LA GUARDIA BIANCA
Nulla di meglio che iniziare il 2011 ricapitolando per i sordi, i ciechi e i muti, quanto tante volte abbiamo scritto e detto sulla inesistenza di un neofascismo italiano, sopravvissuto alla Seconda guerra mondiale e rimasto integro nella difesa delle sue posizioni dottrinarie ed ideologiche. In un Paese ancora in mano a pseudo fascisti ricreduti, a comunisti veri rinnegati, a democristiani sparsi come cellule tumorali in tutti i partiti, ad una sinistra, in tutte le sue forme, alla perenne ricerca di dissociati in concorrenza con l'italica pretaglia, dove gli ex rivoluzionari brigatisti aprono bocca solo per chiedere perdono e pensione, e i confidenti di destra raccontano di aver combattuto una guerra fino"all'ultima raffica" e di averla, ovviamente, persa palesandosi come un problema psichiatrico e non politico, è difficile, anzi arduo far prevalere la verità sulla storia di ieri e sul presente. Insistere è doveroso, ripartendo dall'inizio. La Seconda guerra mondiale è stata una guerra ideologica che ha visto alleati i capitalisti anglo-sassoni e i comunisti sovietici contro i fascisti italiani ed i nazionalsocialisti tedeschi. Gli Stati uniti esitarono a lungo prima di decidersi da quale parte schierarsi: se liquidare prima la Russia di Stalin, sostenendo la Germania di Hitler o viceversa. Era una questione tattica, non strategica perché gli Stati uniti avevano in animo di spazzare via entrambi, una prima e l'altra dopo. Prevalse la tesi di liquidare la Germania, ritenuta un nemico molto più pericoloso della Russia. Il capitalismo anglo-sassone, pertanto, decise di fare la guerra per imporre il suo definitivo dominio nel mondo. Sconfitta la Germania, piegato il Giappone, cancellata l'Italia, gli Stati uniti decisero di fare i conti con l'Unione sovietica che la vittoria militare aveva, ovviamente, reso molto più forte ed aggressiva. La terza guerra mondiale inizia mentre la Seconda volge al termine e di questa situazione, solo in apparenza paradossale, sono tanti i furbi e gli sciacalli che ne approfittano per passare al servizio degli alleati in nome dell'anticomunismo e della difesa dei valori della civiltà cristiana. E' normale, di conseguenza,che , finito il conflitto, gli alleati decidono di utilizzare quanti fascisti ritengono strumentalmente che il nemico è uno solo: il comunismo. E' una scelta di campo ben precisa che li porta a militare in dell'antifascismo anticomunista, con il quale ritengono di avere in comune valori e principi: la fede cattolica, il rispetto per la proprietà privata, l'anticomunismo viscerale. Sono elementi presenti nel fascismo, ma non è fascismo, così che gli antifascisti anticomunisti e gli alleati non hanno difficoltà a consentire a costoro di riprendere in sordina un'attività politica finalizzata a rafforzare il loro potere e ad indebolire il social-comunismo. A farsi portavoce e guida degli interessi alleati in Italia e di quelli della Dc e del Vaticano, è un individuo che deve la vita agli spioni americani ed italiani con i quali era, presumibilmente,in contatto prima della fine del conflitto, Pino Romualdi. Vicesegretario del Pfr, con compiti di rappresentanza, Romualdi si compiaceva delle voci che lo volevano figlio naturale del Duce, con buona pace dell'onore della mamma, ed essendo l'unico dirigente di rilievo sopravvissuto e in circolazione del governo della Rsi aveva un indubbio ascendente sui fascisti, in gran parte giovani e giovanissimi, che non si rassegnavano alla sconfitta. Nel luglio del 1946, Romualdi detta sul giornale dei Far (Fasci di azione rivoluzionaria) la strategia che sarà poi seguita per tutti gli anni a venire dai suoi allievi e seguaci. Romualdi propone, in sintesi, di porsi all'avanguardia della battaglia contro il comunismo in modo che la borghesia italiana possa rendersi conto che non può prescindere dal coraggio e dalla determinazione dei fascisti in questa lotta, riabilitandoli e infine chiamandoli a far parte del governo della Nazione. Non è la rivincita da ottenere con la forza delle armi o, più realisticamente, con quella delle idee e di un'azione politica intelligente, ma la ricerca di un posto al sole da avere per grazia di una borghesia alla quale fornire carne da cannone. Non è la via di Spartaco ma quella dei liberti devoti ed ubbidienti, non è quella della spada ma del "servo vostro", del "sì, buana, combattiamo noi al posto tuo". E' la via sulla quale Romualdi, De Marsanich, Michelini e Almirante porteranno migliaia di giovani, trasformati in "ascari" della Dc e dello Stato che, per ovvie ragioni politiche, affida ai propri servizi di sicurezza e agli apparati occulti delle varie Armi il compito di utilizzarli al meglio nella