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  1. #51
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    Predefinito Re: Scritti vari (consiliarismo, sinistra comunista, critica radicale e altro)

    Korsch riconduce questi limiti da un alto all’utilitarismo politico di Lenin, che prescinde dalla verità delle affermazioni compiute, e dall’altro, più profondamente, all’impostazione di Materialismo ed empiriocriticismo. In quest’opera il problema gnoseologico del rapporto tra teoria e prassi è il rapporto tra leggi di sviluppo scoperte dalla teoria ed una pratica che ‘applica’ queste ‘verità’. Una simile visione ripropone la separazione di scienza e società, che si aggrava con Stalin.

    Il giudizio sull’URSS di Karl Korsch è molto duro: si tratta di uno stato capitalistico, di un capitalismo di Stato di tipo monopolistico, al pari della Germania nazista e degli Stati Uniti del New Deal. Recensendo il libro di Pannekoek su Lenin, Korsch accoppia la critica del ‘marxismo’ proprio di Lenin alla critica del suo ‘giacobinismo’ politico, che riduce la rivoluzione a rivoluzione politica incentrata su istituzioni politiche (partito, dittatura, Stato).[10] Al contrario, per Korsch la rivoluzione non può che essere sociale, se vuole superare il limite borghese proprio di tutta l’impostazione teorica hegeliana, ed in parte anche – scriverà successivamente – marxiana. Sarà questo il nucleo del pensiero politico di Korsch immediatamente precedente la Seconda Guerra mondiale (che comprende gli scritti sulla Comune): fedeltà alle intenzioni di Marx (libertà sociale oltre alla libertà politica), anche contro Marx stesso.

    Si può notare un limite in tutto ciò: la critica al leninismo e al riformismo è condotta in nome di un criterio astratto di possibilità della rivoluzione o del socialismo, che smentisce in parte lo stesso criterio, rettamente inteso, della specificazione storica – il che a ben vedere è l’esatto contraltare del modo di intenderlo del primo Korsch, come giustificazionismo della prassi bolscevica. È evidente che in questa maniera viene tagliato fuori quasi per decreto e del tutto il problema della mediazione politica (del ‘partito’, anche in una ottica non leninista) nella preparazione e nella realizzazione della rivoluzione e del socialismo in condizioni date. La lotta operaia è sempre e comunque rivoluzionaria, sempre e comunque è possibile la presa del potere.



    Capitalismo e crisi

    Il problema si sposta all’indietro: difatti alla base dell’impostazione che si è detta sta una idea del capitalismo come modo di produzione il cui stato normale è la crisi. Una simile idea è necessaria perché permette di superare una impostazione alla Bernstein o alla Hilferding, che vede il socialismo come risultato di un intervento solo soggettivo, ma anche una impostazione ‘oggettivistica’ (Luxemburg, Grossman), che patisce il grave limite di non saper fornire una teoria realmente scientifica e non metafisica. Scrive Korsch: “un terzo atteggiamento mi sembra possibile e meritevole – esso solo – della qualifica di autenticamente materialista nel senso di Marx […] esso ritiene piuttosto che, con una ricerca empirica sempre più precisa e di fondo dell’attuale modo di produzione capitalistico e delle sue tendenze di sviluppo chiaramente emergenti, possono essere tratte anche certe previsioni, pur sempre assai limitate ma sufficienti per l’azione pratica.[11]

    Questo atteggiamento, autenticamente materialista e marxista, che rifiuta la suggestione di una qualsiasi teoria del crollo, sottolinea che la critica marxiana dell’economia politica si interessa non del funzionamento normale della società borghese quanto piuttosto della “reale condizione normale di questo particolare sistema sociale, cioè la crisi…cioè della tendenza sempre crescente del metodo di produzione capitalista ad assumere tutte le caratteristiche della crisi in atto anche nei periodi di espansione e di ripresa, in sostanza in tutte le fasi del ciclo della società moderna, il cui punto culminante è la crisi universale”.[12] Perché una impostazione del genere non sia sufficiente a giustificare la mancanza in Korsch di una teoria dell’organizzazione verrà mostrato in seguito, in alcune brevi note conclusive.

