluti. Quanto alla maggioranza degli uomini e donne che lavorano sodo, sono ricchi solo del denaro, il quale svanisce e gli scappa fra le dita, dileguandosi come l’acqua sotto l’arena.L’uomo moderno si sposta dentro milioni di automobili–ripostiglio che gli dánno l’illusione di evadere dalla realtà, ma le vie così percorse ci traviano: le città più sovrappopolate sono appestate dall’asfalto, mentre l’aria ci sporca i polmoni ed insozza il sangue, e nei nostri viali rumorosi, gli ultimi uccellini ci fuggono dagli alberi pure contraddistinti dal fogliame stinto. Dappertutto gli stabilimenti buttano in alto i fumi nerastri inquinanti e sempre più asfissianti. Nel secolo prossimo, poi, ci saranno delle fabbriche piazzate persino nei più slontanati campi di riso o di manioca nel Laos, dai manciù e in Polinesia. L’immenso scompiglio umano si sta precipitando da ogni parte, come un flusso acqueo puzzolente e rancido, e la natura stessa è diventata rondine dalle ale floscie. Di fronte alle difficoltà quasi sovrumane che attendono l’ingresso dell’Europa nel XXIÿ secolo c’è da chiedersi, se esse saranno almeno alleviate dalle nuove scoperte, le quali potrebbero offrire dei mezzi straordinari per reagirci?... – Quesito capitale!.

    Scoperte moderne

    O che salveranno tutto le scoperte moderne? I progressi scientifici del mondo contemporaneo sono spesso veramente stupendi. Ma il loro splendore non nasconderà mica le loro deficienze? Grazie alle trovate nei campi genetico e farmaceutico delle ricerche scientifiche contemporanee e alla loro diffusione su scala mondiale, si vive più a lungo. Le donne che – si sa – non muoiono mai, adesso hanno superato l’età media di 80 anni. E adorano essere prese per delle pastorelle irrequiete, il che è maraviglioso! Ma chi è che pagherà le pensioni a codesti milioni di intrepide ottuagenarie? E quelle degli uomini che fra poco vorranno far altrettanto? E i milioni di tonnellate di medicamenti supplementari che questi paralitici, bronchitici e storpi, tutta questa gente dalle voci tremanti reclameranno in coro presso la Previdenza sociale?... E le migliaia di stabili, in cui alloggiare quelle vecchiaie prolungate? E i divertimenti, i viaggi che occorrerà organizzare per poter ornare di sogni romantici i cervelli indeboliti ed i corpi barcollanti?... In futuro gli stati, schiacciati sotto i loro oneri attuali, dovranno affrontare i detti pesi addizionali che raddoppieranno il fardello, sotto cui i governi stanno già crollando. In carenza delle nascite, per alimentare tali fondi di anzianità incessantemente prorogata, sfondati come la botte delle Danaidi, sarà disponibile non più di’una metà dei lavoratori contribuenti alla Previdenza sociale. Allora, ci risiamo: da dove mai gli stati attingeranno quei benedetti miliardi per gli indistruttibili anziani e anziane?...

    I ricercatori stanno a lambiccarsi il cervello, escogitando centinaia di altre meraviglie e cospargendo di stelle l’ombra. E’ vero. Si è arrivati, p. es., a raddoppiare la produzione del latte. Risultato: gli statunitensi lo gettano nei fiumi! E gli europei hanno dovuto stoccare nei propri frigoriferi del Mercato Comune un miliardo di chili di burro invendibile! Altrove, nel contempo, centinaia di migliaia di donne e ragazzini muoiono di fame e sete – in un mondo, in cui gli aerei giungono da Parigi a Tokyo in poche ore, ma un barattolo di latte in polvere o una coppa di yogurt ci metteranno un anno per arrivare oppure per non arrivare, addirittura, nei paesi che soffrono la fame! E sovente non ci si ritrova più: in Russia si fa il caffè di mattoni, i quali nel Brasile si fanno di caffè! Degli altri inventori hanno consentito di stimolare forzatamente la crescita dell’onesto bestiame d’ogni specie in maniera tale da raggiungerne il massimo sviluppo in tempi dimezzati. Risultato: non si sa più dove mai cacciare tanta di quella carne sanguinolenta, e ci s’azzuffa alle frontiere per dar assalto ed appiccare fuoco ai mezzimontoni e mezzimaiali, dei quali gli inglesi e i danesi non sanno più che farne!
    A forza di astuzie, intelligenza e passione per le novità s’è riusciti a fare della TV una vera meraviglia. Risultato ancora: le folle rimangono incollate ai piccoli schermi per 3 ore e mezzo giornalmente, finendo col perdere completamente la bussola – alla mercé di non importa quali malelingue o qualunque ciancicone. Le demenze più sconcertanti, loro, incantati, le bevono tutte ed in linea con varie balle, cavolate ed affabulazioni così profuse prendono decisioni in merito alle proprie sorti e a quelle altrui, incapaci più di pensare e mai più essendo guidati dalle proprie idee, bensì dalle immagini, reiterate, spesso allucinanti e quasi sempre deleterie per la personalità dello spettatore. minuti della TV esercitano mille volte maggior impatto che cento studi obiettivi di scienziati o esperti, i quali a gran fatica raggiungerebbero 2 o 3 migliaia di lettori, mentre un damerino sul piccolo schermo avrà pacificamente 2 o 3 milioni di telespettatori beati e conquistati sin da prima delle sue baggianate.

    La TV è la grande avvelenatrice del secolo. Basta che certi annunciatori siano sistemati ai posti chiave da alcune personalità politiche ben piazzate o dai manipolatori della grana che fanno i giocolieri di miliardi, regolando l’esistenza dei teleprogrmmi,– e codesti elargitori d’abbracci creano l’opinione pubblica, dominandola e tormentandola. In virtù di quale diritto?... Che cosa resta della «democrazia» alla fine d’una tale fregatura delle folle messe nel sacco? Zero! I pasticcieri del microfono e quelli al di sopra di loro dettano legge, l’unica legge, diventando questo spadroneggiamento di giorno in giorno più soffocante.

    Gli uomini schizzano come frecce verso la Luna, il Nettuno e il Giove – come se si andasse a Lourdes o a Sestrières. L’energia nucleare è capace di sviluppare migliaia di bolidi di fuoco scintillanti e lampeggianti – fra i deserti dell’Arizona, i ghiacci della Siberia e le sabbie petrolifere del Kuweit! Mille scoperte sbalorditive pongono così il mondo, gli affari e i focolari familiari a portata d’ogni ricercatore o d’ogni molestatore.

    E il bilancio?
    Si va avanti?
    Si è più felici?

    Oppure la felicità sta degradando? Ultimamente al confine messico–statunitense si ha constatato che in un solo anno 28 operaie d’una fabbrica di cosmetici avevano partorito 28 neonati privi del cervello! Sarebbero dei fatti occasionali? Contraccolpi d’invenzioni valutate male? Ad ogni modo, 28 madri desolate hanno potuto per alcune ore cullare fra le braccia dei pupi amorfi, di cui il cervello era stato risucchiato dalle invenzioni mostruose o prodigiose! Senza dubbio alcuno, il mondo a venire poggerà su di un enorme punto interrogativo.
    Malgrado tutto, un giovane deve ammettere senza vani rincrescimenti questo mondo nuovo così com’è: con le sue magagne, ma anche con ciò che si può ottenere di entusiasmante – con questi orizzonti estesi all’infinito, questi sport spesso distorti dall’uso delle droghe, ma ripristinati tramite le norme disciplinari e gli sforzi armonici dell’emulazione, con queste possibilità di acquisire cognizioni nuove grazie ai viaggi e – con la sua cultura più esatta e più estesa, anche se a volte bofonchia nello scompiglio e nell’assurdo. I riformatori d’ingegno s’arrampicheranno sul carro del XXIÿ secolo, senza impedire, però, che gli enormi problemi d’ordine economico–sociale assillino il mondo già sommerso dalle complicazioni politiche, sociali e razziali. Se l’Europa vuol sopravvivere, dovrà superare queste complicazioni, costi quel che costa: tale è la sfida d’oggigiorno, una sfida tutta cruda che spaventa i deboli e deve stimolare, invece, i cuori dei forti. Una sfida che rileva non solo le circostanze d’un giorno o d’un tempo, bensì s’estende a tutto ciò che è di più intimo e di più costante in fondo all’essere umano, quale che esso sia. Se HITLER riscendesse un domani nello Walhall e riapparisse sbadatamente nella Cancelleria del terzo Reich, dovrebbe sicuramente ricorrere a concetti e metodi nuovi, trasformando profondamente la propria opera creativa. Non riprenderebbe, infatti, tutti i vecchi progetti insabbiatisi in mezzo alla strada, ma pur mantenendo fermamente i suoi princípi, li modellerebbe secondo le necessità dell’attualità. Le sue visioni sul problema dell’agricoltura, o sulla collaborazione delle donne nell’ambito della vita pubblica, o sull’ecologia – di cui egli fu il vero fondatore nel ‘33,– e sulla ripartizione razziale dei popoli, e persino sul riordinamento planetario delle ricchezze subirebbero, senza dubbio alcuno, dei ritocchi o persino delle realizzazioni diverse da quelle che hanno marcato la prima metà del XX secolo.

