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  1. #31
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    Predefinito Re: Lotte proletarie e sindacali, iniziative, comunicati...

    Manifestazione a Piacenza:

    [PIACENZA] Il 9/06 corteo contro la repressione! Per Sacko, per Moustafa: lotta di classe!

    PIACENZA, SABATO CORTEO CONTRO LA REPRESSIONE

    contro la condanna di Moustafa e l’assassinio di Sacko Soumaila


    Il Tribunale di Piacenza ha condannato Moustafa Elshennawi, lavoratore egiziano aderente al SI Cobas, a 4 anni e 8 mesi di carcere e a pagare 50.000 euro al Comune di Piacenza per la partecipazione alla manifestazione antifascista del 10 febbraio scorso.

    Una pena fuori di ogni proporzione, che è un chiaro segnale della linea repressiva preannunciata dal nuovo ministro dell’Interno contro gli immigrati e contro chi combatte questo sistema di sfruttamento.

    Mentre i fascisti che hanno aggredito e mandato all’ospedale lavoratori immigrati (vedi Pavia) non sono stati perseguiti dalle forze dell’”ordine”, che hanno invece ovunque difeso i loro comizi, le manifestazioni contro la violenza e il razzismo fascista sono state ovunque duramente represse dallo Stato, come sono sempre più spesso represse le lotte dei lavoratori nella logistica e nel settore delle carni.

    Ora di fronte alla fucilazione di un bracciante e attivista sindacale africano in Calabria, il nuovo ministro dell’Interno Salvini, “spiega” le fucilate con l’esistenza di baraccopoli e clandestini che “acuiscono la tensione sociale”: colpa loro, che lavorano 12 ore al giorno senza prendere una paga sufficiente per pagarsi una stanza!

    E proprio in questi giorni si apre una raffica di processi contro le lotte operaie nella logistica, a partire dal processo contro il coordinatore del SI Cobas Aldo Milani, costruito sulla base di macchinazioni di padroni e Questura.

    Contro questi annunci di barbarie repressiva occorre tenere alta la mobilitazione e far crescere la solidarietà e l’azione comune tra lavoratori italiani e immigrati, contro le manovre per dividerli e colpire entrambi che sono nel programma del nuovo governo.

    Solidarietà a Moustafa, Sacko e a tutti coloro che sono repressi perché lottano per i diritti dei lavoratori!

    Sabato 9 giugno, ore 15,

    Giardini Margherita, Piacenza

    Manifestazione contro la repressione!

    SI COBAS
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  2. #32
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    Predefinito Re: Lotte proletarie e sindacali, iniziative, comunicati...

    https://www.sicobas.org/news/2986-fc...ta-in-fiat-fca



    LA CASSAZIONE RI-LICENZIA I 5 OPERAI FCA DI POMIGLIANO

    "LO STATO C'E'"... ED E' DALLA PARTE DEI PADRONI!





    Nella giornata di mercoledì la Corte di Cassazione ha posto con ogni probabilità la pietra tombale sulla lunga battaglia di Mimmo, Massimo, Marco, Antonio e Roberto, licenziati nel giugno del 2014 per aver "osato" con una rappresentazione satirica denunciare e far luce sui suicidi dei cassintegrati Fiat e successivamente reintegrati a settembre 2016 allorquando la Corte d'Appello di Napoli, sancì l'illegittimità dei licenziamenti in nome del diritto di critica e di satira.

    Non abbiamo mai nutrito particolari illusioni nella giustizia di Stato: la storia insegna da sempre che i Tribunali, soprattutto nei livelli più alti e nei gradi superiori di giudizio, nel migliore dei casi sono sensibili alle pressioni della classe dominante, nei casi peggiori (come in questa occasione) sono completamente proni ai padroni.

    I rapporti giuridici, da sempre, sono fondati sui rapporti di forza tra le classi, e in regime capitalistico quasi sempre gli operai hanno la possibilità di veder riconosciuti i loro diritti nelle aule di Tribunale solo quando l'azione legale è supportata da un'ampia mobilitazione operaia.

    In una fase storica che vede i padroni all'offensiva e gli operai in ritirata (soprattutto in FCA e nel comparto metalmeccanico) l'orientamento delle supreme corti tende sempre più ad appiattirsi alle esigenze del profitto e alla volontà dei padroni: non è un caso che negli ultimi anni le sentenze della Cassazione sono in stragrande maggioranza favorevoli alle aziende, non di rado ribaltando (come in questo caso) l'esito del giudizio d'appello.

    Una sentenza che, dunque, provoca rabbia e delusione ma non desta particolare sorpresa.

    Casomai, ci aveva sorpreso, in positivo, la coraggiosa presa di posizione della Corte di Appello, che due anni fa con un'ampia e articolata disamina dei fatti, agendo in controtendenza, decise di anteporre il rispetto delle leggi e dell'articolo 21 della Costituzione alla "sacralità" del profitto e della proprietà privata...

    Ciò anche, crediamo, anche grazie alla testardaggine e all'abnegazione nostra e dei nostri compagni, che in un contesto nettamente sfavorevole (in quanto segnato da un clima di pace sociale senza precedenti all'interno degli stabilimenti), furono capaci di supplire all'assenza di mobilitazioni operaie col sostegno esterno dei facchini SI Cobas e la costruzione una fitta rete di solidarietà e di iniziative di denuncia e controinformazione: un "piano B" di lotta che evidentemente non poteva bastare a sconfiggere il "Golia Marchionne" e contrastare il peso politico della Fiat fin nelle aule dei più alti vertici del potere giudiziario.

