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  1. #11
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    Predefinito Rif: Vincenzo Vinciguerra - Ergastolo per la Liberta'


  2. #12
    Avamposto
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    Predefinito Rif: Vincenzo Vinciguerra - Ergastolo per la Liberta'

    LE DICHIARAZIONI DI VINCENZO VINCIGUERRA RELATIVE ALL’ "OPERAZIONE" DEL 12.12.1969
    LA MANIFESTAZIONE DEL M.S.I. E DI ORDINE NUOVO INDETTA A ROMA PER IL 14.12.1969







    Vincenzo VINCIGUERRA ha reso a questo Ufficio, fra il 1991 e il 1993, una serie di interrogatori in cui egli ha ritenuto di fornire alcuni elementi di conoscenza in suo possesso utili a ricostruire la storia di quella che egli stesso ha definito l’"operazione" del 12.12.1969.

    Si tratta di elementi di conoscenza appresi in parte nella prima fase della sua militanza nella struttura di Ordine Nuovo, e precisamente nella cellula di Udine di cui facevano parte Carlo CICUTTINI e Ivano BOCCACCIO, e in parte nella seconda fase di tale militanza quando egli, per non essere tratto in arresto per il fallito dirottamento di Ronchi dei Legionari in cui Ivano BOCCACCIO aveva trovato la morte, aveva raggiunto la Spagna e si era unito al gruppo di latitanti gravitanti intorno a Stefano DELLE CHIAIE, proseguendo poi la sua attività politica in Avanguardia Nazionale anche in Sud-America e durante i periodi di rientro clandestino in Italia.

    In relazione a molte delle notizie che egli ha ritenuto di rendere note nel corso degli interrogatori, talvolta ampliando in tale sede spunti o concetti già accennati in documenti o libri da lui scritti e pubblicati anche nel normale circuito editoriale, Vincenzo VINCIGUERRA ha ritenuto di non rendere comunque noto il nome della fonte, non intendendo mettere in difficoltà e magari coinvolgere in procedimenti penali camerati sulla cui onestà e buona fede non erano mai sorti dubbi durante la militanza e quindi diversi da quelli risultati collusi con apparati dello Stato i cui nomi, invece, potevano essere indicati senza remore.

    Tale scelta, del tutto spiegabile in un’ottica di "militante rivoluzionario" quale si è sempre considerato e si considera VINCIGUERRA, ha certamente in parte ridotto la portata processuale delle sue dichiarazioni, ma di certo non l’ha annullata in quanto si tratta pur sempre di notizie ricevute in un contesto di affidabilità reciproca fra i due interlocutori all’interno di una ristretta cerchia di persone e di conseguenza tali notizie, indipendentemente dall’indicazione della specifica persona che ne è stata la fonte ed integrate dalle altre la cui fonte VINCIGUERRA ha invece reso nota, rimangono dati coerenti e processualmente utilizzabili.

    Ad avviso di questo Ufficio, la figura di Vincenzo VINCIGUERRA e il suo peculiare comportamento all’interno del mondo di estrema destra sono stati efficacemente scolpiti in un passaggio della relazione che nel 1994 ha concluso i lavori della Commissione Parlamentare sulle stragi all’interno dell’ XI Legislatura, passaggio che per la sua precisione merita di essere riportato:

    "....Questi, però, non si ritiene (e non è) un "pentito" o un dissociato.
    Infatti Vincenzo VINCIGUERRA ha sempre premesso di non essere disposto a rivelare tutto quanto a sua conoscenza e, in particolare, non è mai stato disposto a fare rivelazioni che direttamente o indirettamente portassero all’individuazione di responsabilità penali di persone che professassero le sue stesse idee politiche, così come si è sempre riservato il diritto di scegliere il momento in cui rivelare le notizie in suo possesso.
    D’altro canto, VINCIGUERRA non ha chiesto attenuazioni di pena, accettando di scontare l’ergastolo irrogatogli e in questo modo si è, per così dire, pagato il diritto di rivelare quello che ritiene opportuno nel momento che reputa adatto.
    Ovviamente questo ha ridotto considerevolmente la portata della collaborazione di VINCIGUERRA che resta, comunque, il caso più rilevante di collaborazione con la Giustizia su questo versante delle indagini..."

    Quindi, pur non essendo VINCIGUERRA tecnicamente un collaboratore, è certo che egli, dal suo punto di vista essenzialmente storico e politico, ha contribuito in modo significativo a ricostruire alcuni passaggi della strategia della tensione.

    L’attendibilità di Vincenzo VINCIGUERRA risulta decisamente avvalorata dal venir meno, con le indagini di questi ultimi anni, dell’ipotesi prospettata dal G.I. di Venezia, dr. Casson, secondo cui l’attentato di Peteano sarebbe stato in qualche modo connesso, forse sotto il profilo dell’esplosivo utilizzato, al deposito NASCO di Aurisina dell’organizzazione GLADIO e lo stesso VINCIGUERRA, lungi dall’essere un nazional-rivoluzionario puro e coerente, sarebbe stato legato a GLADIO o, come altri ordinovisti, a qualche altro apparato istituzionale e di conseguenza l’attentato da lui commesso non sarebbe stato un gesto di attacco diretto contro lo Stato, unico in tale settore e quasi parallelo alle azioni delle Brigate Rosse, ma parte, sin dall’origine, della strategia della tensione e delle sue oscure connivenze (cfr. ordinanza del G.I. di Venezia in data 24.2.1989 nel procedimento Peteano-ter, ff.9 e ss., vol.27, fasc.2).

    Mai una ricostruzione così infondata, sfornita non solo di qualsiasi elemento di prova, ma anche di qualsiasi dato indiziario, è stata così cara al mondo dei mass-media, soprattutto all’inizio degli anni ‘90, all’emergere del "caso GLADIO", tanto da essere ancora oggi riportata meccanicamente ogniqualvolta, nell’ambito di commenti ricostruttivi, viene rievocato l’attentato di Peteano.

    L’effetto di tale ingiustificato ed erroneo collegamento è stato nefasto in quanto è stato una delle ragioni non ultime per le quali VINCIGUERRA, limitando così la portata delle sue dichiarazioni, ha ritenuto che non fosse possibile alcuna forma di completa ricostruzione, da parte sua, degli anni della strategia della tensione di fronte ad una Autorità Giudiziaria.

    Egli infatti ha più volte, e non a torto, sottolineato che non era possibile individuare, se non in modesta parte, nell’Autorità Giudiziaria, e quindi nello Stato, un interlocutore credibile se la sua posizione e la sua scelta di vita venivano, anche a livello dei mass-media, radicalmente rovesciate, trasformandolo da combattente rivoluzionario, che in nome di un ideale si era risolto ad una scelta estrema contro rappresentanti dello Stato (e perdipiù Carabinieri, all’epoca sovente "cobelligeranti" della destra), in uno dei tanti soggetti collusi e condizionati dagli apparati dello Stato e dalle sue strategie.

    L’ipotesi fatta propria dal G.I. di Venezia è venuta meno per due ordini di ragioni.

    In primo luogo, nonostante l’audizione in questi ultimi anni e nelle più varie istruttorie di centinaia di imputati e di testimoni appartenenti alle aree più diverse dell’estrema destra nonchè ai servizi di sicurezza, non è stato acquisito il minimo elemento che indichi un collegamento fra il gruppo udinese di Ordine Nuovo, di cui VINCIGUERRA faceva parte, e GLADIO e, in verità, neanche fra tale ultima organizzazione e la struttura veneta di Ordine Nuovo nel suo insieme.

    In secondo luogo è venuta meno l’ipotesi di un collegamento fra il NASCO di Aurisina e l’attentato di Peteano tramite l’eventuale provenienza dal deposito di GLADIO, scoperto nel 1972, dell’esplosivo e dell’accenditore a strappo utilizzati per allestire a Peteano la trappola contro i Carabinieri, ipotesi avanzata dal G.I. di Venezia (cfr. ordinanza citata, ff.9-10 e 13 e ss.).

    Per quanto concerne l’esplosivo, infatti, la perizia ha evidenziato che quello utilizzato per l’ordigno era esplosivo civile da cava (e non l’esplosivo militare del tipo "C4" presente nei NASCO) e perdipiù VINCIGUERRA ha spiegato con abbondanza di particolari e dettagli come egli se lo sia procurato, nell’estate del 1970 insieme ad alcuni camerati anche originari della zona, sull’altipiano del Piancavallo, rubandolo da una baracchetta del tutto incustodita di una ditta che stava effettuando lavori di sbancamento (int. 13.1.1992, ff.3 e 4, e, anche su delega del G.I. di Venezia, int.27.3.1992, ff.1 e 3).

    Tale episodio, confrontando i particolari forniti da VINCIGUERRA e gli esiti degli accertamenti esperiti dalla Digos di Venezia (cfr. annotazioni in data 13.2.1992, 27.2.1992 e 4.5.1992, vol.27, fasc.2), è facilmente individuabile nel furto subìto nel luglio del 1970 dall’impresa "Avianese" che stava effettuando lavori nella zona (e proprio sulla strada sterrata indicata da VINCIGUERRA) e che nulla, ovviamente, aveva a che fare con GLADIO.

    Per quanto concerne l’accenditore a strappo, l’ipotetico collegamento si basava sul fatto che dal NASCO di Aurisina erano risultati mancanti due accenditori a strappo e che uno strumento analogo, utilizzato normalmente per il sabotaggio, era stato utilizzato per far esplodere, al momento dell’intervento della pattuglia dei Carabinieri, l’ordigno nascosto a Peteano nella FIAT 500.

    A parte la circostanza che non vi era alcuna prova , nemmeno generica o indiziaria, che l’accenditore utilizzato a Peteano fosse uno dei due mancanti da Aurisina, il collegamento si basava sull’esilissima circostanza secondo cui nessun accenditore a strappo od oggetto similare era mai stato rinvenuto in alcuna zona del Friuli-Venezia Giulia (cfr. ordinanza citata, f.10) e quindi tale accenditore, definito strumento di difficile reperimento, doveva "necessariamente" provenire dal NASCO di Aurisina.

    L’assunto di partenza è però del tutto erroneo in quanto da una semplicissima ricerca è emerso che proprio a Udine, il 31.3.1971, poco più di un anno prima dell’attentato di Peteano, erano stati rinvenuti, insieme ad esplosivo e ad altro materiale, ben 50 accenditori a strappo di cui qualche gruppo appartenente alla malavita politica o comune si era evidentemente liberato (cfr. nota della Digos di Trieste in data 29.4.1993, vol.27, fasc.6, ff.21 e ss., e accertamenti di polizia scientifica, ff.3-4).