    Nel 1935 Korsch scrive un articolo, “Perché sono marxista”, nel quale anticipa numerose tesi del Karl Marx. In breve i punti essenziali della teoria marxista gli paiono i seguenti:

    “1.Tutte le affermazioni di principio del marxismo, anche quelle apparentemente generali, sono specifiche.

    2. Il marxismo non è positivo ma critico.

    3. Il suo oggetto non è la società esistente nel suo stato affermativo ma la società capitalista in declino, come si rivela nelle tendenze al crollo e alla rovina in modo dimostrabile.

    4. Il suo fine principale non è il piacere contemplativo del mondo esistente, ma la sua attiva trasformazione”.[13]

    Per spiegare l’ultimo punto Korsch si richiama alla dialettica marxista. Essa è la trasformazione materialistica della dialettica hegeliana, trasformazione che non investe solo il contenuto ma anche il metodo stesso. In un saggio del 1931, “L’empirismo nella filosofia di Hegel”, Korsch aveva scritto che il metodo hegeliano era lo stesso metodo assiomatico delle scienze naturali[14],[15]. Hegel non era però riuscito a distinguere concettualmente l’esperienza dal soggetto: così da un lato poteva rivendicare l’identità di conoscenza e azione (l’esperienza come azione, come prassi umano–sociale),[16] dall’altro non ha colto la dimensione storico-sociale della scienza, il suo essere parte dello sviluppo sociale e soggetto a se stessa.[17] In “Hegel e la rivoluzione”, sempre del 1931, il metodo hegeliano è collegato al movimento rivoluzionario borghese, del quale esprime peraltro l’ultima fase, la restaurazione (di qui l’assolutizzazione dialettica e la “restaurazione concettuale della realtà immediatamente data e (la) conciliazione con questa realtà”).[18] Marx e Lenin hanno ripreso la dialettica hegeliana, ma ciò ha il carattere di un mero ‘trasferimento’ alla teoria della rivoluzione proletaria, che ha ancora basi borghesi (di qui il suo carattere giacobino) e che è in realtà ancora da costruire.
    Lotta di classe e(') autoorganizzazione di classe.

  2. #52
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    Predefinito Re: Scritti vari (consiliarismo, sinistra comunista, critica radicale e altro)

    Nei due saggi “Crisi del marxismo” (1931) e “Un approccio non dogmatico al marxismo” (1946) il tasto su cui si batte è appunto la riconduzione delle insufficienze patite dalla Seconda Internazionale e dal marxismo contemporaneo a Marx stesso, ed alle condizioni storiche successive alla metà dell’800. Korsch distingue il marxismo attivistico e rivoluzionario del primo periodo, e la sistematizzazione scientifica del secondo periodo. Il contenuto rivoluzionario del Capitale non si è potuto collegare direttamente al movimento pratico di classe per il nuovo ciclo capitalistico di sviluppo. Analogamente, la fase di stabilizzazione successiva spiegherebbe la stagnazione del marxismo. Ma in realtà è il marxismo stesso che è ormai roba del passato.[19]



