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Se cultura e politica sono in relazione di preminenza culturale e determinazione politica nella stessa unità del soggetto di entrambe, allora la scelta etica non coinvolge il dilemma morale.
Altrimenti, esiste la possibilità del rifiuto culturale e non politico, che se attuato genera la necessità del rispetto per le distinzioni intellettuali del cui valore non si può sapere nel rifiuto, ovvero subentra il dovere morale del politico di non prevaricare ai danni di ciò che è irraggiungibile.
Nei casi restanti, essendo la distinzione attuata con la mente la fondamentale strategia della vita, non accade di poter non rispettarle né di dover rispettarle.
La cultura che precede la politica non è la cultura del successo; è lo strumento necessario per procedere nella politica coi pieni poteri della politica stessa, la quale è basata sulla deliberazione alla politica; e quando v'è stringente necessità di potere politico, questo non giunge dall'obbligo ma dalla generosità. Ciò sarebbe del tutto sorprendente, se non si riflettesse sulla volontà di vivere in cui consiste la vita stessa, per cui anche nel maggior rischio il vivente agisce secondo arbitrio. Ma scegliendo per la politica, la vita non assomma maggiore arbitrarietà, al contrario sceglie ciò per cui l’arbitrio puro è da evitare.
Se la scelta per la politica non è compiutamente tale, la vita politica del compromesso conserva maggiore arbitrarietà ma con un senso del dovere altrimenti assente. A tal senso del dovere è legata la evenienza della sentenza morale di condanna. Insomma non c’è vera maggiore libertà col maggiore arbitrio, al contrario meno libertà e la prospettiva della fine a causa di una riprovazione irrefutabile.
Nei mondi che preferiscono una politica soggetta alle facoltà non politiche resta preferibile il compromesso perché esso pone quelle facoltà in grado di reagire alle difficoltà sopravvenute per mezzo del giudizio sulla politica. Nei restanti mondi prevale o assurge necessità opposta, ed è questo il caso del cosmopolitismo greco ed in particolare della umanità greca, presente in Italia Meridionale, Ellade, Macedonia, Montenegro, Cipro, Turchia europea, ed anche altrove nei pressi di tali luoghi.
Le leggi o regole politiche, locali o regionali o nazionali o familiari, di tali luoghi, non annoverano il caso della sostituzione dello Stato da ciò che non è a sua volta politico, e se lo menzionano lo fanno per rigettare accettazione o attivo ricorso, cioè non ammettono effettivo ricorso a tale caso.
Le regioni dell'Italia Meridionale sono rappresentate da simboli politici autonomi, le cui ragioni e virtù e significati sono e restano inesplicabili al di fuori delle considerazioni politiche stesse. Nel Centro invece essi sono desunti dalla urbanità e civiltà dei relativi luoghi; nel Settentrione dalle attività e peculiarità nei relativi luoghi.
Tali differenze concorrono al godimento reciproco dei poteri distinti di ciascuno. Per tale motivo le Regioni d'Italia hanno per necessità assoluta, relativa o indiretta, la completa autonomia politica, non regionale ma quale forma della politica di provenienza od appartenenza od origine regionale, autonomia non necessariamente delle istituzioni regionali e che nel Meridione è un bisogno costante e primario del vivere e nel vivere politico.
Lo Stato italiano difatti non considera altra sostituzione possibile che l’autosostituzione non impolitica o politica. Inoltre tale Stato è Repubblica democratica, cioè basandosi sulla democrazia consta di manifestazioni nei poteri, appunto per logica democratica, ovvero secondo non limitata né predeterminata provenienza.
La grecità in Italia essendo del tutto naturale non ha la propria politica per autosostentamento, dunque convive entro uno Stato Unitario e più vasto senza esserne danneggiata, fermo restando il potere diretto, spontaneo, della vita politica locale, ma tale potere non ha bisogno di fondazioni, consistendo in una realizzazione etnica cui basta il senso di appartenenza senza il dover costituirsi in forme apposite. Il potere politico nella Italia Meridionale si attua dunque propriamente nella forma essenziale e sobria dell'intervento di persone e gruppi etnici e ha a disposizione facoltà di assenza altrove sconosciuta. Tale assenza non sempre è disimpegno politico, può essere azione anche, in forma di non dare, non concedere, non occasionare, togliere, impedire. In tal senso le necessità di vita in Italia Meridionale offrono le possibilità per quelli del luogo, non altrove esistenti, di una politica solamente ed integralmente greca, senza nazionalismi o destini di stirpe o preferenze religiose o compresenze straniere o idee di civiltà che uniscano fatalità greca ad altre fatalità. Si dice fatalità, perché si considera la naturalità quale fondamento della civiltà e non viceversa: questo si può in alcuni luoghi del Pianeta Terra e non altro ed anche questo ha assicurato alla umanità prosecuzione nel mondo e tra le cose dell'universo. Le necessità vitali e le caratteristiche vitali non sono l’effetto di decisioni arbitrarie e neppure sono criticabili in alcunché. Dunque non ha senso sottoporre al vaglio una descrizione politologica che è anche una informativa politica, quale questa mia.
MAURO PASTORE