Blitz dei nazi-vegan contro i cacciatori a Lenta: anche Valerio Vassallo tra gli undici a processo - La Stampa
Il trambusto e le grida poi sputi, insulti e spintoni. Undici personaggi «vestiti di scuro sono spuntati all’improvviso dal bosco e ci sono venuti addosso». Carlo Rivellino, 49 anni, sindacalista Cisl del settore edile, ha stampato in mente quei momenti di tensione. Era il 19 giugno del 2016, giorno del Trofeo Sant’Umberto organizzato all’«Azienda agrituristica venatoria di Lenta 1». Una «gara cinofila con sparo», secondo la definizione dei tecnici.
Una prova di caccia, per gli ambientalisti che hanno organizzato il blitz. Una storia rimasta nell’ombra, nonostante il rinvio a giudizio di undici persone. La prima udienza sarà giovedì mattina, in tribunale a Vercelli. Tra i componenti del «commando» c’era anche il «nazi-vegan» biellese Valerio Vassallo, portavoce del Meta, assieme ad Antonino Curcio, presidente dell’Associazione vegani italiani (Avi), ma anche agli attivisti di «Fronte animalista» Alessandro Zanotto e Roberto Serafin (quest’ultimo ex di «Cento per cento animalisti»).
«Ci hanno provocati in tutti i modi, volevano farci reagire», spiega Rivellino. Quel giorno, c’erano una ventina di cacciatori con i loro cani: bretoni, pointer, bracchi italiani. Erano lì con i loro padroni per una dimostrazione sulla «ferma» nella caccia «alla piuma». Evento all’aperto, tra le acacie che punteggiano il sentiero per arrivare alla radura e i pioppi in fondo alla radura dove sguinzagliare i cani alla ricerca della cacciagione. E poi, c’erano loro, le pernici. Una quarantina, due per cacciatore, tenute in una gabbia vicino al tavolo per le iscrizioni.
I FATTI
Il blitz degli ambientalisti è durato pochi minuti. Ma il rischio è stato altissimo. «C’erano venti cacciatori armati. Certo, i fucili erano scarichi, ma in quei frangenti non sai mai che cosa può accadere», aggiunge Rivellino. Già. Anche lui è un cacciatore, ma quel giorno faceva il direttore di gara. Il gruppo spuntato dalla boscaglia voleva provocare. Erano armati di videocamere. Una strategia: il cacciatore reagisce, il gesto viene immortalato e scatta la denuncia, che porta alla revoca del porto d’armi. Niente fucile, niente cacciatore. Ma il blitz è andato a rovescio. I partecipanti alla manifestazione hanno mantenuto la calma. Nessuno ha reagito, nonostante insulti, sputi, spintoni. E minacce. Qualcuno ha gridato: «Ti violento la moglie, ti aspetto fuori casa», Curcio ha persino urlato a un cacciatore: «Prega di non trovarmi sul lavoro, perché te la faccio pagare». E detto da un volontario del 118, non è proprio una carineria. Alla fine, gli unici a rimediare una denuncia sono stati gli ambientalisti, che hanno dato un pugno in faccia a un cacciatore e hanno spruzzato spray al peperoncino negli occhi di altri due. Gli ambientalisti avevano chiesto alla procura di archiviare la questione, ma il pm Roberta Brera li ha portati a giudizio.