Originariamente Scritto da
Rotwang
Corriere della Sera
C'è chi si ricorda di due signori che una quarantina d’anni fa partivano da Varese per andare alle riunioni di un movimento politico appena nato dall’altra parte del Lago Maggiore, in Piemonte. Il movimento si chiamava UOpA, acronimo di Unione Ossolana per l’Autonomia. E i nomi di quei due signori che rincasavano a ore improbabili erano quelli di Umberto Bossi e Roberto Maroni, che venivano fino a qui a scuola di autonomia. Si può partire proprio questa parola — «autonomia» — per tenere il filo del discorso che è sulla bocca di tutti nella provincia di Verbano-Cusio-Ossola, perché tra pochi giorni si saprà se la voglia di tornare in Lombardia è reale o se si tratta solamente di un fuoco di paglia.
Già, perché questa provincia che porta a corredo meraviglie naturalistiche e culturali, un tempo era lombarda. La questione storica è la base, il punto di partenza ideale che spinse già più di un anno fa i promotori del referendum a raccogliere oltre 5 mila firme portate poi al cospetto dei 77 sindaci della Provincia, il cui consiglio votò all’unanimità per andare alle urne: «Se i cittadini hanno chiesto di votare, li faremo votare», ha spiegato il presidente della Provincia Stefano Costa, del Pd, partito del «no» o dell’astensione a questo referendum, che si basa soprattutto su ragioni culturali e identitarie. Il voto si terrà domenica 21 ottobre per domandare ai 148 mila elettori se vogliono staccarsi da Torino e salire sul treno per Milano, che è più vicina anche sui binari.
Divenne bottino di guerra, il VCO (Verbano-Cusio-Ossola), e nel 1743 passò al Piemonte. Oggi Valter Zanetta, ex parlamentare di Forza Italia e ora militante della Lega e promotore del referendum, parte proprio dalla storia a tracciare la necessità del cambio di regione, ma poi va a finire sull’argomento che attira più di tutti: i soldi. Soldi in meno che i lombardi pagano in termini di aliquote Irpef. Risparmi per il pieno di carburante nelle aree di confine (vedi la carta sconto attiva in Lombardia sulla benzina verde, a seconda della distanza dal confine con la Svizzera) e sulla bolletta del metano. E poi la grande questione dei canoni idrici, che vede la provincia di Sondrio il modello di gestione agognato, con gli introiti delle società produttrici di energia elettrica che restano in provincia. Una cifra quantificata in 18 milioni l’anno per il VCO.
La Lombardia, dal canto suo, è pronta ad accogliere questa provincia che aggiunta alla cartina geografica rappresenta in un colpo d’occhio quella terza punta della corona composta oggi dalla Valtellina — con Madesimo e Livigno -—, e domani anche dalla Val Formazza. Un tridente che arricchirebbe la regione di un’offerta turistica importante: la quasi totalità del Lago Maggiore diverrebbe lombarda, oltre a tutta la fascia alpina e montana meta già oggi di un turismo proveniente soprattutto dalla parte occidentale della Lombardia. Tra poco meno di una settimana si saprà come andrà a finire il referendum. Di certo la vera, grande incognita di questa consultazione è rappresentata dal quorum necessario perché la votazione sia valida: ci vuole la metà più uno degli aventi diritto al voto, vale a dire circa 74 mila elettori. E la maggioranza di questi, a sua volta, dovrà esprimersi per il «sì».
Un sì abbastanza scontato per la regione più a nord del VCO, l’Ossola, dove la «specificità montana», particolare status amministrativo che la Regione Piemonte prevede, è argomento non è pienamente percepita. Più tiepide sull’annessione paiono invece le altre due zone che compongono la provincia: quella del Verbano, sul lago, dove si trova il capoluogo di provincia, e il Cusio, un’area cuscinetto con la provincia di Novara dove prevale la dolcezza delle Prealpi e un piccolo gioiello della natura rappresentato dal lago d’Orta.