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    Predefinito Re: Appello ai Giovani Europei di Léon Degrelle

    Rendere agli animi una vita spirituale

    Sarebbero poche le restanti probabilità di salvare la posta in gioco europea?... Il gioco è incalzante, esatto. Eppure sussistono cento motivi per lottare e sperare, e una ferrea volontà val più di mille impotenze. Nel ‘40 un REYNAUD, primo ministro chicchiriante della Francia «democratica», pavoneggiandosi, esclamava: «Noi vinciamo, poiché siamo i più forti.» Un mese più tardi attraverso tutto l’Occidente le democrazie al gran completo crollavano come i castelli di carte! REYNAUD, imbarazzato, fuggiva (con 29 chili d’oro) fino ai Pirenei, ove ebbe un incidente per colpa d’una roccia malcapitata! La vicenda era andata male! Il buonuomo DEMOS rimase fuori combattimento! I suoi conti furono regolati in qualche settimana. Si vede che tutto può cadere, ma un uomo di vero carattere è capace di ripristinare tutto. Per operare l’innovazione dei tempi futuri, basta solo che le volontà siano tese verso un potente sforzo dell’innovazione materiale. E non è che sia malata unicamente l’economia mondiale o l’ordinamento politico della società: è l’universo morale dei popoli che è colpito e intossicato da una folle corsa verso le comodità, apparentemente piacevoli, eppure spesso tragicamente devastanti. L’essere umano della nostra epoca s’è lasciato sfuggire i mille anni del cristianesimo e di religiosità: ciascheduno ha voluto «vivere» e godersi in sovrabbondanza gli agi e le piacevolezze, e senza neanche rendersene conto, è diventato schiavo delle gioie mediocri, limitate ad un benessere superficiale. E ci si muove soltanto radenti al suolo. Come si fa a restituire una vita spirituale alle anime pressoché spente, in cui la fiamma più non sale, smorzata com’è sotto le ceneri che poco a poco si rendon fredde? Chi è che la rianimerà? Chi è che su codesti carboncelli, divenuti di color terra, farà soffiarci l’ispirazione, da cui scaturirà il fuoco spirituale? Senza di esso, invece, sarebbe perso tutto. Occorre che la donazione, la generosità, l’amore per gli uomini, la volontà di dare e il sacro fervore di un ideale straripante di verità rinnovino la vita interiore di ciascun essere. Il cuore dell’uomo non è soltanto un ricettacolo per dei godimenti passeggeri: è un giardino incantato coi suoi colori e profumi. Il cuore dell’uomo desidera elevarsi attraverso il confuso sottobosco dell’esistenza. Rivoluzione politica? – Sì! Rivoluzione tecnico–economica? – Sì! Quella sociale? – Sì! Ma dominando l’esistenza dei suoi effluvi, e soprattutto – una rivoluzione delle anime! La felicità non è che un sottoprodotto di discoteca. L’uomo deve ridiventare, anzitutto, essere spirituale, teso verso tutto ciò che innalza e nobilita: se no, quantunque gradevole sia la decorazione, la vita risulta solo una mangiatoia, in cui ci si sazia e l’essenziale non esiste più.

    Secolo delle élite

    L’anima c’è.

    E c’è pure intelligenza. Una rivoluzione non si fa a colpi di spacconate, e meno ancora a colpi di vacue ingiunzioni dal fracasso di latta. Qualsiasi rivoluzione che arricchisce è frutto d’una lunga preparazione intellettuale. Quello futuro, sarà più che mai un secolo delle élite e del coordinamento delle loro scoperte: saranno i migliori, i più capaci – e solo loro – a coinvolgere, a dirigere e a mutare la società. E’ finito il tempo, in cui l’essere umano poteva preparare il proprio slancio nel lassismo, faciloneria, ignoranza e pigrizia. L’operaio dovrà cessare lui stesso d’essere un manovale ignorante, come lo è stato troppo a lungo. A forza del lavoro e della preparazione mentale dovrà trasformarsi in un tecnico altamente qualificato. Le industrie moderne – e costosissime – assumeranno soltanto dei collaboratori ben scelti. Domani non ci sarà più posto per i mediocri, i quali andranno a raggiungere l’enorme lupanare degli scansafatiche e parassiti spacciati, chiuso ad ogni avvenire. Nel secolo prossimo, a forza di fatica, costanza, elasticità dello spirito e potenza del carattere bisognerà che v’innalziate al livello intellettuale e alle conoscenze tecniche che marcheranno con la loro indelebile impronta i futuri condottieri d’uomini e di popoli. Che i giovani si mettano bene in testa che è proprio in quella misura, in cui lavorerà il loro cervello e s’amplieranno le loro cognizioni tecniche ed in cui loro stessi diventeranno parte organica dell’élite, che potranno riuscire nell’innovazione della società.

    I tempi nuovi prenderanno a zampillare a mano a mano che voi, giovani ragazzi e ragazze del XXI° secolo, già accampati alle nostre porte, v’impegnerete – coi metodi e idee nuove, ma anche con un ideale ardente, come quello dei vostri predecessori dei tempi eroici,– ad adempiere il grandioso compito del rinnovamento della società sbandata. Giovani camerati d’Europa, ora spetta a voi. Siate pronti – materialmente, ben certo, ma soprattutto spiritualmente e intellettualmente – agli scontri più duri, compiendo la vostra avanzata illuminata dall’animo ed essendo disposti a tutti i sacrifici, coi cervelli perfettamente nutriti e ordinati ed i corpi forti. Allora, quantunque aspra sia la lotta, le solide braccia vostre potranno innalzare sui vostri scudi quella vittoria che i deboloni hanno creduto oramai divenuta inaccessibile.

    Solo coloro che hanno fede sfidano e rovesciano il destino! Credeteci! E lottate!
    Il mondo, lo si perde o lo si prende! Prendetelo!

    Nel deserto umano, in cui belano tanti montoni, siateci leoni !

    Forti come loro! E come loro intrepidi!

    E che v’aiuti l’Iddio!

    Salve, camerati!

    Léon DEGRELLE

    Agosto 1992.

    Asociación de Amigos de Léon Degrelle.

    Asociación Cultural “Amigos de Léon Degrelle” Apartado de Correos n° 5.024 - 28080 Madrid - España. Presidenta de Honor: Dª Jenne Marie Brevet (viuda de Léon Degrelle) Presidente: D. José Luis Jerez Riesco. Autorización del ministerio de justicia n°160.621 del 22 Marzo 1996.

    Difusiones Léon Degrelle 2000. email: degrelle2000@mixmail.com

  6. #6
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    Predefinito Re: Appello ai Giovani Europei di Léon Degrelle

    Incredibile, illuminante.
    Prendete 40 minuti e leggete. O leggete solo il capitolo finale, che mi ricorda uno degli ultimi scritti del Duce, in cui chiede ai camerati, dopo la sconfitta prossima, di lottare ugualmente per l'Italia nell'Italia democratica.

    Degrelle fascista tutto intero.
    Religione per noi significa la dottrina (...) dell'allevamento che renda possibili le anime superiori a spese di quelle inferiori.
    Religion bedeutet uns die Lehre von (...) der Züchtung und Ermöglichung der höheren Seelen auf Unkosten der niederen.

  7. #7
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    Predefinito MILITIA di Léon Degrelle

    MILITIA, di LÉON DEGRELLE

    “Agire puro non significa agire cieco. E la norma di non guardare alle conseguenze concerne i moventi affettivi individualistici, non già la necessaria conoscenza di quelle condizioni oggettive di cui l’azione deve tener conto per essere, per quanto è possibile, un’azione perfetta, anzi per non essere un’azione destinata già in partenza a fallire” Julius Evola, “Cavalcare la tigre”.

    ETSI MORTUUS URIT

    “Possano queste pagine, ultimo fuoco di quel che io fui, ardere ancora un momento, riscaldare ancora un istante le anime possedute dalla passione di donarsi e di credere: di credere malgrado tutto, malgrado la disinvoltura dei corrotti e dei cinici, malgrado il triste gusto amaro che ci lasciano nell’anima il ricordo delle nostre colpe, la coscienza della nostra miseria e l’immenso campo di rovine morali di un mondo che, sicuro di non avere più bisogno di salvezza, da questo trae motivi di gloria, ma deve lo stesso essere salvato. Deve più che mai essere salvato”. “Il fuoco e le ceneri”

    Le parole raccolte in questo volume sono parole perdute, scovate per caso e ritrovate da uno dei maggiori scrittori spagnoli del Novecento: Gregorio Maranon. Esse appartengono al cielo; dal cielo sono venute per ispirare il generale Léon Degrelle, per regalare l’ultimo soffio di speranza e forza agli spiriti dei giovani d’Europa. L’Europa, sogno, mito, idea del fondatore di Rex, il vallone in forzato esilio spagnolo, che dopo la Seconda Guerra Mondiale non vide più i tramonti della sua terra. Troppo di più è inutile dirvi dell’uomo Degrelle, inutile giudicare le sue gesta, da ovunque le si guardi, ciò che conta, ciò che resta, sono le parole; un canto assoluto, impervio, oltre, per gli uomini e per l’infinito, per chiunque ne sappia riconoscere il valore più puro.

    E come intuì immediatamente Maranon, quest’opera comprende una serie di note spirituali che l’autore scrisse nel corso delle vicende avventurose della propria vita, prima e durante la seconda guerra mondiale. Parole d’un uomo immutabile che colpirono Maranon sin dalla prima e immediata lettura: “Sono di una bellezza impossibile a superare, vibranti di pathos umano”.
    L’opera si divide in sei parti (e in molteplici sottoparti): “I cuori vuoti”, “Fonti di vita”, “L’angoscia degli uomini”, “La gioia degli uomini”, “Il servizio degli uomini”, “Dono totale”.

    C’è da perdersi tra tanta bellezza, non potendo e non volendo farvi dono di tutto (perché dovete leggere con i vostri occhi), vi lascio versi e suggestioni sparse per il libro, come soffio che v’inebri per pochi istanti e che vi porti a cercare in voi, l’energia che qui si emana: “Scrivo senza tremare queste parole che pure mi fanno soffrire. Nell’ora della disfatta di un mondo, c’è bisogno di anime rudi ed elevate come rocce cui s’infrangeranno invano le onde scatenate”. “Intransigenza”.

    “Eccomi giunto quasi al termine della mia corsa umana. Io ho provato quasi tutto. Conosciuto tutto. E, soprattutto, sofferto tutto. Abbagliato, ho visto alzarsi i grandi fuochi d’oro della mia giovinezza. Il loro incendio illuminava il mio paese. Le folle facevano danzare intorno a me ondate costellate da migliaia di volti. Il loro ardore, il loro vortice sono esistiti”. “Il fuoco e le ceneri”.

    “Coloro che esitano davanti allo sforzo sono coloro la cui anima è ottusa. Un grande ideale dà sempre la forza di dominare il proprio corpo, di soffrire la fatica, la fame, il freddo...la facilità addormenta l’ideale. Niente lo risveglia meglio che la sferza della vita dura: essa ci permette di cogliere le profondità dei doveri da compiere, della missione di cui occorre essere degni. Il resto non conta. La salute non ha alcuna importanza. Non si è sulla terra per mangiare in orario, dormire a tempo opportuno, vivere cent’anni od oltre. Tutto questo è vano e sciocco...l’anima sola conta e deve dominare tutto il resto. Breve o lunga, la vita vale soltanto se noi non avremo da vergognarcene nel momento in cui occorrerà renderla”. “Vita retta”.

