Secondo il Trattato di Torino del 24 marzo 1860, per l'aiuto politico-militare fornito dalle truppe dell'imperatore Napoleone III al Piemonte sabaudo per espandersi nella penisola italiana durante la Seconda guerra d'indipendenza, il circondario di Nizza (insieme alla regione della Savoia) venne ceduto alla Francia. Il plebiscito per l'annessione della città si tenne il 15 e 16 aprile 1860. I Sì (99,4% dei 25.933 votanti) prevalsero nettamente sui No (0,6%) e sugli astenuti (15,6%). Questo fu l'esito di una magistrale operazione, compiuta dalle autorità francesi, di controllo dell'informazione e di occupazione delle posizioni cruciali nell'antica contea nizzarda, al fine di piegare comunque l'esito del voto alle decisioni già prese. La stampa locale si divise: i giornali «La Gazette de Nice» e «Il Nizzardo» erano contrari all'annessione, mentre l'«Avenir de Nice», istituito dal governo francese, era favorevole.
La zona era storicamente, linguisticamente e culturalmente italiana fino a quel momento, e parte della popolazione - specialmente i ceti più abbienti - scelse di emigrare nel nuovo Stato italiano poco dopo l'annessione. Parte dei nizzardi che decise di rimanere subì un processo di imposta francesizzazione, che dopo il 1861 fu favorita e spesso imposta a danno della lingua italiana. Vennero chiuse tutte le pubblicazioni dei giornali italiani, come «La Voce di Nizza». Furono cambiati molti cognomi nizzardi (per esempio Bianchi divenne «Leblanc» e Del Ponte divenne «Dupont»). Il 14 giugno 1860 l'ex circondario di Nizza venne trasformato nel dipartimento delle Alpi Marittime. Il risultato fu un rigetto iniziale della Francia da parte di molti nizzardi: gli irredentisti italiani si fecero portavoce di questo rigetto tramite il loro portavoce, il nizzardo Giuseppe Garibaldi.
Come conseguenza, su un totale di 44.000 abitanti, emigrarono dal Nizzardo in Italia oltre 11.000 persone nel decennio successivo all'Unità d'Italia. Gli esuli nizzardi si trasferirono principalmente in Liguria e nelle grandi città italiane, come Torino, Milano, Firenze, Roma e Bologna, dove crearono organizzazioni l'«Associazione di Mutuo Soccorso per gli Emigrati Nizzardi in Torino», mentre si affermava che «tutta la storia di Nizza è una protesta contro la nostra separazione dall'Italia, contro la nostra incorporazione alla Gallia».
L'8 febbraio 1871, dopo la proclamazione della Terza Repubblica francese, alle elezioni politiche Giuseppe Garibaldi venne eletto all'Assemblea Nazionale, insieme ai nizzardi Luigi Piccon e Costantino Bergondi, con il preciso mandato di far abrogare il Trattato di Torino con cui la contea di Nizza era stata ceduta a Napoleone III, ora in esilio. Le liste filo-italiane ebbero 26.534 voti su 29.428 voti espressi. «Appena conosciuto il risultato del voto, una folla immensa si partì dal palazzo municipale ed al grido di Viva Nizza, Viva Garibaldi, attraversò il Ponte Nuovo, si fermò sulla piazza Massena, imboccò la via Gioffredo, si trattenne per poco dinanzi il consolato italiano e, ritornata sui suoi passi, si fermò sotto le finestre dei candidati che arringarono il popolo, e furono entusiasticamente applauditi. Verso la mezzanotte e mezzo la moltitudine, ebbra di gioia e d’entusiasmo per la vittoria ottenuta, percorreva ancora le vie [Storie e letterature italiane di Nizza e del Nizzardo - Giulio Vignoli]». Di risposta il governo di Parigi inviò 10.000 soldati nel Nizzardo, chiusero il giornale filo-italiano «Il Diritto» ed incarcerarono molti irredentisti italiani. Subito la popolazione nizzarda reagì e per tre giorni si sollevò, ma ebbe la peggio nei confronti delle truppe francesi, con molti incarcerati e feriti.
Il 13 febbraio 1871, al deputato Garibaldi fu impedito di parlare davanti all'Assemblea Nazionale francese. Dopo i «Vespri nizzardi» furono allontanati dalla città gli ultimi irriducibili irredentisti che appoggiarono il Risorgimento italiano, completando l'esodo nizzardo. Il più illustre era Luciano Mereu, che fu espulso da Nizza con altri tre rinomati nizzardi garibaldini: Adriano Gilli, Carlo Perino, e Alberto Cougnet. Anche il famoso scrittore e critico d'arte Giuseppe Bres fu esiliato dai francesi per alcuni anni a causa della sua partecipazione ai Vespri; numerosi altri esuli tra scrittori e letterati: Francesco Barberis, Enrico Sappia, Giuseppe Bovis, Giuseppe André e Pier Luigi Caire. Lo stesso Garibaldi, che venne eletto dai nizzardi, rifiutò nel 1873 il suo incarico e - comportandosi da esule - non tornò più nella sua città natale per protesta.
Successivamente e fino alla fine del secolo, oltre all'espulsione di vari cittadini di Nizza moderatamente favorevoli all'Italia e alla sua unificazione, si ebbe un rafforzamento del processo di francesizzazione in tutto il Nizzardo e dei suoi toponimi. La successiva crescita tumultuosa della città, dovuta principalmente al turismo d'alto bordo europeo, fra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, l'arrivo di immigrati provenienti da ogni parte della Francia e dalle colonie, sommersero l'antico nucleo etnico nizzardo di origine italiana, che tuttavia resistette fino agli anni '30 e '40 del secolo.