Il mistero a bordo della Diciotti: "Migranti fuggiti con una fune"


Il racconto di questi due giovani eritrei è stato tradotto al cronista del Fatto da un traduttore. "Abbiamo lasciato la nave a tarda notte, ci siamo calati in acqua dalla fune", racconta uno dei due. "All' inizio avevamo tentato la fuga in tre, ma l' altro non è riuscito a scendere, quindi siamo andati avanti solo noi due". Gli fa eco l'altro presunto fuggiasco: "Avevamo un braccialetto, che ci hanno dato sulla nave, io il numero 166 e lui il numero 123, però quando siamo scesi abbiamo deciso di strapparli e buttarli tra i rifiuti, per paura di essere riconosciuti dalle autorità".

Secondo il racconto che fanno i due immigrati, che ora hanno presentato domanda di asilo, una volta in acqua avrebbero "nuotato tra la nave e la banchina, avevamo paura che ci vedessero, rischiavamo di farci schiacciare. Non avevamo paura di morire, ma solo di essere scoperti dalle autorità". Per permettergli di scappare, gli altri eritrei avrebbero "distratto" il presonale della nave cantanto alcune canzoni.

"Nuotando siamo passati vicino alle barche, c'erano molte funi, poi sotto ai pontili di legno, infine siamo rimasti impigliati negli ami" continuano i due eritrei che erano a bordo della Diciotti. "Per tre volte abbiamo provato a salire in banchina ma c'era sempre la polizia", spiegano. Poi, una volta saliti sul molo, sarebbero scappati verso il centro di Catania con gli abiti bagnati. Qui avrebbero incontrato degli africani che li avrebbero condotti da altri eritrei, che li hanno accolti, gli hanno dato dei vestiti bagnati e infine - grazie alla collaborazione di una associazione - avrebbero fatto domanda di asilo.

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