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  1. #11
    Il Re del Nord
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio
    Attilio, posso pubblicare un articolo "di parte" sul socialismo di mercato? Non vorrei fosse incompatibile con l'orientamento m-l , quindi fammi sapere.
    Questo non è il forum m-l quindi puoi.

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    Ultima modifica di Lord Attilio; 06-01-19 alle 13:38
    Venezuela e Zimbabwe nei nostri cuori!

  2. #12
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio
    Non sto paragonando Cuba alla Cina denghiana o attuale. Però , spesso, Castro parlò in termini lusinghieri del "socialismo di mercato". Sulla DPRK mi cogli impreparato: credevo non esistessero nemmeno i bar a gestione familiare.
    in nord korea ci sono i donju
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  3. #13
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    CINA

    2016 LA STELLA ROSSA E’ ANCORA SULLA CINA





    di Marco Quagliaroli

    Attualmente nel movimento comunista internazionale (e quindi anche in Italia) il tema al centro del dibattito è costituito dalla natura socio-economica della Cina.

    Una premessa è di fondamentale importanza: la diversità di opinione su un tema così articolato e complesso non deve mai causare astio, risentimento e atteggiamenti antagonisti e divisivi tra i partiti comunisti.

    Le contraddizioni in seno al popolo si risolvono in modo pacifico (Mao). Alvaro Cunhal ha più volte affermato che non esistono differenze insuperabili tra partiti marxisti-leninisti. Nessuno deve demonizzare nessuno. Il dibattito sulla Cina deve essere occasione di “ricerca della verità nei fatti ma sempre con profondo spirito unitario e fraterno fondato sul principio dell’internazionalismo proletario. Anche perchè entrambe le tendenze pro e contro la Cina stanno sostenendo lotte eroiche (anche nella forma della lotta armata) contro quello che è il vero nemico dell’umanità: l’imperialismo, o meglio gli imperialismi a cominciare dal quarto Reich, gli Stati Uniti d’America, e gli altri stati canaglia loro alleati.

    Essere favorevoli o contrari al socialismo di mercato richiede coerenza: se si è favorevoli lo si deve essere a fianco non solo della Cina ma anche degli altri paesi socialisti che applicano un sistema di gestione socio-economica affine. E’ irricevibile accusare la Cina di essere capitalista e ad esempio definire Cuba socialista anche perchè i due paesi sono stretti alleati. E’ più coerente affermare che non esistono paesi socialisti al mondo.

    Se siamo tutti d’accordo che il socialismo è una scienza dovrebbe essere acquisito che, come ogni scienza umana, essa sia soggetta ad evolversi. Se la fisica o la medicina non si evolvessero a cosa servirebbero?

    I comunisti devono essere fermi sui principi strategici e duttili nella tattica. Il grande Stalin si schierò per Il marxismo creativo contro il marxismo dogmatico e libresco.

    Tutto ruota attorno al rapporto tra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione ma esiste un solo criterio per dimostrare la superiorità del socialismo-comunismo: verificare il tenore di vita del popolo.

    Se esso soddisfa le masse popolari il partito conquista il loro consenso anche se questo non è acquisito per sempre , come lo si ottiene lo si può perdere come è accaduto in Unione Sovietica e negli altri paesi dell’Europa orientale. Che poi questo risultato venga ottenuto con la rigida pianificazione centralizzata e la totale socializzazione dei mezzi di produzione e delle materie prime o con il socialismo di mercato non è dirimente. L’importante è il risultato. “Non è importante di che colore è il gatto l’importante e’ che mangi il topo”. Cosi’ come troviamo stucchevole, in altro contesto, la polemica sulla capziosa contraddizione tra fuoco guerrigliero e guerra popolare di lunga durata. Anche qui ciò che conta è la vittoria (il primo si fa preferire per il numero minore di vittime).

    Se si realizzano rapporti di produzione socialisti ma si ignora lo sviluppo delle forze produttive si ottiene solo di dividere equamente la povertà (Albania); “meglio poveri nel socialismo che ricchi nel capitalismo” (Jang Quing – la banda dei quattro). Questo è il modo migliore per perdere il consenso del popolo (1989). La realtà non è quella che noi vorremmo che sia ma ciò che la storia ci consegna.

