Appello ai Giovani Europei
Léon Degrelle
In esilio, l’8 agosto ‘92.
Contro i buffoni democratici
Anche noi avemmo l’età di 20 anni. Quei giorni non rinverdiranno più, pur vibrando i nostri animi ed i nostri cuori finora delle idee e degli slanci spirituali che ancora infiammano, indubbiamente, anche voi, giovani camerati nostri europei d’oggigiorno. Ferventi nazionalisti, noi sconvolgemmo – fin nel più intimo della sua coscienza – l’animo della nostra Patria, volendo recuperarla dai pantani politici, in cui stava soffocando, restituirle fiducia nella sua missione, rimettere ordine nelle sue istituzioni, ristabilire la giustizia sociale nel quadro di un’indissolubile collaborazione delle classi e realizzare soprattutto la rivoluzione degli animi che avrebbe liberato gli uomini del materialismo assillante. Nel giugno ‘41, poi, echeggiando le scampanate da un campanile all’altro, schioccò l’ora delle grandi possibilità europee. Soldato semplice prima, in seguito – caporale, sergente, ufficiale e poi Comandante la 28a Divisione Waffen SS Vallonia, come centinaia di migliaia di volontari del vecchio continente nostro, contribuii, sul fronte Est, alla creazione – inizialmente poco compresa, pur essendo inevitabile – d’un’Europa che avrebbe federato delle forze diverse, eppure reciprocamente complementari delle nostre Patrie, minacciate allora di morte dal comunismo sovietico, il quale sin dal 1917 accanitamente aspirava a far passare sotto il suo knut tutti i popoli del mondo intero.
Dapprima, certo, noi tutti, combattenti non tedeschi, eravamo molto differenti da un Paese all’altro: spagnoli, norvegesi, francesi, bosniaci, neerlandesi, estoni; le dure prove e le sofferenze sostenute, però, ci ravvicinarono rapidamente a vicenda, sigillando poi la nostra unità. Amicizia, ma diversità. L’Europa respirava in noi, e, passata la bufera, ciascuna delle nostre Patrie, fiera dell’onore riscosso dalle sue armi e del sacrificio offerto dai suoi morti, fece risplendere e magnificò la personalità del proprio popolo nel fascio delle nostre civilizzazioni riunite. Sconfitti e drappeggiando i tamburi, noi quell’Europa nostra nascente del ‘42, la vedemmo dopo il ‘45 raggrinzarsi nella banalità e mediocrità ed abbandonarsi perdutamente ad un furioso bisogno del godere, senza neanche indovinarne l’effimera fragilità. E ciò le offuscò l’animo, decomponendone le caratteristiche morali e spirituali. Domani va ricostituito il tutto. Questa devozione alle nostre Patrie e all’Europa che le federava, noi, vostri predecessori della Seconda Guerra Mondiale, la pagammo terribilmente cara: fummo trattati con le forche, incassammo mille colpi e conoscemmo i ruscelli d’amarezza; ci si mescolò col fango, si assassinò le persone a noi più care, ci si braccò ovunque con una rabbia demoniaca. Eppure la nostra fede è rimasta integra, e non solo: resistendo a tutto, non rimpiangiamo nulla. Malgrado che i nostri corpi siano invecchiati, se ritornasse l’occasione di rialzare le nostre bandiere, ripartiremmo senz’indugio, ubbidendo al richiamo del dovere con lo stesso vigore, lo stesso piacere e la stessa risoluzione mai sgretolati. Al presente, se ancora bisogna che morsichiamo le redini nel profondo d’un esilio tanto interminabile, quanto crudele, noi rimaniamo e rimarremo, cari camerati d’Europa, vostri compagni fino all’ultimo respiro nostro.
A dire il vero, neanche voi avete oggi la vita facile. In tutti i paesi, infatti, i giudici indaffarati e servili, schiamazzanti e gloglottanti, vi trottano alle calcagna – tutt’uno sventolio di sottogonne,– reinventando quotidianamente il Codice civile e quello penale per scoprire – democraticamente, ben certo! – dei nuovi pretesti che consentano d’ingabbiarvi nei loro ergastoli e sopprimere con le ammende aggrovigliate coloro che non accettino di baciare la pianta dei piedi di quella virago sacrosanta che è la loro «democrazia» da minchioni. Tutto il sistema delle acrobazie del parlamentarismo poggia, effettivamente, sul mantenimento dei rispettivi riti, e centinaia di deputati in quella ladroneria dei minestrai elettorali vengono eletti o rieletti, solo se appoggiati da una rastrellata preliminare di milioni, centinaia di milioni, e a volte persino di miliardi, che assicurano la sopravvivenza e l’imballaggio finanziario della loro macchineria elettorale. Le folle ben sazie dell’andazzo credono sempre meno in tali pantalonate, in cui per avere un uovo si deve dare un bue. Scovati nella loro tana, le greggi dei politicanti, visibili dappertutto, sono ridotte allo stremo, dibattendosi sui pruni. E si vota sempre meno, perché non ci si crede più da nessuna parte a quelle strepitose promozioni con agganci giusti. Non si raglia più assieme ai somari. Nei nuovi stati liberati dell’Est, in Polonia, p. es., la quale dovrebbe ancora provare meraviglia per il regaluccio «democratico» del tutto recente, il 65% dell’elettorato non vi si è presentato per votare! Idem in Ungheria! Quanto al Libano, gli elettori ci si sono dichiarati in sciopero! Nella Francia del ‘92 l’assetto ufficiale del governo è costituito solo dal 18% dei votanti, dai socialisti, cioè.
