User Tag List

Risultati da 1 a 7 di 7

Discussione: Russia

  1. #1
    email non funzionante
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Messaggi
    10,854
     Likes dati
    0
     Like avuti
    16
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Russia

    Russia e Italia. Le ragioni di una partnership

    di Andrea Forti
    ragionpolitica.it

    venerdì 27 marzo 2009

    A quasi un anno dalla vittoria elettorale del Popolo della Libertà e dalla formazione del quarto governo di Silvio Berlusconi è evidente che una delle cifre fondamentali della politica estera attiva inaugurata dall'attuale esecutivo è costituita da un rinsaldarsi dei legami con la Federazione Russa. La prima personalità della politica mondiale ad essere stata accolta da Berlusconi a pochi giorni dalla vittoria elettorale dell'aprile del 2008 e ancora prima della nomina ufficiale a capo del governo, è stato proprio il premier russo, nonché ex presidente, Vladimir Putin: un incontro non certamente ufficiale, ma che, al di là, dell'amicizia personale fra i due, aveva già il valore di un vertice programmatico per approfondire una solida partnership.

    Che il rapporto italo-russo non fosse assolutamente riducibile all'amicizia personale fra Vladimir Putin e Silvio Berlusconi ce lo hanno dimostrato due eventi: l'atteggiamento dell'Italia nei confronti della guerra russo-georgiana per l'Ossezia e le consultazioni intergovernative italo-russe tenute a Mosca agli inizi di novembre. Nel primo caso, di fronte alla crisi caucasica, il governo italiano, seguito da Germania e Francia, ha tenuto una posizione di assoluta ragionevolezza, che ha individuato le responsabilità georgiane e, pur condannando fermamente l'occupazione russa (temporanea) di territori georgiani, ha evitato di assecondare atteggiamenti anti-russi che avrebbero solo peggiorato a situazione, isolando Mosca dall'Europa e facendo ritornare gli spettri di una guerra fredda finita ormai da vent'anni. Nell'agosto 2008 il governo italiano ha agito seguendo l'interesse nazionale, quello dell'Europa e, soprattutto, quello della pace mondiale. Un altro banco di prova per la serietà della partnership bilaterale italo-russa è stato l'incontro intergovernativo e interministeriale tenutosi a Mosca il 6 e il 7 novembre dell'anno scorso, in conclusione del quale sono stati siglati importantissimi accordi in campo economico, industriale e culturale, che pongono l'Italia in pole position fra i partner dell'immensa Federazione Russa, superando in molti campi persino i tedeschi, fino a qualche anno fa considerati irraggiungibili.

    Molti commentatori hanno parlato del tutto inopportunamente di «svolta russa» della politica estera di Silvio Berlusconi, non ricordano come la particolare cura dell'attuale presidente del Consiglio nello sviluppare i rapporti con la Federazione Russa non sia assolutamente una novità. Basti pensare agli accordi di Pratica di Mare del 2002, che gettarono le basi per la creazione del Consiglio NATO-Russia, una tappa fondamentale per il superamento della guerra fredda, o al fatto che già nel 1994, quando al Cremino sedeva Boris Eltsin e Vladimir Putin era ancor un perfetto sconosciuto (anche in Russia), vi fu la prima visita ufficiale del neo-premier Berlusconi a Mosca, una visita che gettò le basi per i rapporti fra l'Italia e la Russia post-sovietica.

    L'Italia - e l'Europa - ha bisogno certamente del gas russo, ma anche la Russia ha bisogno di massicci investimenti e di tecnologie di provenienza europea, e questa ovvia (ma non per tutti) considerazione è alla base della nostra collaborazione con Mosca, che ha creato una partnership vantaggiosa per entrambe le parti. Ma la volontà di Silvio Berlusconi di mantenere un saldo legame con la Federazione Russa non è solo una questione di mera convenienza economica, ma è motivata anche dalla seria convinzione, esplicitata in molte dichiarazioni ufficiali ed interviste, che fra Europa e Russia non debba tornare una cortina di ferro e che quell'immenso paese eurasiatico debba essere coinvolto nella costruzione di una nuova architettura europea che assicuri al nostro continente, da Lisbona a Vladivostok, uno spazio di sicurezza e di prosperità.

