di Giorgio La Malfa e Francesco Bernardini – In G. Pescosolido (a cura di), “Francesco Compagna meridionalista europeo”, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2003, pp. 23-39.
Ugo La Malfa e Francesco Compagna
1. Dalla sinistra liberale al Partito repubblicano
Francesco Compagna aderì al Partito repubblicano italiano nel 1968, a pochi mesi da quelle elezioni politiche che sancirono una prima ripresa elettorale del Pri. Fu candidato nella circoscrizione di Napoli – Caserta ed entrò in Parlamento. Per la prima volta nel dopoguerra un deputato repubblicano veniva eletto in Campania. Si ricandidò successivamente, nella stessa circoscrizione, risultando sempre eletto con consensi crescenti (passando da 7.108 voti nel 1968, a 24.689 voti nelle ultime elezioni alle quali si presentò, nel 1979). Membro della direzione del Pri dal 1969, sottosegretario nei governi Rumor e Moro, ministro nel governo Andreotti, Cossiga e Forlani, accettò, con molta generosità, la richiesta, rivoltagli da Spadolini, di assumere l’incarico di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri: ruolo che svolse con riconosciuto equilibrio, fin quando morì colto da un infarto il 24 luglio 1982.
Come egli stesso ebbe modo di ricordare, aveva avuto rapporti stretti con l’azionismo e il Partito repubblicano, in modo particolare con Ugo La Malfa; politicamente, come altri che poi aderirono al Pri, proveniva dalla sinistra liberale che aveva partecipato alla scissione contro Malagodi. Attivamente presente ai convegni degli “Amici del Mondo”, non era stato fra i più convinti assertori della svolta di centro-sinistra, essendo rimasto legato a lungo al giudizio positivo sulla fase del centrismo degasperiano, non nascondendo le sue riserve, specialmente per i risvolti internazionali, dell’apertura a sinistra. Aderirà alla formula del centro-sinistra solo alla metà degli anni ’60, ritenendo allora tale impostazione come la più rispondente ai problemi del Mezzogiorno, quest’ultimo asse centrale della sua azione politica e culturale.
Tre elementi ebbero rilievo nella sua adesione al Pri: il primo fu il riconoscimento che nel Partito repubblicano italiano viveva ed operava la più convinta ispirazione meridionalistica; la stessa idea di programmazione economica esposta per la prima volta da Ugo La Malfa nel 1962 nella Nota aggiuntiva si basava sulla visione che fosse necessaria “un’azione rivolta ad indirizzare i processi di sviluppo” in maniera che si tenesse conto “degli squilibri esistenti e dei problemi insoluti”, ove tali squilibri risultavano “settoriali e regionali”. Né, si proseguiva nel documento lamalfiano, ciò che era stato fatto nel Mezzogiorno risultava “sufficiente a bilanciare i motivi di accentramento al Nord del processo di sviluppo che si svolgeva nelle regioni già sviluppate e a ridurre i divari di reddito con le altre zone”. Tematica, questa dell’accentramento industriale nell’Italia settentrionale, che Compagna riprenderà innumerevoli volte, sia a livello di interventi parlamentari, sia all’interno del Partito repubblicano.
L’altro motivo di rilievo nella sua adesione al Pri, fu la severa posizione del partito, in special modo sotto la guida di Ugo La Malfa, nei confronti del dissesto della finanza pubblica e delle lotte sindacali: due elementi inscindibili in un quadro di programmazione e quindi di priorità di investimenti. Da un lato Compagna sosteneva che, mentre una politica di investimenti pubblici mirati avrebbe giovato al Mezzogiorno, una finanza pubblica mal gestita non solo non avrebbe favorito la crescita dell’Italia nel medio periodo, ma avrebbe anche finito per danneggiare le fasce più deboli. Quanto all’azione sindacale, Compagna fu colpito dall’asprezza delle rivendicazioni a partire dal 1962-63: su questa valutazione si innesta in lui una ripresa del tema salveminiano della polemica contro l’alleanza fra i sindacati dei lavoratori e quelli degli imprenditori ai danni dei disoccupati.
Il terzo motivo fu rappresentato dalla piena coincidenza di vedute rispetto al Pri sulla politica estera. Compagna si ispirò alle idee di Renato Giordano, suo amico carissimo, che era stato collaboratore fra i più apprezzati di Jean Monnet e aveva contribuito alla diffusione di quella visione secondo cui lo sviluppo del Mezzogiorno poteva realizzarsi in un’Italia collocata pienamente in Europa. Non era stato un caso che Nord e Sud, la storica rivista di Compagna, ospitasse nel primo numero del dicembre 1954 un suggestivo articolo di Ugo La Malfa intitolato Il Mezzogiorno nell’Occidente, ove si sosteneva che il Sud italiano “è Occidente senza le condizioni economiche, sociali, culturali che caratterizzano l’Occidente. Esso non è un Oriente occidentalizzato: è un Occidente orientalizzato”.
Altri temi di politica estera che trovavano concorde Compagna, furono il fermo atlantismo del Pri, la riaffermazione della necessità dell’alleanza fra Europa e Stati Uniti, la polemica contro l’Europa di De Gaulle (altro tema prettamente lamalfiano) ed a favore dell’ingresso dell’Inghilterra in Europa come elemento di rafforzamento del legame atlantico dell’Occidente. Non ultimo motivo in termini di comunanza di vedute fu la battaglia in difesa di Israele, che aveva visto i repubblicani in prima linea durante la Guerra dei sei giorni nel 1967.
Non vi è comunque dubbio che, all’interno di questa comunanza generale di impostazioni, lo scambio maggiore fra Compagna e il Pri si realizzò in larga misura nel concreto contributo di una battaglia meridionalista che egli era, sopra tutti, in grado di animare e portare fermamente avanti.
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