Tali fratonzoli luminai buoni a nulla e dallo spirito a tracolla difendono con un furore pressoché ridicolo il loro potere sempre più traballante. Ma osar rinfacciargli direttamente nel muso, che le loro compagini governative sono foderate di fatture fasulle e nutrite di estorsioni con la copertura del sangue di emofiliaci e che nel Belgio, in particolare, un ex primo ministro socialista di nome COOLS e dalle mani rapaci è stato fatto secco dal sicario d’uno dei suoi colleghi ministeriali specializzato nei racket, vi costa seduta stante esser considerato «criminale fascista». Far notare che i 9 decimi dei parlamentari, ignoti e incapaci, non servono assolutamente a niente, se non ad intascare i lauti guiderdoni, vi trasforma in un intollerabile guastafeste! Agli oppositori, che denunciano la sterilità delle fandonie prodotte dalle assemblee di 300, 400 oppure 500 crani (il più spesso – vuoti!), gli s’impedisce ogni accesso costruttivo alla TV, così come ai comizi di massa, ove potrebbero fornir lumi al popolo fregato. Per difendere di fronte alle sciocche folle la propria verginità democratica, i meschini intrigantelli del regime rivestono pomposamente i loro tripponi con la sciarpa ufficiale rossa bianca e blu e radunano le orde dei parassiti multirazziali e multicolore, affluiti alla rinfusa dai loro deserti bruciacchiati!
E ovunque: negli ambiti politico, sociale, economico e morale,– c’è pandemonio; stando alle ultime inchieste giornalistiche, infatti, il 68% dei francesi si dichiarano schifati. Ogni paese è oppresso da imposte folli che smorzano qualsiasi voglia di creare il nuovo. 20mila funzionari irresponsabili e altezzosi, mai eletti da nessuno, incoronano della loro impotenza mezz’Europa – quella tremolante e quella del Mercato Comune autocratico, sballottato nelle crisi a ripetizione e soffocato per giunta dai reucci sindacali, i quali stanno a maneggiare solo le petarde demagogiche. Non ci si produrrà mai altro che uova covate. Da spaccamontagne, il Mercato Comune trascina pietosamente dietro alle sue scemenze 16 milioni di disoccupati irrecuperabili. Voi, giovani ragazzi e ragazze dell’Europa reale, volete sostituire questo sperpero e furfanteria rovinosa con un’unione di stati sani sotto l’autorità d’un vero capo benamato, rispettato e liberamente scelto dal popolo. Tale unione sarà socialmente giusta e razzialmente protetta. Essa sola porrà fine alla dominazione arbitraria, agli assalti da dragoni e battibecchi degli usurpatori, che non meritano neppure l’acqua che bevono e che hanno approfittato della disfatta del ‘45 per fare i rodomonti, mentire ogni giorno, inebetire i popoli e addomesticarli.
Ma toccare l’onnipotenza dei pascià «democratici», rimestando gli intrighi nei loro panieri di chiocciole, vuol dire maneggiare la dinamite. E spesse volte ne avrete piene le tasche, dovendo sfidare tanti scrocconi e parassiti. Ma ciò non è d’ostacolo, bisogna esserci pronti, munirsi d’una costanza incrollabile e mai commettere azioni riprovevoli. Il popolo ha da sapere, che i princípi della nostra dottrina: responsabilità, tenacia, purezza e competenza d’un potere forte, cooperazione intelligente delle classi, esaltazione delle virtù fondamentali della società,– sono indispensabili. La vita vale, solo se è tesa verso la perfezione e la grandezza. Noi crediamo nello splendore delle stelle. La caccia all’uomo, che subite alla fine del nostro secolo, e le mordacchie, che vi occorre mandar giù, noi – vostri predecessori – le abbiamo conosciute come voi, o, può darsi, persino più di voi. Parecchie volte pure noi siamo stati privati d’ogni uso delle libertà pubbliche, e il nostro coraggio poteva perdere vigore. Così, mentre che un milione di belgi, p. es., sceglieva il rexismo, e nel ‘36 sotto la mia bandiera 33 deputati e senatori venivano democraticamente eletti al sufraggio universale, dal ‘36 al ‘40 noi non potemmo mai utilizzare neanche una volta la radio ufficiale che era però a disposizione di tutti i partiti, i quali bazzicavano la baraccaccia parlamentare! Sin da prima della Seconda Guerra Mondiale tale era l’intolleranza imbecille e il lavaggio dei cervelli nelle «democrazie»! E da allora eravamo degli appestati, in quanto volevamo sostituire un regime corrotto, anarchico e rovinoso con uno stato pulito, forte e popolare. Ed anche perché – oh massimo reato! – rifiutavamo d’essere complici nello scatenare la Seconda Guerra Mondiale «inutile e imbecille» (come lo diceva SPAAK), che i guerrafondai del marxismo e dell’ebraismo mondiale, sostenuti da un ipercapitalismo apolide dagli appetiti canini, imposero – per odio e fifa – all’Europa del settembre ‘39.