    Ciò che invece lascia sconcertati è la superficialità e il pressapochismo delle motivazioni con cui la Cassazione ha ribaltato la sentenza di secondo grado, decretando in via definitiva l'espulsione dei 5 operai del SI Cobas: poche paginette in cui viene sposato in toto il "Marchionne-pensiero" senza approfondire minimamente le ragioni di una tale pronuncia e senza tenere in alcun conto le motivazioni della difesa, come se nel processo gli operai e le loro ragioni non esistessero neanche.

    A coronamento di tutto, la suprema corte si è ben guardata dal rinviare il giudizio nuovamente alla Corte d'Appello, come accade spesso in processi di tale rilevanza e delicatezza, e ha emesso una sentenza definitiva e inoppugnabile, tale da non lasciare aperto pressochè nessuno spiraglio alle ragioni operaie.

    Tutti questi elementi ci convincono della giustezza delle parole del nostro legale Pino Marziale che ha definito il collegio come letteralmente "sdraiato" sui voleri della FCA, e ci appaiono i segni inequivocabili di una sentenza che è tutta politica.

    In queste settimane sta prendendo forma in FCA il "piano industriale", che come denunciavamo già da diversi mesi non è altro che l'ennesima mazzata sulla testa degli operai: 15 mesi di cassa integrazione straordinaria per 4600 dipendenti solo a Pomigliano e Nola, che si vanno ad aggiungere alle migliaia nel resto degli stabilimenti italiani, come sempre con l'avallo di FIM-UILM-UGL e il più che probabile beneplacito del nuovo governo giallo-verde che dovrà soddisfare ancora una volta la fame di profitti di Marchionne e degli Elkann con un ondata finanziamenti pubblici, utilizzando l'ipocrita scusa di dover "evitare migliaia di licenziamenti".

    E' ovvio che in un tale contesto, potenzialmente esplosivo, "lorsignori" dovevano liberarsi in fretta e furia della spina nel fianco dei cinque, da sempre i più strenui oppositori del Piano Marchionne e tenuti da anni fuori dalla fabbrica finanche dopo la sentenza di reintegro perchè riconosciuti da tutti come avanguardie di lotta.

    Non solo: i padroni avevano bisogno che la pronuncia della Corte di Appello venisse ribaltata anche per impedire che la vicenda dei cinque diventasse un "pericoloso precedente" per tutti quei casi di lavoratori licenziati negli ultimi anni per aver osato criticare il datore di lavoro in pubblico o sui social network.

    Nel contesto di una tale azione concentrica, risuonano piuttosto tragicomiche le dichiarazioni del vice-premier e ministro del lavoro Luigi Di Maio, il quale ieri sera, recandosi all'ospedale di Nola per incontrare Mimmo Mignano a seguito del gesto estremo di protesta compiuto sotto la sua abitazione abitazione, alla presenza di decine di collaboratori e dell'immancabile esercito di telecamere e flash fotografici, ha dichiarato solennemente "lo stato c'è".

    Gli operai che "lo stato c'è" lo sanno da sempre: è quello stato che consente ai padroni di sfruttarli in cambio di salari da fame, licenziare, evadere i contributi, violare le leggi, fare oltre 1000 morti sul lavoro all'anno.

    E' lo Stato che quando gli operai si autorganizzano e decidono di scioperare e lottare contro l'oppressione, arriva in soccorso ai padroni con i lacrimogeni, i manganelli, le denunce e gli arresti.

    E' lo stesso Stato degli uomini della Questura che anche ieri, negli stessi istanti in cui Mimmo metteva a repentaglio la propria vita cospargendosi il capo di benzina, si preoccupavano di dover rimuovere a tutti i costi un innocuo striscione indirizzato a Di Maio e una bandiera del SI Cobas nelle vie di Pomigliano...

    Ora staremo a vedere se i nuovi campioni della "legalità a 5 stelle" avranno il coraggio di impedire in parlamento che milioni di euro di finanziamenti pubblici pagati dai lavoratori dipendenti con le tasse finiscano nelle tasche dei vertici FCA mentre migliaia di operai faranno la fame, o se invece, com'è più che probabile, il fascino del potere porterà il nuovo governo a sdraiarsi ai piedi dei padroni come tutti i governi che l'hanno preceduto.

    Con la sentenza di ieri Marchionne e i suoi compari credono di aver chiuso definitivamente la partita con l'opposizione operaia.

    Di certo il licenziamento definitivo dei cinque è un colpo molto duro non solo per gli operai FCA, ma per l'intera classe lavoratrice italiana.

    La realtà è ben diversa: ieri i padroni hanno vinto un importante battaglia, ma la guerra non finisce con una pronuncia della Cassazione.

    L'ondata di CIGS dimostra che la crisi di FCA continua ad avvitarsi su se stessa, e prima o poi sarà inevitabile che l'attacco sistematico ai salari porterà gli operai a ribellarsi e a buttare via la paura che da anni li attanaglia, generando nuovi Mimmo, nuovi Massimo, nuovi Marco, nuovi Antonio, nuovi Roberto.

    Lo scorso 23 marzo fuori ai cancelli di Pomigliano iniziava già a respirarsi un'aria nuova, e probabilmente quest'aria turba il sonno non solo dei vertici FCA, ma anche dello Stato borghese e dei suoi organi di vertice.

    E' la stessa aria di riscossa che quotidianamente si respira a pieni polmoni ogni giorno fuori ai cancelli di centinaia di magazzini della logistica, dove gli operai hanno sconfitto a più riprese padroni, sistema delle cooperative e apparati repressivi.

