A creare imbarazzi nella destra italiana nei primi anni del secondo dopoguerra è Vincenzo Cicerone, che ha di fronte a sé un'importante carriera parlamentare.
Nel 1946 è eletto per l'Assemblea Costituente col Blocco Nazionale della Libertà e nel 1948 è riconfermato a Montecitorio per il Partito monarchico. I quotidiani lo descrivono esuberante e vivace, «impeccabilmente vestito con completi di pied-de-poule» e garofani abbinati all'occhiello, indugiando sulla sua passione per il cinema che lo portano a recitare una particina in un film, «Barriera a settentrione», del regista Luis Trenker.
Nella primavera 1951 la sua foto finisce di nuovo sui giornali della penisola, ma nelle pagine di cronaca. Viene accusato di diversi reati, tra cui appropriazione indebita e usura, ma l'attenzione dei giornalisti si appunta su altro: violenza privata e continuata. I lettori del quotidiano conservatore «Il Tempo» scoprono che l'onorevole monarchico Cicerone, 32 anni, pugliese, «il deputato più elegante d'Italia», è finito in uno scandalo passionale conclusosi senza vittime ma con «tre pistolettate».
«Le tribolazioni del deputato - racconta «La Stampa» - nascono dalla cattiva scelta di un segretario particolare», Fausto Sarno, 29 anni, ex campione di lotta libera, conosciuto nel laboratorio artigiano di Montecitorio, prima di diventare «amico intimo» del parlamentare. L'idillio si spezza non appena il «bel calzolaio» annuncia di volersi sposare. Seguono pressioni e intimidazioni, fino a quando Sarno non reagisce aggredendo il deputato ed esplodendogli vicino a scopo intimidatorio tre revolverate. Cicerone, incolume, sporge denuncia, ma è la scelta che gli si ritorce contro. L'inchiesta si allarga e svela un giro di assegni a vuoto, appropriazioni indebite, che danno il via a un'inchiesta giudiziaria. Il deputato confida nella fiducia dei colleghi, dato che nei primi anni della Repubblica il via libera ai magistrati arriva dall'Aula e solo in un caso su dieci, e la sua non è un'accusa penalmente rilevante, ma forse molto imbarazzante. Il parlamentare viene soprannominato la «zia Vincenza» dagli avversari e finisce a processo. Emerge un altro scandalo: è accusato di aver organizzato una sfilza di ricevimenti nella capitale, a cui hanno fatto capolino pure i giocatori della Roma, che li ha accolti «vestita da geisha, con profumi orientali e chimono giapponesi». Il pettegolezzo scatena una mezza sommossa nel giugno 1951, quando i tifosi giallorossi dopo la loro peggiore stagione e retrocessi in serie B, assediano la casa del deputato, per linciarlo. Cicerone, non potendo più circolare per Roma, per qualche mese deve scappare oltreoceano. Lo scandalo pone fine alla sua carriera politica e rimane deputato fino al 1953.