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  1. #11
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    Predefinito Re: Vecchio portale oramai crollato

    Affreschi di epoca romana all'interno della chiesetta dell'ex convento dei frati carmelitani, dove sorgeva il vicus averga:





  2. #12
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    Predefinito Re: Vecchio portale oramai crollato














  3. #13
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    Predefinito Re: Vecchio portale oramai crollato

    La Chiesa della Beata Vergine del Carmine in origine era un luogo di culto pagano, molto probabilmente un ninfeo. Il ritrovamento di un iscrizione romana che reca la scritta "MARTI. MINERVAE," farebbe presupporre che in loco si venerassero anche la divinità di Marte e quella di Minerva.

  4. #14
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    Predefinito Re: Vecchio portale oramai crollato

    Citazione Originariamente Scritto da GILANICO Visualizza Messaggio
    Informazioni inerenti al Vicus Averga che sorgeva nei pressi del mio paese:





    Fonte:

    https://books.google.it/books?id=Ao4...epage&q&f=true
    Questo passaggio di terreni avvenne in un epoca dove la Lombardia era già stata scandinivizzata: una donazione inter longobarda all'interno del territorio bergamasco, poi non sappiamo se fossero di stirpe longobarda anche i servi e le serve, i loro figli e mogli, che da quanto si legge, anche loro poterono usufruire di questa concessione terriera.

  5. #15
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    Predefinito Re: Vecchio portale oramai crollato

    Citazione Originariamente Scritto da GILANICO Visualizza Messaggio
    La Chiesa della Beata Vergine del Carmine in origine era un luogo di culto pagano, molto probabilmente un ninfeo. Il ritrovamento di un iscrizione romana che reca la scritta "MARTI. MINERVAE," farebbe presupporre che in loco si venerassero anche la divinità di Marte e quella di Minerva.


    Padre Celestino Colleoni - Historia Quadripartita

    Mentre nell'Effemeride di Donato Calvi si trova scritto:


  6. #16
    duca di rivoli
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    Predefinito Re: Vecchio portale oramai crollato

    toh, mio padre è di Romano di Lombardia...

  7. #17
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    Predefinito Re: Vecchio portale oramai crollato

    Citazione Originariamente Scritto da massena Visualizza Messaggio
    toh, mio padre è di Romano di Lombardia...
    Cappuccini o centro?

  8. #18
    duca di rivoli
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    Predefinito Re: Vecchio portale oramai crollato

    Citazione Originariamente Scritto da GILANICO Visualizza Messaggio
    Cappuccini o centro?
    centro. ma se ne è andato credo negli anni '40 o inizio '50 (i suoi si sono trasferiti in Romagna per lavoro e lui si è laureato nel 54 e da allora è sempre stato a Milano).
    gli è rimasta qualche parola di dialetto e l'Atalanta (e gli stanno sul cazzo i bresciani).

  9. #19
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    Predefinito Re: Vecchio portale oramai crollato

    Bruno Cassinelli AVERGA, VICO ROMANO ALTOMEDIOEVALE NELLA BASSA PIANURA BERGAMASCA


    Una delle cinque sortes in finibus bergomensi che nell’anno 840 la religiosa Sighelberga, figlia di Odone, donò ai fratelli Garibaldo, arciprete, e Landeberto, figli della buona memoria di Salone di Laoriano, era ubicato in ’’vico Avvilga” O) o ”Uvil- ga” (1 2) ed era in quel tempo concessa a livello a Permaldo. Lo scambio tra la vocale a eia u nella scrittura longobarda è facile; tanto più in quanto è possibile e probabile che i due trascrittori abbiano letto copie diverse dello stesso documento. Compare così per la prima volta in un atto pubblico il nome di uno dei tanti ’’vici” di epoca romana ed altomedioevale che popolarono la plaga della bassa pianura bergamasca. Il vico scomparve negli anni a cavallo del mille, lasciando per alcuni secoli poche tracce nella tradizione storica, e ciò solamente finché perdurarono i suoi edifici sacri. Alla metà del nostro millennio, scomparve ogni traccia degli antichi edifici sacri, e si perse la memoria storica, sia orale che scritta, dell’esistenza di quel misterioso vico. Un tentativo di ricostruzione storica del villaggio romano- altomedioevale è stato tentato, con poco successo, sul finire del secolo scorso da Angelo Mazzi (3), il quale non era riuscito nel suo intento di concludere felicemente l’assunto in quanto non aveva conoscenza diretta sulla località, e neppure quelle necessarie cognizioni archeologiche, indispensabili per risolvere il difficile dilemma.

