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    Predefinito Lo Stato in Marx-Engels

    Questo fondamentale scritto di Friedrich Engels pone in risalto una questione che ancora oggi suscita dibattiti e confronti all'interno del panorama marxista e della filosofia politica in genere: la questione statale relativamente, soprattutto, ai temi dello Stato e dell'autorità politica, aprendo una strada teoretica che guida il Socialismo Scientifico lungo un percorso totalmente opposto a quello dei Socialismi Utopistici e degli Anarchismi ottocenteschi e delle loro più o meno immediate ramificazioni storiche nel '900.



    Dell'autorità
    Friedrich Engels (1872)


    Scritto nel 1872.

    Fonte: Marxismo e anarchismo, Editori Riuniti

    Prima pubblicazione nell'Almanacco repubblicano per l'anno 1874, Lodi, Pubblicazione della Plebe, dicembre 1873
    La prima edizione dello scritto è quella italiana, non essendo stato reperito il manoscritto originale. Questo breve ma illuminante articolo fu elaborato da Engels su richiesta di Enrico Bignami, direttore de La Plebe ed inviato per la prima volta nell'ottobre 1872. In quest'occasione lo scritto venne presumibilmente perduto, a causa dell'arresto di Bignami; Engels fu costretto a spedirne una nuova copia nel marzo dell'anno successivo.
    Trascritto da Mishù, Dicembre 1999



    Alcuni socialisti hanno da qualche tempo aperto una regolare crociata contro ciò che essi chiamano principio d'autorità. Basta loro dire che questo o quell'atto è autoritario, per condannarlo. Si abusa a tal punto di questo sommario modo di procedere che è necessario esaminare la cosa un po' più da vicino. Autorità, nel senso della parola di cui si tratta, vuol dire: imposizione della volontà altrui alla nostra; autorità suppone, d'altra parte, subordinazione. Ora, per quanto queste due parole suonino male e sia sgradevole per parte subordinata la relazione che esse rappresentano, si tratta di saper se vi è mezzo per farne a meno, se - date le condizioni attuali della società - noi potremo dar vita ad un altro stato sociale in cui questa autorità non avrà più scopo, e dove per conseguenza dovrà scomparire. Esaminando le condizioni economiche, industriali e agricole che sono alla base dell'attuale società borghese, troviamo che esse tendono a rimpiazzare sempre più l'azione isolata con quella combinata degli individui. L'industria moderna ha preso il posto delle piccole officine dei produttori isolati, con grandi fabbriche e officine dove centinaia di operai sorvegliano macchine complicate mosse dal vapore; le vetture e i carri delle grandi vie vengono sostituiti dai treni delle vie ferrate, come le piccole golette e feluche a vela dai battelli a vapore. L'agricoltura stessa cade a mano a mano nel dominio della macchina e del vapore, che rimpiazzano lentamente, ma inesorabilmente, i piccoli proprietari coi grandi capitalisti, che coltivano con l'aiuto di operai salariati grandi superfici di terreno. Dovunque, l'azione combinata, la complicazione dei procedimenti, dipendenti gli uni dagli altri, si mette al posto dell'azione indipendente degli individui. Ma chi dice azione combinata, dice organizzazione; ora, è possibile avere azione combinata senza autorità?

    Supponiamo che una rivoluzione sociale abbia detronizzato i capitalisti, onde l'autorità presiede ora alla produzione e alla circolazione delle ricchezze. Supponiamo, per collocarci interamente dal punto di vista degli anti-autoritari, che la terra e gli strumenti di lavoro siano divenuti proprietà collettiva degli operai che li impiegano. L'autorità sarà scomparsa, o non avrà essa fatto che cambiar di forma? Vediamo.