    Caduta, quindi, ogni ipotesi di collegamento fra l’attività di Vincenzo VINCIGUERRA e apparati istituzionali di qualsiasi natura (circostanza questa che, insieme all’assoluta mancanza di ricerca di benefici processuali, dà alle sue dichiarazioni piena affidabilità), è possibile passare ad illustrare gli elementi di conoscenza relativi alla strage di Piazza Fontana che egli ha inteso fornire negli interrogatori resi a questo Ufficio fra la primavera 1991 e la primavera 1993.

    Ecco in sintesi gli elementi contenuti nelle dichiarazioni di Vincenzo VINCIGUERRA:

    - Sul piano generale VINCIGUERRA ha innanzitutto confermato quanto già dichiarato sin dal 9.8.1984 al G.I. di Bologna, poco tempo dopo avere rivendicato la propria responsabilità per l’attentato di Peteano e cioè che il baricentro della struttura stragista al servizio degli apparati dello Stato si trovava in Veneto e in Lombardia, pur dipendendo dalla struttura centrale di Ordine Nuovo di Roma e ne facevano parte i militanti responsabili e operativi della varie cellule: fra gli altri MAGGI e ZORZI a Venezia; SOFFIATI e il colonnello SPIAZZI a Verona; l’intero gruppo di FREDA e FACHINI a Padova; NEAMI, PORTOLAN e BRESSAN a Trieste; Roberto RAHO a Treviso; ROGNONI a Milano; Cristano DE ECCHER a Trento; con agganci minori a Mantova, a Rovigo e in Carnia (int. 4.10.191, f.2).

    Tale gruppo di persone era rimasto in stabile collegamento sin dagli anni ‘60, formando una struttura politicamente ed umanamente omogenea e, anche al momento del rientro di Ordine Nuovo nel M.S.I. , aveva mantenuto all’interno del Partito la propria identità e le proprie capacità operative.

    Solo l’attentato di Peteano (concettualmente non una strage, ma un’azione di guerra), compiuto dal piccolo gruppo di Udine, si differenzia dagli altri episodi dell’epoca in quanto commesso contro lo Stato e non in collusione con gli apparati dello Stato e oggetto di attività di depistaggio all’insaputa e contro la volontà dei suoi autori.

    - Gli attentati del 12.12.1969 si inquadrano in una strategia golpista e per essi erano stati utilizzati uomini sia di Ordine Nuovo sia di Avanguardia Nazionale (int.9.3.1992, f.1; 16.6.1992, f.2).

    Tale strategia era stata introdotta nel nostro Paese grazie all’elaborazione teorica e all’ispirazione dell’AGINTER PRESS di GUERIN SERAC (int.9.3.1992, f.2) che era la "mente" degli attentati e, in particolare, era in contatto con Stefano DELLE CHIAIE (int.20.5.1992, f.2).

    Elemento caratterizzante di tale strategia era la creazione di falsi gruppi di estrema sinistra e l’infiltrazione in altri già esistenti, al fine di far ricadere su di essi la responsabilità degli attentati (int.16.6.192, ff.3-4), provocare l’intervento delle Forze Armate ed escludere il Partito Comunista da qualsiasi possibilità di influenza significativa sulla vita politica italiana (int. citato, f.3).

    - Centrale nella ricostruzione degli avvenimenti del 12.12.1969 è poi, secondo il racconto di VINCIGUERRA, il significato della manifestazione indetta per il 14.12.1969, a Roma, dalla Direzione del M.S.I., subito dopo il rientro di Ordine Nuovo nel Partito, manifestazione che, all’indomani degli attentati, avrebbe dovuto innescare la richiesta da parte della "piazza di destra" di un "Governo forte" e di un intervento dei militari.

    Vincenzo VINCIGUERRA, pur ignaro in quel momento del vero significato strategico dell’adunata, la sera del 12.12.1969 era già partito alla volta di Roma:

    "....In merito all'adunata di Roma, posso specificare che io partii da Udine con Cesare Turco, proprio la sera del 12 dicembre 1969, in treno per Roma per recarci appunto alla manifestazione.
    Vi era già, ovviamente, la notizia degli attentati e ricordo che alla stazione fummo fermati da un Commissario di Polizia di Udine che ci interpellò pensando che fossimo diretti a Milano.
    Ritengo significativo ricordare che era giunta per quella manifestazione una convocazione a parteciparvi anche con i simboli di Ordine Nuovo, ed infatti avevamo un cartellone con l'ascia bipenne che noi stessi avevamo preparato per quell'occasione.
    La convocazione era avvenuta tramite Maggi e non escludo che mi fosse giunta anche da Roma.
    In sostanza, la convocazione per la manifestazione era avvenuta come se il rientro di Ordine Nuovo nel M.S.I. non ci fosse stato e in quel momento Ordine Nuovo si presentava ancora come un'entità autonoma rispetto al M.S.I. con i propri dirigenti ed i propri simboli. Giunti a Roma restammo tutto il giorno di sabato 13 dicembre in attesa di notizie in quanto non vi era più la certezza che l'adunata si sarebbe svolta ugualmente. Sino a tarda notte le notizie erano ancora incerte. La domenica mattina, e cioè il 14, si seppe che l'adunata non si sarebbe svolta, in quanto sospesa dal Governo, e in serata ripartimmo per Udine.
    Nel libro io cito la confidenza di Angelo Ventura a Franco Comacchio, riferita da questi all'Autorità Giudiziaria, per sottolineare quello che anche per mia conoscenza era un collegamento tra i due episodi, cioè gli attentati del 12 dicembre e l'adunata di Roma, come inseriti in un'unica operazione politica. Indico negli attentati del 12 dicembre 1969 non l'inizio della strategia della tensione, bensì il detonatore che, facendo esplodere una situazione, avrebbe consentito a determinate Autorità politiche e militari la proclamazione dello stato di emergenza.
    A domanda dell'Ufficio, questo mio elemento di conoscenza della verità del collegamento dei due episodi di cui parla Comacchio risale agli anni '70, prima della mia carcerazione..." (VINCIGUERRA, int.13.1.1992, ff.2-3)

    Gli articoli e le manchettes delle pagine del quotidiano "Il Secolo d’Italia" del dicembre 1969, acquisite in copia (vol.10, fasc.10), sono in piena corrispondenza con la descrizione di Vincenzo VINCIGUERRA relativa a tale manifestazione.

    Sin dai primi giorni di dicembre, infatti, il quotidiano del Movimento Sociale Italiano annunzia con grande enfasi la manifestazione al Palazzetto dello Sport, definita "Incontro con la Nazione", "Appuntamento con la Nazione" e "Grande Adunata".

    Oratore principale della giornata era ovviamente il Segretario del Partito, on. Giorgio Almirante, il quale, con il suo discorso, avrebbe dovuto fare appello all’"intesa e compattezza delle forze nazionali nel momento di emergenza" che si stava vivendo, riservando al suo Partito solo il privilegio, nella lotta per salvare l’Italia, di "combattere sulla trincea più avanzata" (cfr. "Il Secolo d’Italia", 12.12.1969, pagine 1 e 8).

    Solo il 14.12.1969, giorno della manifestazione, il quotidiano darà la notizia del divieto, per tale giornata, di qualsiasi manifestazione pubblica e quindi anche della "Grande adunata", attribuendo tale provvedimento alla "debolezza del regime verso il P.C.I." e ad interventi in tal senso dei socialisti del P.S.I. e dei repubblicani (vol.10, fasc.10, f.9).

    Anche Martino SICILIANO ha ricordato l’importanza della manifestazione, a cui Ordine Nuovo avrebbe dovuto presentarsi in ranghi compatti con scudi e insegne, e di essere stato fermato, mentre insieme ad altri mestrini stava per partire alla volta di Roma, dal contrordine del dr. MAGGI che comunicava l’annullamento della manifestazione (int.21.8.1997, ff.3-4).

    Martino SICILIANO ha anche ricordato che, nei giorni precedenti, Delfo ZORZI aveva partecipato a Mestre ai preparativi della manifestazione, a dispetto della versione di ZORZI che, quale linea difensiva, ha cercato di sostenere di essere stato ormai lontano, in quel periodo, dalla vita politica attiva, di non avere frequentato quasi più Martino SICILIANO e soprattutto di avere trascorso a Napoli i giorni precedenti il 12.12.1969.

    - Punto centrale è certamente il fatto che Vincenzo VINCIGUERRA, militante ancora giovanissimo nel dicembre 1969 e non inserito nei progetti strategici più delicati, avesse appreso a metà degli anni ‘70 (come precisato nell’interrogatorio in data 16.6.1992, f.5) che gli attentati del 12.12.1969 e l’adunata di Roma facevano parte di un’unica operazione politica.

    Si tratta, come rilevato dallo stesso VINCIGUERRA anche nel suo libro "La Strategia del Depistaggio", citato nell’interrogatorio in data 13.1.1992, di una notizia del tutto analoga alla confidenza che Angelo VENTURA, fratello di Giovanni, aveva fatto a Franco COMACCHIO e che quest’ultimo aveva riferito agli inquirenti nel corso dell’istruttoria sulla cellula padovana (int. COMACCHIO al P.M. di Treviso, 6.11.1971).

    Franco COMACCHIO aveva infatti ricevuto da Angelo VENTURA, pochissimi giorni prima del 12 dicembre, la confidenza che di lì a poco sarebbe "avvenuto qualcosa di grosso", in particolare "una marcia di fascisti a Roma e qualcosa che sarebbe avvenuta nelle banche".

    Due avvenimenti strategicamente collegati, dunque, ed è significativo che quanto appreso da VINCIGUERRA da fonte diversa rispetto a quella di COMACCHIO (int.VINCIGUERRA, 16.6.1992, f.5) confermi a posteriori il racconto di quest’ultimo, purtroppo sottovalutato nelle fasi dibattimentali come è avvenuto per tante circostanze raccolte nel corso delle prime istruttorie.

    Perdipiù nel corso della presente indagine anche Giampaolo STIMAMIGLIO, gravitante nell’ambiente veronese di Ordine Nuovo e molto legato, anche sul piano amicale, alla famiglia VENTURA, ha riferito che sia Giovanni VENTURA sia il fratello Luigi gli avevano confidato, prima dei fatti del 12.12.1969, che presto sarebbe avvenuto "qualcosa di grosso" che avrebbe cambiato la situazione politica in Italia (dep. 16.3.1994, f.2).

    Giuseppe FISANOTTI, anch’egli appartenente all’area di Ordine Nuovo di Verona e cognato di Giampaolo STIMAMIGLIO avendone sposato la sorella Rita, ha confermato che sia Giampaolo sia Rita gli avevano riferito le confidenze a loro volta ricevute da Giovanni VENTURA già all’epoca dei fatti, circostanza questa che conferma l’attendibilità della testimonianza di Giampaolo STIMAMIGLIO (dep. FISANOTTI a questo Ufficio, 8.5.1993, f.2).

