L'urgenza, in Italia, Europa, Occidente ed altrove, del dibattito tra idealismo postmoderno e ritorno al realismo, dovuta alla funzione sociale della filosofia ed ai problemi posti dal vivere contemporaneo di vasti e politicamente determinanti ambienti, non prospettava alcuna risoluzione diretta, proprio laddove ne era più necessaria ed allorché sarebbe stata unica salvezza per il vivere contemporaneo. D'altronde proprio il persistere filosofico di ideologie antirealiste ed il consistere di critiche realiste, entrambi suscitati e non emancipati da stesso continuato dibattito, rendevano possibile una risoluzione indiretta che si basasse sulla inversione di senso del pensiero non emancipato, che così non andava perduto. La istanza, filosoficamente provvisoria, antirealista nel protrarsi incontrava la riflessione fenomenologica e le meditazioni sulle opere d'arti della verosimiglianza, mentre la esigenza, extrafilosoficamente stabile, del realismo filosofico in medesimo protrarsi tornava alla centralità ermeneutica. Così in mezzo ai tentativi falliti di soluzioni indirette, resta quale orizzonte filosofico di merito una operazione filosofica che principiando da estetica metafisica, analogicamente costruita sulla esperienza della verosimiglianza, si realizzi in una ermeneutica oggettivamente orientata. Di fatto una teoresi soggettivamente limitata dalla conoscenza del restante senso della irrealtà e non confinata entro le idee perenni della filosofia ma rivolta anche ai corrispettivi mondani di esse... è l'unica via di uscita alla polemica furiosa tra fautori dell'idealismo postmoderno e distruttori del realismo moderno. Le pubblicazioni recenti in merito, in Italia, inducono a sperare, anche senza previe parziali letture di esse ma solo riuscendo ad avvalersi delle anticipazioni diffuse, che siano già attivi esempi risolutivi di questa ultima via.
MAURO PASTORE