    Il Karl Marx

    Se si tiene presente che nell’ “Introduzione” al Capitale, del 1932, Korsch scriveva che in Marx il parlare di contraddizioni e di opposizione dialettica fra essenza e apparenza era un semplice accorgimento espositivo,[20] si capirà meglio il senso della dialettica per Korsch e la sua ‘riduzione’. Essa vale a riaffermare e sottolineare l’intervento attivo del soggetto. Qui sta anche, a nostro parere, il suo limite. Per lo meno di interpretazione di Marx, giacché nel Capitale (ma non solo in esso) la contraddizione non è riducibile ad espediente espositivo, ma è anzi caratteristica, astratta ma reale, del mondo borghese. Ancora. La dialettica deve insieme compiere due operazioni: spiegare i fenomeni capitalistici (momento scientifico) e garantire la presenza del momento soggettivo, del soggetto pensante ed agente nel corso del processo cognitivo. Questa formulazione crolla nel momento in cui il primo lato (la spiegazione scientifica) esclude, come sembra intendere Korsch in alcuni brani, il soggetto, e si riduce ad analisi ‘oggettiva’ cui poi si affianca e giustappone l’analisi ‘soggettiva’. Si veda l’articolo già citato “Perché sono marxista”: al giusto richiamo alla importanza, per il proletariato, di distinguere le affermazioni vere dalle false, si affianca l’affermazione che il marxismo “implica una conoscenza rigorosa, empiricamente verificabile, caratterizzata da tutta la precisione di una scienza naturale, delle leggi economiche del movimento e sviluppo della società capitalistica e della lotta di classe proletaria”.[21] È legittimo chiedersi che posto occupi il soggetto politico attivo in una ‘spiegazione logicamente ed empiricamente ineccepibile’ del conflitto tra le classi.

    Nel Karl Marx la spiegazione oggettiva e la spiegazione ‘soggettiva’ sono affiancate l’una all’altra senza che sussista un rapporto tra le due: “in verità si tratta qui di due forme concettuali originarie, e che non derivano l’una dall’altra, che Marx ha elaborato a uso teorico e pratico nella sua dottrina materialistica insieme oggettiva e soggettiva dei nessi della società civile borghese e dei mezzi per il suo rovesciamento e che adesso possono essere adoperati dalla classe proletaria, l’uno o l’altro a scelta, secondo la situazione, o tutti e due insieme, come strumento per l’assolvimento quanto più esatto possibile dei compiti che si propongono immediatamente volta per volta”.[22] Il Karl Marx è certo l’opera di Korsch più ricca di stimoli interpretativi e critici dell’opera marxiana; ed anche , a noi pare, la sua più valida. Pure non può esser portata come l’espressione compiuta del pensiero di Korsch – che anzi scrisse a Mattick di non aver mai voluto parlare, nel libro, contro Marx – né è esente da ambiguità e limiti. Vediamo per prima cosa e per sommi capi il contenuto delle tesi che vi sono esposte.

    Il marxismo è una scienza sociale rigorosamente storica, il cui fulcro è nella critica dell’economia politica. Non ha quindi niente a che fare con la ‘filosofia’ propriamente detta. “Il materialismo storico, nella sua tendenza principale, non è più un metodo filosofico, ma empirico-scientifico”.[23] Le sue fonti, peraltro, sono varie: dal materialismo borghese, a Ricardo , ad Hegel. Ma al contrario dei primi due ed a similitudine del terzo Marx non parte dall’individuo ma dal nesso sociale e, più in particolare, (e questo lo distingue da Hegel) dal suo modo specifico, con cui si costituisce la società. Difatti il marxismo non è scienza ‘in generale’, ma scienza di una società in particolare, quella borghese-capitalistica. Ecco quindi il primo principio-cardine di Marx: la specificazione storica dei rapporti sociali (punto n.1 di “Perché sono marxista”). Una impostazione del genere è possibile a Marx perché ha concepito la società dal punto di vista del mutamento; mutano quindi, ed hanno validità solo storica e transitoria, le leggi che regolano l’organismo storico sociale. Marx qualifica l’economia politica come scienza non dei rapporti economici tout court ma dei rapporti sociali nel capitalismo, e concepisce questi come rapporti che possono essere cambiati, al di là di ogni pretesa filosofia della natura.[24]
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  3. #53
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    Predefinito Re: Scritti vari (consiliarismo, sinistra comunista, critica radicale e altro)

    D’altra parte, il marxismo giunge alla comprensione della società presente in quanto scienza di classe, cioè ricostruzione della totalità del mondo borghese dal punto di vista della classe operaia, del proletariato. È quindi indagine scientifica di un oggetto che si è reso indipendente dall’individuo, e il cui soggetto, il proletariato, è la classe rivoluzionaria per eccellenza. “L’esposizione di tutti i rapporti della società borghese esistente come i rapporti particolari di una determinata epoca di sviluppo storico contiene la base per la critica scientifica di questa particolare formazione sociale e per il suo rovesciamento pratico”.[25]Il marxismo è quindi scienza critica, non positivistica (punto n.2 di “Perché sono marxista”).

