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Discussione: La Cosa Nuova

  1. #11
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    ‘Ndrangheta e massoneria: i governatori della Calabria per il ‘Nano’ e Virgiglio

    Sabato 16 Luglio 2016




    Sconti per nessuno. Gli scenari che dall’inchiesta Mamma Santissima, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, si profilano sono numerosi e riguardano gli insospettabili, gli invisibili della cupola, quelli che gestivano, gestiscono tutti gli affari dietro le quinte. Avvocati, politici, professionisti, nessuno escluso e a parlarne, con nomi e cognomi nel corso di recenti interrogatori sono due pentiti ben noti: Nino Lo Giudice e Cosimo Virgiglio. Ora alla Procura ed ai giudici provarne la veridicità, ma il terremoto per la città di Reggio Calabria, per la Calabria continua e punta diritto verso quella zona grigia, quella terra di mezzo che vede lavorare gomito a gomito ‘ndrangheta e massoneria.Nino Lo Giudice parla e racconta al pm Lombardo di aver saputo tutto da Pasquale Condello, considerato componente di questa “associazione”. Fa i nomi di Antonio Marra, dell’ex sottosegretario Alberto Sarra, di Pasquale Rappoccio, dell’avvocato Giorgio De Stefano, dell’ex antenna dei servizi Giovanni Zumbo, del funzionario regionale Francesco Chirico, dell’avvocato Paolo Romeo. Di lui, sottolinea Lo Giudice “mi ha parlato anche Cosimo Moschera, che era legato ad Avanguardia Nazionale insieme a Romeo e al marchese Zerbi”.Con loro Giuseppe De Stefano e Pasquale Libri, ma ancora politici come Giuseppe Scopelliti e i fratelli, Fortunato e Francesco, l’imprenditore Mandaglio “titolare di un negozio di elettrodomestici in via Possidonea”. I legali, Bucca, Scalfari e Calabrese. “Anche il dott. Crocè e tale Dominque Suraci – sottolinea Lo Giudice – fanno parte del medesimo contesto massonico: sono soggetti anche questi vicini a Pasquale Condello”.A questi vanno aggiunti: “Pasquale Libri, Antonino Latella, Carmelo Iamonte, Domenico Libri, Giovanni Alampi, il defunto notaio Marrapodi, Rocco Aquino, l’avvocato Corrado Politi e i fratelli Frascati.E sono proprio i frateli Frascati a rivelare al pentito altri nomi del clan segreto e invisibile. Parla del generale Angiolo Pellegrini, del professore Caratozzolo di Messina “con tali soggetti – spiega Lo Giudice al pm – si svolgevano incontri nella villa di Gambarie di Angelo Frascati. Mio padre mi disse anche che il Gen. Pellegrini si era impegnato ad aggiustare la procedura di sequestro degli immobili ai Frascati”.Poi c’è tutto il mondo degli avvocati: Lorenzo Gatto, che è stato suo avvocato avrebbe detto a Lo Giudice di appartenere a quel mondo riservato. “l’Avvocato Gatto mi disse che su viale Aldo Moro, vicino ad una palestra, vi era una sala riunioni di questa superloggia massonica. Non sono in grado di indicare, però, il luogo esatto in quanto il Gatto non mi ha fornito indicazioni precise. Ricordo che nei pressi si trova un cinema”. E’ sempre Gatto la fonte dell’appartenenza alla Santa del maresciallo Francesco Spanò, di Logoteta e della sua omonima loggia, di boss come Giuseppe Pelle di San Luca, Giuseppe Libri e Giuseppe De Stefano, dello zio di questi, l’avvocato Giorgio De Stefano, come anche dell’avvocato Aurelio Chizzoniti. C’è poi, “l’avvocato Tommasini, storico difensore di casa De Stefano. Si passa inoltre al’avvocato Giglio e al fratello medico, Vincenzo.Virgiglio è, infine, la fonte dell’ultimo memoriale del “Nano”. “Mi ha parlato – spiega – di Bellocco Umberto, di Pesce Giuseppe e Marcello, dei Piromalli, di Morelli, di Quattrone, di Pietro Tripodi – collegato al Chirico ed al Mandaglio –, di Pietro Fuda, dei Cedro, dell’Avv. Politi Corrado, di