IL GOLPE IN PAKISTAN
di OG
APR 12, 2022di SOLLEVAZIONE
Riceviamo e pubblichiamo. Quanto accade in Pakistan è pressoché taciuto dai provincialissimi mezzi d’informazione italiani.
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“Ciò che accade in Afghanistan non resta mai in Afghanistan”
Proverbio pashtun
L’Asse Tehran-Dehli-Pechino nella profezia di Soleimani
Nell’ultima settimana di marzo il ministro degli Esteri cinese Wang Yi visitava Pakistan, Afghanistan, India, Nepal e partecipava alla riunione del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica che ospitava una serie di conferenze internazionali sull’Afghanistan. Il viaggio di Wang in India era fondamentale ed epocale dato che i ricordi dello spargimento di sangue nella Galwan Valley del Ladakh, dove si scontrarono furiosamente due anni fa i soldati indiani e cinesi, sono ancora freschi. Riguardo alla crisi ukraina, Cina e India pur condividendo il neutralismo filorusso avevano posizioni certamente differenti. Se a Pechino interessava soprattutto allontanare il più possibile le forze NATO dall’Asia pur non potendo condividere totalmente, come è evidente, il sostegno al “separatismo” russofilo del Donbass, l’India condivideva con la Russia il medesimo orizzonte ideologico – nazionalismo politico-religioso e non etnico, tradizionalismo ideocratico, antiglobalismo radicale, guerra culturale al progressismo genderista ed al postmodernismo – ed era particolarmente interessata alle armi russe di ultima generazione. I cinesi erano soprattutto interessati a trovare un’opportunità per colmare le tradizionali distanze sino-indiane ed a definire una posizione comune contro le richieste occidentali basate su azioni più decise nei confronti della Russia. Pechino sosteneva che la “prepotenza americana” avrebbe portato India e Cina, che pur partivano da posizioni divergenti, su un fronte comune:
“Il conflitto russo-ucraino ha fatto sentire all’India lo stile prepotente di Washington. Per non aver seguito la prepotenza statunitense nel condannare e sanzionare la Russia, Washington ha ripetutamente accusato e minacciato di sanzionare l’India, ed ha anche sfacciatamente avvertito l’India di non importare petrolio russo. Tale persecuzione di una tale potenza emergente come l’India è senza dubbio una grave offesa al principio indiano della diplomazia indipendente. I netizen indiani una volta hanno inserito l’argomento “Io sostengo Putin” nella ricerca a caldo di Twitter, che è la semplice resistenza del popolo patriottico indiano alle pratiche egemoniche di Washington”
24 marzo 2022: Wang Yi con il Mininistro degli Esteri indiano S. Jaishankar, ideologo di un Nazionalismo indiano “neo-mazziniano” e teorico della globalizzazione del principio sovrano indiano
Il Ministro degli esteri di Nuova Dehli S.Jaishankar durante l’incontro poneva al suo omologo come centrale la questione afghana. Dal ritiro delle truppe americane lo scorso agosto, l’influenza della Cina nel Paese era infatti notevolmente cresciuta, così come i suoi interessi economici e di sicurezza nell’area; l’India pur avendo interessi significativi nello sviluppo e nella sicurezza strategica dell’Afghanistan, non era però stata inclusa in nessuno di questi incontri guidati dalla Cina mentre il Pakistan, come noto uno dei principali problemi della sicurezza nazionale indiana, partecipava a tutti e tre. I nazionalisti indiani del BJP (Bharatiya Janata Party) ponevano dunque ai cinesi come condizione fondamentale la sicurezza e la stabilizzazione dell’area afghana come già il 6 agosto 2021, una settimana prima della “liberazione di Kabul” dalla coalizione occidentale, il ministro degli esteri indiano aveva fatto presente al presidente iraniano Raisi, che andò appositamente a incontrare a Tehran subito dopo il giuramento del 5 agosto. Il nazionalismo indiano diceva in sostanza a Pechino di non aver affatto dimenticato il proditorio attacco compiuto dall’Esercito Popolare di Liberazione nel maggio 2020 nel LAC, che uccise 20 soldati indiani, attacco condannato anche da Mosca e Tehran, ma di essere disponibile a un nuovo Asse geopolitico e strategico, con il fine prioritario di stabilizzare Kabul e annientare il terrorismo takfirista sostenuto dalla NATO e dall’Occidente contro il nazionalismo afghano e in prospettiva contro Dehli. La profezia di Qassim Soleimani, leggendario generale persiano vigliaccamente ucciso da The Donald nel gennaio 2020, in realtà non ucciso ma “martirizzato” secondo le forze della Resistenza sciita, consisteva per Jilles Kepel nella elaborazione teorica di un Asse tra Cina Iran e India che gettasse le fondamenta di un nuovo ordine multipolare. Niente è più vicino alla realtà storica oggi di quanto Soleimani teorizzò anni e anni fa: la coalizione in fieri tra Cina India e Iran potrebbe accellerare l’avvento del Multipolarismo e del differenzialismo organico non universalista e non globalista ma su base nazionale e culturale. Nel marzo 2022 ad esempio, nel giorno della nascita dell’Imam Mahdi secondo il calendario sciita, una delegazione talebana rendeva omaggio simbolico all’ambasciatore iraniano Bahadur Aminian celebrando la sincera propria devozione alla “millenaria nazione persiana”.
continua...
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