    L’esperienza storica ha dimostrato che non si può edificare il socialismo solo facendo ricorso al volontarismo, ossia alla perenne mobilitazione delle masse (grande balzo, rivoluzione culturale) poichè il livello di coscienza degli individui è variabile ed e’ naturale che i popoli ambiscano ad una quotidianità tranquilla. Non è ammissibile una situazione politica interna di eterno conflitto (almeno nel socialismo).

    Nel 1949 le condizioni di vita del popolo cinese erano caratterizzate da una povertà estrema al limite della morte per inedia di milioni di persone. Questo era il risultato del secolo delle umiliazioni subìto dai cinesi tra il 1848 (guerra dell’oppio –Palmerston primo ministro della perfida Albione, spartizione della Cina tra le varie potenze imperialiste – rivolte dei boxer, dei taiping, Sun Jat Sen e il movimento del 4 maggio 1919) e il 1949. Il feudalesimo fu spazzato via dalla gloriosa rivoluzione contadina condotta dal Partito Comunista di Mao.

    Sino al 1966 vennero poste le basi materiali per la costruzione di una società socialista con un discreto aumento medio del 5% annuo. Tuttavia, nonostante la crescita dei rapporti di produzione socialisti, lo sviluppo delle forze produttive, a cui Mao prestava attenzione, ridussero ma non sradicarono la povertà e l’arretratezza. Lo stesso grande balzo in avanti conseguì qualche risultato positivo ma non sufficienti per soddisfare i bisogni primari delle masse popolari, ciò a causa della mancanza di tecnologie avanzate. Questi progressi furono ottenuti anche grazie alla politica del fronte unito con la borghesia nazionale lanciata da Mao nel suo celebre e geniale discorso “Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo” (1957) forse il momento in cui più alta brillò la stella del grande timoniere. La stella più grande posta sul lato sinistro della bandiera rappresenta il PC, le altre quattro stelle più piccole simboleggiano gli operai, i contadini, la piccola borghesia e la borghesia nazionale.

    Nel 1966 la tragedia della rivoluzione culturale fece precipitare il paese sull’orlo della guerra civile e nel caos economico. Una crisi che durò dieci anni e che si concluse solo con la morte di Mao nel settembre 1976. Un grande dirigente come Liu Shao Qi, primo ministro e autore della riforma agraria, morì in carcere mentre Deng fu mandato a lavorare in una fabbrica di trattori. Le vaste masse popolari espressero in modo inequivocabile la loro posizione dopo la morte di Zhou Enlai nel gennaio 1976 allorchè milioni di persone si recarono a rendere omaggio alla salma del grande compagno d’armi di Mao (già malato) facendo così intendere che ne avevano abbastanza dei disordini e delle violenze delle guardie rosse (espressione di un confuso movimento contadino anarchicheggiante). Lo stesso Mao ammise che, nonostante le giuste intenzioni, la rivoluzione culturale si era rivelata un disastro.

    L’appoggio popolare a Zhou Enlai dimostrò l’isolamento politico della “banda dei quattro” che auspicava la continuazione delle violenze, criticava Zhou (“l’ultimo confuciano”) per aver lanciato la campagna delle quattro modernizzazioni (agricola, industriale, militare, scientifica) nel 1974 e infine affermava che “era meglio essere poveri nel socialismo che poveri nel capitalismo”. E’ del tutto evidente che queste posizioni sono estranee al marxismo-leninismo che prevede invece il massimo sviluppo delle forze produttive. Che senso ha creare una società ugualitaria nella povertà? Dove sarebbe la differenza tra socialismo e capitalismo? Se la “banda dei quattro” avesse avuto la meglio la Cina sarebbe finita coma la Cambogia del dottor Saloth Sar, alias il criminale agente della CIA Pol Pot, (che tanto discredito ha procurato all’ideale del socialismo nel mondo) o come l’Albania di Hoxha.

    Con la rivoluzione culturale Mao contraddisse il proprio grandioso discorso del 1957 cercando di risolvere le contraddizioni in seno al popolo non con metodi pacifici ma con la forza mediante l’appello a un movimento di massa che si rivelò distruttivo e nichilista (“bombardare il quartiere generale”).