tale Marrara, di tale Marrari, dei fratelli Labate, del dott. Pulitanò, del notaio Poggio, di Angelo Barillà dirigente della Sisa di Melicucco, nipote di Natale Iamonte. Fra loro c’è anche quello del capitano Spadaro Tracuzzi, condannato anche in appello come uomo al servizio di Luciano Lo Giudice, che insieme a un uomo dal nome ancora tenuto sotto silenzio «si recavano al porto di Gioia Tauro per collaborare con la CIA, che aveva un ufficio presso quella struttura”.Alle dichiarazioni di Lo Giudice, presto si affiancano quelle dello stesso Cosimo Virgiglio che sciorina uno per uno tutti i nomi, aggiungendo, in alcuni casi, novità al ventaglio sottoposto al pm Lombardo. L’imprenditore Cedro di Gioia Tauro, i Rocco Aquino, Giuseppe Pesce e Pietro Labate, l’imprenditore Giovanni Zumbo e il “presidente della Camera di Commercio, coso, Dattola, che era nostro fratello”, dice il massone dei clan.Virgiglio spiega anche del legame con le università e parla di Eugenio Caratozzolo, che avrebbe incontrato al Rotary. Un contesto all’epoca frequentato da personaggi del calibro dei professori “Antonio Miceli e Carluccio di Reggio Calabria, il professore di diritto commerciale era all’epoca lui, poi c’era il professore Falzea e il preside, Eugenio Caratozzolo e… e poi veniva… cominciava a venire anche Franco Sensi di Roma, il proprietario della Roma all’epoca”.C’è, infine, il periodo in cui Virgiglio subisce pressioni dall’avvocato Corrado Politi perché non parlasse. Un avvocato, che definisce “messaggero” mandato lì, in carcere, come suo legale, perché stesse zitto.Da ultimo Virgiglio fa poi i nomi di Franco Labate, “per tanti anni medico al San Pietro di… al carcere, carissimo amico Ciccio Ceraudo, che era il famoso e importantissimo medico di Pisa, dove a tutti i costi dovevano mandare Molè per poi da lì farlo arrivare a Palmi e poi essere a casa” e dell’imprenditore Carlo Montesano. Ma nel suo elenco ci sono anche i nomi di molti politici. Giuseppe Chiaravalloti, associato dal pentito alla presunta loggia riservata gestita dagli avvocati Torchia. Insieme a Chiaravalloti, compaiono anche Luigi Fedele e Pietro Fuda, protagonisti di un ribaltone politico, cucinato in ambito massonico.Su tutto questo mondo la Procura intende approfondire perché le dichiarazioni dei due pentiti sono in larga parte coincidenti.


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  2. #12
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    Massoneria e ‘Ndrangheta: storia di una collusione certa e documentata

    di epiphanius il 3 dicembre 2014





    -di Davide Consonni

    -
    1) PREMESSA

    I motivi che ci portano a pubblicare tale scritto sono molteplici. Basti considerare che il web italiano [e a maggior ragione quello straniero] è privo di un resoconto più o meno dettagliato dei rapporti documentati intercorsi tra la setta massonica italiana e ‘ndrangheta calabrese, tale considerazione basterebbe di per sé a motivare la fatica dello scrivere queste pagine misere per tentare di colmare molto parzialmente, e per alcuni indegnamente, quel vuoto. Allargando la considerazione al fatto che perfino il variegato mondo dell’editoria italiana si è ben guardato dall’editare testi che trattano l’argomento sia in modo esclusivo che parziale, con ovvie eccezione più uniche che rare, tale scritto ci sembra essere maggiormente necessario. Come terza considerazione circa i motivi che ci hanno spinto a scrivere si può evidenziare la ritrita nonché nauseabonda e consueta retorica con cui i massimi esponenti del Grande Oriente d’Italia si ostinano a negare qualsiasi interconnessione, documentata da decine di inchieste, tra logge massoniche ed esponenti delle cosche calabresi.