    Marchionne non si illuda: finchè in fabbrica ci saranno operai da sfruttare, i suoi stabilimenti saranno come vulcani in sonno: nessuno può sapere con certezza quando vi sarà l'eruzione, ma è inevitabile che vi sarà.

    Noi continueremo a lavorare in questa direzione assieme ai cinque nostri compagni licenziati, a partire da una ferma e radicale opposizione alla nuova ondata di Cigs, a Pomigliano e non solo.

    Toccano uno - toccano tutti!

    Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso.

    S.I COBAS nazionale
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  3. #33
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    Predefinito Re: Lotte proletarie e sindacali, iniziative, comunicati...

    Soliti vigliacchi....

    [BOLOGNA] Sciopero alla Conor: ammanettato il coordinatore provinciale S.I. COBAS

    CONOR METTE IN MEZZO ALLA STRADA 22 LAVORATORI,
    LA QUESTURA INTERVIENE E METTE IN MANETTE
    IL COORDINATORE PROVINCIALE S.I. COBAS





    ACCADE NELL'EMILIA DELLA LEGACOOP CHE AL MARGINE DI UN'ASSEMBLEA SINDACALE LA DIGOS SI PRESENTI IN FORZA DENTRO E FUORI I CANCELLI DELL'AZIENDA A INTIMIDERE I LAVORATORI E ACCADE DOPO NEMMENO UN'ORA DALL'INIZIO DI UNO SCIOPERO REGOLARMENTE PROCLAMATO CHE SIMONE CARPEGGIANI COORDINATORE PROVINCIALE DEL SICOBAS VENGA “ACCOMPAGNATO IN QUESTURA AMMANETTATO” INSIEME A PETRICA UN ALTRO LAVORATORE DEL S.I. COBAS.

    L'ASSEMBLEA SINDACALE SI STAVA SVOLGENDO ALLA CONOR SRL, AZIENDA LEADER NELLA DISTRIBUZIONE DELL'ORTOFRUTTA, CONSORZIATA CON AGRIBOLOGNA E RAPPRESENTATA DA LEGACOOP.

    IN CONOR LAVORANO 22 LAVORATORI CHE NELL'ARCO DI 15 ANNI HANNO VISTO AVVICENDARSI NUMEROSI CAMBI APPALTO, NEL SOLITO CONTESTO DI IRREGOLARITA' E FURTO DI QUOTE SOCIALI TRATTO DISTINTIVO NON SOLO DELLE COOPERATIVE SPURIA MA ANCHE DI QUELLE LEGACOOP (N.B ILLUNGO SCIOPERO DELLA GRANAROLO).

    NEGLI ULTIMI ANNI I LAVORATORI ORGANIZATTISI NEL SICOBAS ERANO RIUSCITI A FARSI RISPETTARE ACQUISTANDO DIGNITA' E DIRITTI LIBERANDOSI DI ANNI DI SFRUTTAMENTO E RUBERIE E QUESTO EVIDENTEMENTE E' STATO UN OLTRAGGIO CHE LA COMMITTENZA NON HA MAI VOLUTO ACCETTARE.

    COSI' DOPO 15 ANNI PASSATI A CARICARE E SCARICARE CASSE DI FRUTTA E VERDURA 22 LAVORATORI VENGONO LASCIATI A CASA SENZA ALCUNA COMUNICAZIONE UFFICIALE E LO SCOPRONO 10 GIORNI PRIMA ATTRAVERSO UNA TELEFONATA FATTA NEL CORSO DELL'ASSEMBLEA SINDACALE.

    NE' CONOR SRL NE' ALICE LA FORNITRICE( COOPERATIVA LEGACOOP) HANNO MAI RISPOSTO ALLE RICHIESTE DEL SINDACATO DIRETTE A CHIARIRE LA SITUAZIONE.

    ALICE SI E' LIMITATA A DISDETTARE L'APPALTO E CONOR HA PREFERITO ASSUMERE EX NOVO ALTRI LAVORATORI, CON L'INTENZIONE DI LASCIARE IN MEZZO ALLA STRADA LAVORATORI CHE ORMAI AVEVANO ACQUISITO TROPPI DIRITTI E TUTELE.

    IN UN SIMILE CONTESTO L'AZIENDA CHIEDE UN INTERVENTO ALLE FORZE DELL'ORDINE CHE PRONTAMENTE RISPONDONO E GIUNGONO IN FORZA SUL POSTO MENTRE L'ASSEMBLEA SINDACALE E' ANCORA IN CORSO.

    I LAVORATORI FUORI DAI CANCELLI TROVANO AD ATTENDERLI REPARTI ANTISOMMOSSA CHE DISTRIBUISCONO MANGANELLATE AI LAVORATORI E UNA NUTRITA RAPPRESENTANZA DELLA DIGOS BOLOGNESE CHE PORTA CON SE' FASCICOLI DI AVVISI DI INDAGINE RELATIVI AD UN PRECEDENTE SCIOPERO NAZIONALE.

    IL TENTATIVO DI PESANTE INTIMIDAZIONE VERSO I LAVORATORI VIENE PRONTAMENTE RIFIUTATO E ALLA NOTIZIA CHE SIMONE SI TROVI AMMANETTATO IN QUESTURA INSIEME A PETRICA SUSCITA NEL SICOBAS NAZIONALE UN'IMMEDIATA REAZIONE E LO SCIOPERO NAZIONALE DIVENTA IMMINENTE.