    (1) Lupi, I, 686. (2) Muoni, "L'antico stato di Romano di L.”, Milano 1871, pag. 357; cfr. H.P.M. XIII, 239. La lettura più aggiornata del nome della località, "Huvilia”, è dovuta a S. Del Bello (Indice Toponomastico pag. 79). (3) A. Mazzi, "Studi Bergomensi”, Bergamo 1888, pagg. 213-214-215; del resto l’insigne studioso non avrebbe potuto in alcun modo utilizzare le conoscenze archeologiche che solamente in questi ultimi decenni hanno potuto trovare collocazione per merito di alcuni studiosi locali

    La chiave della soluzione dell’enigma è certo rappresentata dagli edifici sacri, che nell’Altomedioevo garantivano il servizio religioso dell’antico ’’vico Awilga”. Il toponimo si trasformerà più tardi, in epoca altomedioevale, in Averga o Avergo, in base all’evoluzione etimologica che è tipica di questo periodo storico di transizione. Ma procediamo con ordine all’esame dei pochissimi atti a nostra disposizione e confrontiamoli con le conoscenze archeologi- che della località. Il primo atto che ci viene in aiuto è la sentenza sulla chiesa di Morengo del 1144 (4) che si legge data ”apud plebem sancte Maria de Vurego”, che secondo il Mazzi dovrebbe leggersi più correttamente Avergo o Averga. Veniamo così a conoscenza che in quel tempo la chiesa del nostro vico era plebs. Le pievi rurali avevano sempre due chiese, l’una utilizzata per le funzioni quotidiane, per la somministrazione dei sacramenti, e per lo scrutinio; nel nostro caso era dedicata appunto a S. Maria. L’altra era la chiesa battesimale, dedicata sempre a S. Giovanni Battista. Il rettore della plebs aveva titolo onorifico di ’’archipresbi- terus”, arciprete. Un secolo più tardi, nell’anno 1260, nell’elenco delle chiese soggette a censo verso quella di Roma, ritroviamo S. Maria de Averga dipendente dalla plebania di Fara Olivana : ”In plebe et plebatu de Fara Ulivana: ...Ecclesia S. Marie de Inavergo (Iuvenergo) cum ecclesia S. Gervasii de Bariano” (5). La lettura più corretta della località sembra essere, a nostro avviso, Inavergo, da intendersi quale località e non più quale vico, ormai da secoli abbandonato; cioè ”in A vergo”.

    (4) Ughelli - Zacharia, Cremori. Episc. series, pag. 119; Lupi, II, 1055; l’interpretazione di A. Mazzi é scritta in Studi Bergomensi, pag. 213. (5) La lettura "Inavergo” é riferita ad A. Galbiati, manoscritti presso arch. parr. Romano. La lettura "Iuvenergo” é trascritta da L. Chiodi in Chiese di Bergamo ecc. Arch. Stor. Lomb. serie 8° voi. X, pag. 158. Assolutamente inattendibile invece la lettura di M. Lupi (Stralci manose, presso Bibl. Civica A. Maj, N° 28) che interpreta "Martinengo”; lettura del resto già contestata da A. Mazzi in Corografia, pag. 223.

