Dopo il discorso di Umberto Bossi a Vittorio Veneto il ministro rilancia il progetto: «Lo parlano sette residenti su dieci, salvaguardiamolo»
Zaia: dialetto obbligatorio nelle scuole
Zaia: dialetto obbligatorio nelle scuole - Local | L'espresso
TREVISO. Bilinguismo nella Marca. «La scuola insegni il dialetto». Parola di Umberto Bossi, nella sua recente tappa a Vittorio Veneto. Il ministro delle politiche agricole Luca Zaia rilancia: «La Lega lo farà riconoscere nella legge sulle lingue e ne chiederà l’insegnamento obbligatorio, perché lo parlano 7 residenti in regione su 10 ed è la prima lingua, dopo quella materna, degli immigrati». Replica Diego Bottacin del Pd: «Sì all’uso del dialetto, ma no all’insegnamento obbligatorio a scuola».
Ore 8, lezione di dialetto. Ore 9, la storia della Serenissima. E dopo un’ora di matematica, che non può essere veneta, ecco, alle 11, un’ora di geografia: i paesaggi di Andrea Zanzotto. Alle 12 L’italiano. Al ministro Luca Zaia non dispiacerebbe una mattinata di scuola così programmata. «L’insegnamento del dialetto a scuola è una necessità», afferma. Lo ha detto, per la verità, anche Umberto Bossi fermandosi, l’altra sera, a Vittorio. «La lingua veneta la parlano 7 residenti su 10 ed è il primo idioma, dopo la loro lingua, utilizzato dagli immigrati, che neppure conoscono l’italiano», insiste Zaia, convinto che anche in provincia di Treviso e in Veneto debba essere introdotto il bilinguismo, come accade in Alto Adige o nel vicino Friuli. Bilinguismo che comporta, appunto, l’obbligatorietà («che non significa coercizione») dell’insegnamento e apre la strada per l’uso del dialetto perfino negli atti pubblici. E nella toponomastica (i cartelli stradali, ad esempio). Zaia parla spesso in dialetto. A suo avviso lo si dovrebbe poter fare anche nei consessi istituzionali, a cominciare dai consigli comunali. E - perché no? - anche la Chiesa dovrebbe celebrare in veneto, come in diocesi di Pordenone e, più ancora in quella di Udine, accade con il friulano. «La lingua materna è il primo dato dell’identità personale e comunitaria. Se vogliamo tutelare e valorizzare un popolo, con il patrimonio di cultura, di storia, di tradizione, di dna religioso che lo contraddistingue, dobbiamo passare - insiste Zaia - anzitutto per la riscoperta, la tutela, la promozione della lingua. Esattamente come fanno in Catalogna. E’ anche questo, se vogliamo, un fattore di sicurezza».
Da qui la decisione della Lega di aggiornare la legge 482 sulle lingue minoritarie, per inserirvi anche il dialetto veneto («adesso siamo al governo e possiamo farcela»). E’ peraltro già operativa da un anno la legge regionale sull’identità veneta. L’ha votata anche il Pd, oltre al Centrodestra. E il promotore è stato il consigliere trevigiano Diego Bottacin. «Una cultura è viva, insieme alla sua storia, se è viva la lingua. E il dialetto è vivo soltanto se lo si parla. Ma da qui a sostenere che vi deve essere l’insegnamento obbligatorio a scuola proprio no - mette le mani avanti Bottacin -. C’è infatti chi potrebbe non essere assolutamente interessato ad apprendere il dialetto. E’ invece necessario che a scuola si trovi il modo, dalle elementari alle medie, ma direi anche alle superiori, di conoscere la storia, la cultura e le tradizioni della terra in cui si abita». L’esponente del partito democratico pone, comunque, delle condizioni. «Bisogna assolutamente evitare il folclore. Tanto più occorre prestare la massima attenzione perché questo passaggio non conduca alla mera conservazione, ampiamente intesa, compresa la dimensione politica». Tra l’altro non è indifferente il problema di quale idioma usare qualora diventasse obbligatorio il dialetto a scuola. A Treviso e nella Destra Piave l’intercalare non è quello della sinistra Piave, ovvero della cosiddetta «razza Piave». A Mogliano prende il sopravvento, talvolta, il veneziano, lungo la Pedemontana addirittura il Bellunese. «E’ ovvio che non possiamo immiserirci in queste diatribe - taglia corto il ministro -. L’importante è riappropriarci della nostra lingua. Poi ogni comunità si comporterà come meglio riterrà opportuno».
(18 maggio 2009)