    “Occorre aver solcato i mari più lontani, aver conosciuto le rosse notti dei Tropici, i fuochi delle canne da zucchero, i canti dei negri, i deserti con le sabbie rosate...per amare pienamente un paese, quello che si vede per primo, con i soli occhi limpidi che si vedono al mondo: gli occhi di fanciullo”. “Il cuore e le pietre”.

    “Casa, fortezza e tenerezza...Tutto a poco a poco, assume un volto, man mano che arrivano le fatiche e i dolori comuni, e nascono i figli. I muri hanno racchiuso gli amori e i sogni. I mobili belli o brutti sono stati amici e testimoni. Un profumo sale dolcemente da queste anime confuse, e un raccoglimento, una pace, una certezza – invece delle soste trafelate sui pianerottoli dell’esistenza”. “Il cuore e le pietre”.

    “Occorre pensare continuamente al valore della vita. Questo è lo strumento ammirevole postoci nelle mani per forgiare la nostra volontà, elevare la coscienza, edificare un’opera di intelletto e di cuore. La vita non è una forma di tristezza, ma di gioia fatta carne. Gioia di essere utile. Gioia di domare quel che potrebbe macchiarci o sminuirci. Gioia di agire o di donarci. Gioia di amare tutto quel che vibra, spirito e materia, perché tutto, sotto l’impulso di una vita retta, eleva, alleggerisce, anziché pesare”. “Il valore della vita”.

    “Dovunque si sia, in alto o in basso, uomo o donna, il problema rimane sempre il medesimo: è il donare che rende le anime chiare o torbide”. “Grandezza”.

    “Morir vent’anni prima o vent’anni dopo poco importa. Quel che importa è morir bene. Soltanto allora inizia la vita”. “La grande ritirata”.

    “Tutti portiamo la nostra croce: occorre portarla con un sorriso d’orgoglio, perché si sappia che siamo più forti della sofferenza, e anche perché coloro che ci feriscono comprendano che le loro frecce ci colpiscono inutilmente. Che importa soffrire, se vi è stata nella nostra vita qualche ora immortale? Quanto meno, si è vissuto!”. “La nostra croce”.

    “Ma sono appunto questi gli obbiettivi della vera rivoluzione: recare luce a questi spiriti ghermiti dalle ombre; aiutare a rialzarsi queste anime che stanno cadendo; re-insegnare ad aspirare a cose diverse da quelle corporali; dominare l’imperfetto, elevarsi verso il meglio, qual pur siano gli sforzi”. “Flottiglia d’anime”.

    “Avrai vinto. Essere ucciso dall’ultimo sforzo non avrà più alcuna importanza, se gli altri saranno là, sul ciglio dell’immensità pura della redenzione.
    In fondo, tu sei tanto felice.
    Tu sai che là risiede la sola felicità.
    Canta!
    Tuoni la tua voce nelle valli!
    Rimpianti e lacrime? Ma è la parte più mediocre di te che ha sofferto: quella che hai appena respinto!
    Il più duro è superato. Resisti. Stringi i denti. Fa tacere il cuore.
    Pensa soltanto alla vetta! Sali!”. “Vette”.

    Questo libro-poesia-testamento vide la luce per la prima volta a Parigi nel 1964 portando come titolo Les Ames qui Brulent. I frammenti che ho selezionato sono esemplificativi del messaggio che Léon Degrelle volle donar di sé, alle giovani generazioni soprattutto, che poco sapevano e molto ignoravano degli eventi cruciali del secolo scorso, che ancora sognavano e a loro modo lottavano per un mondo diverso. Un invito a non perdersi, nonostante le difficoltà, le pressioni della vita e i lacci del potere. Un fiero canto dell’esistenza, un monito ad esserci sempre e a restare sempre presenti. E Léon ci fu sempre, per i suoi fratelli, compatrioti e non, per un’idea che guardava oltre le alleanze e gli equilibri di quel tempo di guerra, per un’Europa pensata libera, da vincoli o egemonie, di qualsiasi tipo e di qualsiasi colore. Certo scelse, scelse un’alleanza sconfitta; la scelse in buona fede e pensando fosse l’unica possibile, per emanciparsi dalla barbarie borghese e cialtrona che governava stancamente il suo continente e la sua Patria, che andava alleandosi con quella ancor più misera e ignorante d’oltreoceano (gli Usa). Né russi, né americani dunque, ad insegnarci la giusta via, né l’abominio comunista né il liberticida liberismo americano, quasi presentendo l’egemonia prossima dei due blocchi sull’occidente e sull’intero pianeta. Come dargli torto a posteriori? I risultati sono sotto gli occhi di tutti, anche in quelli di chi se li è bendati per lungo tempo. Ciò che resta comunque, nel tempo e nonostante il tempo, nella storia e nonostante la storia, sono le sue parole (a rimarcar nobili gesta).

    Si condividano o meno, le parole del Generale Degrelle arrivano direttamente dall’Alto e vanno verso l’Alto, per ritornare a noi come eco, vibrante invito a non arrendersi mai, puri della giovinezza del fanciullo; perché si possa guardarlo in faccia, questo mostro, questa piovra onnivora del nostro tempo, tempo sopito ahimè, tempo nascosto, mimetico e indeciso, lontano dalla rivolta e dal suo monito: “Che il destino ci trovi sempre forti e degni”.

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    Predefinito EUROPA VIVRA' di Léon Degrelle

    Europa vivrà



    Discorso pronunciato il giorno 30 Gennaio 1981, in occasione del XLVIII Anniversario della salita al potere del Nazionalsocialismo. Nella sede dell'Organizzazione CEDADE a Barcellona

    Ho ascoltato il nostro camerata parlare dell'importanza del Fronte dell'Est. Ricordavo delle migliaia di ragazzi della sua età che morirono nelle nevi della Russia per salvare l'Europa. Se ora, che si è perduta quella immensa occasione: ora che l'Europa è già sconquassata: una metà sovietica, una metà occidentale, non si vede altro se non la decadenza, molti di noi diciamo: Europa, l'Europa è la ricchezza; andiamo con l'Europa. Ma questa parola non porta il miracolo in sé stessa, non è la soluzione miracolosa che può sistemare tutto così, senza sforzo.

    Che cos’è l'Europa? Che Europa vogliamo? Da dove viene? Come può ricostruirsi? Nel nuovo mondo, che possibilità può avere?. Quelli che parlano dell'Europa lo fanno generalmente a vuoto. Sappiamo quale è la nostra Patria, ma non quale è l'Europa, chi può spiegarlo bene?

    Ieri sera si stava nell'hotel, con la gente che guardava la televisione del Sig. Suárez. Un inciso: nell'Europa di oggi e di domani, che cosa è un Governo che rovina sé stesso? E ho visto con sorpresa che la gente guardava il Sig. Suárez senza entusiasmo. Lo guardavano e basta. E dopo che aveva terminato tutti si alzarono ed andarono via, lasciando le notizie internazionali senza altro spettatore che non il sottoscritto. Mi dicevo: questa gente si informa sull'Europa? Gli interessa del mondo? Non dobbiamo ingannarci. Questa Europa della quale tanto sappiamo, come la vediamo? Quali sicurezze può portare al Mondo?

    In primo luogo: da dove origina? Che cosa è un europeo?.

    Molti pensano alla l'Europa di oggi, ma Europa ha duemilacinquecento anni, per lo meno! L'Europa è un'immensa civiltà: è una culla di vita.

    Si può dire che abbiamo conosciuto l'Europa prima ancora di conoscere le nostre proprie Patrie. Da dove è nata l'Europa? È nata da quei primi paesi del Mediterraneo che hanno creato la Cultura dell'Europa, l'Ordine Politico dell'Europa; la sua Civiltà.

    Un giorno, chiesi a Hitler: che cosa è il suo paese? Chi è lei? Mi rispose: "Io sono greco". Ed aveva ragione. È la Grecia che ci ha dato la nostra vita spirituale.

    Se il mondo europeo esiste, se ha un senso, è perché già duemilacinquecento anni fa, questo paese piccolo che è la Grecia, con pochi abitanti, poche ricchezze, ha potuto forgiare la ricchezza suprema che è la Civiltà. Ma, quando si è più vista una civiltà come quella greca? L'arte, i templi, le sculture, la filosofia, le scienze e quell’equilibrio meraviglioso della vita. Una vita che si viveva quasi amichevolmente coi loro dei; che vivevano nell'allegria dello spirito e che, poichè aveva queste forze che valgono più di qualunque forza materiale, aveva proiettato in pochi secoli la sua civiltà a tutto il mondo conosciuto della sua epoca.

    Noi viviamo qui vicino ad Ampurias. Che cosa è stato di Ampurias? Quando uno passeggia vicino a queste rovine, quando si va al Museo Archeologico di Barcellona, quando si vedono tutte queste opere straordinarie di immensa bellezza, bisogna dire che qui esisteva la Grecia, venti secoli fa. Ma esisteva allo stesso modo a Napoli—Neopolis—, la nuova città. Esisteva la Sicilia; esisteva l'Egitto (Chi ha creato Alessandria? Alessandro) con una biblioteca di quattrocentomila papiri. Quattrocento mila papiri! Che Cultura! Che scienza!.

    Sono le barche greche quelli che hanno navigato tutto il Mediterraneo: Marsiglia, Ampurias; che sono arrivati a Cadice; che sono venuti per le porte di Ercole, lo Stretto di Gibilterra; duemilacinquecento anni prima degli inglesi, i greci stavano a Gibilterra. Come erano in India. Con Alessandro. Questo Re di una piccola terra che andava con i suoi guerrieri e con la sua Cultura per l'intera Asia orientale, che arriva per sino fin alle Indie!

    Piccolo paese europeo, di sangue germanico! Questo è ciò che si dimentica sempre.

    Ogni volta che si cerca la civiltà in qualunque posto dell'Europa si incontra il sangue del Nord. I paesi germanici; i celti. Tutti questi famosi barbari dell'Antichità che si vedono raffigurati col coltello tra i denti. Barbaro vuole dire "straniero", e nient'altro.

    Ma questo sangue indoeuropeo che è venuto dalla Russia che è arrivato al mare Baltico, giungendo dopo alla Grecia, all'Italia, alla Spagna, è il sangue del Primo Viaggio. Noi, razzisti, sappiamo che è il sangue puro quello che rende i paesi forti. E furono queste razze bianche forti, intelligenti, con pochi uomini che hanno creato questo mondo dalla Grecia. E dopo che la Grecia diede, per sempre, al Mondo la sua Civiltà, fu seguita da un'altra onda di forza europea: Roma. Un altro esempio straordinario.