    ‘Critica’ non deve essere inteso in un senso meramente idealistico, ma come critica materialistica. Essa implica dal punto di vista dell’oggetto un’investigazione empirica di tutte le sue relazioni e sviluppi, “condotta con la precisione di una scienza naturale”, e, dal punto di vista del soggetto, un esame di come i desideri impotenti, le intuizioni e le esigenze di singoli soggetti si sviluppano in un potere di classe storicamente efficace che guida alla pratica rivoluzionaria.[26] Diviene qui centrale il rapporto con Hegel e Ricardo. Entrambi riflettono le contraddizioni della società borghese: il secondo esprimendole senza mediazioni nella sua costruzione teorica, il primo tentando al contrario con il metodo dialettico di farne un elemento caratterizzante la realtà (qualsiasi realtà) e in se stesso progressivo. In entrambi è presente un vasto materiale empirico. Marx accoglie quest’ultimo e mostra il carattere apologetico delle loro analisi, che pure rappresentano il vertice più alto di autocoscienza ‘borghese’, e costituisce la sua scienza come critica dell’idealismo e critica dell’economia politica. Riconduce anzi l’una critica all’altra, e quindi l’intera sua opera si mostra internamente coerente.

    “La sua ‘Critica dell’economia politica’ appare ancora come una prosecuzione (rivolta verso il materialismo) della vecchia battaglia idealistico-filosofica per la soppressione dell’ ‘autoalienazione umana’”.[27] Marx, insomma, riprende da Hegel la comprensione della società come un tutto, ma rompe nella sostanza con il metodo hegeliano e ricardiano, l’uno che giustifica le contraddizioni, l’altro che non le spiega.

    Come l’hegelismo ha rappresentato la teoria della società dal punto di vista della borghesia rivoluzionaria, così il marxismo rappresenta la teoria della società dal punto di vista del proletariato rivoluzionario, parte dell’evoluzione sociale stessa ed espressione sul piano della lotta della teoria della lotta di classe: “La teoria marxiana, secondo il suo carattere qui sommariamente descritto, è una nuova scienza della società civile borghese. Questa nuova scienza compare in un’epoca in cui contro la classe borghese dominante nella società civile, nel suo Stato, nella sua scienza, si è levato il movimento autonomo di una nuova classe sociale […] Essa specifica la società borghese e ricerca le tendenze visibili dal suo presente sviluppo e la via per il suo imminente rovesciamento pratico. Essa pertanto, in quanto teoria della società civile borghese, è contemporaneamente una teoria della rivoluzione proletaria”.[28]



    La teoria del valore

    Marx distrugge il concetto di verità astratta, e conosce solo verità storiche. La legge del valore non è quindi solo o tanto una legge ‘economica’ ma una legge ‘sociale’, che insieme esprime una realtà feticistica e la smaschera, ricostruendo il capitale come sistema funzionante autonomamente e come rapporto sociale. La critica dell’economia politica si fonda sul concetto di ‘lavoro astratto’, che specifica il lavoro produttore di merci di Smith e Ricardo in lavoro produttore di merci per altri, lavoro sociale: che non può essere dato, ma va spiegato.