    A questa tragedia pose rimedio Deng Xiaoping, che aveva condiviso le posizioni di Zhou Enlai, a partire dal 1978 nonostante qualche errore (Deng fece propria l’errata teoria dei tre mondi che causò la proditoria ancorchè breve aggressione al Vietnam e lo sciagurato appoggio a Pol Pot in funzione antisovietica).

    Prima di addentrarci nell’analisi del socialismo con caratteristiche cinesi è doveroso analizzare come il PC nel 1981 tracciasse un bilancio definitivo dell’opera di Mao.

    Deng affermò che i meriti di Mao erano grandi gli errori secondari: “non faremo a Mao che ciò che Krusev ha fatto a Stalin” egli dichiarò nella celebre intervista a Fallaci in cui , con grande modestia, diceva di sè che sarebbe stato contento di sè stesso facendo metà cose buone e meta’ errori.

    I meriti di Mao sono: la fondazione del Partito Comunista, aver condotto alla vittoria la rivoluzione, aver fondato la Repubblica Popolare, aver posto le basi materiali per la costruzione del socialismo (Deng e i suoi uccessori Jang Zemin, Hu Jintao, Li Peng, Xi Jinping hanno sempre affermato che senza i risultati del periodo maoista sarebbe stato impossibile lo straordinario progresso della Cina), aver difeso Stalin e la purezza del marxismo-leninismo dalle ingiuriose calunnie del criminale Krusev.

    Gli errori di Mao sono: definire l’Unione Sovietica imperialista, porla sullo stesso piano degli Stati Uniti d’America come nemico, aprire agli Stati Uniti d’America nel 1972, la rivoluzione culturale, la teoria dei tre mondi , il riconoscimento del governo Pinochet in Cile sempre in chiave antisovietica. L’ossessione cinese di una invasione sovietica venne meno solo nel 1979 quando i sovietici non intervennero a sostegno del Vietnam nel breve conflitto voluto erroneamente dal governo cinese.

    Nessuna damnatio memoriae quindi del PCC nei confronti del maestro di Shaoshan ma un equilibrato giudizio e la presa in carico della parte migliore del pensiero del grande timoniere nell’edificazione del socialismo. In Unione Sovietica invece l’infame destalinizzazione della società fu l’inizio della fine per il socialismo sovietico e dei paesi dell’Europa orientale (lenta ma irreversibile introduzione di elementi di capitalismo illegale e mafioso, disarmo ideologico delle masse, burocratizzazione del partito e degli organi statali e loro distacco dal popolo, stagnazione economica, carrierismo ecc.) a tutto vantaggio dello schieramento capitalistico mondiale e relativa spaccatura all’interno del movimento comunista internazionale. Il dopo Mao in Cina fu l’esatto opposto del dopo Stalin in Unione Sovietica e ciò dimostra che a Mosca si volle distruggere il socialismo mentre a Pechino si scelse di svilupparlo. Ed ecco il socialismo di mercato.

    Deng ritenne, riprendendo il discorso di Mao del 1957, che la priorità assoluta è sradicare definitivamente la povertà quindi: fase primaria del socialismo e tempi lunghi per la completa realizzazione di una società socialista, massimo sviluppo delle forze produttive per realizzare le quattro modernizzazioni proposte da Zhou Enlai, recuperare il più in fretta possibile il ritardo dai paesi più sviluppati.

    Per fare ciò Deng propose un “grande progetto” che consiste in un esperimento storico epocale semplicemente temerario applicando in modo dialettico il marxismo-leninismo: deideologizzare i concetti di pianificazione e mercato. (Del resto dopo ogni vittoria della rivoluzione socialista in vari paesi del mondo il gruppo dirigente comunista ha dovuto imparare sul campo, nella pratica come si costruisce una società socialista). Porre il mercato sotto l’egemonia dellla pianificazione (piani quinquennali): mescolare la sabbia all’argilla (Mao). Deng (unitamente alla direzione collettiva) era ben conscio che si sarebbero verificati fenomeni negativi ma riteneva che i vantaggi sarebbero stati superiori e che per avere il consenso del popolo bisognava migliorare la qualità della vita delle sterminate masse cinesi. Dopo le umiliazioni ottocentesche la Cina sarebbe divenuta una grande potenza socialista, un paese moderno e prospero mantenendo saldi i princìpi ideologici: la via socialista, il marxismo-leninismo pensiero di Mao, la dittatura democratico-popolare, il ruolo guida del Partito Comunista.