    Prendiamo a mo' d'esempio una filatura di cotone. Il cotone deve passare almeno per sei operazioni successive prima di esser ridotto allo stato di filo, operazioni che si fanno - per la più parte - in sale differenti. Inoltre, per tenere le macchine in movimento vi è bisogno di un ingegnere che sorvegli le macchine a vapore, di meccanici per le riparazioni giornaliere e di molti altri braccianti destinati a trasportare i prodotti da una sala all'altra ecc. Tutti questi operai, uomini, donne e fanciulli, sono obbligati a cominciare e a finire il loro lavoro a ore determinate dall'autorità del vapore, che si beffa dell'autonomia individuale. Bisogna dunque, dapprima, che gli operai si intendano sulle ore di lavoro; a queste ore, una volta fissate, sono tutti sottomessi senza alcuna eccezione. Poi sorgono in ciascuna sala e ad ogni istante questioni di dettaglio sul modo di produzione, sulla distribuzione dei materiali ecc., che bisogna risolvere subito, sotto pena di veder arrestarsi immediatamente tutta la produzione; che si risolvano con la decisione di un delegato preposto a ciascuna branca di lavoro o da un voto di maggioranza, se ciò fosse possibile, la volontà di qualcuno dovrà sempre subordinarsi; vale a dire che le questioni saranno risolte autoritariamente. L'automata meccanico di una grande fabbrica è molto più tiranno, come non lo sono mai stati i piccoli capitalisti che impiegano operai. Almeno per le ore di lavoro si può scrivere sulla porta di queste fabbriche: Lasciate ogni autonomia, voi ch'entrate! Se l'uomo con la scienza e il genio inventivo sottomise le forze della natura, queste si vendicarono su di lui sottomettendolo, mentre egli le impiega, ad un vero dispotismo, indipendente da ogni organizzazione sociale. Voler abolire l'autorità nella grande industria, è voler abolire l'industria stessa,distruggere la filatura a vapore per ritornare alla conocchia.

    Prendiamo, per un altro esempio, una via ferrata. Qui pure la cooperazione d'una infinità d'individui è assolutamente necessaria; cooperazione che deve aver luogo a ore ben precise, perché non ne seguano disastri. Qui pure, la prima condizione dell'impiego è una volontà dominante, che tronca ogni questione subordinata, sia questa volontà rappresentata da un solo delegato o da un comitato incaricato di eseguire le risoluzioni d'una maggioranza d'individui. Nell'uno o nell'altro caso vi è autorità molto pronunciata. Ma v'è di più: che diverrebbe del primo treno in partenza, se si abolisse l'autorità degli impiegati della via ferrata sui signori viaggiatori?

    Ma la necessità d'una autorità, e di un'autorità imperiosa, non si può trovare più evidente che sopra un naviglio in alto mare. Là, al momento del pericolo, la vita di tutti dipende dall'obbedienza istantanea e assoluta di tutti alla volontà di un solo.

    Allorché io sottoposi simili argomenti ai più furiosi anti-autoritari, essi non seppero rispondermi che questo: "Ah! Ciò è vero, ma qui non si tratta di un'autorità che noi diamo ai delegati, ma di un incarico!". Questi signori credono d'aver cambiato le cose quando ne hanno cambiato i nomi. Ecco come questi profondi pensatori si beffano del mondo.

    Noi abbiamo dunque veduto che da una parte certa autorità, delegata non importa come, e dall'altra certa subordinazione, sono cose che, indipendentemente da ogni organizzazione sociale, s'impongono a noi come condizioni materiali, nelle quali noi produciamo e facciamo circolare i prodotti.

    E abbiamo veduto, inoltre, che le condizioni materiali di produzione e di circolazione s'accrescono inevitabilmente dalla grande industria e dalla grande agricoltura, e tendono sempre più a estendere il campo di questa autorità. È dunque assurdo parlare del principio d'autorità come d'un principio assolutamente cattivo, e del principio d'autonomia come d'un principio assolutamente buono. L'autorità e l'autonomia sono cose relative, di cui le sfere variano nelle differenti fasi dello sviluppo sociale. Se gli autonomisti si limitassero a dire che l'organizzazione sociale dell'avvenire restringerà l'autorità ai soli limiti ai quali le condizioni della produzione la rendono inevitabile, si potrebbe intendersi; invece essi sono ciechi per tutti i fatti che rendono necessaria la cosa, e si avventano contro la parola.