    Nel caso specifico di questi giorni ci si riferisce alla pubblicazione di un video in cui degli ndranghetisti santisti celebrano, in quel di Lecco, una iniziazione ad un minorenne dal sapore prettamente massonico. Ovviamente un’alta carica della setta massonica del Grande Oriente d’Italia , l’arcinoto Grande Oratore Bonvecchio, è corsa immediatamente a spegnere l’incendio appiccato da chi si è legittimamente domandato cosa ci azzeccano i nomi di tre massoni presenti in un rito iniziatico di una ‘ndrina calabrese. Tale fatto lo spiegheremo lungamente, smentendo in modo categorico chi, rispettando vari giuramenti massonici di segretezza, nega in modo perentorio e tassativo la presenza sincretica di riferimenti alla ritualità massonica all’interno del rituale iniziatico alla Santa. Un’ultima considerazione pare doverosa in merito alle fonti che qui si utilizzeranno. E’ inutile negare che le persone che in Italia hanno scritto e parlato, al di fuori di sedi processuali, di intrecci documentati tra cosche e logge sono principalmente due: Nicola Gratteri, sostituto procuratore di Reggio Calabria che a lungo ha indagato le cosche, saggista e autore di testi d’inchiesta e mediaticamente protagonista di interviste contenute in un documentario intitolato “La Santa”; e Vicenzo Macrì, sostituto procuratore direzione nazionale antimafia, autore di un libro celebre che tratta parzialmente l’argomento, “Australian Andrangheta”, anch’egli presente nelle vesti di intervistato nel documentario “La Santa”. Utilizzeremo principalmente queste due fonti.Dichiarazione rilasciata dal super massone Bonvecchio all’indomani della pubblicazione del video in cui degli ‘ndranghetisti pronunciano il rito d’iniziazione contenente riferimenti alla ritualità massonica

    2) STORIOGRAFIA IN PILLOLE

    “Ciò che avvenne in quegli anni fu un cambiamento epocale. E’ stato Mommo Piromalli [Capobastone della ‘ndrangheta calabrese e capo dell’omonima cosca, ha controllato la zona di Gioia Tauro e le zone circostanti dagli anni cinquanta agli anni settanta; N.d.A.] assieme ai De Stefano a definire le nuove strategie della ‘ndrangheta,cioè l’idea di andare oltre “la società dello sgarro” e di entare in quella zona grigia, rappresentata dalla massoneria, nella quale era possibile incontrare magistrati, poliziotti, politici, avvocati e commercialisti; venne così creata un’anclave all’interno della ‘ndrangheta, detta Santa, composta da 33persone, alle quali era permesso affiliarsi a logge coperte della massoneria” [1].La santa è lo spartiacque tra la vecchia e La nuova ndrangheta, perché la santa consentiva due novità: ogni locale di ndrangheta poteva avere un santista [veniva riconosciuto da una croce di pochi millimetri incisa con lama su spalla destra; l’andrangheta ha avuto quindi la possibilità di entrare nei quadri del potere, di sedersi a questo tavolo, e non di accontentarsi di stare all’esterno, accontentarsi dell’appalto, ma, si è seduta al tavolo decisionale, cioè, discutere se l’opera dovesse essere fatta o meno, chi doveva vincere l’appalto, era entrata nella stanza dei bottoni” [2].“Attraverso la santa la mafia e l’andrangheta entrano in rapporto con la massoneria, entra nelle logge e quindi partecipa al potere, questo serve per aggiustare i processi, per avere gli appalti, per avere rapporti politici di tipo alto, questo serve anche per entrare nelle amministrazioni comunali. E’ il primo fenomeno criminale italiano che veramente ha realizzato la globalizzazione, è presente su tutti e cinque i continenti, è una potenza politica economica e militare che supera quella di ogni altra consorteria criminale, la santa trasforma l’ndrangheta da fenomeno criminale locale