    Scrive Korsch: “Il ‘carattere di feticcio’ della merce […] consiste nel fatto che i prodotti della mano umana acquistano una peculiare qualità, non ‘dalla natura’ (come avevano creduto i classici) ma nelle particolari condizioni sociali del modo di produzione borghese […] La società borghese è la particolare forma sociale in cui proprio le relazioni fondamentali che gli uomini stringono nella produzione sociale della loro vita appaiono soltanto a posteriori alla coscienza degli interessati in questa forma rovesciata, come rapporti di cose. Poiché essi fanno dipendere le loro azioni coscienti da queste rappresentazioni, vengono effettivamente dominati dal prodotto delle mani, come il selvaggio dal feticcio… Ciò che Marx qui designa come ‘feticismo del mondo delle merci’ è soltanto l’espressione scientifica della stessa cosa che egli in precedenza, nel suo periodo hegeliano-feuerbachiano, aveva designato come ‘auto-estraneazione umana’”.[29]

    Una volta consumatasi l’accumulazione originaria, la legge del valore spiega il funzionamento di questa società come se fosse una legge ‘naturale’: funzionamento che è possibile solo attraverso e mediante le crisi. I tentativi di uscire dalla crisi con una maggiore organizzazione della società mediante la centralizzazione dei capitali, i monopoli, o attraverso l’intervento dello stato, non fanno che violare l’unica organizzazione sociale che è possibile sotto il capitale, ed al tempo stesso mantengono le categorie feticistiche di merce, denaro, capitale. Finiscono così con l’aggravare la crisi e preparare la guerra.

    Di più. La teoria del valore, divenendo teoria del plusvalore, cela il carattere classista di questa società. La presente libertà di contrattazione e di vendita è un’ ‘apparenza’ che nasconde la riduzione della forza-lavoro a merce, e lo sfruttamento sociale.[30] Si rivela così più chiaramente quale sia il senso della teoria del valore, cioè del pareggiamento di lavori diversi: “La teoria economica del valore lavoro corrisponde allo stadio di sviluppo della produzione sociale in cui il lavoro umano ha cessato, non solo come categoria, ma anche nella realtà, di aderire organicamente, per così dire, all’individuo […] ogni lavoro particolare [ora] equivale di diritto a ogni altro lavoro particolare”.[31] Questa astrazione ‘forzata’ con la quale gli economisti classici e il marxismo hanno eguagliato l’ineguale, riconducendo i rapporti di valore tra le merci alla quantità di lavoro in essa incorporato […] scaturisce in primo luogo ed essenzialmente non dalle definizioni della scienza economica, ma dal carattere effettivo della produzione capitalistica di merci. La merce è il leveller nato”.[32]

    Sbaglia, del resto, chi pensa che Marx abbia voluto mediante successive determinazioni spiegare il prezzo delle merci: “il significato della legge di valore…. non consiste soprattutto in una determinazione immediata dei prezzi delle merci per mezzo del valore”.[33] Nemmeno se la spiegazione mediata dei prezzi di produzione venisse a cadere (a cagione della determinazione monopolistica dei prezzi) il senso della teoria del valore verrebbe a cadere, poiché la sua funzione è nella completa eliminazione dell’apparenza feticistica. Per Korsch insomma, la teoria del valore non mira ad un calcolo matematico del plusvalore, alla misurazione dello sfruttamento. Lo sfruttamento è il “risultato di una lotta di classe sociale che, proprio per il fatto che nel meccanismo economico della produzione capitalistica non è posto alcun limite oggettivo all’accrescimento del saggio di plusvalore, nel corso dello sviluppo , con la sempre crescente accumulazione del capitale a un polo e contemporaneamente della miseria al polo opposto della società, assume forma sempre più aspra e infine sbocca in una aperta rivoluzione”.[34]
    Lotta di classe e(') autoorganizzazione di classe.

  4. #54
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    Predefinito Re: Scritti vari (consiliarismo, sinistra comunista, critica radicale e altro)

    Le categorie feticistiche dell’economia politica, scrive Korsch citando Marx, sono “forme di pensiero socialmente valide, quindi oggettive, per i rapporti di produzione di questo modo di produzione sociale storicamente determinato, per i rapporti di produzione della produzione di merci”.[35] “Fin tanto che questa base materiale dell’esistente società borghese è soltanto attaccata e scossa, ma non rovesciata, dalla lotta pratica, rivoluzionaria del proletariato, anche le forme ideali sociali più solide dell’epoca borghese possono esser soltanto criticate, ma non definitivamente superate dalla teoria rivoluzionaria del proletariato”.[36] Lo sviluppo oggettivo conduce così ad un risultato che richiede però, per realizzarsi un’azione pratica sociale.[37]