    PASSA POCO TEMPO E I DUE VENGONO RILASCIATI TRA LE BRACCIA DEI LORO COMPAGNI GIUNTI ALLA QUESTURA PER RECLAMARNE LA LIBERAZIONE.

    OGGI 20/06/2018 E' STATO CONVOCATO UN TAVOLO IN PREFETTURA DOVE VERRA' AFFRONTATA LA SORTE DEI 22 LICENZIATI DELLA CONOR.

    PER QUANTO CI RIGUARDA NON SARA' MAI LA REPRESSIONE A FARCI FARE UN PASSO INDIETRO FINCHE' AI LAVORATORI NON VERRANNO DATI I LORO DIRITTI.

    BENTORNATO SIMONE!

    BENTORNATO PETRICA!

    S.I. COBAS BOLOGNA
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  4. #34
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    Predefinito Re: Lotte proletarie e sindacali, iniziative, comunicati...

    [BRESCIA] Sciopero di solidarietà: la lotta di classe non si processa!

    LE LOTTE NON SI PROCESSANO!

    Ieri presso il tribunale di Brescia, si é aperto il processo contro due militanti del S.I. COBAS e una trentina di facchini in forza alla Penny Market di Desenzano del Garda (BS) e dipendenti di una cooperativa, accusati di avere scioperato!

    In solidarietà con loro e contro la repressione, si é fermata tutta la logistica di Brescia!

    Le accuse sono di violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale.

    I fatti risalgono all'ottobre 2015, quando decine di facchini scioperarono e bloccarono i cancelli del magazzino con un nutrito picchetto, con lo scopo di rivendicare condizioni di lavoro dignitose.

    Come spesso accade nel settore della logistica si era verificato l'ennesimo cambio di cooperativa, che aveva determinato un azzerramento delle anzianità di tutti gli operai e l'abbassamento al livello contrattuale più basso.

    Insieme ai lavoratori, numerosi solidali hanno picchettato giorno e notte, passando diverse ore al freddo ma spinti dalla rabbia e dalla volontà di dare tutto il sostegno alla lotta portata avanti dagli operai con la guida del sindacato S.I. COBAS.

    Toccano uno, toccano tutti!

    Non si processa il diritto di sciopero!
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  5. #35
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    Predefinito Re: Lotte proletarie e sindacali, iniziative, comunicati...

    Assemblea nazionale contro sfruttamento e repressione

    [BOLOGNA] L'8/07 assemblea nazionale: contro sfruttamento e repressione, la lotta!


    ASSEMBLEA NAZIONALE
    DOMENICA 8 LUGLIO
    A BOLOGNA, VIA AURELIO SAFFI 30
    SEDE SI COBAS


    Decenni di macelleria sociale, di attacco ai salari e di smantellamento di ogni forma di tutela sociale dentro e fuori i luoghi di lavoro hanno prodotto il collasso elettorale del PD, della sinistra di Stato e di tutti coloro che si sono resi complici di una stagione di austerity ordinata dai padroni per uscire dalla loro crisi generale, e pagata sulla pelle e col sangue di milioni di proletari.

    Guerre, licenziamenti, precarietà, morti sul lavoro, tagli drastici alla spesa sociale, misure antisindacali, attacco al diritto alla casa, militarizzazione dei territori, dei confini e delle coste: utilizzo degli immigrati come manodopera supersfruttata messa alla mercè di padroni schiavisti in nome di una retorica ipocrita dell'"accoglienza" dietro cui si cela il business delle braccia ad opera di Onlus e sistema delle Cooperative; devastazioni ambientali, arresti e repressione nei confronti di chiunque si oppone a tutto ciò con gli scioperi e la lotta: questo il cumulo di macerie lasciato in eredità dai padroni e dai governi della "seconda Repubblica".

    Su queste rovine la destra di Salvini e il qualunquismo dei 5 Stelle hanno costruito la loro fortuna, speculando sulla disperazione e sulla paura di milioni di operai e disoccupati e indirizzando il malessere sociale verso la barbarie del razzismo e della guerra tra poveri.

    Non sappiamo quanto durerà la "luna di miele" tra il governo Conte e i milioni di disperati e "disillusi" che ad esso si sono affidati; sappiamo però con certezza che chi soffia sul fuoco delle divisioni su base etnica e sull'odio xenofobo non potrà mai offrire nulla di buono ai lavoratori.

    Chi come noi è stato per anni in prima fila nelle lotte della logistica al fianco di migliaia di proletari immigrati e ha visto crescere e svilupparsi un processo straordinario di liberazione dalle forme più brutali di sfruttamento, sa bene che il razzismo è, oggi più di ieri, una potente arma in mano ai padroni per dividere la classe oppressa: oggi si colpisce il suo anello più debole ma al tempo stesso più combattivo; domani si attaccheranno ancora più a fondo le condizioni di vita e salariali dei lavoratori italiani.

    Lo scorso 24 febbraio come SI Cobas abbiamo lanciato il sasso nello stagno della frammentazione, della disillusione e del senso d'impotenza che da tempo alberga in larga parte del sindacalismo di base e dei movimenti.

    Abbiamo provato a "sparigliare le carte" rifiutando ogni illusoria e oramai ritualistica riproposizione di scorciatoie elettorali, respingendo al mittente ogni tentativo aperto o occulto di iniettare nelle vene della nostra classe il veleno de nazionalismo e del sovranismo, e mettendo in campo il peso reale di migliaia di lavoratori che ogni giorno combattono nelle trincee dei magazzini della logistica in una lotta che diviene sempre più un esempio e un'indicazione pratica per le avanguardie attive in tutte le categorie e, in prospettiva, per l'intera classe degli sfruttati.