    Quando poi nella nostra epoca si hanno paesi giganti, come gli Stati Uniti, con fortune favolose, impotenti di fronte alla civiltà; incapaci di vincere la guerra, perfino incapaci di far atterrare sette elicotteri!, si guarda con ammirazione a quell'epoca, quando bisognava fare tutto a piedi o a cavallo o in barche molto piccole, senza motore, illuminate solo con candele, si vedono i primi abitanti di Roma che arrivarono a coprire col loro ordine nuovamente tutto il mondo conosciuto.

    Quindi abbiamo due grandi beni: la Cultura greca: cervello limpido, lucido; e l'Ordine romano.

    Stavo guardando questa mattina il modellino del Circo di Barcellona dell’epoca romana. Questa lupa che sta' nel centro! Quella lupa che ha fatto il giro del mondo civilizzato.

    Quando si incontrano, a Barcellona, quei ruderi romani..., uno ammette: ma... che grande importanza doveva avere Barcellona! L'aveva, ma c’erano cento città romane importanti come Barcellona. Se si va a Merida: un campo immenso di rovine romane. Se si va a Siviglia: è Italica! Se si va in paesi lontani, come Ronda, in fondo all'Andalusia; a dieci chilometri sta la vecchia Ronda, con un teatro per dodicimila spettatori!. Se si va in Africa: Marocco, Algeri, Libia. Uguale!. Se si va al Nilo: si vedrà che conquistarono non solo il Nilo, ma avevano conquistato Cleopatra.... so che la cosa può sembrar spiritosa, ma è interessante. Perché Cleopatra era della nostra razza. Non era africana! Era di origine greca, come tutta la sua famiglia!

    Se si va all'altro lato, i romani sono andati, allo stesso modo a Gerusalemme. Abbiamo alcuni amici che si ricordano della bastonata che hanno ricevuto.

    E fu grazie al suo genio che Roma seppe creare quella struttura fenomenale che è stata rappresentata dall'Impero Romano, questa è l'Europa di quell'epoca. Perché fu vera Europa: quella di Roma!. Col suo Ordine e con la sua Pace.

    Ma quando si guarda ora quello che significa, in un paese... normale, mantenere anche solo l'amministrazione; andare ad un ufficio: presentare o chiedere un documento; andare ad iscriversi ad una scuola.

    E quando si pensa che coi mezzi primitivi che avevano materialmente i romani, si sono sovrapposti all'Europa, questa organizzazione immensa—stavano a Colonia; sono andati dappertutto in Oriente e tutte le coste dall'Africa; stavano in Inghilterra: tre sbarchi romani in Inghilterra, fino in Scozia—.

    Hanno dato vita ad un'agricoltura come non era mai esistita. L'industria; le flotte. E, soprattutto, la Pace. Infatti, i nostri paesi non hanno avuto un'altra pace in duemila anni se non nell'Europa dei romani.

    Gli spagnoli, cinquecento anni di pace completa!.

    Non solo con l'Ordine Romano, ma anche con la Cultura Romana.

    Da dove veniva Seneca? Da Cordova. Cordovani i migliori filosofi di Roma! E gli imperatori! Ciò prova che in questa Europa si poteva vivere nell'unità e nella libertà. Da dove veniva Traiano, il più grande degli imperatori romani? Da Siviglia!! Si potrebbe dire: un andaluso!. E al tempo dell'imperatore Traiano uno spagnolo! L'Europa romana aveva le più straordinarie dimensioni: dieci milioni di chilometri quadrati!. Con un ordine straordinario... quando gli uomini andavano solo a piedi o a cavallo. Quando non avevano tutte le risorse attuali delle banche, né i prestiti internazionali, e potevano edificare palazzi meravigliosi, templi, circhi, anfiteatri... di cui abbiamo traccia per tutta l'Europa.

    Se pensiamo all'Europa. dobbiamo pensare alla realtà.

    L'Europa è, innanzitutto, una Civiltà.

    E anche se le forze materiali sono state abbattute, se le strutture politiche si sono disgregate, la Civiltà è rimasta al suo apogeo. È l'unica volta, nella Storia dell'Europa che abbiamo parlato tutti la stessa lingua.

    Che unità! Sia che fosse un romano che un tedesco che uno spagnolo che un uomo della Libia di Gheddafi che un uomo dell'Egitto..., tutti parlavano il latino. Anche questa è prova anche della Pace Romana, dell'allegria di vivere; di come la gente era contenta di vivere nell'unità, di avere profitto da questa unità e di vivere nel mondo romano, immenso, in una libertà fisica ed intellettuale completa.

    E dobbiamo sempre, quando si parla dell'Europa, dire a noi stessi che è una cosa che si può fare, che è stata già fatta! E' esistita per secoli: coi greci e coi romani. Con la forza intellettuale ed artistica dei greci che ci ha sempre aiutato. Se in un'epoca tanto difficile, quando non c'erano comunicazioni, tutta la gente di razza bianca nell'Europa di quell' epoca ha potuto convivere nella fraternità e nell'allegria, è la prova che quella realtà non è una cosa impossibile. Ma bisogna ricordarlo anche quando si parla dell'Europa e dei tentativi -difficili, a volte disperati - con Carlomagno, con gli Hohenstauffen, Napoleone, Hitler di riunire un'altra volta questa gente. Bisogna ricordare che loro seguivano questa linea millenaria dell'Europa.

    Gli altri paesi, per esempio gli Stati Uniti, sono paesi che hanno due secoli. Sono tutte razze mischiate. È un miscuglio! Ed abbastanza brutto. Ed altri mondi come l'America Centrale o l' America del Sud sono, in ultimo, prodotti della civiltà europea che hanno quattro secoli. Le civiltà che avevano avuto prima erano diverse ed sono sparite. Ma qui in Europa.... la civiltà l'abbiamo avuta da venti secoli! L’unità politica, l'unità intellettuale e l'unità artistica - Le colonne, qui, erano come a Costantinopoli. L'arte romana era uguale dappertutto. Tutte le costruzioni, uguali! Migliaia di artisti! Come quando si visitano oggi i Musei.

    Tutte le opere che rimangono, lo dicono. Quante ce ne dovevano essere! Perché almeno il novantanove percento, sono state demolite.

    Si vede una cosa sorprendente e ci si chiede: come è che si sono rovinate tutte queste opere d'arte, tutti questi monumenti?.

    Disgraziatamente è così in tutte le civiltà. Se si va in India o in Perù, o in Messico:si va a Persepolis ad esempio... e si vedono dappertutto rovine o non si vedono per niente. E come se questa costruzione meravigliosa, l'Europa che è la nostra madre, fosse andata via in pezzi. Lo stesso che avvenne dopo cinque secoli, di una civiltà tanto prestigiosa, si è poi arrivati alla separazione di tutti i paesi che erano uniti nel seno dell'Impero Romano e che ne erano evidentemente felici.

    Si vide nei primi tempi di Roma come alcuni paesi, come la Lusitania, si fossero ribellate. Si è visto nelle terre di Santander: gli antenati non volevano l'impero Romano. Ma in seguito cambiarono idea. La ragione stava nell'unità. E si veda, quindi, come in pochi anni, tutto sia sparito.

    Molte volte sono domande che ci poniamo. Perché il potere spirituale che aveva l'Impero Romano e del quale costituiva una ricchezza immensa per tutti, in mezzo secolo, è stato raso al suolo?

    Quello che fece cadere Roma ha diverse origini. In primo luogo, un fenomeno che conosciamo anche ora: la decadenza. Per avere una grande espansione, per diffondere una grande civiltà, bisogna avere un centro forte ed un centro puro. Questo lo possiamo osservare: quando in un paese inizia a scomporsi il centro—non bisogna guardare lontano (—risate—), si vede come in pochi anni tutto si sgretola.

    L'Impero Romano era arrivato ad avere una enorme ricchezza e, come sempre, il denaro corrompe. Gli ordini religiosi che in passato si sono salvati erano quelli che vivevano in povertà. Ed i capi politici che cercano il denaro, che vogliono il denaro non sono più da considerarsi dei politici. Ricordo che Hitler non aveva mai un pfenning. È morto... e non aveva niente. Ugualmente non rimase alcun bene materiale a Mussolini; la sua povera moglie, venti anni dopo la guerra, con grande difficoltà, ottenne la pensione. Perché il potere è l'allegria suprema. Che cosa è il denaro al fianco del potere? Prendere il fango umano e modellarlo. Credo che l'essere umano è così: è fango. Il fango ti macchia i pantaloni; ma se lo prende Miguel Ángel... fa un'opera immortale. Il grande politico prende il fango umano e, con questo fango umano, ne fa un grande paese, una grande civiltà. Quello che fecero uomini come Napoleone, uomini come Hitler.

    I grandi romani hanno conosciuto il peccato del denaro.

    E secondo, dobbiamo ricordarlo bene, commisero un altro peccato: la razza. La razza si corruppe, come nell'Europa attuale, dove ci sono quattro milioni di mori o semimori in Francia, quattrocento mila turchi a Berlino, e, a Madrid, ebrei in numero venti volte maggiore di venti anni fa.

    Una volta che marcisce il sangue, tutto si perde. Ed ebbimo la fortuna di avere in Europa, finalmente, la stessa razza. Bisogna dire la verità: gli abitanti del Baltico, degli Appennini in Italia, gli spagnoli. i russi, siamo uguali! I russi sono nostri fratelli. Siamo tutti europei. Siamo gli stessi. Ma la decadenza di Roma venne quando già prima, con Atene, arrivarono in gran massa, forze umane dall'Est. Era una tentazione per un selvaggio dell'Africa; era una grande avventura venire a vivere a Roma, per fino come schiavo. L'Atene della decadenza aveva solo settemila ateniesi. Gli altri erano schiavi o semischiavi che venivano dall'esterno. E così, la razza romana, che dominava per la sua forza, per il suo spirito, per la sua volontà, si disgregò.

