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    Predefinito Verona la città in mano alla curia

    Verona, il collegio degli orrori
    In 60 denunciano l'ex istituto per sordi "Da bambini violentati dai preti per anni". La replica della Curia

    «Le sevizie sono proseguite fino alla chiusura del centro»

    Pubblicato il 23/01/2009
    Ultima modifica il 23/01/2009 alle ore 072

    VERONA
    E’ stata una lenta, drammatica marcia di avvicinamento. Aprile 2008: nella cattedrale di St. Patrick in New York, papa Benedetto XVI parla della pedofilia nella chiesa; vuole una «purificazione». A luglio 2008 è in Australia, a Sydney, per la Giornata mondiale della Gioventù. Chiede che i pedofili che si nascondono nella chiesa cattolica (sacerdoti, educatori, fedeli che siano) vengano consegnati alla giustizia umana, senza dubbio alcuno e senza reticenze. Va cercata qui, nella presa di posizione di papa Ratzinger, la radice del coraggio che ha portato oltre 60 adulti - uomini soprattutto, ma anche alcune donne - a denunciare a decenni di distanza dai fatti un'impressionante serie di abusi sessuali che sarebbero avvenuti dai primi anni Cinquanta fino al 1984 all'Istituto Antonio Provolo di Verona. Oggi è un centro di formazione professionale, ma è stato un punto di riferimento di valenza nazionale per l'assistenza, l'istruzione e l'inserimento sociale dei giovani sordomuti. Venivano accolti che erano solo bambini, figli disgraziati di un Nord Est poverissimo, e avrebbero dovuto essere accompagnati con un minimo di istruzione fino alla capacità di un mestiere. Non era questo che accadeva al Provolo, denunciano decine di uomini e donne di età compresa tra i 40 e i 70 anni.

    Dalle parole di papa Ratzinger, fanno sapere, hanno tratto il coraggio per mettere nero su bianco quella denuncia che la chiesa di Verona, alla quale pure si erano rivolti, non ha voluto ascoltare. Hanno raccolto testimonianze scritte e video; hanno documentato tutto con date, luoghi, ricordi che non serve scavare tanto perché sono tutti lì, a filo di pelle, cicatrici mai chiuse. Hanno inviato tutto a «l'Espresso», che dopo aver svolto le verifiche e ascoltato le controparti, pubblica un agghiacciante dossier sul numero in edicola oggi. Fatti, scrive il settimanale, che sembrano configurare la più grave storia di abusi sessuali su minori mai emersa in Italia; fatti che ricordano in qualche modo le vicende raccontate dal film «Magdalene» di Peter Mullan, Leone d'Oro a Venezia nel 2002, documento di orrori e di torture (sia fisiche che verbali) ai danni delle giovanissime ospiti di conventi irlandesi devoti a Maria Maddalena. Gli ex allievi del Provolo sono uniti in Associazioni: non sarebbe solo l'handicap comune e l'infanzia e l'adolescenza condivise in un collegio a legarli. Sarebbero resi inseparabili, a quanto denunciano, da un patto di orrori subiti da quei sacerdoti - almeno 25 e alcuni ancora vivi benché anziani - che avrebbero dovuto avere cura di loro e che invece li toccavano e si facevano masturbare, li minacciano, li bastonavano, li facevano stare anche per un'ora in ginocchio a terra se non soddisfacevano alle loro voglie. Li sodomizzavano: in confessionale, sotto l'altare.

    Nella sede centrale di Verona, in quella distaccata di Chievo, nella colonia estiva: chi mai avrebbe potuto ascoltare quei piccoli prigionieri del disagio, condannati al silenzio? Alla magistratura gli ex bambini del Provolo, non possono rivolgersi perché tutto, tranne il dolore, è prescritto. Alla chiesa di Verona hanno cercato di raccontare quanto è accaduto: hanno incontrato nel 2006 don Danilo Corradi, superiore generale di Provolo. Loro riferiscono che era sudato, che si martellava il petto, che chiedeva per 12 volte scusa mettendosi in ginocchio; lui all'Espresso praticamente smentisce, dicendo di aver sentito solo qualche voce, ma di non sapere bene. Al vescovo, gli ex bimbi hanno scritto. Ieri, con una nota, lui ha preso posizione dicendo che «se quei fatti trovassero conferma, sarebbe una ferita lacerante per la nostra comunità». Non vogliono soldi, giurano: solo che quei sacerdoti non siano mai più in condizione di nuocere. Come ha promesso il Papa.
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    La replica della Curia