    Gli avvenimenti del 12.12.1969 erano stati, quindi, senza troppe cautele e in varie occasioni, preannunziati dai fratelli VENTURA ed era stato rimarcato il collegamento con la manifestazione del 14.12.1969 così come VINCIGUERRA aveva in seguito appreso da fonti del tutto differenti.

    - Per quanto concerne la materiale esecuzione degli attentati, il gruppo di Ordine Nuovo di Trieste aveva partecipato agli attentati ai treni dell’8/9 agosto 1969 (int.2.12.1992, f.3; 21.12.1992, f.3), mentre Avanguardia Nazionale era responsabile, fornendo un apporto operativo determinante, degli attentati della giornata del 12 dicembre 1969 avvenuti a Roma (int.29.6.1992, f.2).

    Si noti che tali indicazioni di VINCIGUERRA, seppur laconiche e incomplete, sono in perfetta sintonia con le altre acquisizioni processuali e cioè le dichiarazioni di Carlo DIGILIO e, per quanto concerne gli attentati all’Altare della Patria, quelle di Graziano GUBBINI e di Giuseppe ALBANESE (rispettivamente, dep ai GG.II. di Milano e Bologna in data 24.1.1994, f.7, e dinanzi al G.I. di Bologna in data 3.9.1992, f.3).

    - Aldo TRINCO, commesso della libreria "Ezzelino" di Padova e appartenente alla cellula di Franco FREDA, incontrando Vincenzo VINCIGUERRA nel 1972, aveva più volte rivendicato al gruppo di Padova la corresponsabilità nella strage esprimendosi in modo cinico con le parole "Siamo stati noi, in fondo era plebe" (int. 16.6.1994, ff.4-5).

    - Delfo ZORZI, nel 1973, aveva proposto a Vincenzo VINCIGUERRA di collaborare alla fuga di Franco FREDA, il quale avrebbe dovuto evadere dal carcere ove era detenuto ed espatriare inizialmente in Austria attraverso un valico di confine non troppo sorvegliato e il cui attraversamento clandestino non doveva essere troppo impegnativo sul piano fisico in quanto, all’epoca, FREDA soffriva di problemi alla schiena.

    Compito di VINCIGUERRA era quello di individuare il valico più adatto ed egli aveva scelto a tal fine il Passo del Giramondo, che era sorvegliato da pochissimi militari della Guardia di Finanza e tramite il quale si poteva raggiungere l’Austria senza troppe difficoltà (int. 13.1.1992, f.3).

    Il progetto era stato poi abbandonato senza che VINCIGUERRA ne avesse mai potuto conoscere le ragioni.

    Le non buone condizioni fisiche di Franco FREDA sono state confermate da lui stesso, il quale ha riferito che all’epoca portava un busto ortopedico soffrendo di un’ernia del disco (int. FREDA a questo Ufficio, 14.10.1994, f.5).

    L’episodio ricordato da VINCIGUERRA è in perfetta sintonia con la proposta fatta nello stesso periodo da Delfo ZORZI a Carlo DIGILIO di collaborare all’evasione di Giovanni VENTURA adoperandosi per duplicare la chiave della cella ove questi era detenuto (int. DIGILIO, 29.1.1994, f.3; 16.4.1994, ff.2-3) ed entrambi i progetti sono evidentemente indicativi della pregressa comune operatività del gruppo di FREDA e del gruppo di ZORZI nell’operazione del 12.12.1969.

    - Infine VINCIGUERRA ha rievocato un colloquio avuto con Adriano TILGHER, braccio destro di Stefano DELLE CHIAIE, nell’estate del 1979, pochi mesi prima che VINCIGUERRA scegliesse di costituirsi anche per non essere più coinvolto nelle attività di forze che si dicevano "rivoluzionarie", ma in realtà gli apparivano sempre di più al servizio dello Stato e delle sue logiche di potere.

    Era da poco stato pubblicato un libro scritto da Massimo FINI concernente le indagini sulla "pista nera", soprattutto l’istruttoria milanese dei Giudici D’Ambrosio e Alessandrini, e nel libro l’autore aveva sostenuto la corresponsabilità di Avanguardia Nazionale negli attentati del 12.12.1969.

    Commentando il contenuto del volume, VINCIGUERRA, all’epoca divenuto già militante di Avanguardia Nazionale ed ancora convinto dell’estraneità almeno di tale organizzazione alla strategia delle stragi (mentre gli erano ormai chiare le responsabilità dell’organizzazione in cui aveva militato in precedenza e cioè Ordine Nuovo), aveva affermato che la ricostruzione del giornalista era comunque priva di significato, ma Adriano TILGHER lo aveva smentito rispondendogli testualmente "Ti sbagli, perchè D’Ambrosio ha capito tutto" (int. 16.6.1992, f.4).

    La preoccupazione di Adriano TILGHER, espressa con tale commento, si riferiva non solo alla corresponsabilità di Avanguardia Nazionale, ma anche agli agganci istituzionali individuati dagli inquirenti e al ruolo di GUERIN SERAC, la cui importanza era stata compresa nel corso dell’istruttoria milanese, ma non aveva potuto essere approfondita anche a seguito del trasferimento dell’istruttoria (int. citato, f.4).

    Il commento preoccupato di Adriano TILGHER ricorda il fastidio con cui Stefano DELLE CHIAIE, a Madrid nel 1974, aveva rinfacciato a GUERIN SERAC l’incauta intervista rilasciata dal suo braccio destro, Robert LEROY, al settimanale "L’Europeo" in cui questi, pur senza ovviamente far riferimento ad azioni eversive, aveva rivelato i rapporti esistiti in passato fra lo stesso LEROY e gli italiani DELLE CHIAIE, MERLINO e SERPIERI (int. VINCIGUERRA, 20.5.1992, ff.1-2; si veda il testo dell’intervista in vol.12, fasc.6, ff.6 e ss.).

    Tale affermazione, secondo DELLE CHIAIE, era pericolosissima in quanto DELLE CHIAIE e MERLINO erano indicati nell’appunto del S.I.D. del 16.12.1969 (forse in parte originato proprio dalla confidenze di Stefano SERPIERI, legato al S.I.D.) come elementi in contatto con SERAC e LEROY, gerarchicamente dipendenti da questi e organizzatori, in tale veste, di alcuni degli attentati del 12.12.1969 proprio su ispirazione dell’AGINTER PRESS.

    Ogni riferimento a tali collegamenti era quindi potenzialmente molto dannoso in quanto toccava un nervo scoperto della strategia complessiva degli attentati e gli inquirenti (che, secondo una fonte attendibile come Adriano TILGHER, "avevano capito tutto") avrebbero potuto non lasciarsi sfuggire l’occasione di approfondire ancora, anche alla luce dell’intervista, tale pista.




    la strage di stato sentenza capitolo 31

  3. #13
    Avamposto
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    Predefinito Rif: Vincenzo Vinciguerra - Ergastolo per la Liberta'

    STRAGI E STRATEGIE AUTORITARIE



    Luigi Cipriani, Intervista su Vincenzo Vinciguerra al giornalista Paolo Cucchiarelli (Ansa) 1 settembre 1992.

    " Su tutta la vicenda delle stragi, Rosa dei venti eccetera, Vinciguerra dà l'interpretazione che ha sempre dato la sinistra rivoluzionaria, ora la conferma ci viene dall'interno dell'altro fronte"



    Domanda. Parlami di Vinciguerra. Perché attacca Casson?

    Risposta. Vinciguerra dice di essersi autodenunciato perché voleva che si arrivasse a chi tirava i fili. La critica forte che fa a Casson è di non avere scoperto niente di utile in questo senso, perché troppo rispettoso degli apparati, del ministero degli interni e dei servizi: fermandosi al livello basso dei carabinieri, non è arrivato a niente.

    Vinciguerra analizza l'apparato struttura per struttura. I carabinieri: possibile -lui si chiede- che il generale Ferrara, capo di stato maggiore dei carabinieri sia rimasto fuori, mentre nell'inchiesta viene scaricato tutto sul generale Mingarelli della Pastrengo? Secondo Vinciguerra i carabinieri, nella strage di Peteano, hanno svolto due operazioni: una di copertura, una di depistaggio. Di copertura, perché in quegli anni la politica del governo era usare i neri per colpire i rossi. Di depistaggio: quando hanno saputo, qualche giorno dopo, che l'attentatore era lui hanno usato il Nasco di Aurisina tentando di accreditare un collegamento che non c'era: perché col Nasco di Aurisina han fatto saltare Gladio.

    Domanda. Questo perché?

    Risposta. Perché era una concorrenza e loro non vogliono concorrenti sul loro terreno, che è quello di principale puntello del regime. L'Arma è la vera struttura portante del regime che ha sorretto in tutti questi anni le operazioni di depistaggio, le coperture: l'esistenza di Gladio era un elemento che sfuggiva al loro controllo. Col ritrovamento del Nasco di Aurisina, il collegamento che i carabinieri cercano di fare fra questo e Peteano, Serravalle decide di smantellare la struttura e le armi vengono messe nelle caserme dei carabinieri. Questa è l'interpretazione che lui dà, dicendo che si tratta di un falso.

    Ministero degli interni-polizia di stato. E' arrivato un ordine di Vicari: disinteressarsi di Peteano. Sono state fatte sparire le prove, le lettere anonime che descrivevano assai bene l'attentatore.

    Servizi segreti-Miceli-Sid: a loro volta hanno lavorato per il depistaggio e per la sparizione delle prove. Vinciguerra dice: io accusai Miceli dando elementi, ma lui non venne mai coinvolto. Tutto il vertice del servizio era coinvolto nel depistaggio.

    Guardia di finanza: l'ufficio "I" aveva come informatore un fascista che a sua volta, dopo l'attentato, va a raccontare che gli attentatori erano lui e Cicuttini, nomi e cognomi.

    In sostanza lui dice: io ho confessato, mi sono preso l'ergastolo perché volevo che i depistatori fossero puniti e perché in tutte le stragi è stato usato lo stesso meccanismo; e ora, mi trovo con l'ergastolo sul groppone e un giudice che non fa niente per uscire dal livello locale e andare in su. Gli ho dato nomi, elementi, fatti e lui non fa niente..

    Domanda. La storia di Rumor?

    Risposta. Racconta un episodio che io non avevo presente. Nel 71 vanno da lui due fascisti e gli chiedono di far fuori Rumor che era presidente del Consiglio all'epoca della strage di piazza Fontana e doveva, in quella veste, essere interrogato al processo. Guarda, gli dicono, non ti devi preoccupare perché la scorta non si opporrà. Lui era quasi convinto poi gli è venuto il sospetto che, dopo l'assassinio, la scorta potesse far fuori lui; e non ha accettato.