    Si svilupparono quindi forme di proprietà diversificate: proprietà statale, cooperativa, dei sindacati, delle provincie e privata. Attrazione di capitali stranieri, acquisizione delle tecnologie avanzate, costruzione di infrastrutture (case, scuole, ponti, strade, ferrovie, ospedali ecc.), concorrenza tra settore pubblico/collettivo e settore privato sotto la gestione del primo.

    Applicazione del metodo della sperimentazione: quando si fa una riforma la si verifica in una/due regioni selezionate; se funziona la si estende a tutto il paese altrimenti si corregge l’errore. Tale metodo funziona. Ad esempio un’errata riforma della sanità troppo privatistica è stata di recente totalmente sostituita con un sistema sanitario pubblico e gratuito.

    Per quanto riguarda le aziende private occorre notare che al termine del contratto di joint venture l’azienda ritorna di proprietà statale.

    La crescita del PIL è vertiginosa, il numero dei poveri crolla (620 milioni di persone sono uscite dall’indigenza dal 1980 ad oggi anche se permangono sacche di povertà quantificabile in 15-25 milioni di abitanti) e le regioni costiere più ricche aiutano quelle interne più arretrate nello sviluppo.

    Nella prima fase di riforma e apertura la percezione dall’esterno della Cina poteva apparire, anche per gli elementi di conoscenza più limitati rispetto ad oggi, come capitalista ma questa percezione/timore è stata messa in fuga dai fatti concreti.

    Oggi, dopo oltre tre decenni di quella che possiamo chiamare “la seconda edizione del socialismo mondiale”, la Cina ha finalmente acquisito le tecnologie dei paesi piu’ sviluppati (fase primaria del socialismo) e il settore privato, non essendo più cogente la necessità di capitali stranieri, si va ridimensionando a vantaggio del settore collettivo, in particolar modo del settore cooperativo in fase di enorme crescita. Ora il governo ha posto come priorità l’eliminazione delle disuguaglianze nello sviluppo tra le provincie e attua una massiccia politica ecologica (sono prodotti e utilizzati decine di milioni di pannelli solari e vengono costruite molte centrali ad energia solare).

    Altri elementi che comprovano il carattere della formazione economica socio-economica socialista sono: i salari sono aumentati sei volte negli ultimi trent’anni; il salario medio dei giovani trentenni cinesi è superiore a quello dei loro genitori del 15 %; l’aumento medio del PIL e del 10 % ma con punte anche superiori; il suolo, istruzione, sanità, telecomunicazioni, il settore militar-industriale e spaziale, la ricerca scientifica, le risorse naturali, idriche e le materie prime, le banche sono di proprietà statale; i prezzi sono stabiliti dallo stato; gli imprenditori stranieri e autoctoni devono accettare il controllo dello stato, una forte sindacalizzazione delle aziende di cui non possono avere più del 50% e la presenza del comitato di partito; il presidente Xi Jinping guadagna 19200 euro all’anno, circa 1660 euro al mese (il fantoccio italiano 20000, il capo del quarto Reich 28750).

    Il Pcc ha 88 milioni di iscritti, la Lega della Gioventù comunista ne ha 80 milioni; il periodo di candidatura per entrare nel partito dura due anni di cui sei mesi dedicati allo studio del marxismo-leninismo; inoltre il candidato deve dimostrare precise caratteristiche etiche e morali; è molto diffuso diffuso il “turismo rosso” che consente a milioni di cinesi di visitare i luoghi simbolo della rivoluzione.

    L’Istituto per lo studio del marxismo-leninismo e l’Accademia delle Scienze Sociali organizzano seminari e convegni sul socialismo invitando studiosi marxisti di ogni parte del mondo; il PCC ha intensificato i rapporti internazionalisti con moltissimi ppcc di ogni continente (con una certa approssimazione possiamo affermare che dei 165 ppcc esistenti al mondo 135 sono filocinesi e 30 molto critici).