    Basta guardare il caso spagnolo: arrivarono qui i goti, i visigoti; arrivarono qui i vandali, arrivarono gli svevi. Questi popoli forti, poveri, che vivevano in un paese con un'agricoltura pessima. Arrivarono qui, non come si è spiegato mille volte, con la forza, bensì d’accordo con Roma. Roma che sentiva già la sua debolezza, era finalmente contenta di vedere popoli nuovi che giungevano con nuove forze. E si nota come qui, per esempio a Barcellona, i visigoti abbiano avuto una crescita pacifica, come per tutta la Spagna, e abbiano costituito una vera elite. Ma questi nuovi popoli che arrivavano in terre romane, hanno convissuto coi romani che erano rimasti e l'hanno fatto pacificamente. I romani, infine, abbandonarono a poco a poco il potere, creando delle federazioni. Erano "federati", erano alleati. Ed è questa gente quella che ha salvato quello che poteva salvarsi di Roma, ad esempio la lingua. Tutti gli editti gotici erano in latino!.

    L'amministrazione romana rimase, così, per due secoli. E così l'Arte romana. L'arte visigota è un'arte molto interessante e, in Spagna, ci sono molti ricordi grandiosi dei visigoti.

    Però nello stesso tempo, era sopraggiunto un terzo fenomeno: il Cristianesimo. E molte volte si dice che il Cristianesimo abbia fatto l'Europa. In realtà, l'Europa già era stata fatta ed il Cristianesimo era arrivato dopo molti secoli, per dare una nuova vita ai paesi dell'Europa.

    Ma è anche evidente come nei primi secoli il Cristianesimo abbia spezzato l'impero. E, soprattutto, abbia spezzato la sua civiltà. Certo ha mantenuto la lingua: per venti secoli il clero ha continuato a parlare il latino. Ma un latino... molto consunto.

    E, se manteneva la lingua, sopprimeva le opere letterarie e filosofiche. Basta vedere gli editti dei papi, già nel III secolo, che giunsero ad eliminare tutta la Filosofia, la Letteratura romana e la greca. E siamo rimasti in un deserto culturale.

    Io, cattolico, mi dispiaccio di questo. Ma la Storia è la Storia, ed il cattolicesimo ha costituito, per il mondo greco-latino, un vero disastro.

    Poi verranno altre epoche e si vedranno i papi stimolare una nuova Civiltà, diversa, ma che tarderà mille anni, quando si vedranno le prime opere d'arte romaniche.

    Stavo ieri guardando queste collezioni meravigliose del Museo Federico Marés. Straordinarie! Come un uomo ha potuto riunire tante cose...! Ciò è molto facile: la Legge Mendizabal, nel secolo scorso, ha confiscato tutti i beni del clero; ha lasciato abbandonati centinaia di conventi, dove tutto è andato rubato, spacciato, distrutto.... Ma quando si guardano tutte queste opere, bisogna dire: questi visi non vivono!; queste Vergini hanno un viso anonimo; questi santi, la stessa cosa. E quando si vedono, in altri Musei e per fino in questo stesso museo, le statue greche e romane, che personalità. Ogni viso è diverso.... Che bellezza! che nobiltà! che linee!. Questi corpi romanici... sono righe! Stavano incominciando qualcosa di nuovo... con mille anni di ritardo.

    A Roma, le catacombe: ma se sono disegni di bambini! Ed avevano avuto la più alta civiltà che non fu mai esistita.

    Migliaia di statue, di capitelli, di colonne, hanno alimentato le fabbriche di calce per secoli!.

    In Spagna, in egual modo. Stavo l'altro giorno in una città andalusa. Al lato dell'antico anfiteatro romano stava... una fabbrica di calce! Fino ad alcune decine di anni fa, continuavano a fabbricare la calce con le lastre di marmo del teatro romano. E’... la verità è così.

    E, così, rompendo l'unità romana, hanno permesso o meglio hanno obbligato ogni popolo a ricorrere alle proprie risorse ed a cercare la propria piccola forma di esistenza politica. Ciò ha portato alla rottura, in venti pezzi, della grande unità europea. E, da questo momento, separati della Roma politica, e con poca unione con la Roma ecclesiastica, ogni popolo abbandonato si fabbrica la sua lingua, segue le sue abitudini e perde il contatto col resto del mondo.

    E giunge così fino a cinquanta anni fa. Dopo la caduta di Roma abbiamo vissuto millecinquecento anni separati! Non solo nella forma dello stato, ma anche delle lingue.

    Può sembrare di dare alla lingua un'importanza esagerata. Le lingue regionali, provinciali, sono cose belle e del tutto rispettabili. Ma se vogliamo avere uno spirito europeo, dobbiamo anche vedere un po' più lontano. E, soprattutto, se vogliamo appartenere alla Cultura Universale.

    La Chiesa, durante questi secoli, ha abbandonato completamente questo compito. Malgrado sia venuta a Roma. Perché si era stanziata a Roma? Perché c'era un'organizzazione. Ha sovrapposto la sua diocesi a questa organizzazione. E dopo se ne allontanò. Come domani si allontanerà dai Paesi Baschi. Allo stesso modo. Sono i curati quelli che si allontaneranno. E l’Europa così... regionale non sembrava avere più forza per conquistare il potere.

    Quelli che salvarono la situazione per due secoli, furono quei popoli germanici che vennero per dare nuovo sangue.

    Furono quelli che hanno portato di nuovo la civiltà greca e romana... furono i mori - È così!.

    Cordoba si trasformò in una capitale intellettuale dell'Europa. Santo Tommaso d'Aquino, quando ebbe il desiderio di leggere Aristotele, dovette venire a Cordoba e lavorare a Cordoba.

    Furono i mori quelli che ci hanno portato tutti i grandi filosofi greci. La passione dell'arte dei greci. Era Alessandria che aveva altri germogli nelle nostre terre. Ed in questa epoca, che cosa succedeva negli altri paesi dell'Europa? Carlomagno era come "il Cordovano": sei mesi per imparare a firmare. Ed appena l'arte romanica incominciava a mostrarsi, i mori d'altra parte stavano alzando già la Moschea di Cordoba, unica nel Mondo. Stavano coprendo il Sud della Spagna di una civiltà straordinaria che è giunta fino a noi.

    Ai lati delle strade di Madrid, quante chiese ho visto!: chiese mussulmane; architettura puramente musulmana. Sono andati fino a Girona: i bagni arabi di Girona.... Sono arrivati sino a Santiago di Compostela. E’ evidente che quella che ha portato un'altra volta la civiltà antica nell'Europa, attraverso la via spagnola, fu l'invasione araba.

    Si parla sempre della Riconquista. Chiaro! Ma quale Riconquista... non bisogna confondere!. non si riconquista ciò che non si era conquistato. Il Nord non era mai andato prima al Sud. Ma hanno creato l'unità. Ma un'unità che, come molte unità, ha prodotto più danni. Ha eliminato un grande tesoro di civiltà.

    E quello che salvò nuovamente l'Europa, dopo questi fatti, è stato quello che si chiama il Rinascimento. Quando l'Europa ritornò un'altra volta alle sue fonti artistiche. Che cosa è il Rinascimento se non un ritorno della Grecia e di Roma nella Civiltà? Di nuovo si giunge alla stessa architettura o inspirata allo stesso modo.

    Rinascono i filosofi; giunge un grande secolo culturale, detto il Secolo d'Oro. Ma l'Europa aveva perso, in quel tempo, la sua unità. Ogni paese era rimasto come era. Mille anni erano trascorsi dopo la sconfitta di Roma. Di nuovo ritornano Atene e Roma con la loro civiltà, ma solo con la loro civiltà. L'ordine politico è già morto. Ed ogni volta che si fecero dei tentativi, falliscono.

    Chi tentò il primo sforzo fu Carlomagno. Riuscì alla fine ad essere l’Imperatore dell'Europa, non solo del mondo germanico. Ma dopo di che, poichè aveva separato i suoi beni alla sua morte, questo primo tentativo fallì..

    Poi gli Hohenstauffen, con Federico II. Gli Hohenstauffen che stavano in Sicilia nello stesso momento in cui stavano nel Rhin, hanno fatto uno sforzo meraviglioso per resuscitare una grande unità culturale, non per creare solo una grande unità politica.

    E, chi fece fallire questo grande tentativo? Un'altra volta... i papi!.

    È il grande dramma delle religioni: quando i capi delle religioni come gli Ayatollah, vogliono contemporaneamente il potere religioso ed il potere civile. Perché, in fondo, quello che si dice contro l'ayatollah si può dire contro i papi: volevano essere papi degli Stati e non solo delle Chiese.

    È la grande malattia delle religioni, quando hanno troppo appetito di potere temporale..

    Una vocazione religiosa è qualcosa di meraviglioso: portare la gente verso il cielo... perché portarla alle urne elettorali?.

    Ed è così che ogni papa volle trasformarsi nel padrone del mondo: ogni cardinale in Capo di Stato; ogni vescovo in governatore della provincia ed ogni curato in giudice.

    E faranno sempre così.

    In ogni grande esperienza per la ricostruzione dell'Europa, abbiamo visto la stessa battaglia.

    Arriva Carlo V,di Spagna. Carlo V era un grande principe. Cattolico. Ha lottato tutta la sua vita per la difesa della Chiesa. Ed era giunto, più o meno, a ricostruire l'Europa. Chi lottò contro Carlo V? Il Papa che unì tutte le alleanze contro di lui! Carlo V, tanto religioso, ha dovuto invadere Roma!

    E Filippo II, il Re più alto della Storia della Spagna...quanti nemici che ebbe a Roma!

    Carlo V ha fallito soprattutto per questo motivo. Ha difeso con enorme valore la Chiesa contro il protestantesimo e in seguito anche Filippo II fece ugualmente, usando tutte le sue forze!.., quando Roma, la Roma religiosa, si alleava invece con gli infedeli e si è visto persino un cardinale, come Richelieu, allearsi coi protestanti.

    Dopo giunse Napoleone. L'ultima esperienza prima di Hitler. Dove ha avuto i problemi più grandi? Con Roma!

    Non è che questi aveva ragione in tutto perché Napoleone voleva essere il capo civile ed il capo religioso. O, per lo meno, mettere in primo luogo il clero ed il Papa al suo servizio.

    Ma, ogni volta che si è fatto un tentativo, c'era la contrapposizione della Chiesa. E si vide in ogni paese. Allo stesso modo.

    Quando un potere è forte, hanno paura. E non si ha un potere politico senza un potere forte. Non si è visto mai fare qualcosa di grande senza la forza! Ora, questa parola fa paura, ma la forza è una virtù! Ci sono statue raffiguranti la forza nelle chiese!