    Il mondo corre ad una velocità sempre maggiore e se il crollo del muro di Berlino ha fatto cadere gli equilibri sorti alla fine della seconda guerra mondiale, il tracollo della finanza nordamericana, con conseguente crisi economica mondiale, ha di fatto minato gli equilibri sorti all'indomani della caduta dei regimi comunisti, e con essi ha incrinato la convinzione di una pacifica unificazione del globo all'insegna del verbo della democrazia e del mercato. L'America sta vivendo l'inizio di una fase post-occidentale che probabilmente la legherà sempre di più all'Asia orientale e ad una dimensione oceanico-pacifica, allontanandosi sempre di più dall'originaria matrice culturale europea (basti pensare alla storia personale del presidente Barack Obama, di padre musulmano keniota, nato alle Hawaii e cresciuto in Indonesia). In questo mondo la Russia e l'Europa si ritrovano ad affrontare gli stessi problemi: perdita di peso politico, economico e demografico di fronte ai nuovi poli di potenza asiatica ed esposizione a rischi condivisi quali il terrorismo, la destabilizzazione politica, l'immigrazione clandestina e il traffico di droga.

    La necessità di non perdere i contatti con la Russia, avvertita chiaramente dal presidente Berlusconi, assume così un'importanza vitale per la stessa sopravvivenza dell'Europa come soggetto storico attivo.

    http://www.ragionpolitica.it/cms/ind...ip-solida.html


    carlomartello

  2. #2
    email non funzionante
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Messaggi
    10,854
     Likes dati
    0
     Like avuti
    16
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Riferimento: Russia

    La crisi divide la Russia e la Cina

    di Andrea Forti
    ragionpolitica.it

    lunedì 02 febbraio 2009

    La crisi economica mondiale potrebbe causare una nuova vittima: le relazioni fra la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa - un rapporto in verità da sempre caratterizzato da luci ed ombre. Il crollo dell'Unione Sovietica coincise con la ripresa dei rapporti fra Cina e Russia, paesi che dagli anni '60 combattevano una sorta di «guerra fredda» fra paesi comunisti (sfociata nel 1969 in una breve quanto sanguinosa guerra di confine sul fiume siberiano dell'Ussuri), ma che, dagli anni '90, sono stati considerati come solidi partners, tanto che l'intellettuale neoconservatore Robert Kagan, un po'superficialmente, parlava della formazione ad oriente di un «blocco sino-russo» caratterizzato da economia di mercato e gestione «autocratica» del potere. La cooperazione sino-russa è effettivamente culminata, nel 2001, nella fondazione della famosa Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, un organismo internazionale che raggruppa cinesi, russi e paesi dell'Asia Centrale ex-sovietica (meno il Turkmenistan) attorno ad una piattaforma di cooperazione nella lotta al terrorismo, al separatismo e, implicitamente, alla penetrazione americana in Asia Centrale.

    In tutti questi anni, la cooperazione sino-russa non è comunque mai evoluta in una solida partnership strategica, come dimostra la differenza di vedute tra Mosca e Pechino circa le finalità dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, che secondo i russi dovrebbe diventare una vera organizzazione di sicurezza asiatica, con l'ingresso di India, Iran e Pakistan, mentre secondo Pechino dovrebbe rimanere sostanzialmente un ausilio per la creazione di una sfera di influenza cinese in Asia Centrale. La stessa cooperazione militare, nonostante le spettacolari manovre congiunte del 2005, si è negli ultimi anni affievolita, con una netta caduta delle commesse di materiale militare russo e con le proteste di Mosca circa il persistente «vizio» cinese di immettere sul mercato copie senza licenza di sistemi d'arma russi.