    Grandi rivoluzionari come F.Castro, Prachanda, Zjuganov e i compianti Chavez e Cunhal hanno dato e danno un giudizio positivo sul socialismo cinese (ricordiamo la stretta collaborazione tra il Partito Comunista della Cina e il Partito Comunista della Russia).

    Nella vita politica interna il PC dialoga da una posizione egemone con i partiti democratici alleati nell’Assemblea Consultive del Popolo: Comitato Rivoluzionario del Guomindang (era il partito di Sun Yat Sen), Associazione per Costruzione Democratica Nazionale, Partito Democratico dei Lavoratori e dei Contadini, Partito Zhicong, Società Jusian, Lega per l’Autogoverno Democratico di Formosa, Partito della Costituzione.

    La politica estera cinese è improntata all’uguaglianza, all’interesse reciproco e alla non ingerenza negli affari interni di ogni paese. La Cina non vuole proporre (e tanto meno imporre) il proprio modello sociale lasciando che ciò accada per irradiazione azzerando intanto il debito dei paesi africani. In Africa i cinesi costruiscono infrastrutture in cambio di materie prime e similmente in America Latina (Venezuela, Ecuador, Bolivia, Brasile) . Il sempre più stretto rapporto con Cuba (nell’isola caraibica sono sempre più diffuse le opere di Mao e Deng) meriterebbe una trattazione specifica. Qui ci limitiamo solo a sottolineare che la forte presenza cinese a Cuba è una garanzia/speranza contro l’eventuale influenza statunitense successiva all’abolizione dell’embargo.

    In Asia la Cina è l’alleato storico di Corea del Nord , Vietnam, Laos e recentemente è corsa in aiuto della giovane Repubblica Popolare Federale del Nepal del primo ministro comunista Prachanda e, da quanto si apprende da alcuni siti cinesi non ufficiali sembra che vi sia un sostegno politico alla rivoluzione naxalita condotta dal Partito Comunista dell’India (maoista) mai troppo tenero con Pechino.

    Detto della stretta collaborazione internazionalista con la Bielorussia affrontiamo ora la problematica legata ai BRICS. Solo uno sprovveduto può paragonare i BRICS all’Unione Sovietica ma è altrettanto vero che questi paesi vanno analizzati singolarmente e non frettolosamente liquidati in blocco.

    Il Sudafrica è un paese capitalista governato dalla borghesia nera del Congresso Nazionale Africano purtroppo appoggiato dal Partito Comunista che si è lasciato alle spalle la coerenza rivoluzionaria di grandi comunisti come Steve Biko, Joe Slovo, Ruth First e Chris Hani. Risultato la grande maggioranza del popolo vive nella povertà, la riforma agraria rimane una chimera e la polizia spara sugli operai e i minatori.

    In Brasile il Partito dei Lavoratori si è rivelato essere un partito socialdemocratico che, nonostante qualche misura progressista non è mai stato un’alternativa di sistema. La Russia di Putin sta attuando una politica progresssista: stretta alleanza politica, militare economica con la Cina, annessione di Abkhazia, Ossezia del Sud e Crimea secondo la volontà di questi popoli, pieno sostegno alle ai comunisti del Donbas (repubbliche popolari di Lugansk e Donesk), decisivo intervento a favore della Siria di Assad.

    Putin è un allievo di Andropov (e questo è un elemento positivo) e il sistema russo è un inedito coacervo di capitalismo di stato, moderato liberismo e forte presenza statale nei settori chiave dell’economia.

    Questi paesi sono quindi capitalisti ma non imperialisti. L’India invece e’ dichiaratamente imperialista e governata da forze ultraliberiste e reazionarie: repressione contro i naxaliti, contro i movimenti indipendentisti dei vari popoli, forte ostilità verso il Nepal rivoluzionario, alleanza organica con gli Stati Uniti d’America. L’India sta nei BRICS per motivi puramente strumentali in quanto, essendo una prigione per decine di popoli, non può permettersi rapporti conflittuali con la coppia Cina-Russia (ricordiamo la sfilata dell’Esercito Popolare di Liberazione Cinese a Mosca in occasione dell’anniversario della rivoluzione d’Ottobre e la partecipazione dell’Armata Rossa alla sfilata militare in Tienanmen per l’anniversario della nascita della Repubblica Popolare Cinese). Ricordiamo inoltre l’intervento militare cinese a fianco della Siria di Assad.

