È di queste ore la notizia di una schermaglia Salvini-De Magistris sul dover chiudere o aprire i porti agli immigrati (il sindaco napoletano si è offerto di accogliere la nave appena "respinta" dal ministro dell'interno). Questo clima divisivo che assegna alla sinistra la cultura dell'accoglienza e alla destra la chiusura totale, rende più complicato un approccio lucido al problema della gestione dell'ondata migratoria.
L'approdo di Salvini al Viminale deve segnare un punto di discontinuità per il Paese e anche per i suoi avversari politici. Occorre lasciargli fare e verificare se la realtà del nostro paese migliora oppure no. Qualora il leader della Lega riuscirà a migliorare la nostra condizione non si può che dargliene atto, ma, al di là dei proclami, dovranno necessariamente arrivare i fatti. Ricordiamolo: in Africa ci sono svariati conflitti in corso, gli effetti dei cambiamenti climatici e un aumento demografico assai rilevante. Opporre una barriera contro tutto ciò rappresenta uno sforzo titanico, pertanto è quantomeno legittimo prevedere che l'onnipotenza di Salvini ne uscirà ammaccata nel tempo. Che senso ha sfidarlo nel momento in cui gran parte della popolazione non vuole far altro che vederlo all'opera?
Ma un altro motivo per evitare l'ideologizzazione lo si ritrova nell'abile mossa del leader della Lega che ripete spesso di essere a favore dell'immigrazione produttiva e contrario a chi viene qui per delinquere. Come dargli torto? Per questo, scagliarsi contro di lui in maniera totale significa in realtà fornirgli un assist. Alla potenza del suo messaggio bisogna saper rispondere con intelligenza, senza rilanciare seguendo l'onda emotiva dei suoi annunci iperbolici.
Se ci chiudiamo sulla polarizzazione tra schieramenti, non sappiamo quale fazione trionferà sul lungo periodo, ma è irrilevante, quel che sappiamo sicuramente è che invece sarà sicuramente l'Italia a perdere.