    E se uno ha forza per imporre quello che è decisivo, la gente lo seguirà, la gente non ha cervello. Quando hanno passato venti o trenta anni, incomincia a dire: sembra che si stia bene... ma quello che ha il dono del genio, che è capace di vedere all'orizzonte, questo uomo deve dire: è così ed imporlo.

    Come si è creata l'unità spagnola? Dando baci come fa il Sig. Suárez?. Si è fatta perché i Re Cattolici camminavano coi loro cannoni. "Questi sono i miei poteri!", diceva il Cardinale di Toledo. È evidente che dopo la gente abbia detto: come stiamo bene!. Ma prima nessuno sarebbe entrato in una comunità. E’ stata una guerra di secoli.

    L'unità francese. Come i re della Francia hanno fatto l'unità francese? Con la forza!

    E gli italiani, con Garibaldi? E gli americani? Quegli dei della democrazia... ma che democratici? Quattro anni di guerra civile! La Guerra di Secessione. Quattro anni prima di arrivare all'unità!

    Ed è così che, quando giunse il caso Hitler, questi dovette cozzare contro molte forze esterne, ma anche contro la mentalità umana. Il nostro camerata diceva bene. Quando la gente ha visto che io stavo con Hitler... Lei? '—si tiravano indietro—perchè? Perché questo uomo aveva un piano grandioso per l'Umanità. Perché era il genio più fenomenale che la Storia umana abbia conosciuto. E se avessimo ottenuto la Vittoria avremmo ora un'Europa dal Mare del Nord fino a Vladivostok. Avremmo seicento o settecento milioni di uomini bianchi, padroni del mondo, con tutte le forze materiali inimmaginabili; con tutte le materie prime; con lavoro per tutti.

    Quando si vedono tutti questi ragazzi che camminano miserabili, che non sanno che futuro avranno, come offrire la loro gioventù, perché ogni ragazzo desidera qualcosa di grande. Sono disperati questi ragazzi. Questi ragazzi stanno così per colpa di questi democratici corrotti ed infernali!.

    È cosicché quando sorse Hitler, si è visto di fronte già questo mondo quasi dissestato. Perché la guerra degli anni dal 1914 al 1918 non era stata altro che una enorme guerra civile. Gli europei che erano rimasti per millecinquecento anni disuniti, si massacravano tra di loro. Un milione seicento mila morti in Francia! Come in Germania. Tutta la gioventù più forte e promettente... sacrificata! Ed il regionalismo... sempre peggio. Quando ero ragazzo, non si sapeva quasi nulla di ciò che accadeva nei paesi vicini. Era una cosa strana. Lo ricordai al primo ministro francese, Pierre Laval; quando gli chiesi un giorno:
    — "Ma: conosce lei il Belgio?"
    — Solo la frontiera. Ah, sì, sì. Sono andato una volta.
    — Quando, come.
    — Quando andai a Berlino, passai per Liegi. Di notte, nel treno...."

    Tutto ciò che conoscevo era Charles Maurras che fu lo scrittore politico francese più straordinario del secolo.... Charles Maurras era venuto una volta a Bruxelles, in un treno per tredici franchi andata e ritorno.

    I paesi non si conoscevano! Io vivevo a tre chilometri della frontiera francese.... non andavamo mai dall'altro lato! Tre chilometri!.

    Fu una cosa straordinaria quando mi comprai una bici e mi misi a camminare per tutta l'Europa. Ho fatto diecimila chilometri per vedere questi esseri meravigliosi, fantastici che vivevano negli altri paesi. La stessa cosa quando venni in Spagna ero un ragazzo. Un paese inverosimile! Tutti facevano le stesse cose.... gli spagnoli facevano quello che si faceva in Belgio o in Germania.... Tutti si riconoscevano figli della stessa Civiltà nella quale avevano vissuto assieme per secoli. E che per un nazionalismo feroce e cieco, si erano ora trasformati in estranei e nemici.

    E Hitler stesso, nel suo proprio paese, doveva ricostruire la sua unità, il suo territorio.

    E, intanto, un fenomeno assolutamente nuovo era sorto: il comunismo.

    Prima, i paesi potevano guerreggiare l'uno contro un altro. Era una questione di guerra di frontiera. Ma, una volta che una forza internazionale si era stabilita in Europa, in quella che fu chiamata Leningrado.... Era facile nei primi anni non accorgersi questo pericolo!.

    Ma questo fenomeno era assolutamente inedito, perché era un paese che non voleva combattere con questo o quel paese, bensì divorarseli tutti. È il fondamento del comunismo. Il comunismo non è un fenomeno russo; è un fenomeno mondiale.

    Già da quel momento, per ogni paese, c'era un altro nemico oltre a quello alla frontiera: c'era quella forza enorme che stava ammassando le sue risorse in Russia.

    Si sarebbe potuto evitare questo pericolo sempre maggiore all'Europa e al Mondo!.

    Stiamo qui, molto tranquilli. Domani... una guerra in Polonia...; un mese dopo stanno a Siviglia.

    È così. È così, parliamo tutti dell'Europa? Non sappiamo che cosa rimarrà dell'Europa tra venti o trenta anni. Voi conoscerete drammi enormi! Io sarò già morto. Sarò morto, tranquillamente giacerò nella mia tomba. Ma voi... a soffrire!. È evidente.

    Era l’anno diciassette quando Lenin,si impadronì della Russia. In quell’epoca, la Germania stava per vincere la Prima Guerra Mondiale. Arrivò a conquistare la metà della Russia, tutto quello che era più utile: il settanta percento delle risorse minerali, il sessanta percento dell'agricoltura. Erano arrivati fino a Tiflis, nel Caucaso; avevano occupato la Crimea; l’ Ucraina; avevano occupato i paesi baltici, strangolando Lenin. Che cosa fecero gli alleati? Obbligarono le truppe tedesche ad andare via, lasciando tutto il terreno a Lenin. Sono gli alleati! Le democrazie!. Dicono oggi: "... Ah, il terrorismo". Loro sono quelli che l'hanno provocato. Se c'è ora un enorme pericolo terrorista nel mondo, se il comunismo sta guadagnando terreno in Asia, tutta l'Indocina è nelle sue mani, in Africa—Mozambico, Angola—, se stanno a Cuba e nei paesi dell'America Centrale... se dappertutto hanno avviato una grande offensiva, è perché questi idioti di borghesi e socialisti che occupavano il potere democraticamente in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti, hanno capitolato o hanno collaborato. Sono gli unici che non hanno diritto ora a lamentarsi, loro sono quelli che hanno provocato il pericolo che sta minacciando l'Europa intera ed il mondo intero.

    Bene. Nel 1918, Hitler era un invalido di guerra: cieco. In quel momento, si vide già che il comunismo era protetto dagli alleati, benché facessero alcuni piccoli tentativi per attaccarlo che erano solo delle farse.

    E si vide, nello stesso momento a Berlino, il tentativo comunista di Liebnecht e di Rosa Luxemburg, due capi comunisti ebrei.

    Alcuni comunisti ebrei presero anche il potere in Baviera. Così come in Ungheria con Bela Kun, anch'essi ebreo, con tutta una squadra di ebrei.

    Si, bisogna pur ricordare questo! Non basta attaccare questa gente di Israele, ma dire anche la verità: il comunismo è un fenomeno tipicamente ebreo!

    Se le democrazie si mordono oggi le dita... è per sua colpa!

    Lenin era tre quarti ebreo. Trotsky, ebreo. Il settanta percento del Soviet Supremo era ebreo.

    È cosi Hitler vide come avevano quasi spezzato il suo paese nel 1919.

    E l'invasione mora qui, diventò possibile perché in tutti i paesi, da Cordoba a Toledo, erano gli ebrei quelli che aprivano le porte. Loro sono quelli che si sono sempre trasformati in alleati dell'invasione. E’ sempre la stessa famiglia!

    Quindi Hitler vide il suo paese dissestato, con migliaia di feriti e mutilati; con la sua industria sconquassata; con l'occupazione straniera; con la fame; con la disoccupazione. Fece un primo tentativo: il Putsch di Monaco che fallì, e il suo fallimento fu una cosa positiva. Io stesso, quando ho potuto avere il potere con l'Esercito, non lo presi. Preferivo guadagnarlo ottenendo l'anima del paese. Non basta il potere senza il consenso e l'affetto. Il paese non si conquista: deve arrendersi. E se si ama un paese che si arrende, bisogna fare un sforzo. Bisogna dargli la prova di moralità, di talento, di fede, di cuore.

    Il paese è sano; molto più sano e coraggioso, molto più dei borghesi. Il borghese, se la cosa va bene... bene; se va male, fugge. Ma l'operaio, una volta che è stato convinto, è fedele, capace di sacrifici. E Hitler, invece della facile soluzione di ottenere il potere con la forza, ha preferito il lavoro immenso della conquista con gli argomenti. Quella avventura di dieci anni di conquista pacifica di Hitler è stata una cosa tremenda. Aveva tutte le forze, normali ed anormali, contro di lui. Aveva contro le democrazie, tutte; e tra tutte le democrazie, la democrazia tedesca, nella quale c'era molta gente incapace, come in tutte le democrazie, dove non si sceglie il migliore: si sceglie il più tonto perché non disturba nessuno, o il più corrotto, perché si corrompe. È molto raro che si scelga gente che abbia carattere.

    Ed aveva la Chiesa contro di lui. Un'altra volta! Un partito cattolico. Perché un partito cattolico? Noi abbiamo conosciuto la stessa situazione in Belgio. Questi cardinali e vescovi che fanno scegliere deputati che danno ordini a tutti i curati e scelgono dei fantocci. Questi non sono politici! Sono fantocci! Eseguono solo gli ordini che ricevono.

    E tutto il Centro tedesco... che era il partito cattolico, stava agli ordini di un prelato: monsignore Kaas. E la Chiesa, per dieci anni, ha fatto di tutto per contrastare la salita di Hitler al potere, fino a non permettere la comunione ai nazionalsocialisti; non permettere loro funzioni funebri. Sì hanno passato cose immonde! Ma... con la stessa rapidità, una volta che Hitler ebbe guadagnato il potere..., tutto cambiò, i vescovi, divennero molto compiacenti. Li abbiamo visti anche qui! Tutti così...! (—alza il braccio).