    La crisi capitalistica pone ogni lotta parziale per la difesa e il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari dinanzi a un bivio: o si pone nell'ottica di una più ampia e generale battaglia anticapitalista e internazionalista, o si autocondanna alla testimonianza, e quindi alla sconfitta.

    Il successo della manifestazione del 24 febbraio, replicato in numerose piazze cittadine lo scorso 1 maggio, dimostra chiaramente che il processo di sviluppo di un fronte anticapitalista è non solo necessario, ma anche praticabile.

    Le illusioni elargite a piene mani dal governo "giallo-verde" vanno aggredite nell'immediato, mettendone a nudo le contraddizioni e smontandone pezzo dopo pezzo l'impianto demagogico e reazionario. Terminata la solita sequela di promesse elettorali a tutto e tutti, appare già in maniera chiarissima la natura di classe del duo Salvini-Di Maio e la loro subordinazione alla fame di profitti di padroni e padroncini e alla loro volontà di esportare ovunque il modello di sfruttamento "Marchionne- Amazon".

    Alla retorica pentastellata di un "reddito di cittadinanza" che va configurandosi sempre più come un cavallo di Troia utile a conseguire il duplice obbiettivo di costringere, da un lato, i disoccupati ad accettare ogni forma di sfruttamento e di precarietà e dall'altro a completare lo smantellamento delle tutele e dei CCNL per chi un lavoro ce l'ha, opponiamo una battaglia generale per il salario pieno e garantito a tutti i proletari occupati e disoccupati.

    Alla barbarie del razzismo leghista opponiamo una mobilitazione generale per il diritto d'accesso, di soggiorno e di asilo a chiunque sbarca sulle nostre coste in fuga dalle guerre e alla ricerca di un futuro migliore per se ed i suoi familiari, e per il definitivo smantellamento del sistema di schiavitù, di miseria e di morte in cui versano oggi migliaia di lavoratori immigrati nelle campagne del Sud Italia e nell'intera filiera agroalimentare.

    All'illusione nazionalista e sovranista dei "No-Euro" opponiamo un serio lavoro di coordinamento e collegamento delle lotte e degli scioperi su scala europea e internazionale.

    Alla repressione, ai licenziamenti politici e all'isteria securitaria opponiamo una campagna per il diritto di sciopero di critica e di opinione, contro gli sgomberi e gli attacchi agli spazi sociali e alle occupazioni a scopo abitativo, per dire no ai DASPO e al ricatto delle sanzioni amministrative, per la libertà immediata di tutti i compagni e gli attivisti incarcerati, condannati o sotto processo a seguito di lotte sociali, politiche e sindacali.

    Per discutere e definire insieme i temi, i percorsi e le scadenze di lotta prossime venture, invitiamo tutte le organizzazioni del sindacalismo di base e le realtà di movimento all'assemblea nazionale che si terrà domenica 8 luglio, alle ore 10,30 presso la sede SI Cobas in via A. Saffi 30.

    Per adesioni inviare un messaggio alla pagina facebook SI Cobas Lavoratori Autorganizzati.
    Lotta di classe e(') autoorganizzazione di classe.

  6. #36
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    Predefinito Re: Lotte proletarie e sindacali, iniziative, comunicati...

    CUB Poste: DECIDE LA LOTTA NON IL “CRETINISMO PARLAMENTARE”

    Bisogna insistere e tornare su questa questione perchè strati importanti di lavoratori stanno uscendo dalla passività, cominciano a mobilitarsi, si danno le prime forme di organizzazione; forme da sostenere, da incoraggiare, a cui dare tutto il nostro appoggio.


    La realtà che la propaganda racconta come normalizzata è invece una fucina di conflitti, ora aperti ora latenti: recapito, ctd, trasferimenti sono oggi le situazioni dove è più manifesta una volontà di lotta.
    I lavoratori, sempre più numerosi, si distaccano dai sindacati tradizionali da cui non si sentono più rappresentati avendone constatato il grado di corruzione e di puntello per i padroni, e iniziano a lottare per i propri interessi; sentono che se non si fa così, se non si uniscono, se non si mettono insieme, nulla cambia. E noi lavoratori abbiamo interesse invece a che la situazione cambi, eccome!, e che cambi effettivamente, radicalmente, non con qualche aggiustatina di facciata.


    Arriviamo così al cuore del problema: cambiare sì, ma come?


    Qui si gioca una parte importante e decisiva del ruolo e dei compiti dei sindacati di base. Ci affidiamo alle interpellanze parlamentari? Chiediamo udienza a Palazzo Chigi? A “nuovi e onesti governi amici”? In una parola: organizzarsi per cercare l'amicizia del governo, o organizzarsi per rilanciare il conflitto?
    Le rivendicazioni dei lavoratori non sono questioni morali (cattiveria aziendale, inumanità da correggere con l'intervento di un governo “al di sopra delle parti” (?), giusto (??), ecc.) ma materiali: lottare per migliorare le condizioni di lavoro, per aumentare salari e stipendi, per un'occupazione piena e con diritti, contro disoccupazione, sfruttamento, precarietà. E per precarietà non intendiamo solo quella dei ctd ma anche quella dei trasferimenti che è una precarietà mascherata, non meno ma spesso più ingiusta, perchè affonda le radici in uno sviluppo distorto della storia d'Italia.