    Si possono trarre alcune considerazioni da queste brevi notizie: anzitutto S. Maria era già unita alla chiesa di Bariano, in quanto il vico già più non esisteva. La nostra chiesa non era ormai più chiesa plebana, anche se alcuni previlegi le erano rimasti, come avremo modo di constatare. Ed infine, e non è certo questa la considerazione meno importante, la chiesa ed il vico erano collocati in territorio di Bariano, nella bassa pianura bergamasca, lungo la riva occidentale del fiume Serio. Altre notizie possiamo attingere dai lacerti documentari dei secoli successivi, tali comunque da illuminare la nostra conoscenza su questa zona del territorio bergamasco. Veniamo così ad un atto citato in un manoscritto del Lupi (6); in data 13 aprile 1367 l’insigne storico infatti cita un atto di approvazione, da parte del vescovo Lanfranco di Bergamo, di un certo prete di Nembro, eletto ’’archipresbiterum et rectorem ec- clesiae S. Marie de Averga et de Bariano”. Non solo S. Maria de Averga era, da secoli ormai, unita alla chiesa di Bariano, pur mantenendo la dignità di prima citazione rispetto a questa ultima chiesa, antichissima certo (7), ma meno importante, ma non era stata annullata la dignità del suo rettore, che aveva mantenuto il titolo arcipresbiterale dovuto ai rettori delle antiche chiese plebane. Questo titolo dignitario sussiste tuttora, ed è goduto dal parroco di Bariano; ciò ha provocato dissertazioni dubitative nel secolo passato in quanto, pur avendo conoscenza gli storici dell’esistenza dell’antica plebs di Averga, non ne avevano individuata la collocazione geografica. Ma veniamo all’ultimo, illuminante documento della nostra pur breve serie; nell’anno 1480 don Fermo Furnio, arciprete di Bariano, donò ai frati Carmelitani un terreno con due cappelle, l’una intitolata a S. Maria e l’altra a S. Giovanni Battista, af

    (6) Lupi, Excerpta ex actiis notarium Berg., manoscritto presso Bibl. Civica A. Maj, foglio 198 v. (7) La prima notizia della chiesa dei SS. Gervasio e Protasio risale all’anno 1041. C. D. Crem., I, N° 87, originale presso la Biblioteca Governativa di Cremona. L’atto é in data 11 marzo 1041.

    finché l’ordine monastico potesse costruirvi un nuovo convento (8). Ecco risolto il dilemma annoso; S. Maria era l’altomedioevale chiesa plebana di Averga e S. Giovanni Battista la sua chiesa battesimale. Il luogo è quello su cui, negli anni successivi al 1480, sorse il nuovo Convento dei Carmelitani; è una località ubicata a media distanza tra gli abitati rurali di Bariano e Morengo (8 9). Ma non possiamo certo accontentarci di una alquanto lacunosa, per quanto probante, dimostrazione documentaria; è necessaria anzi una convalida a livello archeologico, che certamente può suggellare definitivamente la soluzione, trasferendo il pur grande interesse storico su un piano di ricerca archeologica concreta che possa chiarire culturalmente la conoscenza della realtà urbana di Averga. Tutto il territorio della pianura bergamasca, tra l’Oglio e l’Adda, fu interessato da due grandi centurazioni romane che P.L. Tozzi (10 11) indica con datazione contenuta entro il primo secolo a.C. L’insediamento della antica Averga é in effetti orientato secondo l’inclinazione proposta dall’insigne studioso. La prima segnalazione di ritrovamenti archeologici nella nostra località, ’’tra certe ruine”, la dobbiamo a P. Celestino Col- leoni (n), il quale si sofferma sopra un’iscrizione romana dedicata a ’’MARTI. MINERVAE”, che suscitava il fascino delle divinità pagane. Esistevano certo ancora, allorché i padri Carmelitani costruivano il convento alla fine del quattrocento, le rovine dell’antico vico romano. I Religiosi com’era consuetudine, depredarono i ruderi, per ricavarne prezioso materiale da costruzione, liberando contemporaneamente i campi che dovevano servire per il brolo e gli orti della comunità monastica (12).

    (8) Arch. Segreto Vaticano di Roma, S. C. Stai. Regul. Relationes, 14, Carmelitani di Mantova, ff. 139r - 141r; Arch. di Stato di Milano, Fondo Religione 3104; E. Camozzi in Bergomum 1981, pag. 211 e segg. (9) Cartografia I.G.M. 46.LSO.5516.4113. (10) P.L. Tozzi, ’’Storia Padana Antica", Milano 1972, pag. 79; per la cen- turiazione più antica lo studioso propone come terminus post quem l’89 a.C., per la seconda data poco posteriore, e comunque non posteriore al periodo augusteo (43 a.C. - 14 d.C.). (11) P. Celestino Colleoni, Historia quadripartita. (12) La realtà pianimetrica del complesso monastico tardo-quattrocentesco é documentato in una planimetria a firma Domenico Corbellini del 19.9.1770 conservata presso l’Archivio di Stato di Venezia, Monasteri 57, neg. 2417, pos. 107/110, N° 726/9.

    Fonte:

    Bergomun bollettino della civica biblioteca

  10. #20
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