    Si conferma così che la critica dell’economia politica “indaga le tendenze implicite sin dall’inizio nella produzione capitalistica di merci che, nel corso del loro sviluppo, rendono obiettivamente possibile e soggettivamente necessaria la lotta proletaria per il rovesciamento di questo modo di produzione e il passaggio ai nuovi, più elevati rapporti di produzione della società socialista e comunista”.[38] Nella terza parte del libro Korsch sottolinea il carattere materialistico dell’opera marxiana; il suo essere scienza rigorosa, e cioè il fatto già ricordato che il metodo di Marx si fonda sull’unica generalizzazione possibile nelle scienze sociali del metodo delle scienze naturali. Inoltre tratta del già ricordato rapporto tra analisi oggettiva e lotta di classe, tra struttura e sovrastruttura.



    Qualche conclusione provvisoria

    L’opera di Korsch, e il Karl Marx in particolare, è una delle migliori nella tradizione marxiana, al di là delle comuni incrostazioni dogmatiche e dei semplicismi interpretativi. Più che ripetere ciò che è valido nell’analisi di Korsch, ci pare più importante sviluppare in conclusione alcune critiche.

    Innanzitutto, in Korsch manca una analisi convincente del lavoro ‘astratto’, che ne spieghi non solo (sulle orme, del resto di Rosa Luxemburg; vedi Riforma sociale o rivoluzione?) il carattere di ‘astrazione reale’, ma anche il modo con cui esso è prodotto: che rinvenga, quindi, nel processo di alienazione e di opposizione del lavoro astratto ai lavori concreti il luogo d’origine della natura mediata e contraddittoria della società capitalistica. Manca, conseguentemente, anche una soddisfacente analisi del rapporto valore-valore d’uso. Al contrario, per Marx è proprio di qui che parte la interpretazione del capitalismo come realtà rovesciata ed estraniata.

    In secondo luogo, come nota Leonardo Ceppa richiamando i risultati degli studi di Helmut Reichelt e Roman Rosdolsky, il metodo di Marx distingue tre livelli di analisi conoscitiva del capitalismo: il concetto di ‘capitale in generale’, come esso si manifesta, quale è il movimento concreto (cioè storico). Marx ha svolto nei primi due libri solo l’analisi astratta del capitale, e nel terzo si avvicina al modo di manifestazione. Mai insomma Marx intende spiegare la realtà empirica del capitale, ma solo la totalità astratta del concetto di capitale. [39] Korsch rischia l’identificazione di analisi e realtà, Marx distingue sempre rigorosamente la ricostruzione scientifica e la realtà. Per Marx, difatti, la teoria è da un lato costruzione derivata (dal concreto all’astratto, con la priorità dello storico sul logico), dall’altro premessa di una reale comprensione dei fatti (dall’astratto al concreto; priorità conoscitiva del logico sullo storico). Per Korsch, invece, la teoria è l’immagine speculare della realtà, e questa si riduce a lotta di classe.

    In terzo luogo Korsch non vede che, se il marxismo è critica dell’economia politica, è anche ricostruzione ‘economica’ del funzionamento del capitalismo. È cioè enucleazione di quelle leggi che Korsch stesso ricorda essere valide per una determinata formazione economico-sociale. Ma se è così, allora non è possibile esaurire la determinazione del plusvalore ad un risultato puro e semplice della lotta di classe. Occorre precisare che il marxismo è ricostruzione dell’economia capitalistica, precisamente nel senso che esso deve riuscire a dare una spiegazione corretta del suo movimento a partire dalla legge del valore.