    Ma quel che è davvero interessante è che, su tutta la vicenda delle stragi, Rosa dei venti eccetera, lui dà l'interpretazione che ha sempre dato la sinistra rivoluzionaria, e la conferma ora ci viene dall'interno dell'altro fronte.

    (continua su L'affare Moro col titolo Francesco Varone)


    Intervista su Vincenzo Vinciguerra.

  4. #14
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Vincenzo Vinciguerra - Ergastolo per la Liberta'

    Non aver paura di uccidere. Non averne proprio -

    pubblicato il 22 luglio 2008
    dallo stesso autore





    Un ex terrorista di Ordine Nuovo recensisce il libro di un medico legale e una giornalista che racconta la crisi dei sistemi investigativi e i buchi della burocrazia. Rendendo oggi di fatto quasi impossibile trovare i colpevoli dei delitti.



    Vincenzo Vinciguerra è un ex membro dei movimenti neo-fascista Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo. Attualmente sta scontando l’ergastolo per l’uccisione di tre carabinieri con un’autobomba a Peteano nel 1972




    II titolo del libro scritto da Giancarlo Umani Ronchi e Antonella Stocco rivela già tutta l’amarezza dei due autori dinanzi ad una verità sconvolgente qual’è quella di una giustizia e di un apparato investigativo e medico-legale incapaci ed impotenti dinanzi al delitto più efferato: l’omicidio. Sommersi e storditi da una propaganda che vuole la giustizia italiana perennemente in crisi per la carenza di organico, la lentezza dei procedimenti penali e civili, la mancanza di adeguati finanziamenti, scopriamo ora, leggendo questo libro di appassionata denuncia, che c’è ben altro, di gran lunga peggiore: che la vita dei cittadini è affidata al caso, perché l’imponente apparato poliziesco e giudiziario italiano è incapace di reprimere il delitto e, quindi, di prevenirlo. “Non avere paura di uccidere! Il delitto perfetto brilla all’alba del terzo millennio – scrivono i due autori – complici il declino dei sistemi investigativi e il rituale tutto italiano del ‘post mortem’,'immobile nei secoli tra moduli, certificati ed inutili formalità”. (“Non avere paura di uccidere” – G.Umani Ronchi/A.Stocco – Edizioni libreria Cortina – Torino -2008 – p.5).

    LA DENUNCIA - Il pessimismo dei due autorevoli autori è confermato, in modo magistrale, dall’accurata disamina dei fatti e delle procedure, corredata da esempi significativi che, insieme, eliminano ogni dubbio sulla validità e la veridicità di una denuncia che non può e non deve essere ignorata, nonostante i corposi interessi che lede. In forma leggera, spesso ironica, comprensibile a tutti i cittadini nonostante la materia, il libro di Giancarlo Umani Ronchi e Antonella Stocco lancia l’allarme sulle carenze – da tutti fino ad oggi taciute – di un sistema investigativo e giudiziario che lascia i cittadini in balia di tutti coloro che portano nel loro patrimonio genetico l’impronta di Caino. Non rassicura più, dopo aver letto queste pagine avvincenti, l’immagine televisiva dei Ris dei carabinieri o dei Nuclei di polizia scientifica che ci fanno vedere con le loro tute bianche mentre lavorano sulla scena del crimine.

    UN PROBLEMA STRUTTURALE - Crolla la certezza sull’efficienza delle analisi scientifiche, sul “Luminol”, il dna, le impronte digitali,ecc. perché si scopre che, dietro tutto questo, c’è il vuoto normativo e professionale di giudici ed investigatori. Prendiamo dolorosamente atto, per merito del coraggio e della sete di giustizia di uno scienziato e di una giornalista investigativa, che la crisi della giustizia italiana non è sanabile con l’aumento degli organici dei magistrati, l’accelerazione dei processi e maggiori finanziamenti, bensì con la modifica radicale delle procedure e la creazione di figure di giudici ed investigatori professionalmente in grado di indagare sui delitti, senza affidarsi al caso, alla “soffiata”, alla rivelazione di un pentito (spesso tardiva) e alla fortuna. Silenzioso come un tumore che corrode, senza sintomi apparenti, un organismo un tempo sano, l’incompetenza congiunta all’approssimazione ha reso agonizzante il sistema investigativo italiano affidato a pubblici ministeri, spesso privi di esperienza, che si barcamenano come possono nella conduzione delle indagini utilizzando a loro insindacabile giudizio gli organi della Polizia giudiziaria.

    I RISULTATI - Il risultato è che in questo Paese non si conosce nemmeno il numero degli omicidi che vengono compiuti nell’arco di ogni anno. “Sul vasto orizzonte delle morti in bilico – scrivono i due autori – tra incidente, omicidio, suicidio e cause naturali s’indaga soltanto se c’è una denuncia, o se arriva una segnalazione alle forze dell’ordine, a volte con grande ritardo (per esempio dai collaboratori di giustizia, o la solita soffiata). Le migliaia di persone scomparse nel nulla, negli anni, come vengono classificate? Sono ancora vive per l’anagrafe? Quante sono le morti presunte? E gli omicidi?…” (ld – p.6). Non esistono meccanismi che, automaticamente, si mettono in moto per accertare se veramente un suicidio è tale e non un omicidio mascherato, se un incidente stradale è frutto di una fatalità e non di una volontà omicidiaria, se un salto nel vuoto da una finestra o da un ponte è stato determinato da qualcuno e non dalla volontà del presunto suicida. Tutto riposa sulla segnalazione di qualcuno che sa o sospetta, suscettibile di determinare un approfondimento di indagini frettolosamente chiuse. Se questa viene a mancare, il caso è archiviato per sempre complice un certificato medico redatto da un sanitario che non ha la volontà e la competenza per porsi domande.

    NELLE CARCERI - Vero, terribilmente vero quanto scrivono e denunciano Giancarlo Umani Ronchi e Antonella Stocco, tanto da farci porre una domanda, a nostra volta: quanti sono i detenuti morti in carcere nell’arco di un trentennio per infarto, “fibrillazione cardiaca”, impiccagione, ritenuti vittime di malori e del malessere derivato dallo stato di detenzione? Eppure, le “voci” del carcere, in numerosi casi, hanno detto il contrario: che si può morire a causa di veleni volatili che provocano l’infarto o la fibrillazione cardiaca o si può essere appesi ad una corda, rudimentale e lasciati morire. Nessuno ha mai fatto una perizia tossicologica o un esame necroscopico accurato perché mancava la “segnalazione”, il “fondato sospetto”, per cui magistrati e medici hanno scrollato le spalle e attribuito a fatalità e depressione quello che, a volte, era il frutto di un omicidio premeditato. E se tanto è possibile in un ambiente come quello carcerario dove il “sospetto” sarebbe doveroso, che cosa succede fuori dall’universo detentivo?



    http://www.giornalettismo.com/archiv...ra-recensione/

  5. #15
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    [Piazza Fontana noi sapevamo]

    VINCENZO VINCIGUERRA: «IL PASSATO CHE NON PASSA»

    01/06/2010 -


    Vincenzo Vinciguerra: «La verità ormai si conosce ma nessuno vuole trarne le doverose conseguenze (…) Non si comprende, difatti, quale verità potrà mai essere affermata fino a quando si permetterà a Ignazio La Russa di fare attività politica (…) “Noi in galera e loro al governo”, dove fra “loro” c’era anche Gianfranco Fini.»

    Fonte: www.marilenagrill.org

    Pubblicato il 25.05.2010 da Vincenzo Vinciguerra





    «IL PASSATO CHE NON PASSA»

    «Nell’intervista rilasciata ai giornalisti Andrea Sceresini, Nicola Palma e Maria Elena Scandaliato, pubblicata e commentata, nel libro “Piazza Fontana. Noi sapevamo” (edito da Aliberti), il generale Gianadelio Maletti profetizza che la verità su quanto è accaduto in Italia nel dopoguerra, in particolare negli anni Sessanta e Settanta, “un giorno verrà fuori… quando qualcuno morirà” (pp.226-227), e poco prima fra i protagonisti di quegli anni ancora in vita, che la verità la conoscono, aveva fatto riferimento ad un ministro del governo di Silvio Berlusconi in carica dal 2001 al 2006.

    Triste sorte,quella di un Paese dove bisogna attendere la morte degli ultimi delinquenti rimasti in vita per conoscere le malefatte di cui sono stati co-protagonisti in passato.

    Ma, senza bisogno di attendere la morte di Giulio Andreotti, Arnaldo Forlani, il generale Arnaldo Ferrara, Giorgio Napolitano ed altri oggi ottantenni e novantenni disperatamente attaccati alla vita,e spesso anche alla poltrona, possiamo dire che la verità ormai si conosce ma nessuno vuole trarne le doverose conseguenze.

    Se vogliamo che il passato cessi di essere il nostro presente e non condizioni il nostro futuro, esigere che le persone che hanno ricoperto cariche politiche e pubbliche in quegli anni siano allontanati dalla politica e dalle istituzioni, è il primo passo da compiere.

    Non si comprende, difatti, quale verità potrà mai essere affermata fino a quando si permetterà a Ignazio La Russa di fare attività politica.

    Non servono prove giudiziarie per sapere che Ignazio La Russa è stato fra i protagonisti, come dirigente del Msi di Milano, degli anni di sangue vissuti dal capoluogo lombardo.

    Quello che un delinquente da strapazzo, Mauro Addis, chiamava confidenzialmente “Ignazio”, ha conosciuto tutti e tutto, ma ovviamente non ha mai detto nulla perchè non può denunciare altri senza autodenunciare se stesso.

    L’ex direttore onorario del carcere di Opera, Renato Vallanzasca, in un libro scritto per lui da un giornalista., parlò di un dirigente missino di Milano che pagava la malavita per fare mettere bombe e, senza farne il nome, specificò che in quel momento ricopriva un’alta carica istituzionale: Ignazio La Russa, quando venne pubblicato il libro di Vallanzasca, era vicepresidente della Camera dei deputati.

    Serve ricordare le parole dell’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che di La Russa ebbe a dire che nuotava nel brodo dell’eversione nera o, meglio, che era ad essa attiguo.

    Quando, quattro cialtroni missini lanciarono bombe a mano su uno sbarramento di polizia, il 12 aprile 1973, uccidendo l’agente di Ps, Antonio Marino, La Russa c’era, ma secondo lui e i magistrati milanesi, dormiva come il suo compare Franco Maria Servello.

    Era sveglio, viceversa, il La Russa quando si è recato a rendere omaggio alla salma di Nico Azzi il mancato autore della strage sul treno Torino-Roma del 7 aprile 1973.