    La persistente diffidenza russa nei confronti del gigante cinese non si nutre solo di motivazioni economiche e geopolitiche, ma anche della diffusa percezione del «pericolo giallo», una fobia tutt'altro che infondata se si pensa che l'estremo oriente siberiano, ricco di materie primo quanto spopolato, è da anni esposto alla pressione demografica dell'immigrazione cinese, che in centri come Irkutsk e Vladivostok ha assunto proporzioni tali da causare anche violente reazioni di rigetto xenofobo. Tutti questi problemi di natura geopolitica, economica e culturale, che fino ad ora erano rimasti sommersi, rischiano adesso di venire a galla a causa della crisi economica, che ha colpito pesantemente tanto la Cina quanto la Russia e i cui effetti potrebbero raffreddare ulteriormente i rapporti fra i due paesi.

    La divergenza fra le posizioni russe e cinesi è emersa durante l'ultimo World Economic Forum di Davos, durante il quale non solo è saltato per ragioni «tecniche» l'incontro bilaterale russo-cinese, ma si è assistito ad un attacco da parte del premier russo Vladimir Putin all'asse economico sino-americano. Pur non nominando esplicitamente cinesi e americani, Putin ha dichiarato: «L'intero sistema di crescita economica - nel quale un centro regionale stampa moneta senza sosta e consuma ricchezza materiale, mentre un altro centro regionale produce beni a basso costo e risparmia denaro stampato da altri governi - ha subito un duro colpo» e ha contribuito a creare un sistema che «ha lasciato intere regioni, Europa inclusa, ai margini del processo economico globale» (per inciso, la posizione del premier russo sembra ricalcare quella del ministro dell'Economia italiano Giulio Tremonti, che mette in guardia l'Europa da «Chimerica», ossia China+America). L'attacco di Putin all'asse sino-americano sembra nascere dalla consapevolezza che la Russia è comunque, per cultura ed economia, più legata all'Europa che all'Asia, mentre gli Stati Uniti saranno sempre di più attratti dai paesi dell'area asiatica, conformemente alla loro natura di paese «bi-oceanico», una dimensione che noi europei fatichiamo a capire ma che evidentemente è ben compresa da un osservatore russo più avvezzo a ragionare in termini di grandi spazi.

    Contemporaneamente alle dichiarazioni di Davos, è avvenuto a Mosca un altro fatto, ignorato dai media internazionali ma non privo di ricadute sulle relazioni sino-russe: il ministro degli Esteri della Federazione Russa, Sergei Lavrov, ha dichiarato, durante un question-time di fronte alla Duma, che la Russia sarebbe ben disposta ad accogliere il Dalai Lama per una visita religiosa. In Russia, infatti, ci sono tre Repubbliche autonome federate a maggioranza buddhista lamaista: la Kalmykia, la Buriatia e il Tannu-Tuva, ma una visita del Dalai Lama in terra russa difficilmente si esaurirebbe in un evento puramente spirituale, vista l'estrema sensibilità politica della questione tibetana per la Repubblica Popolare Cinese.

    Dense nubi si addensano dunque sui rapporti fra Russia e Cina e, come avrebbe detto Mao Tse-Tung, «grande è la confusione sotto il cielo».

    http://www.ragionpolitica.it/cms/ind...e-la-cina.html


    carlomartello

  3. #3
    email non funzionante
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Messaggi
    10,854
     Likes dati
    0
     Like avuti
    16
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Riferimento: Russia

    La Russia in crisi gioca Tokyo contro Pechino

    di Andrea Forti
    ragionpolitica.it

    In un momento di gravissima crisi economica, dovuta principalmente al crollo dei prezzi del greggio, per Mosca diventa di primaria importanza il reperimento dei capitali necessari per finanziare gli importanti progetti infrastrutturali e sociali necessari per il suo sviluppo. Per la messa in valore degli sconfinati territori dell'Estremo Oriente siberiano (Dalnyij Vostok), ricchissimi in materie prime quanto spopolati e poveri di investimenti interni, il governo russo ha ben presente che, soprattutto alla luce della grave crisi economica, urgono investimenti di capitali provenienti dall'estero, in special modo dai paesi asiatici particolarmente bisognosi di energia, come la Cina e il Giappone.