    «Non c’è mai paura della verità» così il vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti, ha aperto l’incontro convocato per precisare la posizione della Curia Diocesana dopo la denuncia del settimanale L’Espresso su 67 presunti casi di abusi sessuali e pedofilia avvenuti all’Istituto "Antonio Provolo" per sordomuti. «È una vicenda che ci ha lasciato sgomenti - ha spiegato il monsignore- sono convinto che si tratti di una montatura, di menzogne». Il vescovo di Verona, riguardo a Giorgio Dalla Bernardina, presidente dell’Associazione Sordomuti "Antonio Provolo" che ha portato alle luce i casi denunciati dagli ex allievi dell’istituto religioso, ha detto: «Io mi trovo tra l’incudine e il martello: il signor Dalla Bernardina è un nostro diocesano, è un mio fedele. Se voleva fare la guerra doveva corazzarsi, non usare la bicicletta e la baionetta da bersaglieri».

    Il vescovo ha poi spiegato che gli episodi nel passato vanno circostanziati e analizzati sottolineando che «quello che risulta da L’Espresso è da allucinazione». Mons. Giuseppe Zenti ha quindi definito «una vicenda losca, chiamare in causa monsignor Giuseppe Carraro (vescovo dal 1958 al 1978), per il quale è stata avviata la causa di beatificazione, dicendo che un ragazzino fu accompagnato qui e nel salone dell’Episcopio, dove sto parlando e venne abusato. Questo racconto da solo smonta tutto il teorema -ha sostenuto, dicendosi- amareggiato, ma fiducioso della verità, che viene sempre a galla».

    Il sacerdote ha poi sottolineato di non avere dubbi sull’inconsistenza delle accuse. «È un teorema inconsistente - ha continuato- fabbricato per ottenere i beni della congregazione». Il presule ha ricostruito la vicenda e gli incontri avuti con Giorgio Dalla Bernardina ricordando che questi avrebbe preteso di mantenere l’utilizzo di beni immobili appartenenti alla congregazione. «Chiuse la sua richiesta - ha raccontato il sacerdote - minacciando di intervenire con accuse di pedofilia». Il vescovo di Verona ha infine invocato testimonianze attendibili: «Chiedo prove, non racconti inverosimili. Sono banalità costruite con mentalità aberrante ed è aberrante che Dalla Bernardina strumentalizzi questi sordomuti».

    Mons. Zenti ha comunque terminato porgendo una mano agli accusatori «Dalla Bernardina ripensi alla vicenda. Chiuda in modo dignitoso, con una smentita». In caso contrario il pastore della chiesa veronese è pronto a ricorrere alle vie legali. «Non abbiamo nessun timore che si indaghi - ha concluso il vescovo - infangare una congregazione religiosa e una diocesi è incivile».

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    Predefinito Re: Verona la città in mano alla curia

    All'Istituto don Provolo tutti i preti erano coinvolti nelle sevizie e negli approcci sessuali verso i sordomuti eccetto un sacerdote che aveva l'amante e che la sera si ritirava con la sua donna e con i figli avuti con lei. Nessuno ne parla e la curia di Verona ha pagato i più agguerriti che hanno esposto precise denunce. poi ritirate, il reato nel frattempo è andato in prescrizione, nel frattempo alcuni sacerdoti coinvolti sono fuggiti in America Latina e li sono ricaduti nelle solite tentazioni pedofile e hanno lasciato vittime anche nei paesi che li hanno ospitati nella loro fuga malevola. E quel giornalista di Don Fasani, che spesso è in Tv ha difeso a spalatratta i preti pedofili spalleggiato anche dal vescovo e poi hanno anche bisticciato pubblicamente fra loro in diretta televisiva. Una banda di falsi e senza dio, questa gente rovina la nostra gioventù. Basta preti, basta degenerazioni!

 

 

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