    Aveva contro di lui tutte le forze del denaro. Perché si dice ogni volta che Hitler vinse col denaro che ricevette dai grandi capitalisti. Completamente falso!. Al gran capitalismo gli piace il potere debole, perché può maneggiarlo in modo migliore. Le banche vogliono gente ubbidiente affinché non possano andare contro i suoi interessi. Per loro... molto bene!: il ventidue, il ventitre o il ventiquattro percento... è il paradiso terrestre!. Chiaro, ognuno di noi va fino in fondo alla tasca per trovare una moneta, ma essi maneggiano migliaia di milioni ogni anno e... lo dicono! E lo dicono. E nessuno si vergogna di questo. Di tutte quelle forze, quella del denaro, in Germania, stava contro Hitler.

    Due o tre industriali hanno, a volte, regalato qualcosa; ma il novantanove percento delle risorse dei nazionalsocialisti, le hanno avute dai suoi stessi membri del paese!. Ugualmente abbiamo fatto noi in Belgio. Una volta ho ricevuto da un amico diecimila pesetas; era un conte che non era molto ricco. Tutto il resto, dai nostri giornali, dalle nostre riunioni.

    Il nostro giornale, in un paese piccolo come il Belgio, aveva più di trecentocinquanta mila copie come tiratura e lo vendeva tre volte più caro degli altri giornali. Non è una questione di denaro un giornale. È quello che si scrive su di esso che ha valore. Se può suscitare le passioni, la gente si precipita per comprarlo. La nostra stampa arrivò a farci guadagnare circa un milione, ogni mese! Ogni mese un beneficio di un milione! Ed i militanti.... non ne ho parlato Mai, fino all'ultima notte di campagna elettorale, senza farsi pagare. Bisognava pagare, per lo meno, cinque franchi della nostra epoca che sono, per lo meno, cento pesetas di ora. Fino a cinquanta e sessanta mila persone ho avuto durante i sei giorni nel Palazzo degli Sport. Perché io ero uno di quelli a cui piaceva il ciclismo nel Palazzo dello Sport: il ciclismo oratorio! Abbiamo avuto ottocento mila franchi di entrata. Questa è la prova che si può guadagnare politicamente senza passare per le banche!

    Ed i nostri partiti democratici.... Ma come spendono migliaia di milioni che non sono suoi! Che sono soldi del partito socialista tedesco, o che sono prestiti delle Banche.

    Ma... lei crede che le banche paghino migliaia di milioni perché vogliono viziare il Sig.. Fraga o il Sig. Suárez? Nessuna intenzione di questo tipo. Vogliono impadronirsi di questi partiti!. E quando bisogna riavere il denaro, dicono: "o il denaro... - o tal cosa, o tal cosa". Non sono organizzazioni filantropiche le banche.

    Avete visto le foto dell'arrivo di Hitler al potere o nel suo anniversario. Hitler arrivò portato a spalla dal paese tedesco. E soprattutto, dalla massa operaia; la grande forza di Hitler era la grande massa operaia, cosa questa che il marxismo non gli perdonò mai.

    Hitler, in quel momento, prima di incominciare la sua attuazione politica, aveva già messo le basi dell'Europa futura in una maniera definitiva.

    Bisognava tagliare la strada al comunismo. Per tagliare la strada al comunismo non c'era un'altra soluzione da opporre, alla lotta di classe, che la fraternizzazione delle classi. Hitler volle questo: riunire le classi. Dire ai capitalisti: senza la collaborazione fraterna della massa operaia, voi non arriverete a niente. Ma disse anche agli operai: senza la collaborazione fraterna col capitale che è una parte della nazione che si può utilizzare per il bene comune; senza gli industriali, senza gli ingegneri, se tutti non si uniscono....tutti a casa.

    Ed il gran cambiamento del secolo è questo e non c'era un'altra soluzione. Potete vedere ora: i patti della Moncloa, i consensi. Dopo molte ore a discutere col Sig. Carrillo e col ragazzo González si arrivava a proporre soluzioni che, poi... si sgretolavano al giorno dopo.

    Ma la vera soluzione, se vogliamo salvare all'Europa, è una risposta sociale. E la risposta sociale è questa: il benessere della classe operaia; lo stimolo della vita economica nella collaborazione completa.

    E le democrazie, se non fosse un insieme di ignoranti o di sfacciati, così lo spiegherebbero alla massa operaia. Incominciando dai socialisti: dire alla classe operaia quello che è il loro stesso interesse.

    Ora, sono tutte solo rivendicazioni e, in ultimo, nessuno vuole lavorare. Quello che si ama è non lavorare, riscuotendo, ma non lavorare. Questo è ciò che abbiamo.

    Ora il rendimento spagnolo è la metà del rendimento europeo. Nelle miniere, la terza parte. Una Spagna così... è persa. È impossibile, non solo entrare in Europa, ma anche sopportare la competenza europea nelle condizioni attuali.

    Bisogna insegnare un'altra volta alla gente che il lavoro è un onore; che è un'allegria. Non ripetere sempre alla gente: ha questi, questi e questi diritti. Ma ci sono diritti e ci sono doveri. Ma la stessa cosa ai capitalisti: non si tiene un fabbrica per sfruttare gli operai. Questi hanno diritto a vivere con decenza. Che possano comprare tutto quello che fabbricano. Vivere con libertà. È quello che fece Hitler. E fu il gran miracolo di questa teoria sociale che rese possibile resuscitare in tre anni un paese assolutamente dissestato; prima di Hitler, il marco era caduto a tal punto da dovere dare quaranta milioni di marchi per un solo dollaro. Quando arrivò il trenta Gennaio del 1933, la Germania aveva più della terza parte della sua massa operaia in stato di disoccupazione. Più di sei milioni di disoccupati dei diciotto milioni di operai tedeschi! Ed in tre anni, tutti i disoccupati erano entrati di nuovo nell'attività economica e c'erano venti milioni di tedeschi che lavoravano! Due milioni ottocento mila in più di quelli che lavoravano quando c'era la disoccupazione.

    E, come si era arrivato a questo?

    Suscitando la collaborazione e stimolando grandi opere che rinnovavano la sua Patria: le case operaie—negli anni del nazionalsocialismo, prima della II Guerra Mondiale, si era raddoppiato il numero di case operaie in Germania, duplicato!—, quando oggi invece si vedono queste capanne in tanti quartieri; quando si incontrano questi quartieri inumani nei quartieri dei grandi capitali; la miseria di questa gente….si pensa alle centinaia di migliaia di case, non di piani, col loro giardino dove i bambini potevano giocare; dove potevano coltivarsi un poco di lattuga, dove l'operaio andava a respirare di pomeriggio; quando si costruivano fabbriche completamente rinnovate, modernizzate, con le loro piscine!, i loro campi da sport; quando si vedeva il lavoro delle autostrade, sette mila chilometri di autostrade!, per permettere alla gente operaia di utilizzare, per il loro riposo, per la loro istruzione...; quelle autostrade..; l'automobile popolare! cinque marchi a settimana per avere un'automobile! Loro potevano parlare di ferie e di opere sociali!.

    Tutte questi cose sono state fatte duplicando le risorse della massa operaia. Al tempo di Hitler, tali risorse erano il doppio: guadagnarono più o meno il doppio con un costo della vita che rimaneva allo stesso prezzo. Non sono arrivati mai a salire più dell'uno percento annuale. Media, zero virgola otto percento. La gente guadagnava il doppio. In realtà! Ed ora la gente guadagna cinque volte più, ma la vita costa dieci volte più. A che cosa serve?.

    Così, si era ricostruita una vita straordinaria, stimolando industrie nuove, creando tutti i prodotti che mancavano alla Germania. Questi prodotti sintetici che si convertirono in veri miracoli economici.

    Non bisognare dimenticare che Hitler, dopo quei pochi anni di trasformazione interna della Germania, dovette fare fronte ad una terribile Guerra Mondiale, come nessuno mai l'aveva conosciuta ed ha resistito per cinque anni! con tutte le sue risorse, le sue!. E, una cosa completamente nuova nel mondo, senza la collaborazione di un ebreo!.

    Avevano sempre detto che erano indispensabili. Tutto quello che diventava grande nel mondo, erano loro che lo facevano. È abbastanza strano. Perché quando si studia la Storia dell'Antichità che si osserva la Civiltà Greca; che si vede la Civiltà della Babilonia, degli ittiti; si vede quella degli egiziani, attorno ad Israele.... Civiltà fantastiche, tutte grandiose forme di civiltà. E nel centro... una macchia nera. Loro non hanno costruito mai niente!. . Che cosa rimane della civiltà ebrea? O di quello che potrebbe chiamarsi civiltà ebrea? Due o tre vecchie scialuppe? Nient'altro! In qualunque Museo di Barcellona sono mille volte più che in tutta Israele.

    Ci spiegavano che loro erano quelli che decidevano tutto; che preparavano tutto.... Indispensabili! Da tutte parti li hanno cacciati e si è vissuto perfettamente senza di loro. Ciò è la prova che possiamo vivere felici, e mangiare pernici, senza avere questa gente con noi.

    Se gli altri paesi dell'Europa, se le democrazie avessero avuto un minimo di intelligenza, si sarebbero detti: "Finalmente!. di fronte al comunismo abbiamo un baluardo". Hitler aveva ricostruito fantasticamente una forza nazionale. E l'aveva fatto solo con la forza della sua economia. Se Hitler ha potuto dare più lavoro a due milioniottocentomila operai; se ha potuto dare a tutta la massa operaia case splendide; se ha fatto autostrade ed un'industria nuova, perché preparava la guerra? I numeri stanno a disposizione di tutti. Durante i tre anni di riassorbimento della disoccupazione, la Germania ha speso nel suo sforzo militare il quattro percento, la Francia l'otto. Il Giappone l'otto virgola due, e la Russia sovietica il nove percento È il paese che spendeva meno nel suo sforzo militare. Fu un successo puramente economico e sociale.

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    Predefinito Re: Appello ai Giovani Europei di Léon Degrelle

    Hitler non voleva la guerra contro Occidente. In primo luogo, perché non aveva nessun interesse a farlo. Il suo interesse era il comunismo. Eliminare un pericolo mondiale.

    Secondo, dare al popolo tedesco terre nuove dove il suo senso della vita, del lavoro, dell'organizzazione, potesse fare miracoli. Era l'obiettivo di Hitler. E nessun altro. E fu sempre così.