    Alla luce di questa impellente necessità di capitali va letto il recente accordo fra la Cina e le società petrolifere russe semi-statali Rosneft (produzione) e Transneft (trasporto) che, in cambio della costruzione di un oleodotto che porterà il greggio russo siberiano in Cina, otterranno un maxi-prestito di 25 miliardi di dollari (15 per Rosneft e 10 per Transneft, che si occuperà della costruzione dell'oleodotto), vitale in un periodo di recessione che si preannuncia particolarmente pesante per la Russia.

    L'accordo energetico Cina-Russia, pur vantaggioso per entrambi i contraenti che otterranno rispettivamente energia e capitali, potrebbe alla lunga risultare svantaggioso per la Russia se quest'ultima, un nano demografico nei confronti del colosso cinese, si riducesse al ruolo di satellite politico-economico di Pechino venendo declassata al ruolo di «stazione di rifornimento» dell'ingombrante vicino asiatico.

    L'evidente necessità russa di diversificare gli investimenti esteri nello sviluppo delle risorse dell'Estremo oriente siberiano ha molto probabilmente spinto la dirigenza moscovita a coinvolgere nello sfruttamento delle risorse energetiche siberiane un altro attore asiatico di primo piano, il Giappone. Quasi contemporaneamente all'accordo petrolifero sino-russo è stato inaugurato nell'isola di Sakhalin, giapponese fino al 1945, il primo impianto di liquefazione di gas naturale della Russia, un impianto che lancia così i russi nel mercato mondiale del gas naturale liquefatto (LNG). L'impianto di liquefazione di Sakhalin, inaugurato alla presenza del premier giapponese Taro Aso, tratterà il gas estratto da Sakhalin-2, un complesso di siti di estrazione situati al largo dell'omonima isola e gestito da un consorzio costituito dal 51% di azioni di Gazprom, dal 27,5% della anglo-olandese Shell e dalle compagnie giapponesi Mitsui e Mitsubishi, con rispettivamente il 12,5% e il 10%. Il 65% del gas di Sakhalin-2 sarà destinato proprio al mercato nipponico, che ridurrà così la propria dipendenza dal gas liquefatto medio-orientale, e altre compagnie giapponesi stanno inoltre pianificando assieme a Gazprom la messa in opera, entro il 2020, di Sakhalin-3, un altro complesso di produzione di gas naturale destinato al mercato asiatico.

    La Russia e il Giappone sono ancora divise dall'ultrasessantennale disputa sulla proprietà delle isole Kurili, occupate dall'Armata Rossa al termine della Seconda Guerra mondiale e tuttora rivendicate da Tokyo, ma sono unite da proficui e dinamici rapporti economici e dalla comune preoccupazione per la crescita economica e politica cinese, vissuta con apprensione da russi e giapponesi, popoli con un passato di potenza (sia essa militare o economica) che devono fare i conti con un declino politico, economico e pure demografico.

    Le élites russe sembrano consce del «rischio cinese», inteso nel XXI secolo non più come riedizione dell'antica fobia del «pericolo giallo» ma come realistica consapevolezza dei rischi che potrebbe portare un'eccessiva interdipendenza con il colosso cinese; per questo i dirigenti moscoviti, oltre a coltivare i rapporti con paesi come il Giappone, non cessano di ancorare il futuro della Russia all'Europa, come ben testimoniano le ripetute proposte del presidente Medvedev per una nuova architettura di sicurezza (pan-)europea e l'elezione a capo della Chiesa Ortodossa di un Patriarca come Kirill, ben disposto nei confronti della Chiesa di Roma.