    Se la lotta operaia infrange le leggi di movimento del capitalismo, allora si pone il problema di uno sbocco rivoluzionario. Ma, a questo proposito, Korsch sembra cadere in alcuni equivoci. L’intervento soggettivo della classe operaia, difatti, non può essere dato per scontato, come non ne sono scontate le caratteristiche rivoluzionarie. Per dirla in altri termini, la classe operaia non è immediatamente costituita nella sua autonomia come classe rivoluzionaria. E allora, proprio nel momento in cui essa, nella lotta per il salario, infrange certe ‘leggi naturali sociali’ del capitale, si pone la necessità della mediazione e dell’intervento politico.

    Karl Korsch, testi citati
    Consigli di fabbrica e socializzazione (1922), Laterza, Bari 1970
    Marxismo e filosofia (1923) Sugar, Milano 1970
    Il materialismo storico. Anti Kautsky (1929), Laterza, Bari 1972
    “Anticritica” (1930), in Marxismo e filosofia, Sugar, Milano 1970, pp. 7-36
    “Crisi del marxismo” (1931), in Karl Korsch, Dialettica e scienza nel marxismo, a cura di Gian Enrico Rusconi, Laterza, Bari 1974, pp. 133-140
    “L’empirismo nella filosofia di Hegel” (1931), in Karl Korsch, Dialettica e scienza nel marxismo, a cura di Gian Enrico Rusconi, Laterza, Bari 1974, pp. 11-41
    “Hegel e la rivoluzione” (1931), in Karl Korsch, Dialettica e scienza nel marxismo, a cura di Gian Enrico Rusconi, Laterza, Bari 1974, pp. 167-169
    “Introduzione” al Capitale” (1932), in Karl Korsch, Dialettica e scienza nel marxismo, a cura di Gian Enrico Rusconi, Laterza, Bari 1974, pp. 43-71
    “Alcuni presupposti di fondo per una discussione materialistica della teoria della crisi” (1933), in Karl Korsch, Dialettica e scienza nel marxismo, a cura di Gian Enrico Rusconi, Laterza, Bari 1974, pp. 141-150
    “Lettere a Mattick” (1935) in Marxiana 1, 1976, pp. 154-5
    “Perché sono marxista” (1935) in Karl Korsch, Dialettica e scienza nel marxismo, a cura di Gian Enrico Rusconi, Laterza, Bari 1974, pp. 171-187
    “La fine dell’ortodossia marxista” (1937) (The Passing of Marxian Orthodoxy, in International Council Correspondence, III, nn. 11-12)
    “La filosofia di Lenin” (1938), in Karl Korsch, Dialettica e scienza nel marxismo, a cura di Gian Enrico Rusconi, Laterza, Bari 1974, pp. 151-164
    “La ideologia marxista in Russia” (1938) (“The Marxist Ideology in Russia”, in Living Marxism, a. IV, marzo, n. 2)
    Karl Marx (1938/1948-50), introduzione di Giuseppe Bedeschi, Laterza, Bari 1969
    “Un approccio non dogmatico al marxismo” (1946), Karl Korsch, Dialettica e scienza nel marxismo, a cura di Gian Enrico Rusconi, Laterza, Bari 1974, pp. 189-194
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  5. #55
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    Predefinito Re: Scritti vari (consiliarismo, sinistra comunista, critica radicale e altro)