    Perché gli anti-autoritari non si limitano a gridare contro l'autorità politica, lo Stato? Tutti i socialisti son d'accordo in ciò, che lo Stato politico e con lui l'autorità politica scompariranno in conseguenza della prossima rivoluzione sociale, e cioè che le funzioni pubbliche perderanno il loro carattere politico, e si cangeranno in semplici funzioni amministrative, veglianti ai veri interessi sociali. Ma gli anti-autoritari domandano che lo Stato politico autoritario sia abolito d'un tratto, prima ancora che si abbiano distrutte le condizioni sociali che l'hanno fatto nascere. Essi pretendono che il primo atto della rivoluzione sociale sia l'abolizione della società. Non hanno mai visto questi signori una rivoluzione? Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria che ci sia: è l'atto per il quale una parte della popolazione impone la sua volontà all'altra parte per mezzo di fucili, baionette e cannoni; mezzi autoritari, se ce ne sono; e il partito vittorioso, se non vuole aver combattuto invano, deve continuare questo dominio col terrore che le sue armi inspirano ai reazionari. La Comune di Parigi sarebbe durata un sol giorno, se non si fosse servita di questa autorità del popolo armato, in faccia ai borghesi? Non si può, al contrario, rimproverarle di non essersene servita abbastanza largamente?

    Dunque, delle due cose l'una: o gli anti-autoritari non sanno ciò che dicono, e in questo caso non seminano che confusione; o essi lo sanno, e in questo caso tradiscono il movimento del proletariato. Nell'un caso e nell'altro essi servono la reazione
    Ultima modifica di Stalinator; 30-08-10 alle 18:32

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    Predefinito Rif: Lo Stato in Marx-Engels

    Citazione Originariamente Scritto da Stalinator Visualizza Messaggio
    Questo fondamentale scritto di Friedrich Engels pone in risalto una questione che ancora oggi suscita dibattiti e confronti all'interno del panorama marxista e della filosofia politica in genere: la questione statale relativamente, soprattutto, ai temi dello Stato e dell'autorità politica, aprendo una strada teoretica che guida il Socialismo Scientifico lungo un percorso totalmente opposto a quello dei Socialismi Utopistici e degli Anarchismi ottocenteschi e delle loro più o meno immediate ramificazioni storiche nel '900.



    Dell'autorità
    Friedrich Engels (1872)


    Scritto nel 1872.

    Fonte: Marxismo e anarchismo, Editori Riuniti

    Prima pubblicazione nell'Almanacco repubblicano per l'anno 1874, Lodi, Pubblicazione della Plebe, dicembre 1873
    La prima edizione dello scritto è quella italiana, non essendo stato reperito il manoscritto originale. Questo breve ma illuminante articolo fu elaborato da Engels su richiesta di Enrico Bignami, direttore de La Plebe ed inviato per la prima volta nell'ottobre 1872. In quest'occasione lo scritto venne presumibilmente perduto, a causa dell'arresto di Bignami; Engels fu costretto a spedirne una nuova copia nel marzo dell'anno successivo.
    Trascritto da Mishù, Dicembre 1999



    Alcuni socialisti hanno da qualche tempo aperto una regolare crociata contro ciò che essi chiamano principio d'autorità. Basta loro dire che questo o quell'atto è autoritario, per condannarlo. Si abusa a tal punto di questo sommario modo di procedere che è necessario esaminare la cosa un po' più da vicino. Autorità, nel senso della parola di cui si tratta, vuol dire: imposizione della volontà altrui alla nostra; autorità suppone, d'altra parte, subordinazione. Ora, per quanto queste due parole suonino male e sia sgradevole per parte subordinata la relazione che esse rappresentano, si tratta di saper se vi è mezzo per farne a meno, se - date le condizioni attuali della società - noi potremo dar vita ad un altro stato sociale in cui questa autorità non avrà più scopo, e dove per conseguenza dovrà scomparire. Esaminando le condizioni economiche, industriali e agricole che sono alla base dell'attuale società borghese, troviamo che esse tendono a rimpiazzare sempre più l'azione isolata con quella combinata degli individui. L'industria moderna ha preso il posto delle piccole officine dei produttori isolati, con grandi fabbriche e officine dove centinaia di operai sorvegliano macchine complicate mosse dal vapore; le vetture e i carri delle grandi vie vengono sostituiti dai treni delle vie ferrate, come le piccole golette e feluche a vela dai battelli a vapore. L'agricoltura stessa cade a mano a mano nel dominio della macchina e del vapore, che rimpiazzano lentamente, ma inesorabilmente, i piccoli proprietari coi grandi capitalisti, che coltivano con l'aiuto di operai salariati grandi superfici di terreno. Dovunque, l'azione combinata, la complicazione dei procedimenti, dipendenti gli uni dagli altri, si mette al posto dell'azione indipendente degli individui. Ma chi dice azione combinata, dice organizzazione; ora, è possibile avere azione combinata senza autorità?