a holding finanziaria internazionale i cui uomini girano il mondo ma pur sempre mantenendo le tradizioni, i linguaggi e i codici; l’appartenenza alla santa consentiva per espressa previsione statutaria di entrare in contatto con l’esterno: con gli imprenditori, i politici, rappresentanti di istituzioni, ma soprattutto consentiva di entrare nelle logge massoniche, se andiamo a vedere infatti le formule di giuramento, lo statuto della santa, ci rendiamo conto che è molto simile a quello della massoneria ” [3].Qui di seguito propongo la visione del documentario “La Santa: viaggio nella ‘ndrangheta nascosta”, nel quale sono presenti due illuminanti interviste di Nicola Gratteri e Vincenzo Macrì in merito ai rapporti tra massoneria e ‘ndrangheta calabrese:


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  3. #13
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    3) RITUALITA’, MASSONERIA E SENTENZE

    Cambiarono anche i riti d’iniziazione: ai mitici cavalieri Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i vecchi antenati, subentrarono eroiche figure massoniche come Garibaldi Mazzini e La Marmora. Cito dal testo del codice di ‘ndrangheta sequestrato dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dalla Criminalpol calabrese nel giugno del 1987 nel covo del super latitante Giuseppe Chilà, quello che segue è parte del rito iniziatico, molto simile a quello filmato recentemente dalla procura milanese in quel di Lecco:“A nome di Garibaldi, Mazzini, La Marmora formo la società Santa che è presieduta da tre persone: Garibaldi al centro, Mazzini a destra e La Marmora a sinistra fanno entrare il nuovo affiliato, gli chiedono di cosa va in cerca, gli risponde che va in cerca di onore, fedeltà e sangue, gli dicono che sei un cannibale, gli risponde no, sono un raccoglitore di sangue, una vena da un fratello esce e entra nella mia. Gli pungono tre dita con un ago, il pollice l’indice e il medio e li racchiudono tra essi, gli dicono che suo padre è il sole, la madre la luna; Se prima lo conoscevo come un saggio fratello fatto e non fidelizzato, da questo momento lo conosco per un mio saggio fratello. Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna, sformo la santa catena, nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, sformo la santa società” [4].Quello appena citato è parte del rito iniziatico alla Santa, nonostante si tratti di documenti dell’87 si evince la quasi totale coincidenza con il rito filmato dalla procura milanese. Ora van fatte delle precisazioni fondamentali per capire per donde questo rito sia giunto nelle cosche calabresi. Il passaggio fondamentale è il seguente:“gli dicono che suo padre è il sole, la madre la luna; Se prima lo conoscevo come un saggio fratello fatto e non fidelizzato, da questo momento lo conosco per un mio saggio fratello. Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna, formo la santa catena, nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, formo la santa società”Bene, qui vi son contenuti dei passaggi rituali esclusivamente tipici e identici alla ritualità iniziatica massonica.“suo padre è il sole e sua madre è la luna” Questo passaggio è letteralmente databile, almeno, a mille anni or sono. Queste precise parole sono una delle cifre fondamentali dell’ermetismo medievale e rinascimentale, il quale considera la mascolinità solare e il femminio lunare, tale formula si trova, unicamente, così letteralmente scritta nell’arcinota [per gli esoteristi massoni] “Tavola Smeraldina”, una tavola sapienziale che secondo i cabalisti ed ermetisti rinascimentali fu ritrovata in Egitto prima dell’era cristiana, fu tradotta dall’arabo al latino nel 1250. E’ unanimemente riconosciuto