    La precarietà non è un fenomeno passeggero tantomeno un'opportunità come favoleggiavano i maitre à penser a libro paga ma una condanna salariale! E' penetrata nel mondo del lavoro sino a diventare l'asse portante dell'attuale fase liberista; un elemento strutturale di una organizzazione del lavoro che è orientata al massimo profitto non alle necessità umane, che appunto può schiacciare con tratto burocratico. Contro questo moloch non valgono le preghiere, le invocazioni a “mettersi una mano sul cuore” ma bisogna lottare, strappare, questi diritti.
    Ma lottare significa, in primo luogo, organizzarci, sostenerci a vicenda, rispondere insieme, costruire la nostra forza, non quella di altri.


    Oggi, in questa situazione di disgregazione sociale, dopo cioè che il movimento dei lavoratori è stato prima tradito poi sconfitto, è solo la lotta che decide. Non c'è più un quadro istituzionale influenzabile dalla spinta dei lavoratori. Oggi il quadro istituzionale è costruito sulle logiche del profitto; ed è qui il punto da aggredire, senza farci deviare da falsi obiettivi.

    Tempi lunghi? Non più dell'illusione che riposa nella testa di chi crede che il cretinismo parlamentare possa assolvere a qualche compito. E poi i tempi non sono un dato fisso, scolpito nelle tavole delle scienze politiche ma dipendono dalla volontà di lotta, dalla tenacia, e dalla forza, sia numerica che decisionale, dei lavoratori.

    AVANTI CON LE LOTTE
    AVANTI CON L'ORGANIZZAZIONE DEI LAVORATORI, INDIPENDENTE DA PADRONI, GOVERNI, PARTITI


    novembre 2018

    Collettivi Unitari di Base dei Lavoratori delle Poste
    Venezuela e Zimbabwe nei nostri cuori!

  7. #37
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    Predefinito Re: Lotte proletarie e sindacali, iniziative, comunicati...

    La CGT (ri)apre alla Federazione Sindacale Mondiale



    In questi giorni si tiene il congresso della CGT a Dijon. Un congresso da cui sono uscite indicazioni nuove e di rottura verso una gestione confederale tesa a disinnescare la conflittualità del sindacato di classe, per renderlo compatibile con quello degli altri sindacati riformisti, con quello governativo e soprattutto con quello della Confederazione Sindacale Europea (CES) e della Confederazione Sindacale Internazionale (CSI, ex Cisl internazionale).

    La decisione del congresso contro la direzione

    Durante il Congresso è stato votato un emendamento per modificare un articolo dello statuto della confederazione, aggiungendo la Federazione Sindacale Mondiale (la federazione mondiale del sindacalismo di classe) tra le confederazione con cui la CGT collabora. Precedentemente erano presenti solamente la CES e la CSI.


    La sola proposta di modifica, chiesta in molti interventi e imposta da cori tra i delegati (davanti alle delegazioni di 105 sindacati mondiali), ha mandato nel panico la direzione sindacale, a partire dal segretario Martinez, che ha interrotto i lavori. Per disinnescare la proposta e ricattare i delegati, hanno chiesto di votare pro o contro la proposta della direzione, ponendo in un certo senso la fiducia. La proposta della direzione, malgrado questo, è stata battuta per 469 voti contro 294 ed accolta da cori che gridavano “siamo qui, siamo qui, per l’onore dei lavoratori e per un mondo migliore”.

    La sconfitta è cocente e appunto è una sfiducia palese sull’attuale direzione. Ora per la Cgt si aprono le porte per una collaborazione con la FSM, tramite un posto da osservatore, e conseguentemente ci sarà un allentamento dei legami con CES e CSI, che non hanno apprezzato affatto la decisione, nè l’accoglienza dei congressisti. Se in sala c’è stato un composto e trattenuto silenzio per i rappresentanti delle due confederazioni mondiali (il cui futuro presidente sarà Berger, ex segretario della ultra riformista CFDT francese), all’esterno sono volati fischi e frasi non proprio di stima verso i rappresentanti del sindacalismo riformista. Oltre alla provocatoria intonazione dell’Internazionale per marcare la distanza.

    La CGT tra sindacalismo riformista e di classe

    Mentre la CGIL è uscita presto dal FSM già negli anni ‘60, la CGT vi è rimasta fino alle metà degli anni ‘90. In quell’occasione la CGT votò per uscirne (senza per questo decidere immediatamente di aderire ad altre organizzazioni) per poter costruire relazioni anche con quei sindacati che non vi appartenevano o che appartenevano ad altre confederazioni. Pochi anni dopo, la direzione impose l’adesione alle confederazioni riformiste.

    Il passo fu in parte mal compreso e in parte mal digerito dal sindacato. Per farlo accettare si disse che la CGT, con la sua carica conflittuale entrava nella CSI e nella CSE per cambiarle, per far pesare la propria carica militante. Questo però nascondeva l’obiettivo esattamente opposto: seguendo la volontà dei vari governi e del Partito Socialista, l’obiettivo era modificare l’orientamento prevalente della CGT e disinnescarne la conflittualità. Renderla cioè compatibile con le politiche dei vari governi e liberarsi quindi dell’elemento detonatore delle frequenti manifestazioni e degli scioperi francesi. E, più alla lunga, andare verso un’unità sindacale con un’unione con la CFDT e le altri centrali riformiste.

    Un obiettivo che ha incontrato forti resistenze, e a cui i militanti non si sono mai piegati, ma che ha fatto passi da gigante dentro la direzione. Se infatti nel 1995 la CGT (a cui si unirono gli altri sindacati, per non lasciare alla stessa CGT il monopolio del conflitto) aveva bloccato il paese con oltre un mese di sciopero quasi ininterrotto, nei successivi conflitti si è mostrata sempre più timida.

