L’aumento della popolazione mondiale in età lavorativa sta rallentando. E l’impatto sull’economia globale potrebbe essere duro
- Gli economisti prevedono che nei prossimi decenni l’aumento della popolazione mondiale rallenti
- Secondo alcuni di loro questo potrebbe dar luogo a un calo del Pil mondiale
- Altri sostengono invece che l’automazione riuscirà a compensare il calo della forza lavoro.
Gli economisti prevedono che l’aumento della forza lavoro nel mondo sia destinato a rallentare, e alcuni temono che questo possa avere un impatto negativo sull’economia globale.
“Il rallentamento dell’aumento della popolazione e il suo invecchiamento peseranno molto negativamente sulla crescita economica nei prossimi dieci anni circa” ha scritto Andrew Kenningham, chief global economist di Capital Economics, in un recente messaggio ai clienti. “Questi fattori saranno compensati solo parzialmente da una maggiore partecipazione di donne e persone meno giovani alla forza lavoro.”
La popolazione mondiale dovrebbe continuare ad aumentare per diversi decenni, secondo le proiezioni dell’Onu, ma più lentamente di quanto non abbia fatto finora. La previsione è che l’incremento della popolazione del pianeta arrivi a segnare lo 0,8% in media entro il 2050, mentre negli ultimi decenni è stato compreso tra l’1% e il 2%.
L’aspetto forse più preoccupante per gli economisti è che la popolazione in età lavorativa potrebbe subire un rallentamento ancora più netto e più rapido, con un tasso di incremento in calo dello 0,4% circa prima del 2030.
Il trend sembra peraltro destinato a continuare a lungo. Gli analisti prevedono che il numero di persone con 65 anni e oltre nel mondo raddoppi entro il 2050, mentre il numero di persone sotto i 15 anni dovrebbe diminuire dell’8% circa.
Ciò potrebbe tradursi quasi direttamente in un rallentamento della crescita economica globale, come ha confermato un’analisi di Capital Economics. E un calo dello 0,4% potrebbe essere significativo, dal momento che l’incremento del Pil mondiale negli ultimi vent’anni ha segnato in media il 3,5% circa.
“Una riduzione del tasso di incremento della popolazione in età lavorativa è inevitabile, ed è una ragione fondamentale che porta a prevedere che la crescita economica globale, che è stata lenta negli ultimi dieci anni, rimanga debole” ha scritto Kenningham.
Una crescita economica globale più lenta non avrebbe un impatto così significativo se il Pil pro capite rimanesse ai livelli attuali o aumentasse. Secondo Kenningham, però, dal momento che la popolazione in età lavorativa è in calo il Pil pro capite verrà spinto al ribasso più di quello complessivo.
Non tutti concordano sul fatto che le variazioni demografiche siano destinate ad avere un impatto considerevole sulla crescita globale. L’American Economic Association ha pubblicato l’anno scorso uno studio, firmato da Daron Acemoglu del MIT e Pascual Restrepo della Boston University, in cui si sostiene che la robotica e l’intelligenza artificiale possano compensare gli effetti negativi dell’uscita delle persone dalla forza lavoro per motivi di età.
Acemoglu e Restrepo hanno scritto che dai primi anni Novanta e dagli anni Duemila, i periodi nei quali si ritiene comunemente che gli effetti negativi dell’invecchiamento della popolazione abbiano iniziato a manifestarsi in gran parte dei paesi avanzati, non c’è stata alcuna correlazione negativa tra invecchiamento della popolazione e un Pil pro capite inferiore.
Inoltre, in uno studio più recente Acemoglu e Restrepo hanno sostenuto che le variazioni demografiche siano un forte fattore trainante dello sviluppo e del ricorso all’automazione.
“I paesi del mondo e i settori lavorativi statunitensi che stanno sperimentando un cambiamento demografico più significativo hanno investito somme significativamente più alte nella robotica e in altre nuove tecnologie di automazione” hanno scritto.
La sostituzione dei lavoratori mediante robot comporta però costi rilevanti, secondo Kenningham, soprattutto perché incrementa la disuguaglianza in termini di ricchezza a livello mondiale.
“La diffusione dei robot e il ricorso all’intelligenza artificiale continueranno a ridurre la domanda di manodopera non qualificata, e potrebbero dar luogo a un incremento della disuguaglianza anche qualora i fattori demografici esercitassero una pressione nella direzione opposta” ha affermato l’economista.
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