Un bambino cinese è seduto sul marciapiede, tutto solo, con gli occhi fissi sul cellulare. Accanto a lui due giovani nordafricani discutono in mezzo alla strada, alzando la voce e agitando le braccia. Intanto altri quattro ragazzi di colore sono appostati da ore all'inizio della via: si guardano continuamente attorno, sentendosi probabilmente i padroni di quella stessa strada. Siamo in via Cairoli, a due passi dalla stazione di Padova.



Da anni chi vive qui protesta per il degrado e l'invasione straniera: questa via, una piccola laterale di Corso del Popolo, ne è diventata il simbolo. Percorriamo questi 160 metri alle sette di sera, quando i residenti rientrano a casa e i pendolari si dirigono a passo spedito verso la stazione. Via Cairoli è a 200 metri dal primo binario e a 600 metri dalla Cappella degli Scrovegni, ma sembra davvero un mondo isolato.






Basta incrociare i pochissimi padovani rimasti qui, per avere il polso del malumore. «Siamo attorniati da tanti spacciatori silenziosi, ma siamo anche ostaggio degli schiamazzi e della sporcizia dei loro clienti. Vengono qui a procurarsi la droga anche alla luce del sole. Come se fosse la cosa più normale del mondo». L'ingegner Marco Trevisan, 45 anni, vive da sempre al centro della via. Sul terrazzo ha issato una grande bandiera italiana, e ora un tricolore compare anche sul campanello. «La droga è un grosso problema qua. Abbiamo dovuto pagare una sorta di mancia ad uno di questi personaggi per assicurarci una maggior tranquillità. In un anno gli abbiamo versato alcune migliaia di euro: mi vergogno a dirlo ma mi sono trovato costretto»...

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Assurdo, le poche famiglie italiane, vivono barricate e pagano il pizzo agli stranieri per non avere problemi. Più immigrazione significa più criminalità.