    Un gesto significativo, perchè Nico Azzi ed i suoi colleghi erano parte integrante di quell’ “eversione di Stato” che doveva rafforzare il Msi dei La Russa e dei Servello per farne un partito di governo.

    Le Forse armate italiane hanno perduto il loro onore l’8 settembre 1943. Il fatto di avere oggi Ignazio La Russa come ministro della Difesa, prova che non lo hanno mai riscattato.

    Gianfranco Fini è giunto alla carica, di presidente della Camera dei deputati. Ha certo dimenticato quando, nel 1979, senza altra motivazione che la provocazione e la ricerca del disordine dispose, nella sua veste di segretario giovanile del Msi, che venisse fatta una manifestazione nel quartiere “rosso” di Centocelle, a Roma. Ci perse la vita un ragazzo, ucciso da un agente di Ps, ma non è una morte che gli è mai pesata sulla coscienza.

    Furbo ma non intelligente, Gianfranco Fini si è sempre battuto per proclamare l’innocenza di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro dall’accusa di aver compiuto la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Ma, ci ha tenuto a precisare che non ha mai letto gli atti processuali confermando di non aver mai acquisito gli elementi necessari per formarsi un convincimento serio, fondato, sull’innocenza o la colpevolezza dei due stragisti.

    E, allora, perchè mai ne proclama l’innocenza? Forse, la risposta si trova nella frase esplicitamente ricattatoria della Mambro: “Noi in galera e loro al governo”, dove fra “loro” c’era anche Gianfranco Fini. Frase che sottolinea come i due componenti dell’italica “famiglia Adams” abbiano vissuto come una profonda ingiustizia la loro condizione di detenuti mentre i loro colleghi di partito stavano ormai al governo, non come fascisti ma in veste di antifascisti.

    Certo, Gianfranco Fini ha vissuto dall’alto della sua carica di segretario giovanile del Msi gli anni terribili di Roma, ma come Ignazio La Russa, c’era ma dormiva salvo risvegliarsi per chiedere ed ottenere la scarcerazione dei coniugi Fioravanti.

    Con un ministro della Difesa come La Russa e un presidente della Camera dei deputati come Gianfranco Fini, è inutile attendersi che in questo Paese si affermi la verità sul ruolo che il Msi ha ricoperto nella strategia del terrore e del disordine.

    Se, poi, come presidente della Repubblica c’è Giorgio Napolitano che, nella sua veste di dirigente nazionale del Pci, avrebbe tanto da raccontare, in sede storica e giudiziaria, su quello che i vertici del Pci hanno conosciuto sulla “guerra a bassa intensità”, anche con l’apporto informativo fornito loro dal Kgb sovietico, e invece parla di “ventata di follia”, di “fantomatici doppi Stati” ed amenità del genere, è chiaro che il Paese è condannato a non conoscere mai la verità.

    In un Paese in cui non esiste più da tempo, un’opposizione politica ma solo un partito unico, ufficialmente frammentato in tanti correnti interne, non resterebbe che concordare con il generale Maletti e attendere la dipartita dei Cossiga, degli Andreotti e dei loro colleghi per ristabilire ed affermare la verità, ma la rassegnazione non fa parte del nostro stile di vita e della nostra personalità.

    Continueremo a batterci, nell’attesa della dipartita di costoro, perchè la verità trionfi egualmente e ci liberi dei Fini, dei La Russa, dei tanti come loro che infestano ancora la politica italiana, per assaporare, per la prima volta nella nostra vita, il piacere della libertà.»

    Tratto da: www.marilenagrill.org
    Autore: «Vincenzo Vinciguerra, Opera 25 maggio 2010 (Pubblicazione)»

    «Vincenzo Vinciguerra (1949) è un ex terrorista italiano. È un ex membro dei movimenti neo-fascisti Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo. Attualmente sta scontando l’ergastolo per l’uccisione di tre carabinieri con un’autobomba a Peteano nel 1972. Le indagini di questo caso, precedentemente irrisolto, sono giunte a conclusione attraverso la ricostruzione del giudice veneziano Felice Casson che ha condotto le indagini sulla struttura “Gladio” operativa nell’Europa Occidentale.» (leggi tutto: Wikipedia it)


    [Piazza Fontana noi sapevamo] VINCENZO VINCIGUERRA: «IL PASSATO CHE NON PASSA» « Aliberti editore Blog

  6. #16
    Avamposto
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    La Strage Di Peteano

    Marco Veronese




    Nel maggio 1972 a Peteano, piccolo paese nei dintorni di Gorizia, una squadra dei Carabinieri riceve una telefonata anonima. All'altro capo del filo una persona ignota avverte di aver udito degli spari provenire da un boschetto nella campagna poco distante dal paese. Quattro militari si recano sul posto e, in una radura, rinvengono una Fiat 500 abbandonata il cui parabrezza mostra chiaramente i segni dei colpi di pistola. Ma il baule dell'auto nasconde un ordigno innescato che, quando i quattro tentano di aprirlo, esplode uccidendo tre di loro e ferendo gravemente il quarto. E' la strage di Peteano, snodo fondamentale in cui compaiono i soliti, noti, attori della strategia della tensione, ma che rivela importantissimi elementi per poter comprendere le ragioni e le modalità che tale strategia seguì.
    Le indagini furono ricche di depistaggi e coperture, basti dire che "per dodici anni i veri colpevoli vennero ignorati, focalizzandosi invece su una varietà di indiziati che nulla avevano a che fare con il crimine(1)". All'inizio si seguì una fantomatica "pista rossa", palesemente inconsistente: le indagini si indirizzarono su un nucleo di Lotta Continua, basandosi sulle presunte affermazioni che un noto pentito di sinistra di nome Marco Pisetta, avrebbe rilasciato al comandante del gruppo CC di Trento, colonnello Michele Santoro. Ma sia i magistrati presenti all'incontro con Santoro che lo stesso Pisetta hanno smentito che questi abbia mai parlato di Peteano. La "velina" con il riferimento a Lotta Continua sarebbe stata inviata, in maniera del tutto anomala (fuor di protocollo, tramite corriere e soprattutto senza seguire le vie gerarchiche) al colonnello Dino Mingarelli, comandante della Legione Udine, che aveva avocato a sé la responsabilità delle indagini, dal generale Palumbo, comandante della divisione Pastrengo di Milano, che si era precipitato a Gorizia già il 1 Giugno 1972. "Quella fu l'origine della cosiddetta pista rossa" dichiarò Mingarelli, "io sapevo che quelle notizie arrivavano da Trento e che la fonte confidenziale era Marco Pisetta"(2).
    In seguito la pista seguita fu denominata "gialla", ovvero legata a piccoli pregiudicati locali. Anche in questo caso la pista si rivelerà un depistaggio operato dai Carabinieri, infatti, seppure tale pista parve più credibile e conseguentemente venne seguita più a lungo, si rivelò basata su pretese affermazioni di un informatore dei Carabinieri che si rifiutò di riconoscerle davanti alla Corte. I pregiudicati coinvolti da questo presunto informatore furono sottoposti a lunghe indagini e vari giudizi prima che fosse provata la loro innocenza.
    Mentre le forze dell'ordine erano impegnate ad indagare su pregiudicati e membri di Lotta Continua, tutti gli indizi a sostegno della più credibile "pista nera" vennero ignorati o scartati, ed addirittura si è parlato di un preciso ordine, non si sa da chi provenisse, di bloccare ogni indagine sugli ambienti di destra.