lotta al comunismo. La strategia romualdiana sembra essere vincente fino al momento in cui Aldo Moro scopre che per governare il Paese necessita del sostegno del Psi, perché il Msi non ha i numeri per potere essere un valido alleato. Il varo della politica di centro-sinistra lascia scoperto il Msi che prende voti spacciandosi per un partito che si è fatto carico dell'eredità del fascismo ed, in particolare, della Rsi, e non può certo dichiararsi ora antifascista perdendo il consenso di chi lo vota. Operazione questa possibile nel 1995, ma neppure ipotizzabile nel 1960, a quindici anni dalla fine della guerra. Condannato ad essere quello che non è, il partito di Michelini, Romualdi ed Almirante è messo fuori gioco, sul piano politico, ma rimane ben ancorato su quello dei rapporti con gli apparati segreti dello Stato e con i settori della Dc più decisamente antisocialisti. E' normale, se cosi si può dire, che il Msi e le organizzazioni ad esso collegate e da esso dipendenti, si ritrovino inseriti nella guerra a bassa intensità varata dallo Stato e dai suoi alleati internazionali a partire dai primi anni Sessanta per fermare l'avanzata elettorale del Pci. Romualdi ed Almirante non rinunciano alla loro strategia e il Msi è nato per combattere il comunismo, al posto della borghesia dalla "congenita vigliaccheria", nella certezza che la Dc sarà obbligata ad abbandonare la politica di centro-sinistra e a virare a destra dove troverà pronto a sostenerla il Msi degli "ascari" e del "sì,buana". E' una colpa gravissima la scelte del Pci e di tutta la sinistra italiana di utilizzare giornalisti e magistrati al loro servizio per inventare i "servizi deviati" e le "collusioni" fra inesistenti fascisti e "ufficiali e funzionari infedeli" che in odio alla democrazia complottavano per riportare il fascismo al potere. E' una colpa imperdonabile perché la strategia dell'affiancamento subalterno alle forze politiche dell'anticomunismo antifascista di matrice cattolica, liberale e monarchica è stata portata avanti alla luce del sole, mantenendo occulti, per ovvie ragioni di segretezza, i legami con i servizi di sicurezza che, a loro volta, obbedivano ad ordini politici e mai hanno deviato. La pretesa, solo propagandistica, che Andreotti e complici hanno guidato lo Stato in una guerra su due fronti, quello contro il "terrorismo rosso" e quello contro il "terrorismo nero", si rivela mendace solo dinanzi ad una lettura anche superficiale delle storia del dopoguerra. La "guerra" dei neofascisti allo Stato italiano, nato dalla Resistenza, è lastricata di rapporti informativi ad uso e consumo di questure, caserme dei carabinieri, uffici riservati civili e militari. Non è un caso che, ancora oggi, costoro spacciano Amos Spiazzi per "camerata". Spiazzi è un ufficiale che è stato in forza al Sios-Esercito, che è stato confidente del Sisde, che ha riempito pagine e pagine di verbali giudiziari sull' "organizzazione di sicurezza" della Forze armate, che ha confessato la sua partecipazione al "golpe Borghese" e che, invece di finire in galera o di essere cacciato a pedate dall'Esercito, ha concluso la sua carriera con i gradi di generale di brigata. Vale a dire che lo Stato democratico ed antifascista ha sempre ritenuto perfettamente lecito tutto ciò che Spiazzi ha detto e ha fatto, e lo ha quindi promosso e favorito nella sua carriera militare. E' solo un esempio, fra i tanti che se ne potrebbero portare, sul piano politico e militare. Le vanterie di quattro autentici deficienti che blaterano di guerre "fino all'ultima cartuccia", da loro condotta contro lo Stato, lasciano il tempo che trovano, ma non cosi l'impegno costante della sinistra politica, giudiziaria e giornalistica che avvalora la tesi del "terrorismo" perché consapevole che la verità la potrà travolgere insieme a tutta la classe dirigente. Non c'è stato, nel dopoguerra, un fascismo che ha cercato la rivincita. C'è stata una "guardia bianca" che si è posta al servizio della borghesia per riceverne un giorno il premio. E quando il "premio" è arrivato, nel 1994, prima di farli sedere a tavola per mangiarsi il piatto di lenticchie, li hanno obbligati a dichiararsi antifascisti. Poteva essere la fine di un equivoco e, invece, si continua a parlare di "terroristi neri", di "spontaneisti", di fascisti assatanati contro la democrazia. E' giunto il momento di tirare l'acqua così l'equivoco scompare nei gorghi insieme agli "spontaneisti", ai "terroristi neri", agli 'spiriti liberi", agli scemi dell'ultima raffica, ai loro pseudo storici e cantori da ultimo vespasiano. E tiriamola quest'acqua, per la Nazione e per l'igiene.
Vincenzo Vinciguerra, Opera 24 GENNAIO 2011 (DATA DI PUBBLICAZIONE)
La guardia bianca