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Entro la fine dell’anno in Spagna verrà chiusa la maggior parte delle miniere di carbone. Il governo e i sindacati hanno trovato un accordo che prevede l’investimento di 250 milioni di euro nelle regioni minerarie del paese per facilitare quella che è stata chiamata “giusta transizione”.

L’industria del carbone in Spagna, negli anni Sessanta, impiegava più di 100 mila minatori e minatrici. Oggi sono circa 3 mila. Con il tempo, infatti, il settore ha infatti risentito del poco ricambio di professionalità, con interi comuni che si sono spopolati, delle importazioni di energia a basso costo dalla Russia e dall’Africa, della competizione con le nuove energie rinnovabili, della riduzione dei contributi da parte del governo e della crescente consapevolezza sui costi ambientali, sanitari e climatici dell’impiego di questa materia prima. Climatologi e ricercatori concordano sul fatto che per ridurre gli effetti del riscaldamento globale sia essenziale una drastica riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Per ridurre i rischi e contenere un processo ormai in corso, tutte le centrali a carbone nel mondo dovrebbero essere chiuse entro i prossimi 30 anni. Oggi il carbone nazionale spagnolo fornisce solo il 2,3 per cento dell’energia elettrica dell’intero paese.

La questione ambientale, che interessa molto al nuovo governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez, non è comunque l’unico argomento che ha portato a un’accelerazione della conversione del sistema energetico del paese: c’entra anche la disoccupazione e la necessità di creare possibilità alternative nelle aree la cui economia è stata sempre e solo legata all’estrazione del carbone. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) nel rapporto “Lavoro e problematiche sociali nel mondo 2018: un’economia verde e creatrice di occupazione” ha stimato che entro il 2030 la transizione dovrebbe far scomparire nel mondo sei milioni di posti di lavoro e che dovrebbe crearne 24 milioni di nuovi (per ogni posto perso ne verrebbero creati quattro).

Questo passaggio però non sarà automatico, e per questo la ministra per la Transizione Ecologica spagnola, Teresa Ribera, insiste da tempo sul concetto di “giusta transizione” che ha l’obiettivo di attenuare l’impatto negativo che il cambiamento di modello energetico potrebbe avere su alcuni gruppi di persone e in alcune zone del paese. Qualche giorno fa il governo ha raggiunto un accordo con i sindacati del settore per lo sviluppo sostenibile delle regioni minerarie fino al 2027 . L’accordo prevede l’investimento di 250 milioni di euro nei prossimi cinque anni, il pensionamento anticipato per alcune categorie di lavoratori (chi ha 48 anni e almeno 25 anni di contributi), incentivi e la creazione di posti di lavoro alternativi. Circa 600 lavoratori nelle regioni minerarie settentrionali della Spagna – Asturie, Aragona e Castiglia e León – beneficeranno degli aiuti previsti dall’accordo, mentre circa il 60 per cento dei minatori potrà scegliere il prepensionamento.

«Con questo accordo, abbiamo risolto il primo e più urgente compito che avevamo sul tavolo quando siamo arrivati al governo. Il nostro obiettivo era non lasciare nessuno indietro. Ma vogliamo andare oltre, vogliamo innovare», ha commentato Ribera. Anche i sindacati hanno parlato in modo positivo dell’accordo, dicendo che quel modello potrebbe essere applicato anche altrove. Mir Roca Montserrat, segretario della Confederazione europea dei sindacati, ha detto che «la Spagna può esportare questo accordo come esempio di buona pratica. Abbiamo dimostrato che è possibile seguire l’accordo di Parigi senza conseguenze negative. Non abbiamo bisogno di scegliere tra il lavoro e la protezione dell’ambiente. È possibile avere entrambi».