    Le responsabilità reali emergeranno soltanto nel 1984, dodici anni dopo, allorquando l'ideatore, nonché responsabile materiale della strage confesserà. Chi confessa è Vincenzo Vinciguerra, militante di Ordine Nuovo che aveva vissuto in latitanza dal 1974, stabilendosi prima in Spagna dove prese contatto con Stefano Delle Chiaie ed aderì ad Avanguardia Nazionale, e poi in Argentina.
    Vinciguerra si era costituito nel 1979, motivando il suo gesto dicendo che la vita da latitante lo avrebbe costretto a compromettere la sua dignità di militante rivoluzionario. Al momento della confessione Vinciguerra si trova in carcere per un'accusa connessa ad un episodio avvenuto nell'ottobre del 1972 all'aeroporto di Ronchi dei Legionari, dove un altro militante ordinovista di nome Ivano Boccaccio, ex paracadutista, tentò di dirottare un aereo per ottenere un riscatto allo scopo di finanziare il gruppo. Boccaccio si trovò circondato ed aprì il fuoco sulla Polizia, che rispondendo lo uccise.
    La confessione di Vinciguerra è spontanea e rivelatrice: egli non rinnega le sue azioni passate, ed anzi rivendica con orgoglio la propria qualità di "soldato politico", ma chiarisce di voler confessare per "fare chiarezza", avendo compreso che tutte le precedenti azioni della destra radicale, incluse le stragi, in realtà erano state manovrate da quello stesso regime che si proponeva di attaccare. "Mi assumo la responsabilità piena, completa e totale dell'ideazione, dell'organizzazione e del'esecuzione materiale dell'attentato di Peteano, che si inquadra in una logica di rottura con la strategia che veniva allora seguita da forze che ritenevo rivoluzionarie, cosiddette di destra, e che invece seguivano una strategia dettata da centri di potere nazionali e internazionali collocati ai vertici dello stato [...] Il fine politico che attraverso le stragi si è tentato di raggiungere è molto chiaro: attraverso gravi provocazioni innescare una risposta popolare di rabbia da utilizzare poi per una successiva repressione. In ultima analisi il fine massimo era quello di giungere alla promulgazione di leggi eccezionali o alla dichiarazione dello stato di emergenza. In tal modo si sarebbe realizzata quell'operazione di rafforzamento del potere che di volta in volta sentiva vacillare il proprio dominio. Il tutto, ovviamente inserito in un contesto internazionale nel quadro dell'inserimento italiano nel sistema delle alleanze occidentali".
    Vinciguerra, dunque, prende decisamente le distanze dai vari Delle Chiaie, Delfo Zorzi ed Almirante, considerati falsi rivoluzionari, e lo fa, oltre che con le precise dichiarazioni che rilascia, anche con l'atto medesimo dell'attentato, che doveva, nei suoi piani, affermarsi come unico fatto veramente rivoluzionario: un'azione di guerra esplicitamente rivolta contro lo Stato, impersonato dai Carabinieri, e non contro una folla indiscriminata.
    Tale confessione gli costò una condanna all'ergastolo che, però, non lo indusse a collaborare con la magistratura. Solo dopo che la condanna passò in giudicato, e quindi senza più possibilità di ricevere benefici in cambio di rivelazioni, assunse un atteggiamento collaborativo che dura tuttora. Grazie a tale atteggiamento la Magistratura ha potuto ricostruire l'attività di Ordine Nuovo di Udine, che egli guidò insieme al fratello gemello. Il gruppo mostrò un crescendo di azione consueto, passando dalla "propaganda attiva" a risse e pestaggi, per poi arrivare alle rapine di autofinanziamento ed all'utilizzo di esplosivi.
    Riguardo all'attentato la Commissione Stragi scrive: "Alla Commissione in ordine a tale episodio non resta che prendere atto di ciò che può ritenersi ormai un fatto storico accertato e consacrato in giudicati penali di condanna; e cioè l'illecita copertura attribuita agli estremisti di destra autori dell'attentato da parte di alti ufficiali dell'Arma dei Carabinieri, tra questi il colonnello Mingarelli condannato dalla Corte di Assise di Appello di Venezia per falso ideologico e materiale e per soppressione di prove [...] Appare sul punto innegabile che i Carabinieri disponessero di un elemento chiarissimo per l'individuazione della matrice della strage, in quanto l'ordinovista Ivano Boccaccia era stato trovato in possesso della stessa arma utilizzata per sparare contro i vetri della 500 ove era stata collocata la bomba di Peteano, ed i cui bossoli esplosi erano stati repertati dai Carabinieri. Alla luce di ciò, è del tutto evidente come la "pista rossa" subito imboccata non possa giustificarsi neppure come una volontà di trovare comunque il colpevole, anche a fini di immagine; emerge infatti chiaro l'intento deliberato di strumentalizzare un episodio, pure così tragico ed una criminalizzazione della sinistra eversiva secondo un disegno strategico preciso".
    Insomma, la Commissione riconosce pesantissime responsabilità agli apparati di sicurezza del nostro paese, tra le quali quella, particolarmente inquietante, di aver "pilotato" le indagini verso una direzione strategicamente stabilita. Per questa ragione, nonostante nelle intenzioni dell'attentatore avrebbe dovuto avere tutt'altro significato, anche la strage di Peteano è collocabile nel fenomeno denominato "Strategia della Tensione", anche se, in questo caso, le forze dell'ordine si sono "limitate" a strumentalizzare l'accaduto, senza prendervi parte direttamente.
    E', inoltre, opinione della Commissione che l'idea che la strage fosse opera della destra radicale fosse radicata già nel 1972, tanto più che la fuga in Spagna di uno dei principali imputati, C. Cicuttini era stata organizzata dalla rete riconducibile ad Ordine Nuovo. Cicuttini era il proprietario della pistola calibro 22 utilizzata dal Boccaccia nel tentativo di dirottamento aereo.
    Sempre la Commissione fornisce gli elementi necessari a comprendere l'entità della strumentalizzazione a fini politici operata dalle forze dell'ordine: Un accurato esame dei bossoli di Peteano avrebbe rivelato che i colpi erano partiti dalla stessa pistola, indirizzando così le indagini sul gruppo di Ordine Nuovo, che, al contrario, non fu toccato, nonostante i numerosi e convergenti indizi a suo carico. Vinciguerra denuncia in modo esplicito il coinvolgimento nell'episodio di alcuni dei più prestigiosi dirigenti della destra estrema e radicale, da Paolo Signorelli a Massimiliano Fachini, fino a Pino Rauti. Giunto in Spagna, Cicuttini continuò ad essere protetto dai vertici neofascisti nazionali ed internazionali e, quando venne riconosciuto responsabile della telefonata anonima e condannato all'ergastolo, la Spagna non concesse l'estradizione.
    Altra prova della strumentalizzazione sta nella eterodossa catena di comando costituita dai Carabinieri ad esclusione della Polizia e di altri ufficiali dell'Arma non appartenenti al loro gruppo, che faceva riferimento al generale Palumbo, già collaboratore di De Lorenzo all'epoca del Sifar, poi risultato iscritto alla P2.
    Quel che, ai posteri, risulta particolarmente importante riguardo questo particolare avvenimento, sono le dichiarazioni che, in vari momenti, Vincenzo Vinciguerra ha rilasciato a giornalisti e magistrati: in particolar modo la lunga intervista rilasciata a Gigi Marcucci e Paola Minoliti nel carcere di Opera l'8 luglio del 2000, da cui ci pare opportuno estrapolare alcuni stralci:


    D: Allora io volevo chiedere a Vincenzo Vinciguerra cos'è una strage e a che cosa serve?


    V: La strage è un mezzo che il potere utilizza per creare uno stato di allarme tra la popolazione ed eventualmente poter intervenire per rassicurare questa stessa popolazione. Perché è un evento traumatico che ha interesse a determinare solo chi detiene il potere, perché solo chi detiene il potere può padroneggiare gli eventi successivi. Quindi la strage è un mezzo di prevaricazione del potere sulla popolazione.


    D: Per la giustizia italiana anche quella di Peteano, da lei confessata, fu una strage però lei non ha mai ammesso questa definizione. Lei ha tenuto a distinguere la sua opera, la sua azione, da tutto il resto, da tutto quello che noi chiamiamo strategia della tensione


    V: Ecco, allora c'è una precisazione da fare. L'attentato di Peteano non ha le connotazioni della strage. E' strage sul piano giuridico. Cioè sulla base degli articoli del codice penale può essere, viene definita strage. Perché il numero dei morti poteva essere indeterminato. Cioè invece di tre carabinieri ne potevo uccidere cinque, sei, sette. Però non è strage, nel senso che l'attentato di Peteano colpisce per la prima ed unica volta un apparato militare dello Stato. In un posto solitario, dove viene esclusa la possibilità di colpire i civili e ha una finalizzazione esclusivamente di opposizione al regime, cioè non si colpisce l'apparato militare del regime per dare la possibilità al regime di sfruttare questo attentato. Ha avuto, come era nelle mie intenzioni, implicazioni politiche pesantissime. Perché anche se sono state sottaciute, negli ultimi anni, di fronte alla Commissione Stragi, Francesco Cossiga ha dovuto ammettere che dopo Peteano iniziò il percorso di divaricazione tra l'Arma dei Carabinieri e il Sid da un lato, e la destra dall'altro. Cioè l'Arma dei Carabinieri, pur tacendo, occultando le prove, depistando le indagini, insieme ad altri apparati dello Stato (Ministero dell'Interno, Guardia di Finanza) prese atto che dall'estrema destra gli era venuto un attacco di quella gravità. E cominciò a prendere le distanze, a staccare dall'estrema destra. Quindi definire l'attentato di Peteano una strage, si confondono un po' le idee alle persone nel senso addirittura di far credere che l'attentato di Peteano avesse le stesse finalità della strage di Piazza Fontana, della strage di Bologna, della strage dell'Italicus. Esattamente l'opposto.


    D: Certo. La sua è una storia di grande disillusione. Mi sembra di poter sintetizzarla così, naturalmente lei se vuole mi correggerà. Com'è cominciata questa disillusione? Io so che un punto di partenza è costituito da delle richieste che le vennero fatte. Ricordo un verbale del 1985 in cui lei spiega che le chiesero di attentare la vita di un uomo politico molto importante, Mariano Rumor, già Presidente del Consiglio e lei capì che c'era qualcosa che non funzionava.


    V: Si. Questo avvenne nel luglio del 1971.


    D: In che organizzazione militava allora?


    V: In Ordine Nuovo. Mi chiesero Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi, mi chiesero e lo chiesero per tre volte nel luglio '71, nel novembre '71 e nel marzo '72, mi chiesero di attentare, di uccidere Mariano Rumor. Attentare è un termine improprio. Di uccidere Mariano Rumor nella sua abitazione, ovviamente avevano tutte quante le indicazioni e il Maggi mi disse, evidentemente pensando che mi avrebbe invogliato a partecipare, che non avrei avuto problemi con la scorta. Francamente io, fino al 1971, mi ritenevo facente parte di un'organizzazione di opposizione allo Stato. Non dico rivoluzionaria in senso classico, ma comunque di opposizione se non altro perché eravamo legati ad un passato. Ad un passato politico, militare, ideologico che peraltro si era concluso nel 1945, per noi non dico che potesse essere mai restaurato, per carità, ma comunque ci ritenevamo vincolati a difendere il residuo di una certa immagine onorevole. Quando un dirigente di questa organizzazione rivoluzionaria mi propone di uccidere un ex Ministro dell'Interno, ex Presidente del Consiglio, cioè un personaggio di primissimo piano della vita politica italiana, con l'aiuto della scorta, mi fa intendere che ci sono contatti ad altissimo livello fra la Polizia, il Ministero degli Interni, i suoi apparati di sicurezza e queste persone di Ordine Nuovo. Il dubbio comincia da quel momento in poi. La connessione con la strage di Piazza Fontana, che non è mai stata purtroppo affermata in sede giudiziaria, ma poi parleremo anche dell'opera della magistratura italiana, se lei...


    D: Certo...


    V: E' data dal fatto che la proposta viene fatta a fine luglio del '71, quando Freda viene scarcerato il 12 luglio del '71; viene reiterata nel novembre del '71 quando Freda è stato arrestato a novembre '71, quindi pochi giorni prima, pochi giorni dopo...


    D: Quindi c'è un legame...


    V: Esatto, c'è un legame. E viene rifatta per la terza volta nell'imminenza dell'arresto di Pino Rauti, nel marzo del 1972, fine febbraio, inizio di marzo del 1972.


    D: Quindi c'è un collegamento diretto tra questa richiesta che le fanno di attentare...


    V: e la strage di Piazza Fontana. Cioè si voleva eliminare evidentemente un personaggio politico che in un certo qual modo era compromesso con la strage. Non dico che Mariano Rumor abbia detto "fatemi la strage", ma certamente queste persone, da Mariano Rumor, attendevano una protezione che è venuta a mancare


    D: Infatti si parlò di un piano di emergenza che doveva scattare e che invece non scattò...


    V: Infatti questo è stato anche un momento del contenzioso che c'è stato l'altro giorno qui a Milano al processo per la strage di Piazza Fontana, che era un'operazione politico-militare, che inizia nel febbraio del 1969 e si conclude nel dicembre del '69 e sulla quale sono state fatte indagini molto lacunose.


    D: Cosa manca alla verità su quell'episodio?