    Schematizzando possiamo sintetizzare la politica estera cinese nelle seguenti fasi:

    L’alleanza con l’Unione Sovietica di Stalin

    La rottura con l’Unione Sovietica di Kruscev e Breznev e l’erroneo avvicinamento agli USA
    Il riavvicinamento all’URSS durante il mandato di Andropov
    Il multipolarismo dopo la fine dell’esperienza socialista sovietica ed europea (BRICS- Organizzazione per la Cooperazione di Shangai).
    Alleanza strategica politica, militare ed economica con la Russia di Putin.
    Un ulteriore elemento di riflessione deve essere la creazione di uno stato di diritto socialista; chiusa l’epoca di assenza di leggi si è proceduto a stabilire un sistema di regole ben definite al fine di risolvere il problema della successione che non sempre è stato risolto felicemente nei vari paesi socialisti: ecco perchè il gruppo dirigente viene cambiato ogni due mandati. Tutto ciò anche alla luce dell’esperienza dell’Unione Sovietica e ciò divenne chiaro quando nel 1985 la Cina condannò Gorbacev e si riavvicinò ai paesi dell’Europa orientale. La fine dell’Unione Sovietica fu motivo di grande preoccupazione per i dirigenti cinesi.

    Jang Zemin disse che l’esperienza di quei paesi era finita poichè si erano allontanati dal socialismo. Dal Canto suo Hu Jintao, ripetendo la celebre frase di Mao, affermò che tale tragedia si era verificata poichè da Kruscev in poi era stata gettata la “spada di Stalin” per poi gettare “la spada di Lenin”. Per i detrattori che non l’avessero compreso il gruppo dirigente cinese, da Mao e Deng sino a Xi Jinping, è stalinista.

    Ora la domanda è: Se si fosse voluto distruggere il socialismo si sarebbe fatto tutto questo? E’ appena il caso di ricordare che se il capitalismo avesse trionfato nel gigantesco paese asiatico ora la Cina sarebbe già da anni smembrata, il PCC non esisterebbe più e sarebbe ridotta come i paesi dell’Europa orientale; insomma il popolo cinese vivrebbe di nuovo “il secolo delle umiliazioni”.

    Come la NEP di Lenin (il grande rivoluzionario russo riteneva che si poteva costruire il socialismo utilizzando i mercati sottoponendoli ad una gestione collettivista) e la costruzione del socialismo in un paese solo (Stalin) suscitarono stupore e scandalo poichè soluzioni non previste dai sacri testi e fecero gridare al tradimento, anche il nuovo socialismo cinese ha avuto la stessa accoglienza mai i comunisti devono sempre cercare la verità partendo dai fatti respingendo ogni forma di deviazionismo di destra (revisionismo, opportunismo) e di sinistra (dogmatismo, settarismo, determinismo storico).

    Sarebbe quindi auspicabile un confronto fraterno e pacato tra compagni/partiti comunisti che hanno posizioni diverse sulla Cina cercando risposte non preconcette attraverso il dialogo e lo studio (Gramsci)

    Il movimento comunista internazionale (che conta circa 200 milioni di militanti) ha già sofferto troppo a causa dello scissionismo (URSS-Cina, Albania-Cina) e non è proprio il caso di rivivere quelle esperienze: le idee non sono eterne, come nascono possono scomparire e ciò non deve accadere al socialismo-comunismo, la forma più elevata prodotta dal pensiero umano.

    https://laviadelsocialismo.wordpress.com/cina/
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  4. #14
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio
    CINA

    2016 LA STELLA ROSSA E’ ANCORA SULLA CINA





    di Marco Quagliaroli

    Attualmente nel movimento comunista internazionale (e quindi anche in Italia) il tema al centro del dibattito è costituito dalla natura socio-economica della Cina.