    I governanti capital-comunisti della Repubblica Popolare Cinese sono già nella privilegiata condizione di essere corteggiati dalla nuova amministrazione americana che, grazie alla nuova politica inaugurata dal Segretario di Stato Hillary Clinton nel suo recente viaggio a Pechino, ha garantito il mercato statunitense alle merci cinesi in cambio del sostegno cinese al debito americano; se l'Europa e l'Occidente dovessero abbandonare la Russia a se stessa, o peggio adottare verso di essa atteggiamenti di pregiudiziale ostilità, regalerebbero ai cinesi anche l'immenso retroterra strategico euro-siberiano, consegnando virtualmente l'Europa alla definitiva sparizione come soggetto politico storico.

    Questa è anche la sostanza della «politica russa» dell'attuale governo di Silvio Berlusconi: non perdere la Russia per non perdere l'Europa.

    http://www.ragionpolitica.it/cms/ind...o_pdf=1&id=994


    carlomartello

  4. #4
    email non funzionante
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Messaggi
    10,854
     Likes dati
    0
     Like avuti
    16
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Riferimento: Russia

    LA RUSSIA TORNA IN EUROPA

    di Gianni Baget Bozzo
    ragionpolitica.it

    mercoledì 03 dicembre 2008

    Il presidente eletto Barack Obama ha nominato la squadra che si occuperà di politica estera e quella che curerà la sicurezza. Quest'ultima è stata affidata a un'americana di origine italiana, Janet Napolitano, che si chiama come il nostro presidente della Repubblica. Il team presidenziale ha rimesso l'accento sulla lotta contro il terrorismo, il tema di George W. Bush che era stato cassato dal linguaggio della nuova presidenza. Al Qaeda si è rivelata pronta a colpire sia l'America che Israele e lo ha fatto agendo su una chiave strategica dell'equilibrio asiatico, arroventando il rapporto tra India e Pakistan. La strategia di Bush, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra. E quale finestra!

    Ma è difficile che i rapporti tra Stati Uniti e Europa siano gli stessi di quelli dell'amministrazione precedente. Con la crisi georgiana la Russia è tornata in Europa. Ed è tornata per restarvi. L'Italia del governo Berlusconi è stata il punto di raccordo con le nuove valutazioni europee circa Vladimir Putin e la Russia. Anzi, su questo piano il nostro presidente del Consiglio è diventato il primo della classe. Ma, prima di lui, l'interesse della Russia per la Germania e della Germania per la Russia era apparso nella nuova pipeline attraverso il Baltico, affidata a una società mista russo-tedesca il cui presidente è Gerhard Schröder, il primo a giocare sui rapporti storici e territoriali della Germania con la Russia. E forse è riuscito a indicare una linea per i paesi annessi di forza all'impero sovietico come la Polonia, i paesi baltici, la Cechia e la Slovacchia, alternativa alla garanzia militare della Nato e alla protezione americana. L'Italia è oggi la prima a riportare la Russia in Europa, ma la Germania è ancora più interessata. Quindi è possibile un asse italo-tedesco che riporti la Russia in Europa grazie all'autocrazia «illuminata» di Putin. Berlusconi spera di fare incontrare Obama e Medvedev in occasione del vertice del G8 in Sardegna. Egli si considera l'iniziatore dell'intesa della Nato con la Russia grazie alla presenza di Putin alla riunione dell'Alleanza Atlantica a Pratica di Mare.