    Note
    [1] Consigli di fabbrica e socializzazione, p. 59.
    [2] “per il moderno materialismo dialettico è anzitutto essenziale intendere sul piano teorico e trattare sul piano pratico le formazioni spirituali come la filosofia e ogni altra ideologia in quanto realtà” (Marxismo e filosofia, p. 66).
    [3] Korsch rivendica in quest’opera, come fa György Lukács in Storia e coscienza di classe, la categoria della totalità come patrimonio del marxismo.
    [4] “Astraendo da ogni filosofia, è però del tutto chiaro che la coincidenza della coscienza con la realtà caratterizza ogni dialettica e quindi anche quella materialistica marxista… senza questa coincidenza una critica dell’economia politica non sarebbe mai potuta divenire l’elemento essenziale di una teoria della rivoluzione sociale” (Marxismo e filosofia, p. 77).
    [5] Scriverà nel Karl Marx: “la natura fisica non si iscrive immediatamente nella storia mondiale, ma mediatamente, come processo della produzione materiale, che si attua sin dall’origine non soltanto fra uomo e natura , ma contemporaneamente fra uomo e uomo”(p. 163).
    [6] La lettera è raccolta in Marxiana 1, pp. 154-155.
    [7] Ivi, p. 157.
    [8] Si veda “La fine dell’ortodossia marxista”, del 1937.
    [9] Si veda “La ideologia marxista in Russia”, del 1938.
    [10] Si veda “La filosofia di Lenin”, del 1938.
    [11] “Alcuni presupposti di fondo per una discussione materialistica della teoria della crisi”, 1933, p. 149.
    [12] “Perché sono marxista”, 1935, p.184.
    [13] “Perché sono marxista”, 1935, p. 172-173.
    [14] “Ma proprio su questo metodo rigoroso, che non tralascia nulla e nulla accetta a priori senza controllo dall’esperienza comune superficiale e viziata da pregiudizi, si basa tutto il pregio formale della scienza umana” (“Introduzione” al Capitale, p. 68)
    [15] La dialettica può esprimere la realtà, anche se la realtà non è dialettica (vedi “L’empirismo nella filosofia di Hegel” a p. 30).
    [16] “L’empirismo nella filosofia di Hegel”, p. 40.
    [17] “L’empirismo nella filosofia di Hegel”, p.41.
    [18] “Hegel e la rivoluzione”, p. 168.
    [19] “Crisi del marxismo”, p. 140.
    [20] Il metodo marxiano “porta ancora contenutisticamente, metodicamente e terminologicamente, in ogni relazione, il marchio della vecchia filosofia hegeliana, dal cui grembo proviene” (Karl Marx, p. 260).
    [21] “Perché sono marxista”, p.182.
    [22] Ivi, p. 258.
    [23] Karl Marx, p. 260.
    [24] “Il Capitale, nel suo contenuto stesso, dimostra quanto il fondatore della concezione materialistica della storia sia stato lontanissimo dal fare del suo nuovo principio una specie di ‘teoria storico-filosofica universale’ portata dall’esterno sopra la storia reale” (“Introduzione” al Capitale, p.71).
    [25] Karl Marx, p.41.
    [26] “Perché sono marxista”, p.175.
    [27] Karl Marx, p. ???. Korsch, nello stesso Karl Marx, oscilla tra una considerazione del Capitale come positivo passaggio dalla filosofia alla scienza e come espressione di una fase della lotta di classe non immediatamente rivoluzionaria. Vedi pp. 103-104.
    [28] Ivi, p. 71.
    [29] Ivi, pp. 121-122.
    [30] Vedi le pp. 133-134.
    [31] Ivi, p. 136.
    [32] Ivi, p. 137.
    [33] Ivi, p. 131.
    [34] Ivi, p. 141.
    [35] Si veda, nella traduzione di Delio Cantimori, il Capitale I, 1, p. 89.
    [36] Karl Marx, p. 150.
    [37] Ivi, p. 156.
    [38] Ivi, p. 89.
    [39] Si veda Leonardo Ceppa, “La concezione del marxismo in Karl Korsch”, Annali Feltrinelli 1973, Milano 1974, p. 1249.
    Lotta di classe e(') autoorganizzazione di classe.

  6. #56
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    Predefinito Re: Scritti vari (consiliarismo, sinistra comunista, critica radicale e altro)

    intervengo solo per ricordare che il testo è del 1930, quando era evidente a chiunque che il primo nemico dei comunisti fosse il defunto Lenin e non qualcun'altro in camicia bruna. LA quintessenza del marxista occidentale, troppo preso a criticare chi ha fatto in oriente per non dico cambiare qualcosa, ma anche solo per rendersi conto che è a rischio di sopravvivenza, in occidente
    Una Cina, una Yugoslavia, una Russia, una Corea, una Palestina, un'Irlanda. E zero USA

 

 
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