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IL “COYOTE MOMENT” DEL CAPITALISMO TERMINALE

Maurizio Blondet
28 marzo 2018


“Lavoro 2030: la collisione fra demografia, automazione e ineguaglianza”. Questo il titolo di un interessante rapporto illustrato davanti a 700 alti investitori nel quadro della Strategic Investment Conference 2018, da Karen Harris. Direttrice di Bain & Company Macro Trend Group, la signora è una esaminatrice di tendenze, se volete una futurologa. Essa ha profetizzato quello che ha chiamato “il momento Willie Coyote” del capitalismo finanziario.

Ovviamente, la signora si è servita di Power Point. Prima slide:



“Demografia. L’invecchiamento della popolazione in tutto il mondo riduce la crescita dell’offerta”.


Tutta la crescita di lavoratori, redito, e debiti, sibasava su noi baby boomers.
“L’automazione imminente aumenterà la crescita di offerta” (produrrà più merci e servizi da offrire ).


La produttività per lavoratore aumenterà del 30%. Con punte del 50% per industrie e settore alimentare.
“La crescente ineguaglianza di reddito riduce il potenziale di crescita della domanda”.


80% dei lavori saranno colpiti o con riduzione dei salari o con perdite del lavoro.
Effetto: “Molti decenni di transizione turbolenta”. “Risistemazione dei rapporti fra Stato e mercato” – “Complessi cambiamenti macroeconomici per il business”.


I prossimi robot collaborativi (cobot) faranno concorrenza anche ai lavoratori messicani
Attenzione, ha detto la futurologa:

“L’impatto della automazione che sta già avvenendo sarà altamente ineguale. Inizialmente, i lavoratori ad alto salario ne avranno massimi benefici, mentre quelli a basso salario ne subiranno quasi tutto il costo” (ulteriori riduzioni del reddito, precarietà). Ciò naturalmente non è bene per l’ordine sociale; ma alla fin fine, non favorirà nemmeno le imprese che automatizzano.

Perché qualcuno deve pur comprare le merci che i robot producono in grande quantità [Evviva! Ci sono arrivati!] e i ricchi hanno una minore propensione a spendere. L’effetto sarà che una crescita limitata dalla domanda in calo. Non necessariamente una recessione, ma metterà un tappo al potenziale di crescita del PIL”.

Forse bisogna spiegare ancora una volta a cosa serve la “crescita del PIL” continua: altrimenti non si possono pagare gli interessi sui debiti alla finanza. Per una popolazione che invecchia e si riduce, un calo del PIL è invece naturale. Anatema per la speculazione.

I Baby Boomer, la generazione dei concepiti nel dopoguerra, numerosissima , grande spenditrice, declineranno per ragioni cimiteriali dal 2020. A ciò aggiungete un 25% e più di forza-lavoro dislocata dall’automazione, e la classe media consumatrice si erode. “Gli investitori e le imprese dovrebbero chiedersi: Chi saranno i miei clienti fra dieci anni?”.

La disuguaglianza cresce e crescerà anche di più. Diventerà sempre peggiore e non solo in USA. Molti capitalisti non se ne accorgeranno perché la produttività crescente (dovuta ai robot) maschererà le perdite di lavoro e di reddito; ma alla fin fine, “le perdite di lavoro e reddito soprafferanno la maggiore produttività”.

Qui il Wilye E. Coyote moment:



Si avrà simultaneamente la soppressione di milioni di posti di lavoro, e insieme la mancanza di lavoratori – “necessari a mantenere lo storico aumento del PIL”.


In USA (ma anche in UE) occorrono 55 milioni di lavoratori in più per mantenere l’attuale livello di PIL.
Ecco qui spiegata la spinta dei globalisti all’immigrazione forzata di milioni di neri che “ci pagheranno le pensioni”. Ovviamente calcolo sbagliato.

“Per i mercati dei capitali” – quelli che interessano loro – “la spesa crescente che farà una popolazione che invecchia può solo far male. Via via che vanno in pensione, liquidano in massa i risparmi. La conseguenza pratica è che ci saranno troppi prelievi di capitali per troppo poca capacità reale.

Fino ad oggi, la spettacolare inflazione degli attivi finanziari rispetto alle dimensioni dell’economia reale ha mascherato le difficoltà che vengono dall’insufficienza della crescita reale a pareggiare le future obbligazioni”.

C’è qui l’ammissione che la “crescita” delle azioni di Borsa è una bolla, non sostenuta dall’economia reale, che resta bassa; i valori finanziari sono gonfiati da illusionismi: Tesla, Amazon, Facebook…Non durerà per molto.

“Via via che i baby boomers cominciano ad usare i loro attivi [a vendere le azioni in cui hanno investito i loro risparmi] e pensioni [pseudo-garantite da fondi pensione privati], la liquidazione su larga scala di attivi finanziari porterà a una caduta dei loro valori”.

I fondi pensione falliranno e non potranno pagarvi la pensione, baby boomer. Le azioni Amazon che “valgono tanto” oggi, domani se le vendete varranno quasi niente.

Il rischio per loro: “Più Stato e meno mercato”. Spiega la futurologa: Di fronte alle ineguaglianze crescenti diseguaglianze, i governi diverranno più interventisti, usando (in Usa) tasse più alte e regolamentazioni per compensare gli squilibri dei mercati.

Il governo potrà espandere la sua presenza e la sua parte nel mercato, “come quel che abbiamo visto in Occidente fra la fine della seconda guerra mondiale e i primi anni ‘80”, trasferendo risorse e perfino “diventando compratore diretto di beni e servizi”.

Quel che abbiamo visto fra a fine della guerra e gli anni ’80, è il boom economico – dovuto essenzialmente all’aver sottratto i debiti pubblici ai “mercati”. Nel 1981, l’uomo dei globalisti chiamato Nino Andreatta, attuò il divorzio fra Tesoro e Bankitalia. La banca centrale ebbe il divieto di comprare l’invenduto dei Bot.

Lo fece senza nemmeno passare per il Parlamento – che non decise nulla in questa cruciale decisione politica ma con un accordo a due con il governatore di Bankitalia, che allora era Carlo Azeglio Ciampi. Il primo tradimento della democrazia da parte dell’oligarchia.


L’effetto:

Una strada di Bologna è stata dedicata al nome di Andreatta.