    Nel 2005, in occasione del referendum sulla costituzione francese, una direzione miope aveva scelto di schierare la confederazione a sostegno del Si al referendum. Una scelta poi smentita clamorosamente dal voto interno, che ha obbligato i dirigenti recalcitranti a sostenere contro voglia il No, poi rivelatosi maggioritario tra i lavoratori e la popolazione.

    Ma è nelle lotte e negli scioperi che il lavoro molecolare della direzione ha ottenuto i risultati maggiori. Dopo il 1995 la CGT ha rinunciato a bloccare il paese, opponendo sempre la scusa del dover mantenere l’unità sindacale, oppure sostenendo che i lavoratori non avrebbero resistito a uno scontro frontale di lunga durata. Eppure i lavoratori urlavano il contrario durante i cortei sindacali, ma dirigenti troppo sordi, non li hanno mai ascoltati. I dirigenti stessi non avevano fiducia nei propri lavoratori e militanti. Non esattamente un comportamento avanguardistico.

    E così, contro la riforma delle pensioni di Sarkozy, nel 2010 e 2011, si mobilitò il paese con grandi scioperi, ma ci si mostrò timidi nel momento di fare il passo successivo, quello decisivo di bloccare il paese. Si preferì trasformare le manifestazioni nel trampolino di lancio per i socialisti verso la presidenza e il governo, e si perse. Nonostante le lotte e i sacrifici dei lavoratori, nonostante i milioni in piazza e le richieste di sciopero generale, la riforma passò e i lavoratori furono sconfitti.

    E lo stesso avvenne contro le riforme del lavoro di Hollande prima e di Macron dopo, un triennio (ripeto, 3 anni, perché sia chiaro ai militanti sindacali italiani) di continui scioperi e manifestazioni, in media 2-3 a settimana (di cui uno al sabato per permettere di manifestare a chi non può partecipare alle manifestazioni). Le manifestazioni furono imponenti e continue, represse a bastonate dalla polizia, morti e feriti (si, ripeto, morti!). Ma anche questa volta, davanti al grido dei militanti che chiedevano il blocco, i dirigenti hanno preferito sedersi al tavolo con il governo e i sindacati riformisti per modificare la proposta di legge. Le poche e marginali limitazioni che ottennero furono poi reintrodotte dalla riforma Macron. Una sconfitta su tutto il fronte. E’ da ricordare che, mentre tutto questo avveniva, i sindacalisti italiani si innamoravano romanticamente per il segretario della CGT e per i suoi baffoni: mentre la CGT subiva una sconfitta storica, i sindacalisti italiani vi vedevano una vittoria senza precedenti. Da questa arrendevolezza della direzione e da questo fallimento del movimento sindacale hanno avuto origine i Gillet Gialli.

    Ma proprio in occasione di questa ultima ondata di scioperi qualcosa è cambiato. Infatti, mentre i lavoratori francesi scioperavano strenuamente, bloccando raffinerie e centrali elettriche (staccando la luce a turno a varie città, tra cui quelle in cui c’erano meeting dei partiti di governo), non una parola di sostegno è arrivata dagli amici della CES e della CSI. A queste confederazioni infatti aderisce anche la CFDT, principale sponsor delle trattative “per migliorare” la proposta di governo e assolutamente ostile alle mobilitazioni della CGT. Tra le due confederazioni aderenti, CES e CSI si sono schierate per la CFDT e contro la CGT. Una scelta che è pesata per i militanti della CGT e che ha fatto comprendere che il problema veniva dall’alto e che la CGT, più che modificare l’orientamento di CES et CSI, ne veniva cambiata. La conflittualità non era la benvenuta.

    Nel mentre, invece, la CGT ha ricevuto sostegno continuo dai sindacati aderenti alla FSM, che hanno manifestato in tutto il mondo davanti ai consolati e alle ambasciate francesi, che anno mostrato cartelli di sostegno agli scioperi e alle manifestazioni, e che hanno chiamato i lavoratori francesi a raccontare le lotte.

    Ma questo non sarebbe bastato senza una lotta interna continua, portata avanti anche nei momenti più bui, fatta in maniera egemonica e non settaria da parte della sinistra della CGT, che ha tenuto aperto il dibattito sulle adesioni internazionali e sul ruolo nefasto della CES e della CSI anche nei momenti in cui questo significava rimanere ultra minoritari. Un dibattito durato 25 anni, impensabile per l’Italia, dove purtroppo ci si arrende dopo pochi mesi, quando va bene.

    Una direzione sempre più fragile in una confederazione sempre più debole

    Il sindacalismo francese, malgrado un grado superiore di mobilitazione, risulta essere il più fragile del mondo occidentale. Appena il 9% dei lavoratori francesi risulta aderente ai sindacati, un livello che si riscontra solo negli Stati Uniti. Se si sommano le 5 principali confederazioni francesi (il corrispondente di Cgil Cisl e Uil) non si arriva a 4 milioni di iscritti, cioè meno delle sole CGIL o CISL italiane.

    Questo progressivo indebolimento ha colpito anche la CGT, che pur mantenendo spessissimo una maggioranza nel voto dei lavoratori, dal punto di vista delle adesioni non ha arrestato la sua emorragia, finendo per diventare il secondo sindacato francese per la prima volta nella storia, dietro al CFDT.