come il più celebre degli scritti imputati ad Ermete Trimegisto, in quanto contiene la cifra epistemologica con cui le filosofie occulte d’ogni tempo si sono confrontate: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso”. La tavola smeraldina apparve per la prima volta su carta stampata proprio in un testo di un noto alchimista rinascimentale, tal Johannes Patricius in De Alchemia (1541).Giungendo ai tempi moderni non è un caso se la tavola smeraldina è uno dei punti di riferimento degli ermetisti massoni novecenteschi, basti ricordare che uno dei maggiori apologeti moderni della tavola smeraldina fu l’ermetista super massone Kremmerz, tant’è che sulla sua rivista barese “Commentarium”, nel 1910, apparve il più approfondito studio italiano a commento di tale tavola, commento ad opera di un altro super massone nostrano il conte Luciano Galleani [5]. Citiamo anche lo studio apparso nel 1950 sulla rivista Ibis, foglio propagandistico della Scuola Ermetica della Fratellanza di Miriam, [6]. In tempi recentissimi son diversi i contributi massonici mirati all’approfondimento dei segreti della tavola smeraldina, viene citata praticamente in ogni testo che tratta di ritualità massonica ed esoterismo [7]. Passiamo ora ad uno dei passaggi successivi del rito iniziatico della Santa calabrese citato sopra:“Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna, formo la santa catena, nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, formo la santa società”Queste poche parole contengono un gran numero di riferimenti alla ritualità e alla storiografia massonica, spenderemo qualche riga per spiegarci. Qualsiasi rito massonico, che sia iniziatico, che sia d’apertura o chiusura dei lavori massonici, avvenendo all’interno del tempio proprio dei massoni, avviene “sotto la luce delle stelle e della luna” in quanto la volta dei templi massonici è regolarmente e necessariamente affrescata a modo di rappresentare le costellazioni e gli astri. Durante la celebrazione dei riti massonici la dicitura più o meno letterale del: “sotto la luce delle stelle e della luna” compare diverse volte indipendentemente dalla differenza di obbedienza massonica. Passiamo oltre. Cito dal rito santista:“formo la santa catena”Anche qui, uno dei riti più celebri della fratellanza massonica è proprio la “catena d’unione”, un micro rito aggregativo e d’affratellamento piuttosto semplice nella sua rappresentazione fisica ma complesso nella sua concezione metaforica e simbolica: la loggia è una catena, i suoi fratelli sono gli anelli della catena, uniti e coesi ermeticamente, basta una sola frattura e la catena si spezza interrompendo l’armonia fraterna della loggia, la quale perde la sua impermeabilità verso l’esterno profano. Il segreto che chiude ermeticamente la loggia fu argomento di uno studio che pubblicammo tempo addietro, per leggerlo cliccare QUI. Per chi volesse approfondire la questione del rituale detto “catena d’unione massonica” veda nelle note i numerosi rimandi [8]. Cito di seguito:“nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, formo la santa società”Qui è fin troppo evidente il richiamo alla storiografia massonica [e carbonara]. Il Mazzini ideologo e militante carbonaro, lo stesso che intrattenne documentati rapporti con la loggia inglese “Philadelphes”, fucina rivoluzionaria composta da massoni radicali francesi ed inglesi [9]. Mazzini è una figura mitica per la cosmologia massonica italiana e non, esistono una decina di logge massoniche italiche intitolate al Mazzini, perfino l’associazione mazziniana italiana non fa mistero di essere una propaggine del fratellanza massonica.Esempio di filatelia massonica e mazziniana. Fonte: Collezione