La Repubblica
Una legge organica per disciplinare la lingua sarda e gli altri idiomi parlati nell'isola: catalano, gallurese, sassarese e tabarchino. L'ha varata oggi il Consiglio regionale sardo con 25 voti favorevoli e 20 contrari. L'obiettivo è garantire uno status ufficiale all'idioma dell'Isola e riattivare la trasmissione delle competenze linguistiche tra le diverse generazioni. "Questa legge - dice il padre del provvedimento e relatore di maggioranza, Paolo Zedda - avvia un percorso verso una pubblica amministrazione bilingue, come già avviene in altre comunità linguistiche meglio tutelate, a partire da Trentino e Val d'Aosta".
Il testo unificato "Disciplina della politica linguistica regionale" attua anche la riforma Moratti sulla quota regionale dei piani di studio, cosa che consentirà di insegnare la storia della lingua sarda nelle scuole. In generale, spiega Zedda, "acquisiamo le competenze nella gestione amministrativa degli sportelli linguistici, anziché il ministero se ne occupa la Sardegna e abbiamo la funzione di coordinamento nell'insegnamento della lingua". Altra novità: sono previsti contributi a mass media, editoria, strumenti informatici e web parametrati al reale utilizzo della lingua. Si va, in pratica, a favorire la nascita di una tv e una radio completamente in sardo.
Organismo centrale istituito dalla legge è la "Consulta de su sardu" che avrà il compito (non facile) di proporre uno standard linguistico e una norma ortografica. La proposta tiene conto delle macrovarietà storiche e letterarie e delle parlate diffuse nelle singole comunità. La consulta, con trenta componenti, ha anche compiti consultivi nei confronti della Regione. Il Consiglio stanzia 500mila euro per far partire la macchina, 3,2 milioni per il 2019 e 3,3 per il 2020. Per l'assessore alla Cultura, Giuseppe Dessena, è una svolta: "Finalmente la Regione si dota di uno strumento regolatore in materia linguistica. La lingua è l'identità più sentita di un popolo, la utilizza per comunicare e identificarsi".
L'approvazione della legge risponde a un'emergenza, più che a una semplice misura per la tutela dell'identità: negli ultimi decenni, infatti, il ricorso al sardo come lingua primaria nelle relazioni e nelle transazioni di tutti i giorni è crollato e la desuetudine all'uso del sardo in famiglia fa sì che siano sempre di più i giovani sardi che non conoscono la loro lingua madre o non sono in grado di parlarla. L'intento della legge è quello di frenare questo fenomeno affidandosi soprattutto alla scuola, secondo esperienze consolidate di altri paesi e regioni.