Originariamente Scritto da
chicca.s
La direzione e gli altri organi rappresentativi pd sono lo specchio di quello che è la base del partito. Ti posto questo di Umberto Minopoli, con alcune considerazioni su questo che condivido.
Mi ha colpito una risposta del professor Pasquino ad una domanda di Radio Radicale: “perché la base del Pd sembra respingere l’idea di un patto con i Cinquestelle?”: Risposta: “perché Renzi vuole la rivalsa”. Ecco: io vedo in questo una superficialità sorprendente, una cecità, una incomprensione della realtà del Pd, di quello che è diventato, della cultura politica che ormai vi
prevale, delle convinzioni e delle aspettative che ormai pervadono i suoi iscritti ed elettori.
Fossi nel professor Pasquino sarei incuriosito dalle motivazioni della reazione della base del Pd piuttosto che, con faciloneria e semplicismo, spiegare il dissenso diffuso con le presunte volontà di Renzi. Io, fossi in Pasquino, mi interrogherei sul contrario: non è che lo stesso gruppo dirigente del Pd, Renzi compreso, dovrebbe, attentamente, valutare ciò che questo sentimento diffuso, il cosiddetto #senzadime, testimonia ormai della realtà del Pd. Lo dico non in base a simpatie e convinzioni.
Ma con il freddo e neutrale interrogativo di un’analisi sociologica, culturale, identitaria e di valori sulla realtà del Pd attuale. Forse è il caso di aprirla questa discussione. Specie tra gli osservatori che si mostrano così sensibili, preoccupati, attenti a ciò che avviene nel PD. Ma davvero pensate che la base degli elettori e iscritti del Pd sia, specie in questa epoca di comunicazione istantanea e senza barriere, informe e manipolabile, a comando? Sia pure da un leader come Renzi? O c’è un fatto che si è forse sottovalutato e non indagato a dovere: la cosiddetta “base” del Pd è cambiata.
Ormai ci troviamo, dopo i cinque anni della guida Renzi, davanti ad un corpo politico nuovo e diverso. Che ha valori, credenze, domande, profilo identitario affatto in linea e in continuità con la stessa storia del Pd (e delle formazioni che l’hanno preceduto) fino al 2013.
E se il Pd fosse realmente, ormai, realtà irriducibile alla stessa natura del suo progetto originario: la cosiddetta “fusione fredda”
tra le famiglie politiche della prima repubblica? E se, insomma, fosse una realtà plasmata dal progetto che è seguito alla leadership di Renzi cinque anni orsono?
Come io dico: più che di Renzi, signori cari, dovreste interrogarvi sul renzismo. In che senso? Nel senso di smetterla di trattare ancora la leadership di Renzi, in questo quinquennio, come una superfetazione, una giustapposizione, un’aggiunta posticcia. Azzerabile con una semplice rimozione. Si può certamente, vivaddio, rimuovere la persona di Renzi. Dubito che, ormai e oggettivamente, si possano rimuovere ( senza pagare prezzi altissimi) le idee, i caratteri, i codici, il corredo concettuale e la natura del profilo del nuovo Pd originato dall’innovazione del 2013.
Io credo che questo sia stato l’errore degli scissionisti nel 2017. Hanno pensato che il Pd fosse un corpo antico occupato da un’estraneo. E che li avrebbe seguiti per un richiamo nostalgico. Una disastrosa illusione. Il Pd era ed è altra cosa. Può non piacere ad alcuni ma è così. Non si può prescindere da questa realtà.
Il progetto “renzista” (semplifico per economia di parole) ha, piaccia o no, plasmato il nuovo Pd. Un progetto identificabile in issues precise e palpabibili. Che fanno oggi corpo e sangue di questa comunità, dei suoi iscritti ed elettori. E che sono facilmente declinabili: l’estraneità ai filosofemi di una vecchia sinistra, la adesione all’idea che il centrosinistra sia una innovazione sostanziale rispetto all’identità vetusta della sinistra del 900, l’idea che “riformisti sono quelli che fanno le riforme” e non quelli che perdono tempo ad aggettivarle ( se di destra o di sinistra), la priorità dell’innovazione, della modernizzazione istituzionale del paese, della governabilità e della stabilità politica come riforma chiave per l’Italia.
E poi: il futuro come sostanza dell’agenda politica, l’idea che la povertà è meglio abolirla (col lavoro) che mummificarla con sussidi e assistenza, la convinzione che la migliore forma di protezione sociale sia la crescita economica e lo sviluppo. Non la stagnazione che redistribuisce la povertà. E infine Europa. Non come luogo di costrizioni ma sogno, scommessa, ideale di patria più grande.
Ora, signori, questa base del Pd, con questo profilo è lì. È sciocco e velleitario ignorarlo. Sono persone equilibrate, moderate, non intossicate da ideologie. Che disprezzano l’estremismo e il populismo. E si sentono anni luce lontani da Lega e Cinque Stelle. Non possiamo farci niente.