    Supponiamo che una rivoluzione sociale abbia detronizzato i capitalisti, onde l'autorità presiede ora alla produzione e alla circolazione delle ricchezze. Supponiamo, per collocarci interamente dal punto di vista degli anti-autoritari, che la terra e gli strumenti di lavoro siano divenuti proprietà collettiva degli operai che li impiegano. L'autorità sarà scomparsa, o non avrà essa fatto che cambiar di forma? Vediamo.

    Prendiamo a mo' d'esempio una filatura di cotone. Il cotone deve passare almeno per sei operazioni successive prima di esser ridotto allo stato di filo, operazioni che si fanno - per la più parte - in sale differenti. Inoltre, per tenere le macchine in movimento vi è bisogno di un ingegnere che sorvegli le macchine a vapore, di meccanici per le riparazioni giornaliere e di molti altri braccianti destinati a trasportare i prodotti da una sala all'altra ecc. Tutti questi operai, uomini, donne e fanciulli, sono obbligati a cominciare e a finire il loro lavoro a ore determinate dall'autorità del vapore, che si beffa dell'autonomia individuale. Bisogna dunque, dapprima, che gli operai si intendano sulle ore di lavoro; a queste ore, una volta fissate, sono tutti sottomessi senza alcuna eccezione. Poi sorgono in ciascuna sala e ad ogni istante questioni di dettaglio sul modo di produzione, sulla distribuzione dei materiali ecc., che bisogna risolvere subito, sotto pena di veder arrestarsi immediatamente tutta la produzione; che si risolvano con la decisione di un delegato preposto a ciascuna branca di lavoro o da un voto di maggioranza, se ciò fosse possibile, la volontà di qualcuno dovrà sempre subordinarsi; vale a dire che le questioni saranno risolte autoritariamente. L'automata meccanico di una grande fabbrica è molto più tiranno, come non lo sono mai stati i piccoli capitalisti che impiegano operai. Almeno per le ore di lavoro si può scrivere sulla porta di queste fabbriche: Lasciate ogni autonomia, voi ch'entrate! Se l'uomo con la scienza e il genio inventivo sottomise le forze della natura, queste si vendicarono su di lui sottomettendolo, mentre egli le impiega, ad un vero dispotismo, indipendente da ogni organizzazione sociale. Voler abolire l'autorità nella grande industria, è voler abolire l'industria stessa,distruggere la filatura a vapore per ritornare alla conocchia.

    Prendiamo, per un altro esempio, una via ferrata. Qui pure la cooperazione d'una infinità d'individui è assolutamente necessaria; cooperazione che deve aver luogo a ore ben precise, perché non ne seguano disastri. Qui pure, la prima condizione dell'impiego è una volontà dominante, che tronca ogni questione subordinata, sia questa volontà rappresentata da un solo delegato o da un comitato incaricato di eseguire le risoluzioni d'una maggioranza d'individui. Nell'uno o nell'altro caso vi è autorità molto pronunciata. Ma v'è di più: che diverrebbe del primo treno in partenza, se si abolisse l'autorità degli impiegati della via ferrata sui signori viaggiatori?

    Ma la necessità d'una autorità, e di un'autorità imperiosa, non si può trovare più evidente che sopra un naviglio in alto mare. Là, al momento del pericolo, la vita di tutti dipende dall'obbedienza istantanea e assoluta di tutti alla volontà di un solo.

    Allorché io sottoposi simili argomenti ai più furiosi anti-autoritari, essi non seppero rispondermi che questo: "Ah! Ciò è vero, ma qui non si tratta di un'autorità che noi diamo ai delegati, ma di un incarico!". Questi signori credono d'aver cambiato le cose quando ne hanno cambiato i nomi. Ecco come questi profondi pensatori si beffano del mondo.

    Noi abbiamo dunque veduto che da una parte certa autorità, delegata non importa come, e dall'altra certa subordinazione, sono cose che, indipendentemente da ogni organizzazione sociale, s'impongono a noi come condizioni materiali, nelle quali noi produciamo e facciamo circolare i prodotti.