filatelica di Renato Boeri presente sul sito del Grande Oriente d’ItaliaPer quanto riguarda il ruolo del Gran Maestro massone Garibaldi, capo della setta massonica italica è tutto arcinoto e documentatissimo, ne scrivemmo diffusamente in diversi articoli, per leggerli vedere i rimandi nelle note a piè pagina [10]. La Marmora, invece, è meno noto rispetto ai primi due sciacalli del Risorgimento; meno noto nonostante ebbe un ruolo determinante, prima come ministro della guerra sotto Gioberti, poi sotto D’Azeglio e infine sotto Cavour. A 55 anni, nel 1859, è per la prima volta presidente del Consiglio per un anno.Dal 1864 il Re lo chiama nuovamente a presiedere il governo con il triplice incarico di presidente del Consiglio, ministro della Marina e degli Affari Esteri ed è proprio sotto il mandato di La Marmora che la capitale del nuovo Regno viene trasferita a Roma. Da notare la coincidenza che vede impegnati due dei tre fratelli La Marmora nella presa di Roma (Breccia di Porta Pia 20 settembre 1870) con i bersaglieri, fondati dal fratello Alessandro Ferrero della Marmora. Sembra unanime il fatto che fosse divenuto massone, c’è chi dice addirittura maestro di una loggia, quel che è certo è che i massoni nostrani lo annoverano tra i loro confratelli più celebri [11].Il carbonaro amico dei massoni Mazzini, il Gran Maestro Garibaldi e il massone Presidente del Consiglio La Marmora.
    [illustrazione di Enzo Patti tratta da p.56 di “Osso, Mastrosso e Carcagnosso”, di Vincenzo Macrì, edito da Rubettino]

    Quindi, riassumendo e ricapitolando ciò che stiamo qui argomentando: è possibile e lecito ipotizzare che con la nascita della Santa [anni 1960 -70] e l’inizio dei rapporti iniziatici tra ‘Ndranghetisti e logge calabresi parte della cosmologia massonica si sia traslata all’interno della gerarchia verticistica della Santa, la quale è una cupola gerarchicamente indipendente e autonoma, è composita da 33 membri secondo alcune dichiarazioni o da 7 membri secondo altre, i riferimenti son talmente palesi ed evidenti anche solo analizzando l’aspetto di un singolo rituale iniziatico, che sembra assurdo sostenere, come fanno le eminenze del Grande Oriente d’Italia, che in tale rito non si scorga nulla di esotericamente massonico.Bisogna considerare che dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia e di conseguenza nelle indagini di diverse procure risulta oggettivo che la Santa calabrese concesse e permise in maniera dichiarata la possibilità di affiliazione massonica per i suoi membri. Cito una dichiarazione che Filippo Barreca, capozona del quartiere di Pellaro, rilasciò ai giudici:“nel ’79 entrai a far parte dell’elite della ‘ndrangheta, acquisendo un grado segreto [quello di santista, n.d.a] che mi permetteva di avere rapporti con la massoneria”. [12]Anche Giacomo Lauro, altro collaboratore di giustizia, evidenza come la nascita della Santa all’interno della ‘ndrangheta fu una svolta storica:“fino agli anni ’70, la ‘ndrangheta era subalterna alla massoneria, per la loro mediazione con le istituzioni percepivano una percentuale sugli utili. Noi delegavamo a loro i nostri interessi. Il nostro ingresso in massoneria cambiò i rapporti di forza, cominciammo a dialogare direttamente con le istituzioni, senza più bisogno di mediatori. Fu così che Paolo De Stefano, Santo Araniti, Antonio, Giuseppe e FrancescoNirta,Antonio Mammoliti, Natale Iamonte e altri entrarono in massoneria.” [13]Per comprendere e inquadrare il ruolo elitario che la Santa svolse e svolge all’interno delle cosche calabresi sono state essenziali le rivelazioni di Francesco Forni, ex affiliato alla cosca di Siderno, che dichiarò ai giudici quanto segue:“Sette affiliati col grado