    La delusione per le scelte della direzione sempre più incoerenti con la storia della Cgt, la perdita di adesioni e le sconfitte continue contro i governi hanno portato a questo cambio di orientamento. E’ stato importante il lavoro continuo della sinistra di classe dentro la confederazione, ma non va sottovalutato anche la crisi della direzione stessa.

    Fu Thibault a decidere di scindere il legame con la Federazione sindacale mondiale. E’ interessante la sua esperienza perché mostra come la borghesia sappia gestire anche le sconfitte e usarle per preparare le future vittorie (un insegnamento che dovremmo apprendere). Thibault infatti fu “l’eroe” mediatico delle lotte del 1995 contro la riforma delle pensioni dell’epoca. La Metro di Parigi fu bloccata per settimane, bloccando così il paese intero, grazie alla strenua resistenza dei lavoratori dei trasporti. In quel periodo Thibault, venne incensato dai media padronali e reso popolare: giovane, con i capelli lunghi, un po’ sessantottino, aria fresca rispetto ai vecchi dirigenti di estrazione operaia dell’epoca. E soprattutto con idee nuove per la confederazione. Una sponsorizzazione non richiesta che gli permise di ascendere velocemente alla guida della direzione e di dirigerla senza contrasti per quasi due decenni. Come si vede sono gli anni dei continui tentativi di trasformazione del sindacato. Nel momento di crisi più dura, la borghesia ha saputo costruire lo strumento per una futura uscita.

    Nel 2013 lascia la segreteria a Thierry Lepaon, che però dura pochissimo. Infatti questo, appena arrivato alla testa del sindacato, utilizza 100’000 euro della confederazione per ristrutturare l’appartamento che la stessa CGT mette a disposizione del segretario e altri 62’000 per il suo ufficio. A cui si aggiunge una buonuscita da 100’000 euro pagata dalla federazione locale di cui era funzionario. Uno scandalo che lo spinge a rapide dimissioni. Sostituito da Martinez, un uomo sicuramente più umile ma assolutamente non preparato per guidare un sindacato, con continue oscillazioni. Una debolezza che ha permesso alla sinistra interna di portare a segno una vittoria storica.

    Proprio negli ultimi giorni Thibault era ritornato alla ribalta dopo anni di silenzio per contrastare il riavvicinamento alla FSM. Con diverse interviste sui giornali aveva cercato di rimediare alla debolezza di Martinez. Ma anche con inviti ai dirigenti a fare passi indietro sul sostegno alla proposta. Ma alla fine non è servito e la CGT ha deciso di cambiare posizione.

    Cosa ha determinato un decadimento simile nella direzione? Indicare una sola causa è sempre riduttivo, ma un ruolo fondamentale è stato giocato proprio dalla CES e dalla CSI. I dirigenti di queste confederazioni (che provengono dai sindacati aderenti) così come i loro funzionari non condividono nulla della vita dei lavoratori. Questi viaggiano spesati in aerei di prima classe e alloggiano in alberghi a cinque stelle. La grandissima parte di loro peraltro non ha mai lavorato, ma è stata assunta direttamente come funzionario dalle confederazioni internazionali o talvolta dai sindacati nazionali. Una distanza nello stile di vita che ha cambiato la direzione dei sindacati e che è stata percepita in maniera ostile dai lavoratori della CGT.

    Una seconda causa è il processo di burocratizzazione della confederazione. Il ruolo dei militanti viene sempre più ridotto a favore di funzionari stipendiati direttamente dalla confederazione. Si emargina sempre di più il ruolo militante a favore di un funzionariato incapace di andare oltre la piccola amministrazione e più interessato a mantenere la propria posizione lavorativa (e magari accedere a cariche superiori) piuttosto che guidare scioperi con il rischio di prendere bastonate in testa dalla polizia. Al contempo vengono frustrate le forze militanti migliori, relegate ai livelli bassi del sindacato e obbligati ad accettare le scelte imposte dalla direzione.

    Il futuro della CGT. Il dibattito sindacale italiano.

    L’evento marca un passaggio importante per la CGT. Cosa avverrà nei prossimi mesi o anni? Ovviamente è difficile dirlo. Si parla di una scissione pilotata dalla direzione per rompere con un sindacato che ha resistito e alla fine ha rifiutato le scelte imposte dai riformisti. Più probabilmente comincerà una fase di dibattito aperto dentro la CGT che si allargherà dalle adesioni internazionali ad altre scelte del sindacato. I riformisti probabilmente cercheranno di costruirsi posizioni di resistenza, in attesa di tempi migliori.

    Di certo un piccolo passo avanti è stato fatto, per la CGT e per tutti i lavoratori francesi.

    Resta da rispondere a una domanda: come mai questo non è avvenuto e non avviene in Italia? Perché la resistenza nelle fasi di deflusso dura pochissimo e sfocia sempre in scissioni o nella creazione di organizzazioni alternative? Come mai in Italia non c’è neanche l’ombra di un dibattito su questi temi fondamentali che rappresentano al contrario le grandi scelte di fondo del sindacato?

    Speriamo che la notizia di questa svolta francese apra un dibattito anche in Italia, dove i sindacati celano dietro milioni di tessere una debolezza fragilissima che permetterebbe al governo e ai padroni di liberarsi di loro non appena questo divenisse conveniente.

    https://www.fondazionedivittorio.it/...m_l._addio.pdf

    Au 3e jour le congrès de la CGT contre l'avis et les manoeuvres de la direction confédérale impose la référence à la Fédération Syndicale Mondiale - Front Syndical de Classe

    http://www.marx21.it/index.php/inter...acale-mondiale
    Venezuela e Zimbabwe nei nostri cuori!

 

 
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