    E abbiamo veduto, inoltre, che le condizioni materiali di produzione e di circolazione s'accrescono inevitabilmente dalla grande industria e dalla grande agricoltura, e tendono sempre più a estendere il campo di questa autorità. È dunque assurdo parlare del principio d'autorità come d'un principio assolutamente cattivo, e del principio d'autonomia come d'un principio assolutamente buono. L'autorità e l'autonomia sono cose relative, di cui le sfere variano nelle differenti fasi dello sviluppo sociale. Se gli autonomisti si limitassero a dire che l'organizzazione sociale dell'avvenire restringerà l'autorità ai soli limiti ai quali le condizioni della produzione la rendono inevitabile, si potrebbe intendersi; invece essi sono ciechi per tutti i fatti che rendono necessaria la cosa, e si avventano contro la parola.

    Perché gli anti-autoritari non si limitano a gridare contro l'autorità politica, lo Stato? Tutti i socialisti son d'accordo in ciò, che lo Stato politico e con lui l'autorità politica scompariranno in conseguenza della prossima rivoluzione sociale, e cioè che le funzioni pubbliche perderanno il loro carattere politico, e si cangeranno in semplici funzioni amministrative, veglianti ai veri interessi sociali. Ma gli anti-autoritari domandano che lo Stato politico autoritario sia abolito d'un tratto, prima ancora che si abbiano distrutte le condizioni sociali che l'hanno fatto nascere. Essi pretendono che il primo atto della rivoluzione sociale sia l'abolizione della società. Non hanno mai visto questi signori una rivoluzione? Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria che ci sia: è l'atto per il quale una parte della popolazione impone la sua volontà all'altra parte per mezzo di fucili, baionette e cannoni; mezzi autoritari, se ce ne sono; e il partito vittorioso, se non vuole aver combattuto invano, deve continuare questo dominio col terrore che le sue armi inspirano ai reazionari. La Comune di Parigi sarebbe durata un sol giorno, se non si fosse servita di questa autorità del popolo armato, in faccia ai borghesi? Non si può, al contrario, rimproverarle di non essersene servita abbastanza largamente?

    Dunque, delle due cose l'una: o gli anti-autoritari non sanno ciò che dicono, e in questo caso non seminano che confusione; o essi lo sanno, e in questo caso tradiscono il movimento del proletariato. Nell'un caso e nell'altro essi servono la reazione
    Un comunista che legge i comunisti.Raro.Complimenti hefico:
    Da consigliare a quelli che straparlano di comunismo libertario e bla bla bla.

  3. #3
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    Predefinito Re: Lo Stato in Marx-Engels

    Citazione Originariamente Scritto da Comunardo° Visualizza Messaggio
    I comunisti quelli veri mirano all'estinzione dello stato esattamente come gli anarchici, siete voi stalinisti e bolscevico leninisti in genere ad aver stravolto Marx.
    ma lo hai letto il pezzo riportato all'inizio del thread? Engels qui era contrario all'abolizione dello stato e dall'autorità
    Questo è il programma del Partito per il nuovo ordine mondiale: https://forum.termometropolitico.it/...-mondiale.html

  4. #4
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    Predefinito Re: Lo Stato in Marx-Engels

    confesso di non conoscere i classici del comunismo ed ogni pezzo è per me una sorpresa. questo pezzo mi piace, anche se sono personalmente convinto che oggi, con la gloabalizzazione e il mondo piccolo, un secolo e mezzo dopo questo scritto credo che lo stato e l'autorità vadano letti in chiave sovrannazionale/internazionale.
    a livello di stato nazionale non risolvi un cazzo.
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  5. #5
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    Predefinito Re: Lo Stato in Marx-Engels

    Sono sostanzialmente d'accordo con Engels.

    Ai “comunisti” statalisti faccio notare che una cosa è la classe lavoratrice mondiale che, in presenza delle condizioni materiali necessarie, usa lo stato per spossessare i capitalisti dei mezzi di produzione e per riorganizzare la società in senso socialista (senza classi, senza stato, senza lavoro salariato e senza denaro), altra cosa è una minoranza di leader di partito/intelletuali che va al potere in un singolo paese e statalizza i mezzi di produzione mantenendo inevitabilmente lo sfruttamento della classe lavoratrice (capitalismo di stato) e affermando di aver realizzato il socialismo.
    "Ma chi è quel mona che continua a inquinare?" (cit. Mosconi variata)
    "Tanti di loro sono così assuefatti, così dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo." The Matrix
    Cos'è il Socialismo

  6. #6
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    Predefinito Re: Lo Stato in Marx-Engels

    Il forumista Stalinator era uno che sapeva il fatto suo sul comunismo, almeno.