si santista possono costituire nell’ambito del locale [zona controllata n. d. a.],la società maggiore, chiamata anche “Santa”. La Santa non da alcun conto delle sue decisioni , delle sue attività, al locale di appartenenza. Nessun affiliato col grado di affiliato inferiore al santista può partecipare alle riunioni della Santa che si può quindi definire un’elite della ‘ndrangheta. Solo in pochi locali si riesce a costituire una Santa…[…]…iIl tutto ha un evidenze radice massonica e un profondo legame storico. I personaggi di riferimento dei santisti sono il Generale Alfonso La Marmora come stratega di Battaglia e il generale Giuseppe Garibaldi come combattente per la libertà e la giustizia. Il compito dei santisti non è d’azione ma di pensiero e organizzazione.” [14]Quando si forma la Santa la formano tre persone [Mazzini, Garibaldi e La Marmora, n.d.a.] e ci partecipano tutti i santisti di zona o città. Sul tavolo si sta un fucile o una pistola un bicchiere d’acqua e un po’ di veleno, un limone, un ago d’oro e un pugnale. I santisti hanno la facoltà di eleggere il capo santista e capo crimine. Ogni santista potrà essere leetto capo, anche se generalmente questa carica viene assegnata tenendo conto delle gerarchie. Il capo crimine ha il potere decisionale su tutti i capi santisti e su tutte le famiglie cosche santiste in Italia ed estere. In caso di diverbi e guerre il capo crimine svolge le funzioni di giudice d’omertà. Tutte lecoscherispondoal crimine. Garibaldi comanda un gruppo di 15 persone, Mazzini, il gruppo di 10, La Marmora un gruppo di 15 persone. Il santista fratellizzato ha giurato fedeltà alla Santa e ai fratelli. Il santista non potrà essere giudicato. Se sbaglia deve giudicarsi da solo. In caso di tradimento si dovrà avvelenare o suicidare. Diversamente verrà ucciso dai santisti che nel loro gruppo annoverano anche un nucleo speciale, quello degli incappucciati [si riferisce al doppio ruolo dei santisti che posso affiliarsi alla massoneria, nota di Gratteri], sicari pronti a tutto. Costoro non sempre sono santisti ma rispondono al capo Santa. Poi c’è il Vangelo, i cosiddetti vangelisti che gestiscono il crimine in tutte le loro forme. Rappresentano il sindacato di tutta l’organizzazione e hanno il controllo di tutte le ramificazioni della società segreta che opera nella vita sociale del paese e viene presieduta dal capo vangelista. Capo santista è capo incappucciato e ai vangelisti gli viene incisa una crocetta sulla spalla non sempre gli rimane la cicatrice o il segno. Come segno di riconoscimento si toccano la spalla con la mano oppure incrociano le braccia sulla fronte in segni di croce di Sant’Andrea, e come numero di riconoscimento hanno il 25, comunemente si dicono: “ho la croce d’oro”. La formano Giuseppe Giusti, Carlo Magno, Giuseppe Forma. Cognomi convenzionali e storici. I santisti si riconoscono da loro stessi con altri stringendosi il mento, come dire mi accarezzo la barba di Garibaldi. Se tra i presenti ci sta un altro santista fa lo stesso segno per far capire che non è da solo, se poi quello non è convinto gli chiede il nome dle padre, se quello gli risponde il vero nome del padre vuol dire che non è niente, diversamente deve rispondere che il padre è “il sole”. Per quanto concerne l’affiliazione di un nuovo santista si effettua attraverso un rituale diverso dal precedente, in quanto nel corso della cerimonia del giuramento di sangue si aggiunge anche il giuramento del veleno. […] Giuro sulla punta di questo pugnale di essere fedele alla società di Santa, di salvaguardarla anche a costo di tradire tutta la società criminale dame sino a ieri conosciuta, al fin di salvare i miei saggi compagni della fratellanza