    Era un piano intelligente e di fronte al comunismo, era un piano indispensabile! E perché Churchill respinse questo piano e si comportò come un maiale col povero Rudolf Hess.... Se non voleva discutere con un uomo che era venuto in buona fede, doveva portarlo in un aeroplano e, con un paracadute, ricacciarlo su Berlino. Avrebbe fatto ridere tutto il mondo. Ma no: l'hanno perseguitato e hanno commesso le peggiori atrocità su lui ed oggi continuano nella prigione. Questi che non perdonano! Churchill!! È questo un cavaliere? Si? Se ha affondato l'Europa...

    I sovietici hanno ora la metà dell'Europa. Lui stesso si è reso conto. Ma... troppo tardi! Quando disse a Postdam abbiamo ammazzato il maiale …. avevano sbagliato maiali, a suo giudizio!. Ma egli, contemporaneamente, perse tutte quelle immense colonie che furono l'onore ed il profitto dell'Impero britannico.

    Ma in quell'epoca, tutti i paesi democratici, la cui formula della solidarietà delle classi aveva dato prova della sua vittoria in Germania, volevano affondare la Germania. Tutte le forze israelitiche, allo stesso modo. Perché per essi la Germania era il Paradiso, e li avevano cacciati fuori dal Paradiso. Come ad Adamo ed Eva, e... nudi come quei due.

    Ed i tedeschi potevano dire: sopportiamo. Ma non potevano sopportare più.

    E quando si pubblicheranno i documenti sovietici si scopriranno cose straordinarie. Come ad esempio che se Hitler non avesse attaccato nel 41, i russi sarebbero entrati in Germania sei mesi dopo.

    Ci sta l'ordine di Stalin per la costruzione di trentamila carri di combattimento. Ne avevano già diciottomila. Ed i tedeschi tremila!

    I tedeschi avevano l'ostacolo enorme di un paese senza strade: la Russia. La Germania aveva strade meravigliose e poteva essere occupata coi blindati come si voleva. Ci sono mille immagini di documenti sovietici, del maresciallo Jusef, nelle quali spiega pubblicamente quest'ordine. L'Europa avrebbe perso il suo potere, senza Hitler, senza speranza.

    In primo luogo, se non sarebbe esistito Hitler, sarebbero entrati già molto prima. Se Hitler non avesse invaso le terre sovietiche dopo un anno, gli altri avrebbero approfittato della lotta di Hitler contro l'Inghilterra per invadere l'Europa.

    Ed è così che Hitler ha avuto una possibilità: impedire ai sovietici di conquistare l'Europa. Ma una volta che in tutti i paesi, centinaia di migliaia di ragazzi, ragazzi come voi, avevano compreso il senso di questa lotta, sono arrivati al fronte dell'Est. In quel momento, si è visto che il sogno che sembrava impossibile, di CarloMagno, degli Hohenstauffen e di Napoleone, poteva, finalmente, resuscitare. Sul fronte russo, nelle file delle SS, le armi, gli eserciti di scontro—eravamo il sessanta percento degli effettivi non tedeschi—, il milione di soldati delle SS aveva seicentomila non tedeschi, quella era la prova evidente che Hitler voleva, non far si che la Germania assorbisse l'Europa, bensì un'unione fraterna degli europei. Come aveva fatto con le classi sociali, la sua riconciliazione, voleva, una volta che si era protetta l'Europa dal pericolo sovietico, unire, finalmente gli europei.

    Ed il fatto di dare la sua fiducia, della sua armata privilegiata ai non tedeschi, c'indica perfettamente che era non solo disposto, bensì deciso all'unione. Non all'annientamento.

    Hitler non era un uomo che voleva un potere anonimo e tirannico su tutta l'Europa. Era un uomo che aveva compreso molto bene il problema, non solo delle nazioni, bensì dei regionalismi. Perché un potere forte può permettersi molte espansioni e, se ci sono in Europa cento culture distinte, ci sono cento ricchezze. Ed aveva queste idee tanto radicate che, un giorno in cui parlai con lui di questo problema, mi rispose: "Io voglio rispettare fino a tal punto i regionalismi che ho fatto distribuire buoni per gli alimenti, di tutti i prodotti del razionamento, distinti secondo le regioni. Perché ci sono regioni che mangiano più carne, altre fanno torte con più farina". Pensava persino a queste cose. Dettagli, ma che sono prove del suo concetto di un'Europa molto diversificata. Una Europa così, come qualunque paese, non può ottenersi senza la forza del padrone, che pensa e che comanda. Nella vita non può si immaginare niente se non si comanda. Hitler, è evidente, avrebbe obbligato gli europei ad una certa disciplina. Andiamo, un potere serio in Spagna, obbligherebbe gli spagnoli ad una certa disciplina. La gente lo dice già ora:
    quando hanno rubato a sua moglie la cesta o hanno violentato la ragazzina. "Ah, mano dura!". Un po tardi....

    Hitler avrebbe creato un'Europa forte, ma diversificata nell'unione. Ma l'unione si sarebbe fatta normalmente. Già noi nel fronte venivamo da posti diversi. I nostri camerati fiamminghi stavano con gli andalusi della Divisione Azzurra; spagnoli e fiamminghi!. Noi stavamo nel Caucaso con i rumeni, con i croati e con gli italiani. Stavamo sul piccolo fronte russo con ventotto paesi distinti. Si era inventato un cameratismo meraviglioso. È evidente che dovevamo vivere nell'ideale di fronte alla morte, nel sacrificio, quello che aiutava la fraternità. Si era data la prova sul fronte russo che l'unione degli europea era possibile perché era già fatta. E gli altri..., però questa era questione di una generazione, coi mezzi di viaggio di ora; il mondo del lavoro.... si vede già come centinaia di migliaia di spagnoli lavorino in Germania, in Svizzera, in Olanda. Sono rimasti li. I paesi si uniscono anche molto sposandosi. Napoleone l'aveva già compreso; ed ora voi, tutti i ragazzi che mi ascoltano ora, starebbero di fronte a qualcosa di gigantesco, molto più grande dell'Europa di Roma, perché avremmo avuto anche la Siberia che è la grande fonte di ricchezza del futuro ed è una terra dove la maggioranza degli uomini sono bianchi!. Qualunque ragazzo dell'Europa avrebbe avuto la possibilità immensa di svilupparsi. Ci sarebbero occupazioni per milioni di ragazzi, l'illusione dell'avventura; arrischiare qualcosa.

    Si sarebbe fatta una Europa nell'allegria, nel lavoro nella conquista... ed invece di questo, voi non lo potete immaginare, un pugno di paesi disfatti, con quell'enorme massa sovietica sulla nostra frontiera. Staremmo, in duemila chilometri, lavorando, fabbricando, creando una splendida civiltà e saremmo i padroni del mondo, molto più forti degli americani.

    Ed ora, al contrario, siamo piccoli paesi divisi, dissestati o semiarrugginiti, con milioni di disoccupati, otto milioni nell'Europa Occidentale!, quasi due milioni in Spagna! E, alla fine del prossimo anno tre milioni.

    È evidente che ognuno ha paura di qualunque investimento; la garanzia del futuro...; si guadagna del denaro che ogni giorno vale meno. Ci sono poteri in tutti i paesi dell'Europa.... che vengono... che non sanno dove vanno. Come si fa a non sapere chi comanda! Non si sa che piano abbia. Che piano può avere?

    Immaginatevi un'industria nella quale, ogni anno, si cambi il Consiglio di Amministrazione ed i metodi di lavoro, la clientela affonderebbe!.

    Si sono visti già un Governo Arias, cinque Governi Suárez. Questa mattina... uno. Poi cambiato un altro..., le elezioni... dopo un altro.... È la rovina! La democrazia è la rovina dei paesi. Non è questione di odiare la democrazia, bensì di vedere quello che è.

    È evidente che Hitler poteva realizzare questo piano grandioso di una Europa resuscitata, più forte che mai, unicamente perché aveva un potere forte; aveva cento milioni di anime unite, incollate a lui con fede, con speranza, con fiducia. Ed è così che si perse l'occasione più favolosa della nostra Storia e si è persa senza speranza. Ed ora, trentacinque anni dopo, che cosa è successo? Ogni anno il pericolo sovietico è maggiore. Ogni anno l'ombrello americano è più bucato. E perché ora sì che c'è un altro presidente... vedremo! Ma quello che non vedremo è qui gli americani che si sacrificheranno per l'Europa. Questa è una cosa sicura! Può essere, sì, che la salveranno.... Schiacciandola.

    Ma, con noi vivi, niente da fare!

    E per i nostri paesi. chi lotta? Già nella II Guerra Mondiale, i francesi, dicevano, non volevano combattere; corsero fino ai Pirenei più rapidi del Giro alla Francia.

    Non c'è ora morale; non c'è ideale. La gente non si sacrifica per un paese che la gente non può sapere ciò che è.

    I comunisti hanno una forza immensa. E hanno una complicità enorme. In ogni paese hanno la loro gente: milioni di comunisti in Francia, milioni in Italia e anche in Spagna. Non sappiamo quando arrivarono, ma, come gli ebrei durante l'offensiva mora, hanno aperto loro le porte. Tradirono tutto il mondo.

    Tutte questi forze democratiche hanno affondato la famiglia, l'idea di Patria, l'idea di religione; hanno tolto ogni ideale. Non c'è oramai vita, spirituale. E la vita spirituale è la cosa principale. Senza vita dell'anima, non c'è niente!.

    L’unica salvezza, per gli europei che rimangono puri, è avere ali forti! Avere un grande ideale sociale, un grande ideale patriottico, un grande ideale religioso. Mantenere tutte le forze che possano essere salvate, per quando verrà il giorno della salvezza. Perché tutte le grandi cose che si sono fatte nel mondo, si sono fatte sempre con poca gente. Non è necessario avere milioni di persone attorno. Bisogna avere cuori forti, disposti al sacrificio fino alla morte se è necessario. Che sanno quello che vogliono; che sanno dove sta il futuro. Così si potrà salvare l'Europa.

    Se in Europa, dappertutto, ci sono ragazzi e ragazze come voi; se ognuno farà uno sforzo per convincere gli altri, al giorno del conto finale si potranno presentare per tutta l'Europa queste migliaia di giovani che salveranno quello che rimane.

    Questi giovani esistono. Esistono qui. Esistono in tutti i paesi dell'Europa. Essi sono, quelli che un giorno, il giorno di Dio, quando Dio c'aiuta e c'ispira, ci potranno portare alla salvezza.

    Pericoli enormi; possibilità enormi. Dipende tutto da noi.

 

 

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