    [...]

    https://laviadelsocialismo.wordpress.com/cina/
    Io non capisco cosa si aspetta a diffondere questo dibattito tra noi compagni e tra le masse.
    La Cina cresce al 9% medio da 40 anni dopo che ce l'hanno menata su inefficacia e fallimento del socialismo, e noi stiamo a discutere di cosa? Di diritti LGBT, legalizzazione cannabis, eutanasia, la Boldrini, immigrati, casaclown, etc tec...
    Abbiamo la possibilità di rovesciare tutta la propaganda anticomunista dal 1989 ad oggi e stiamo a farci mangiare l'uccello dalle mosche....

  5. #15
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    La Cina partiva da un PIL pro-capite di 333 dollari USA, compagno.
    Hitler or Hell.

  6. #16
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    Citazione Originariamente Scritto da Proletario Visualizza Messaggio
    Io non capisco cosa si aspetta a diffondere questo dibattito tra noi compagni e tra le masse.
    La Cina cresce al 9% medio da 40 anni dopo che ce l'hanno menata su inefficacia e fallimento del socialismo, e noi stiamo a discutere di cosa? Di diritti LGBT, legalizzazione cannabis, eutanasia, la Boldrini, immigrati, casaclown, etc tec...
    Abbiamo la possibilità di rovesciare tutta la propaganda anticomunista dal 1989 ad oggi e stiamo a farci mangiare l'uccello dalle mosche....
    Nel terzo mondo è già così, nessun partito comunista considera la Cina capitalista o addirittura imperialista, dalle Filippine al Nepal passando per il Sudafrica.
    Certo, in occidente è tutt'altra storia.

    La Cina partiva da un PIL pro-capite di 333 dollari USA, compagno.
    L'India era più ricca.

    Citazione Originariamente Scritto da Lord Attilio Visualizza Messaggio
    Beh Zyuganov è abbastanza revisionista/socialdemocratico
    Sapevo che Zjuganov fosse apertamente filo-staliniano.

  7. #17
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    Citazione Originariamente Scritto da Spirdu Visualizza Messaggio
    Sapevo che Zjuganov fosse apertamente filo-staliniano.
    Non sono revisionisti al livello di Krusciov...

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  8. #18
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    la simbologia della bandiera cinese è evidente...

  9. #19
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    Citazione Originariamente Scritto da Spirdu Visualizza Messaggio
    Nel terzo mondo è già così, nessun partito comunista considera la Cina capitalista o addirittura imperialista, dalle Filippine al Nepal passando per il Sudafrica.
    Certo, in occidente è tutt'altra storia.
    Verissimo. E questo è dovuto al fatto che loro col movimento rivoluzionario vi hanno a che fare costantemente nella loro azione politica. In occidente siamo alla pura elucubrazione astratta, nessun legame con la costruzione del socialismo. Siamo ai sondaggi facebook per decidere se era più puro il socialismo di Mao o quello di Hoxha.
    Stare lontano da un fenomeno sociale ti porta ad idealizzarlo ed a considerarlo sulla base di categorie idealizzate. E questo ti porta ad una pratica inefficente se devi portarlo avanti relamente. Dove lottano sul serio non possono permettersi leggerezze simili e le idee le hanno molto più chiare.

  10. #20
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    Predefinito Re: Socialismo "di mercato" e partiti comunisti italiani

    Citazione Originariamente Scritto da Proletario Visualizza Messaggio
    Verissimo. E questo è dovuto al fatto che loro col movimento rivoluzionario vi hanno a che fare costantemente nella loro azione politica. In occidente siamo alla pura elucubrazione astratta, nessun legame con la costruzione del socialismo. Siamo ai sondaggi facebook per decidere se era più puro il socialismo di Mao o quello di Hoxha.
    Stare lontano da un fenomeno sociale ti porta ad idealizzarlo ed a considerarlo sulla base di categorie idealizzate. E questo ti porta ad una pratica inefficente se devi portarlo avanti relamente. Dove lottano sul serio non possono permettersi leggerezze simili e le idee le hanno molto più chiare.
    Ripeto, Castro elogiava pure il maiale revisionista Kruschev e Gorbaviov. È solo diplomazia... e ha tirato fuori pure parole dure contro Stalin. Essere il leader di un processo rivoluzionario non rende automaticamente corretto ciò che dici, soprattutto se in questi giudizi c'entra la diplomazia.

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