    V: Alla verità manca la ricostruzione di quello che è accaduto all'interno dello Stato. Manca, ad esempio, ed è clamoroso per tante cose, il fatto che non si sia mai parlato del Fronte Nazionale. Che non era soltanto destra. Quando si parla del coinvolgimento di Mario Merlino e di Avanguardia Nazionale nella strage di Piazza Fontana... per 30 anni ci si è dimenticati che Avanguardia Nazionale nel 1969 era la struttura clandestina del Fronte Nazionale. Quindi quando si parla del coinvolgimento di Delle Chiaie e dei suoi amici nella strage di Piazza Fontana, bisogna parlare del coinvolgimento del Fronte Nazionale, o meglio del principe Junio Valerio Borghese e dei suoi militanti, dei dirigenti del Fronte Nazionale che ripeto, non era soltanto estrema destra, perché aveva riferimenti anche di centro e il principe Borghese era personaggio di ben altra levatura di Stefano Delle Chiaie o Pino Rauti. Con aderenze internazionali di altissimo livello anche nell'ambiente dei servizi segreti come James Jesus Angleton (esponente della Cia, ndr) o, in Italia, con Umberto Federico D'Amato. In pratica per 30 anni si è ristretto il campo delle indagini ad un gruppo di estrema destra che ufficialmente non esisteva in quel periodo, perché questo la magistratura lo sa: AN si scioglie ufficialmente nel 1965 e si ricompone, come gruppo, nel 1970. Proprio perché, in parte infiltra i suoi aderenti e i suoi militanti in altre organizzazioni compresa l'estrema sinistra.





    (1) Relazione della Comissione Stragi
    (2) Estratto dalla Redazione della Commissione Stragi



    La Strage di Peteano

  7. #17
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Vincenzo Vinciguerra - Ergastolo per la Liberta'















    Ultima modifica di Avamposto; 27-08-10 alle 07:34

  8. #18
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Vincenzo Vinciguerra - Ergastolo per la Liberta'

















  9. #19
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Vincenzo Vinciguerra - Ergastolo per la Liberta'

    GLADIO - DOCUMENTI





    CRONOLOGIA “CASO GLADIO”: fatti e misfatti!


    06/12/89 Il Col. Notarnicola, dir.della 1° Div. del Sismi(controspionaggio) depone davanti al Giudice Casson ( per la “strage di Peteano”) e rivela l’esistenza dei Nasco

    19/01/90 Il Giudice Casson chiede al PCM accesso agli archivi SISMI per gli anni dal 1972 al 1974

    15/03/90 Il PCM (on Andreotti) chiede al CSM Difesa una relazione sullo Stay Behind

    03/04/90 CSM Difesa consegna al PCM la relazione (iniziale)

    15/04/90 Primo articolo su( Gladio) sulla stampa (Panorama - di Marcella Andreoli)

    05/05/90 CSM Difesa consegna al PCM Andreotti la relazione completa sullo Stay Behind

    17/05/90 PCM Andreotti risponde al Giudice Casson in merito al ritiro dei “Nasco” nel 1972

    07/06/90 Il Giudice Casson chiede di incontrare il Presidente Andreotti

    09/07/90 Il GI Mastelloni (proc caduta Argo 16) chiede la documentazione sui "Nasco"

    18/07/90 CSM Difesa consegna al PCM Andreotti i chiarimenti richiesti sulla relazione

    20/07/90 Il giudice Casson va dal PCM Andreotti che lo autorizza formalmente ad accedere agli archivi del SISMI.

    20/07/90 Il Direttore del Servizio( Amm. Martini) dispone il blocco del reclutamento dei volontari S/B ( i gladiatori )

    25/07/90 Repubblica pubblica il suo primo articolo su Gladio

    26/07/90 Repubblica pubblica il suo secondo articolo su Gladio

    27/07/90 Il G.I. Casson inizia la consultazione degli archivi della 7° divisione SISMI

    29/07/90 Il G.I. Casson richiede formalmente acquisizione dei documenti della Gladio

    01/08/90 Direttiva del Dir Sismi Amm. Martini su “Lotta alla Droga” e congelamento addestramento

    02/08/90 Il PCI presenta alla Camera O.d.G su “Struttura Parallela Occulta”

    02/08/90 PCM Andreotti accetta di inviare relazione entro 60 gg

    03/08/90 PCM Andreotti conferma alla Commissione Stragi, in audizione, l’invio della relazione

    04/08/90 Si sviluppa la “Campagna di “disinformazione” mediatica” sulla Gladio
    Repubblica 5 e 14 agosto 1990

    19/10/90 PCM Andreotti trasmette a Commissione Stragi la relazione sulla Gladio

    24/10/90 Andreotti alla Camera rivela pubblicamente l'esistenza di Gladio

    27/10/90 Prima rivendicazione della Falange Armata (omicidio Mormile -11/4/90)

    30/10/90 Il G.I Mastelloni emette ordinanza recupero Nasco residui( proc.Argo16)

    02/11/90 Inviata al Ministro Difesa copia direttiva “Lotta alla Droga”

    06/11/90 Elenchi “Gladiatori” inviati dal SISMI su ordine del PCM a C.te Gen.CC e Capo della Polizia

    08/11/90 PCM Andreotti relaziona al Senato. Il Gen Serravalle partecipa in TV a “Samarcanda”

    10/11/90 Dir SISMI Amm Martini dispone “congelamento” della Gladio,

    14/11/90 Proc. Giammanco (PA) chiede documenti Gladio rif. omicidio Insalaco

    15/11/90 Commissione Stragi include la Gladio tra le sue indagini

    15/11/90 Amm.Martini audito in Commissione Stragi su Gladio

    15/11/90 Ministro Difesa (Rognoni) dispone congelamento definitivo della Gladio

    16/11/90 Gen Inzerilli CSM SISMI rilascia intervista allo “Speciale” del TG1

    20/11/90 Inviati al CESIS e al PCM schema costi annuali e contributi CIA alla Gladio

    21/11/90 Procura di Udine chiede documentazione sulla Gladio

    27/11/90 Procura di Roma chiede documentazione sulla Gladio

    27/11/90 Ministro Difesa Rognoni dispone lo scioglimento della Gladio

    29/11/90 Audizione del Gen. Inzerilli alla Commissione Stragi

    05/12/90 Audizione On Taviani

    06/12/90 Audizione Amm. Martini al COPACO

    07/12/90 Procura di Firenze chiede documentazione sulla Gladio

    08/12/90 PCM chiede chiarimenti sulla direttiva “Droga”

    11/12/90 Direttiva “Droga” inviata a PCM e Segretario Generale CESIS

    12/12/90 Procura Militare Padova chiede documentazione su Gladio

    12/12/90 Procura di PA (Natoli) chiede atti Gladio connessi omicidi Reina/Mattarella

    13/12/90 Ministro Difesa Rognoni disapprova formalmente direttiva Droga

    13/12/90 Il GI Casson invia avviso di garanzia al CS Maggiore SISMI Gen Inzerilli

    14/12/90 Comunicazione ufficiale al CPC e ACC del disimpegno italiano da S/B

    20/12/90 Il GI Casson indizia di favoreggiamento per “Peteano” il Gen Inzerilli

    20/12/90 Procura PA (Falcone /Pignatore) visionano atti Gladio in relazione indagini omicidio Mattarella

    22/12/90 Sequestro degli archivi della 7° Divisione del SISMI da parte della Procura di Roma

    02/01/91 SISMI autorizza Cdo Gen.CC ad inviare ad AG elenco Gladiatori

    05/01/91 Televideo pubblica elenco Gladiatori

    11/01/91 PCM Andreotti relaziona alla Camera (e contesta direttiva Droga)

    17/01/91 Proc.BO chiede documenti Gladio in relazione ind. ITALICUS bis

    29/01/91 Proc TN chiede documenti Gladio

    26/02/91 PCM invia relazione alle Camere - allegati Elenco dei 622 e Parere dell'Avvocatura dello Stato

    17/04/91 Proc PA chiede doc Gladio in relazione caso Mauro De Mauro

    04/06/91 Audizione al Copaco del Dir SISMI e del CSM

    19/06/91 Audizione On Taviani

    25/06/91 CSM convocato alla procura di BZ

    03/07/91 Proc Roma dissequestra documentazione Gladio dopo informatizzazione

    09/07/91 Prerelazione Gualtieri in Comm Stragi

    10/09/91 Viene bloccata la promozione del CSM Gen Inzerilli

    21/09/91 CSM Sismi Gen Inzerilli imputato di cospirazione politica dal GI Casson

    25/09/91 CSM Sismi Gen Inzerilli indiziato di banda armata da Proc di Roma e BZ

    10/10/91 Il GI Casson invia a Roma gli atti con sentenza di incompetenza

    21/11/91 Auto denuncia del Presidente della Repubblica Cossiga

    27/01/92 Bozza finale in Comm Stragi del Sen Gualtieri

    29/01/92 COPACO approva in commissione la relazione Gitti

    03/02/92 Procura di Roma chiede al Tribunale dei Ministri archiviazione del Caso Gladio..
    Corriere della sera 5-2-92 26-2-92

    04/03/92 Relazione del COPACO presentata al Senato.. Corriere della sera 6-3-92

    20/03/92 Interrogatorio Amm Martini, Gen.Inzerilli a Trib. Min.

    15/04/92 Comm Stragi approva relazione finale Gualtieri.. Corriere della sera 6-3-92 16-4-92

    00/04/92 Prerelazione Boato (Comm Stragi) su terrorismo in Alto Adige

    10/04/92 Proc. Milit. PD invia atti a Proc. Milit. Roma

    22/04/92 Comm Stragi presenta relazione finale al Parlamento

    16/06/92 Proc Roma chiede al Trib.Min archiviazione caso Stoppani

    03/07/92 Interrogatorio del l'ex Pres. Cossiga al Trib. Ministri.. Corriere della sera 9-7-92

    06/10/92 Proc. Milit. Roma chiede proroga

    20/02/93 Trib dei Ministri rinvia atti alla Procura per richieste finali

    05/03/93 Interrogatorio Gen.Inzerilli al Trib Ministri per caso Stoppani

    10/04/93 Proc. Militare di Roma trasferisce atti a Procura Civile di Roma

    29/05/93 Proc di Roma chiede per caso Stoppani arch. per il solo Min .Difesa Ruffini (?)

    00/06/93 Il Sen .Brutti(PDS) apre in Comm.Antimafia il “caso del Centro TP” (Scorpione?)