    Non è però solo la questione dell'energia, del petrolio e del gas a variare l'interesse europeo spostandolo dall'Atlantico agli Urali. La Russia è culturalmente cristiana e quindi omologa alla cultura occidentale e fronteggia l'area islamica con un impegno che è apparso anche nella sua guerra in Afghanistan. Se i russi avessero vinto in Afghanistan, forse non ci sarebbe stata la crisi del comunismo, ma non avremmo avuto la sfida del terrorismo islamico e della lettura rivoluzionaria dell'Islam. La Russia ha riconosciuto il diritto di Israele all'esistenza a cui l'Europa è culturalmente legata, ma non ne ha fatto un principio di politica estera e ha potuto mantenere buoni rapporti con gli Stati dei paesi musulmani. L'Europa occidentale spera che la presidenza Obama cancelli lo scudo spaziale in Polonia e in Cechia, ma esso era stato voluto dall'amministrazione Bush anche in funzione della tutela di Israele dalla possibile bomba nucleare iraniana. Ma non era soltanto questo: i russi hanno ragione a indicare che lo scudo spaziale è rivolto anche contro di loro.

    La vicenda georgiana ha mostrato la differenza tra l'Europa occidentale e l'Europa orientale nei rapporti con la Russia e con gli Stati Uniti. In forma varia, i paesi dell'Europa occidentale hanno mostrato di comprendere che l'autocrazia di Putin può essere un alleato nei confronti della pressione islamica e che la resistenza della Russia all'espansione cinese nei territori asiatici russi è un interesse europeo. Il governo italiano, con Berlusconi, ha nei suoi scopi fondamentali quello di portare la Russia in Europa. E di far comprendere che anche la Russia di Putin è Occidente. Un compito non facile, ma che ha buone possibilità di riuscita.

    (da Il Secolo XIX del 3 dicembre 2008)

    http://www.ragionpolitica.it/cms/ind...in-europa.html


    carlomartello

  5. #5
    email non funzionante
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Messaggi
    10,854
     Likes dati
    0
     Like avuti
    16
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Riferimento: Russia

    Parte in sordina l'«anti-Nato» di Mosca

    di Andrea Forti
    ragionpolitica.it

    martedì 10 febbraio 2009

    Il 4 e il 5 febbraio scorsi si sono tenuti a Mosca i lavori del summit dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (Csto), l'organismo di sicurezza regionale che raggruppa Federazione Russa, Bielorussia, Armenia, Kazakhstan, Kirgizistan, Tajikistan e Uzbekistan e che viene a ragione considerato come una sorta di club degli «amici di Mosca» all'interno della Comunità di Stati Indipendenti.

    Già nel primo giorno dei lavori del summit è stata presa la decisione, annunciata in prima persona dal presidente russo Medvedev, di formare una Forza di Reazione Rapida Collettiva il cui comando sarà, come prevedibile, situato in territorio russo e alla quale parteciperanno le forze armate dei paesi del Csto che, coerentemente con le capacità dei rispettivi eserciti, metteranno a disposizione un numero «sufficiente di unità ben addestrate e ben equipaggiate», come ha dichiarato il presidente russo, che ha inoltre anticipato l'entità del contributo della Russia, composto da una divisione e una brigata. Scopo di questa forza sarà «respingere aggressioni armate ai propri membri, condurre operazioni anti-terrorismo, combattere il crimine internazionale e il traffico di droga, neutralizzare gli effetti di disastri naturali» (RIA-Novosti, 04/02/09). Secondo il presidente Medvedev questa forza di reazione rapida sarà compatibile alle analoghe formazioni messe in campo dalla Nato, rafforzando presso molti osservatori internazionali l'opinione che al vertice di Mosca sia stata costituita l' «anti-Nato» o, addirittura, il «nuovo Patto di Varsavia».

    Che la nuova forza di reazione del Csto non sia il nuovo Patto di Varsavia è evidente dalla stessa entità delle forze che lo compongono: la vecchia alleanza dei paesi socialisti vedeva infatti associato all'impressionante potenziale militare dell'Urss quello di paesi di solida industrializzazione, come la Gemania Est, la Polonia o la Cecoslovacchia o comunque con economie riconvertite dai rispettivi governi socialisti all'industria bellica pesante; il nuovo blocco politico-militare invece vede accanto al potenziale della Federazione Russa, di modesta portata se comparato a quello sovietico di un tempo, solo quello di paesi neppure lontanamente comparabili, come potenziale economico-militare, ai paesi dell'ex-blocco socialista.