Quell’enorme guerra civile, dovemmo affrontarla soprattutto, quando, risoluto di trasformarsi l’Europa insanguinata del ‘40–‘41 in un pasticcio prima scelta, il comunismo si mosse verso i nostri paesi occidentali. Lottammo tenacemente, offrendo – durante quegli anni terribili – la nostra giovinezza ed il nostro sangue; conoscemmo il freddo, la fame e le interminabili sofferenze nelle immense distese ghiacciate del fronte Est. Parecchi milioni dei nostri compagni d’armi caddero, e migliaia degli altri – dopo tanti sacrifici – resistettero per lunghi anni agli orrori delle prigioni in propria Patria. I farabutti della birbantocrazia cosiddetta «democratica» parlano spesso ai creduloni delle crudeltà di allora, prendendo, però, una grande cura di addossarle ai propri avversari! Quanto alle crudeltà, è proprio l’URSS, alleata carinissima, che – battendo tutti i primati – le perpetrò sin dal 1917 nei confronti di decine di milioni di persone sul suo proprio territorio Gli inglesi, i primi arrivati al di là dell’Oceano Atlantico, ed i nuovi americani venutici su – negli USA nuovi fiammanti – vi ci fecero la mano, massacrando più di 4 milioni d’indiani d’America (200mila sopravvissuti sui 5 milioni) al fine di estirpare quella razza tramite un genocidio così enorme; e bollarono per giunta parecchi milioni di neri, stampigliando sulla loro carne il marchio di schiavitù. Sempre loro in Europa e Asia inaugurarono fra il ‘41 e il ‘45 la loro unica tattica della guerra nel XXÿ secolo – terrorismo,– sterminando centinaia di migliaia di civili coi propri bombardamenti elefantiaci di Amburgo, Colonia, Berlino, Dresda e poi Hiroshima e Nagasaki. Erano sempre loro quelli che dopo l’8 maggio ‘45 consegnarono alla tirannide dei Soviet – per circa 50 anni – i 100 milioni dei nostri compatrioti dell’Est! E ancora una volta furono proprio loro che fra il ‘45 e il ‘46 fecero perire di miseria e fame – nei propri campi nel terzo Reich e in Francia – un milione di prigionieri tedeschi, mentre i depositi statunitensi straripavano dei viveri lasciati deliberatamente inutilizzati. Sono loro, infine, che dopo la guerra permisero che parecchi milioni di civili in fuga – prussiani, slesiani, tedeschi, svedesi – fossero sterminati nel corso d’una «purga razziale» terribilmente selvaggia! Gli statunitensi, gli inglesi e i loro amici russi – recentemente rimbiancati con la lavatrice! – ben possono denunciare il razzismo dei serbi che assassinano le popolazioni civili della Croazia e della Bosnia per poter possedere dei nuovi territori «razzialmente purgati»: ciò non è che una ripetizione matematica degli stermini perpetrati dalle «democrazie» nel quadro del genocidio di oltre 4 milioni d’indiani in America e poi – dopo la Seconda Guerra Mondiale – sui territori confiscati allo stato tedesco! Al presente si sanno le orribili cifre: circa 2 milioni e 280mila rifugiati del terzo Reich perirono sulle strade dell’esilio, morendo di fame o assassinati dai sovietici e dai loro luogotenenti; altri 80mila furono dispersi; più d’un milione di sopravvissuti furono deportati in Siberia. Questi fatti abominevoli sono dettagliatamente descritti dallo storico Jacques de LAUNAY nel suo celebre libro «Il gran crollo» /«La Grande Débâcle»/. E’ comprensibile che nel ‘92 in Croazia e in Bosnia gli statunitensi e gli inglesi – intanto che i russi stavano proprio rimpicciolendosi! – si sono opposti ai conquistatori jugoslavi, ricorrendo a sole palinodie. E’ quello che facevano gli stessi serbi e avevano fatto o lasciato fare i loro cari alleati sovietici – a parecchie riprese e su vastissima scala! Quelle lacrime ipocrite, le versavano dei vecchi coccodrilli. I serbi nel ‘92, svuotando della popolazione civile le terre da loro invase, altro non erano che imitatori modesti! I loro maestri sono stati STALIN, CHURCHILL e ROOSEVELT – maestri sterminatori della prima metà del XXÿ secolo.