  7. #7
    fronte internazionale
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    Predefinito Re: Lo Stato in Marx-Engels

    Citazione Originariamente Scritto da Gian_Maria Visualizza Messaggio
    Sono sostanzialmente d'accordo con Engels.

    Ai “comunisti” statalisti faccio notare che una cosa è la classe lavoratrice mondiale che, in presenza delle condizioni materiali necessarie, usa lo stato per spossessare i capitalisti dei mezzi di produzione e per riorganizzare la società in senso socialista (senza classi, senza stato, senza lavoro salariato e senza denaro), altra cosa è una minoranza di leader di partito/intelletuali che va al potere in un singolo paese e statalizza i mezzi di produzione mantenendo inevitabilmente lo sfruttamento della classe lavoratrice (capitalismo di stato) e affermando di aver realizzato il socialismo.
    Bisogna vedere se al vecchio Engels, che scriveva queste cose, piacerebbero le tue idee secondo le quali in uno stato socialista libertario ognuno può prendere quello che vuole e fare quello che vuole.
    Secondo me gli piacerebbe di più la mia idea secondo la quale ad ogni cittadino viene fornita una tessera( o device tecnicamente equivalente) con cui può prendere i beni secondo le proprie necessità ma secondo anche le necessità degli altri.
    Questo è il programma del Partito per il nuovo ordine mondiale: https://forum.termometropolitico.it/...-mondiale.html

  8. #8
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    Predefinito Re: Lo Stato in Marx-Engels

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    Basta vedere chi ha nell'avatar, mica le stronzate dell'ecofemminista....
    Lo dico da anti stalinista, avercene di utenti competenti così. Gianky mi ha detto che però non scrive più perché impegnato altrove.

  9. #9
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    Predefinito Re: Lo Stato in Marx-Engels

    Mi spiace, ma sullo Stato mi sono ricreduto anch'io nel giro di pochi mesi. Finche' il capitalismo esiste e vive e vegeta occorrono mezzi necessari che rappresentino gli interessi del popolo (fasce basse) nella negoziazione relativa alla redistrib delle ricchezze. Sicuramente è auspicabile un tipo di società (di destra o di sinistra è un discorso irrilevante) non-orwelliana nel controllo capillare (e su questo punto non è solo la sinistra marxista a battersi), ed egli stesso essendo un socialista sapeva che uno stato doveva esserci almeno a rappresentazione degli strati sociali svantaggiati non abbastanza forti per sopravvivere in un regime liberista in economia

  10. #10
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    Predefinito Re: Lo Stato in Marx-Engels

    Citazione Originariamente Scritto da frameeme Visualizza Messaggio
    ma lo hai letto il pezzo riportato all'inizio del thread? Engels qui era contrario all'abolizione dello stato e dall'autorità
    No, non è contrario, si oppone alla sua immediata abolizione.


    Perché gli anti-autoritari non si limitano a gridare contro l'autorità politica, lo Stato? Tutti i socialisti son d'accordo in ciò, che lo Stato politico e con lui l'autorità politica scompariranno in conseguenza della prossima rivoluzione sociale, e cioè che le funzioni pubbliche perderanno il loro carattere politico, e si cangeranno in semplici funzioni amministrative, veglianti ai veri interessi sociali. Ma gli anti-autoritari domandano che lo Stato politico autoritario sia abolito d'un tratto, prima ancora che si abbiano distrutte le condizioni sociali che l'hanno fatto nascere
    . Essi pretendono che il primo atto della rivoluzione sociale sia l'abolizione della società. Non hanno mai visto questi signori una rivoluzione? Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria che ci sia: è l'atto per il quale una parte della popolazione impone la sua volontà all'altra parte per mezzo di fucili, baionette e cannoni; mezzi autoritari, se ce ne sono; e il partito vittorioso, se non vuole aver combattuto invano, deve continuare questo dominio col terrore che le sue armi inspirano ai reazionari. La Comune di Parigi sarebbe durata un sol giorno, se non si fosse servita di questa autorità del popolo armato, in faccia ai borghesi? Non si può, al contrario, rimproverarle di non essersene servita abbastanza largamente?

    Dunque, delle due cose l'una: o gli anti-autoritari non sanno ciò che dicono, e in questo caso non seminano che confusione; o essi lo sanno, e in questo caso tradiscono il movimento del proletariato. Nell'un caso e nell'altro essi servono la reazione.

 

 
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