    Fra i paesi aderenti alla forza di reazione gli unici ad avere un minimo di potenziale militar-industriale sono la Bielorussia e il Kazakhstan; armeni, tajiki e kirgizi, pressoché sprovvisti di industrie belliche, possono mettere in campo forze militari modestissime, paragonabili forse a un medio esercito africano. A diminuire il potenziale di questa forza è anche la volontà dell'Uzbekistan, che avrebbe il più potente esercito fra i paesi dell'Asia Centrale, di non aderire in pieno all'accordo, riservandosi di contribuire con le proprie unità qualora lo richiedano specifici interessi nazionali, rimarcando così un'autonomia quasi «gaullista»: amici di Mosca sì ma non integrati nel sistema di sicurezza russo.

    La creazione della forza di reazione rapida certamente ribadisce la volontà della Russia di rimanere protagonista nell'architettura della sicurezza dello spazio ex-sovietico, ma difficilmente potrebbe essere letta come la nascita di un nuovo blocco orientale o come la restaurazione del potenziale militare dell'Urss, del resto inimmaginabile in assenza dell'Ucraina, secondo polo dell'ex complesso militar-industriale sovietico.

    Per i paesi europei è di vitale importanza impostare una seria collaborazione con questo blocco politico-militare, i cui confini si estendono dalla Polonia, paese dell'Ue e della Nato, all'Afghanistan, dove stazionano migliaia di soldati europei impegnati ad evitare che quel paese torni ad essere una fonte di instabilità regionale e di traffici di sostanze stupefacenti.

    Solo rafforzando la partnership fra Nato e Csto potremmo seppellire definitivamente la Guerra Fredda e portare a compimento il cammino iniziato a Pratica di Mare nel 2002 con la creazione, per volontà dell'attuale Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, del Consiglio Nato-Russia.



    Commenti (1)

    1. 12-02-2009 12:43
    Partenariato strategico UE - Russia
    D'accordo con Forti. Non si tratta dell'anti-NATO, come qualche distratto (o in mala fede) ci vorrebbe fare credere. D'accordo anche con la parte finale dell'articolo, in cui si parla della necessità de3lla collaborazione con l'Europa. Io, da quindici anni, vado affermando in varie sedi (scientifiche, politiche e cultural-religione) della necessità di un partenariato tra Unione Europea e Russia, Bielorussia, Armenia, ecc. Un partenariato non solo ecomonico, culturale, energetico, ma anche "strategico". Per l'Ukraina dovremmo prevedere l'ingresso nella UE (e non nella NATO che ben altra cosa). Non dimentichiamo che l'Europa (che è un concetto storico, culturale, politico ed etnico) va da Lisbona a Vladivostok.

    http://www.ragionpolitica.it/cms/ind...-di-mosca.html


    carlomartello

  6. #6
    Tringeadeuroppa
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Messaggi
    8,350
     Likes dati
    1
     Like avuti
    36
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Riferimento: Russia

    ragionpolitica.it

  7. #7
    email non funzionante
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Messaggi
    10,854
     Likes dati
    0
     Like avuti
    16
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Riferimento: Russia

    Citazione Originariamente Scritto da Spetaktor Visualizza Messaggio
    ragionpolitica.it
    Prima di queste uscite banali potresti fare una piccola ricerchina per vedere che è Andrea Forti, ma tanto ti commenti da solo, viva Stalin, Mutti, Pol Pot. repapelle:

    carlomartello

 

 

Discussioni Simili

  1. Risposte: 3
    Ultimo Messaggio: 05-02-12, 16:20
  2. Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 17-05-10, 08:52
  3. Russia: voto locale, trionfa Russia Unita
    Di Bèrghem nel forum Politica Estera
    Risposte: 17
    Ultimo Messaggio: 13-10-09, 16:45
  4. Risposte: 3
    Ultimo Messaggio: 24-04-08, 10:40

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito