Debito e criminalità -
Usura, l’Italia è “incravattata”
Un’indagine Eurispes. Fenomeno diffuso in tutto il paese, ma le punte sono nel Mezzogiorno, in particolare in Calabria e Campania. Al nord meno problemi. Dal vicino di casa al grossista: i volti diversi del “cravattaro”. Anche le banche chiedono troppo
L’usura è un fenomeno diffuso in tutta Italia, anche se risulta più marcato nel Mezzogiorno. Le denunce presentate non sono però attendibili per misurare la reale entità del fenomeno, che resta principalmente sommerso. E’ quanto rileva l’Eurispes nello studio ‘L’usura: quando il credito è nero’. Il paese è fortemente sbilanciato, secondo l’indagine dell’istituto: a fronte di un indice 100 a Vibo Valentia, corrisponde un valore zero a Trento, segno evidente di uno squilibrio del Sud nei confronti del Centro Nord. L’usura va da quella del vicino di casa e di quartiere fino a forme più sofisticate della criminalità organizzata, e si caratterizza per la ‘presenza di un elemento di sopraffazione nei confronti di soggetti che si trovano in difficoltà’: famiglie bisognose, anziani, piccoli commercianti e piccoli imprenditori, fasce deboli della popolazione. A differenza del metodo estorsivo e all’attività di riciclaggio attraverso i mercati finanziari, secondo l’Eurispes, l’usura ha il ‘vantaggio di una minore visibilità sociale’.
Nella rilevazione effettuata dall’Eurispes per il Rapporto Italia 2010 è stato chiesto ai cittadini se fossero o meno a conoscenza di persone che si rivolgono agli usurai per ottenere prestiti (i dati riportati nelle tabelle 1 e 2 vengono pubblicati per la prima volta in questo studio). Nel 25,2% dei casi la risposta è stata affermativa. La percentuale di quanti sono a conoscenza di persone che hanno fatto ricorso a prestiti usurai è più elevata, e addirittura sopra la media nazionale, nelle regioni del Mezzogiorno (30,7%) seguite da quelle del Centro-Italia (29,1%).
Tre tipi di usura
L’Eurispes individua tre segmenti di usura. Il primo segmento, definito “di base”, raccoglie in sé innanzitutto l’usura detta di “vicinato”, caratterizzata cioè da una vicinanza diretta dell’usuraio alla propria clientela, che presenta le caratteristiche dei prestiti a breve scadenza diretti sostanzialmente alle famiglie di lavoratori che versano temporaneamente o stabilmente in stato di necessità. Per tale motivo, il prestito può essere definito di sussistenza e coinvolge spesso anche gli anziani pensionati.
Il secondo segmento è rappresentato dall’usura di “quartiere”, più stabile della precedente, basata su una disponibilità finanziaria maggiore, ma ancora senza le caratteristiche dell’investimento. Assimilabile all’usura di quartiere è la già citata usura fra “colleghi” che coinvolge soggetti prestatori di soldi a breve scadenza senza il ricorso a metodi di sopraffazione: la vicinanza del posto di lavoro permette loro un’azione più discreta e talora tesa al solo arrotondamento delle entrate.
Il terzo segmento è quello dei fornitori di merci alle imprese locali, cioè dei grossisti che forniscono un’assistenza globale a piccoli commercianti o artigiani, anticipando loro le spese per la costituzione del magazzino. Sempre in tale segmento, si può inserire l’usura tra commercianti rappresentata dal prestito tra colleghi, di somme destinate alla formazione del capitale d’esercizio.
Il contesto
L’Eurispes ricorda che in un contesto socio-economico di difficoltà, come è quello attuale, i fenomeni di “sofferenza” delle famiglie italiane tendono ad aumentare: il 28,6% delle famiglie non ha un reddito mensile tale da consentirgli di arrivare alla fine del mese; il 42,9% può sostenere economicamente le proprie esigenze di consumo solo utilizzando i propri risparmi; il 23,3% e il 18,1% delle famiglie, rispettivamente, dichiarano difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo e del canone di affitto.
Per analizzare il fenomeno dell’usura e fotografarlo nelle diverse aree territoriali del paese, l’Eurispes. ha formulato un Indice di Rischio Usura (IRU), “fondato sull’analisi di quelle variabili di contesto socio-economico che si ritiene possano influenzare il grado di vulnerabilità e/o permeabilità di un territorio rispetto all’usura”. Tra le variabili rientrano il Pil, la disoccupazione, il sistema bancario (protesti, sofferenze, tasso di interesse medio attivo ecc.), il tessuto imprenditoriale e la criminalità.
Un’analisi del valore dell’IRU riscontrato a livello provinciale evidenzia anzitutto come la totalità delle province con un Indice di Rischio Usura classificato come “Alto” (Valore IRU 80-100) e “Medio-Alto” (Valore IRU 60-80) appartengono al Mezzogiorno. Particolarmente a rischio sono le province della Calabria (tutte nelle prime sei posizioni della graduatoria, con un IRU medio regionale di 97,1), della Campania (a rischio “Alto” tutte le province, ad esclusione di Napoli, con un IRU medio regionale di 88,4) e della Sicilia (quattro province a rischio “Alto”, cinque province a rischio “Medio-Alto” e un IRU medio regionale di 78,2).
Nella categoria identificata come a rischio “Medio” (IRU 40-60, con valori compresi tra 40,6 della provincia di Perugia e 58,5 della provincia di Viterbo) si riscontra, viceversa, una netta predominanza delle province del Centro (60% del totale), mentre costituiscono una minoranza le province del Mezzogiorno e del Nord-Ovest (40% del totale). La più alta concentrazione delle province del Centro Italia nella classe di rischio usura “Medio” trova conferma anche nella classifica regionale (tabella 5), nella quale Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria registrano valori IRU compresi tra 41,8 e 57,3.
Al ridursi ulteriore dell’IRU e della classe di rischio usura (“Basso”, con valori IRU 20-40), il contributo delle province appartenenti alle diverse aree geografiche cambia nuovamente, con una presenza sempre più significativa delle province del Nord-Ovest (43,3% del totale, con valori IRU compresi tra 20,1 di Como e 40 di Asti) e del Centro (36,7% del totale, con valori IRU compresi tra 22,4 di Siena e 39,2 di Massa Carrara) e la totale assenza di province del Mezzogiorno.
Infine, nella classe di rischio usura “Molto Basso” (valore IRU 0-20) tutte le province, ad eccezione di Firenze, appartengono al Nord Italia, con una netta prevalenza delle province del Nord-Est rispetto a quelle del Nord-Ovest (rispettivamente 64% e 32% del totale). Le province di Trento e Bolzano risultano in assoluto le meno vulnerabili rispetto al fenomeno dell’usura (con un valore IRU rispettivamente di 0,0 e 5,6), cui corrisponde nella graduatoria regionale il primato del Trentino Alto Adige (valore IRU 2,8), seguito da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto (con un valore IRU rispettivamente di 15,3, 18 e 18,7).
Il rapporto con le banche
Dai risultati dell’indagine emerge, inoltre, come circa un terzo degli intervistati o delle loro famiglie (34,2% del totale) si sia rivolto, negli ultimi tre anni, a forme di finanziamento esterno e, più precisamente, a prestiti bancari, ritenendo l’accesso al credito bancario l’unico modo per sostenere il proprio tenore di vita o, più in generale, per poter far fronte a spese per l’acquisto di beni e servizi vari.
Relativamente all’onerosità dei prestiti bancari, il giudizio degli intervistati è decisamente negativo, dal momento che la maggioranza di coloro che ha avuto accesso al credito bancario negli ultimi tre anni ritiene che il tasso di interesse applicato sia alto (45,7%). Solo un intervistato su tre (32,2%) ritiene, viceversa, che il tasso di interesse applicato al prestito bancario concesso sia adeguato e poco più di un intervistato su dieci (14,5%) che sia contenuto.
14/05/2010
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