    27/07/93 Il Trib.dei Ministri archivia, per il caso Stoppani, per il solo, allora Min. Dif, Ruffini

    01/08/93 La 7° Divisione del Sismi da cui dipendeva Gladio viene sciolta

    00/09/93 Rapporto Fulci su Falange Armata e 16 sospettati della 7° divisione del Sismi

    05/10/93 Rapporto Gen.Tavormina su Falange Armata

    20/10/93 Centro Addestramento Guastatori (Cag) viene regalato dal Sismi alle FF.AA

    20/10/93 Min. della Difesa annuncia allontanamento da F.A. dei 16 sospettati (Falange)

    14/11/93 Ex-Gladiatori costituiscono l’Associazione Italiana Volontari Stay Behind a Redipuglia.. Verbale Assemblea Costituente - Corriere della sera 12-11-93 15-11-93

    21/12/93 Procura di Roma chiede rinvio a giudizio per il caso Stoppani del Gen.Inzerilli ed altri

    31/01/94 Procura di Roma chiede a Trib. dei Ministri il proscioglimento del solo Pres. Cossiga

    21/04/94 All’udienza preliminare sul caso Stoppani il Gip rinvia a giudizio il Gen Inzerilli e altri

    13/06/94 1°Udienza alla 2° Corte di Assise sul caso Stoppani ( udienza rinviata)

    08/07/94 Tribunale dei Ministri proscioglie Pres. Cossiga e rinvia atti alla Procura

    08/07/94 PM di Bologna Mancuso deposita requisitoria con i nomi dei 16 della 7° div del Sismi

    03/08/94 GI di Bologna Grassi deposita sentenza ordinanza ( Italicus bis ) citando Gladio/i K ecc

    00/10/94 Procura di Roma apre procedimento per distruzione di documenti

    31/10/94 Inizia processo in 2° Corte di assise per il caso Stoppani, l’accusa è “banda armata”

    12/11/94 Stampa pubblica i nomi dei 16 sospettati di partecipazione alla Falange Armata

    19/11/94 La 2° Corte di Assise assolve ai sensi dell’ art. 309 tutti gli imputati per il caso Stoppani

    29/11/94 Inizia la campagna di disinformazione che ipotizza collegamenti Gladio e Uno Bianca

    31/11/94 Si intensifica la campagna di disinformazione con collegamenti Gladio e X Mas

    03/01/95 Procura Militare di Padova (dott.Dini) sequestra documento dell’Espresso

    04/01/95 Procura di Firenze (dott. Vigna) riapre inchiesta “Bombe sui treni”

    18/01/95 Procura Militare di Padova interroga ex Gladiatori su esercitazione Delfino e Nasco

    19/01/95 Procura di Venezia (dott. Casson) convoca gen. Gismondi (stralcio Peteano)

    20/01/95 Procura di Firenze (dott.Vigna)riapre inchiesta su Gladio in base ad accostamenti con X Mas

    06/02/95 La campagna di disinformazione suggerisce collegamenti tra la Gladio e i casi Mattei e Moro.

    08/02/95 L’Ass. Italiana Volontari S/B comunica alla stampa le iniziative prese (querele a PRC e Cossutta) e segnatamente:

    1. Manifesto di Rifondazione Comunista

    2. Denuncia-querela di esponenti dell'Associazione Italiana Volontari Stay-Behind...

    3. Denuncia-querela del Presidente dell'Associazione Italiana Volontari Stay-Behind avv.Brusin..

    4. Denuncia-querela del Presidente dell'Ass. Italiana Vol. Stay-Behind avv.Brusin vs. Cossutta..

    5. Richiesta di archiviazione Buliani-Brusin verso Cossuta

    6. Richiesta di archiviazione Tiberti verso Cossuta

    7. Ordinanza di archiviazione del GIP d.ssa Angelica DI SILVESTRE..

    20/02/95 L’on.Andreotti sentito dal giudice Mastelloni su Argo16,Gladio,Ustica

    26/03/95 Relazione per la stampa dell'Assemblea della "Associazione Italiana Volontari Stay Behind"

    27/03/95 Eco mediatica al Congresso della Ass.It. Volontari S/B e si ipotizzano altre diverse “strutture”

    06/04/95 In relazione del Copaco ,presieduto dal Sen.Brutti la Gladio viene giudicata come “deviata”

    00/04/95 La stampa ipotizza coperture di Andreotti ad altre strutture occulte e Gladio usata a copertura.. Corriere della sera 9-4-95 12-4-95 18-4-95

    20/04/95 Comunicato stampa Associazione inerente articoli Corriere della Sera 7, 12 e 18 aprile 1995

    27/04/95 Comunicato stampa Associazione inerente 50' Anniversario Liberazione in Udine (25/04/1995)

    09/07/95 Ansa pubblica notizia che su esposto anonimo a BZ si apre indagine su Gladio e attentati70/80

    22/09/95 Il Giudice Salvini convoca a Milano il Gen Inzerilli

    25/09/95 Eco mediatica su interrogatorio Gen Inzerilli e su sua ampia collaborazione con il G Salvini

    25/10/95 La Corte di Assise di Roma passa in giudicato l’assoluzione degli imputati per il caso Stoppani

    23/06/96 Gen Inzerilli alla Procura di Roma come indagato per distruzione di documenti(con altri)

    28/06/96 Ex Gladiatori della Prov di BZ convocati da Digos a Roma per interrogatorio

    15/07/96 La Procura di Roma al Gip :archiviazione per prescrizione ante 72 e dopo per inesistenza reati ipotizzati

    15/07/96 La Procura al Gip:rinvio Martini, Inzerilli, Invernizzi per distruzione documenti

    02/10/96 La Procura indice conferenza stampa per illustrare le richieste di archiviazione e rinvio

    10/10/96 Il Gip fissa per il 21/01/97 udienza preliminare per l’accusa di distruzione di documenti

    02/01/97 L’Accusa deposita 50 faldoni relativi all’accusa di distruzione di documenti

    20/01/97 Udienza preliminare:rinvio al 10/4/97 per consentire alla difesa consultazione dei 50 faldoni

    25/03/97 Falco Accame alla stampa : illegittimità “Ossi”, secondo lui, sancita in un processo in Assise

    10/04/97 Rinvio al 08/05/97 l’udienza preliminare davanti al Gip

    17/04/97 Audizione dell’on. Andreotti in Commissione Stragi sulla Gladio

    06/05/97 Gen Inzerilli scrive alla Commissione Stragi e smentisce dichiarazioni dell’on. Andreotti

    07/05/97 Andreotti replica in Commissione Stragi alla lettera di Inzerilli

    08/05/97 L’on.le Andreotti prosegue l’audizione alla Commissione Stragi

    09/06/97 Il Gip dispone (riservatamente?) l’archiviazione delle accuse più gravi

    11/06/97 Gen Inzerilli riscrive alla Commissione Stragi e smentisce le dichiarazioni di Andreotti dd 8/5

    23/06/97 Il Gip rinvia a giudizio (Martini, Inzerilli, Invernizzi) per distruzione di documenti

    24/09/97 Si apre il procedimento in Corte di Assise per la distruzione dei documenti

    03/02/98 Il GI Salvini deposita sentenza che scagiona Gladio per Peteano (Nasco Aurisina):
    documento 1 - documento 2

    24/02/98 PM chiedono revoca ordinanza Corte di deposito documenti sequestrati al Sismi

    05/03/98 La Corte respinge richieste PM ed ordina accesso all’archivio Sismi per la “difesa”

    25/09/98 Vengono depositati in Cancelleria i documenti processuali

    21/10/98 Il giornalista Pirani su Repubblica afferma che nel caso Gladio non si ravvisano reati

    24/10/98 Il GI Casson su Repubblica contesta la tesi Pirani. Pirani riconferma la sua valutazione.

    30/10/98 Il quotidiano Liberazione contesta la Gladio in merito ad elenchi ,K, esercitazione Delfino

    13/12/98 La Nazione ed il Piccolo rilanciano tesi GI Mastelloni su Gladio, 46° AeroBrg , precursori a TS

    04/09/99 Amm. Martini in “Nome in codice U..” accusa Andreotti di violazione accordi con Alleati

    02/11/99 Al processo ai vertici della Gladio depongono Andreotti e Cavalchini

    11/11/99 Il sen Manca (FI) deposita Interr. Parlamentare su riconoscimento Gladiatori come FF.AA

    13/11/99 Conferenza stampa del Sen Manca per presentare interrogazione . Vistose assenze nella stampa

    11/01/00 On Taradash presenta alla Camera analoga interrogazione

    10/02/00 SS Rivera risponde alla Camera a interogazione Taradash

    17/02/00 SS Difesa Guerrini risponde al Senato a interrogazione Manca

    17/02/00 Articolo del Giornale. I Gladiatori come patrioti.

    21/04/00 Falco Accame ( cfr scheda Mitrokin ) su Liberazione polemizza per esercitazione Delfino

    28/05/00 Congresso Assemblea della Associazione S/B

    22/06/00 In Commissione Stragi il gruppo Ds presenta una relazione vetero stalinista

    14/08/00 Il Giornale ricorda l’esistenza passata e la pericolosità della così detta “Gladio Rossa”

    00/11/00 Libro intervista del sen Pellegrino Pres. Comm Stragi: Gladio legittima e nessun reato scoperto

    28/03/01 I PM : richiesta assoluzione del Com.Invernizzi, condanna Amm.Martini e gen .Inzerilli

    03/07/01 La Corte di Assise assolve i vertici della Gladio per tutti i reati ipotizzati. I PM non si appellano!

    28/11/09 Piazza Fontana, quella verità da non dimenticare. Intervista a Guido Salvini




    Disponibili a questo link:

    I documenti storici dell'Associazione

  10. #20
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Vincenzo Vinciguerra - Ergastolo per la Liberta'

    Cossiga/ ‘Gladio’: L’unico a darci giusto riconoscimento. Il ricordo sul sito di Stay Behind

    di Redazione Ultimissime martedì, agosto 17th, 2010








    Roma, 17 ago. (Apcom) – Uscita dalle nebbie della clandestinità, e ormai disciolta, l’associazione ‘Stay Behind’, meglio nota come ‘Gladio’, ha oggi anche un sito, nel quale compare il ricordo dei ‘gladiatori’ per la scomparsa di Frrancesco Cossiga “primo Socio Onorario della nostra Associazione”.

    “Intendiamo manifestare tutta la nostra gratitudine e riconoscenza – si legge – per la lealtà ed il coraggio dimostrati nei nostri confronti, essendo stato il primo – ed a tutt’oggi l’unico tra coloro che hanno operato al suo livello – a riconoscere che la struttura militare segreta speciale anti-invasione “Stay Behind” aveva sempre e soltanto operato legittimamente a difesa dello Stato, difendendola dal violentissimo attacco che certa stampa e certa politica gli avevano allora sferrato”.

    “Tanto più fu – ed è – apprezzabile questa dimostrazione di coerenza e di lealtà, se si considera che fu data ben prima del definitivo accertamento della verità storico-processuale da parte della magistratura.

    Gli dobbiamo stima e gratitudine anche per essere stato il primo firmatario del disegno di legge per il riconoscimento della nostra Associazione quale associazione d’arma, giusto risarcimento morale per quanto, incolpevolmente, i componenti della struttura hanno dovuto subire a causa del loro impegno a difesa dello Stato e delle Istituzioni democratiche della nostra Repubblica”.


    Short URL: Cossiga/ ‘Gladio’: L’unico a darci giusto riconoscimento. Il ricordo sul sito di Stay Behind | Daily Blog

 

 
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