santista e di disconoscere tutta la settima generazione se può recare danno alla società da me oggi riconosciuta. Mentre recita questa formula al santista vengono consegnate una pastiglia di veleno e un bicchiere d’acqua che servono per suicidarsi in caso in cui dovesse yradire la Santa, in quanto pe regola sociale un santista non può essere ucciso da un altro santista. Il rito prosegue chiedendo “conoscete la famiglia dei muratori? No, all’occorrenza ce l’abbracciamo in pelle, carne e ossa giurandole fedeltà che ci verrà chiesta alla famiglia del sacro ordine dei Muratori” [15]Coltello e Pistola = Squadra e Compasso. [illustrazione di Enzo Patti tratta da p.56 di “Osso, Mastrosso e Carcagnosso”, di Vincenzo Macrì, edito da Rubettino]Citiamo ora, direttamente da una relazione ad opera del Dott. Boemi procuratore aggiunto della repubblica al tribunale di Reggio Calabria, diversi passaggi in cui l’evidenza oggettiva delle interconnessioni masso-mafiose risulta ancor più evidente; qui di seguito una dichiarazione del Dal Costa Gaetano, mafioso messinese che intrattenne fruttuosi contatti con i masso-mafiosi calabresi:“Fino alla metà degli anni settanta nel reggino, la carica di “santista” non veniva riconosciuta e il grado massimo all’epoca raggiungibile era quello di “sgarrisa”. Fu Mommo PIROMALLI che, attesi gli enormi interessi che all’epoca sussistevano nella zona di Reggio Calabria (il roncone ferroviario, la centrale siderurgica e il porto di Gioia Tauro, etc.), al fine di imporre una sua maggiore autorità, e quindi di gestire direttamente la realizzazione delle opere pubbliche, si fregiò del grado di “santista” che, a suo dire, gli era stato conferito direttamente a Toronto, dove esisteva una importantissima ’ndrina. Il grado di “santa” poteva essere conferito solo a 33 persone e si poteva attribuire a nuovi soggetti solo in caso di morte di un altro “santista”.’Ntoni MACRÌ da Siderno, che era uno “sgarrista” puro e un capo ’ndrina, insieme a Mico TRIPODO (poi ucciso al carcere di Napoli) non volle riconoscere l’esistenza della “società di santa”, che definiva bastarda, anche perché tra le regole di questa nuova società era prevista quella che consentiva di tradire ed effettuare delazioni pur di tutelare un santista. Ciò portò a dei contrasti anche sanguinosi che si conclusero con l’affermazione del PIROMALLI e del suo strettissimo alleato, PaoloDE STEFANO che fu, peraltro tra i primi, unitamente a Santo ARANITI, a raggiungere il grado di santista. Poiché Mommo PIROMALLI era notoriamente massone, per qualificare e differenziare ulteriormente la società della Santa da quelle minori, lo stesso introdusse, o comunque fece conoscere, la regola secondo cui ogni componente la società di santa poteva entrare a far parte della massoneria. Quest’ultima circostanza mi venne rivelata da Peppino PIROMALLI, nel 1989, al Carcere di Palmi” [16]Leggiamo ora le dichiarazioni Gullà Giovanni, ennesimo collaboratore di giustizia che imputa alla massoneria la rivoluzione avvenuta internamente alle cosche calabresi:Il grado della Santa” – dichiarò GULLÀ Giovanni – presenta una fondamentale peculiarità: è conosciuto solo ed esclusivamente alle persone che l’acquisiscono.Si creò una sorta di gruppo di mutua assistenza, nel senso che ogni situazione riguardante i santisti doveva essere risolta
    all’interno della stessa.È importante sottolineare che la “Santa” rappresentò all’interno della ’Ndrangheta uno stadio “occulto”, in quanto il relativo grado, come detto, era noto soltanto agli altri “santisti” e nessun rilievo occupava all’interno delle gerarchie della ’Ndrangheta.
    Per fare un esempio, se uno ’ndranghetista si presentava ad altri ’ndranghetisti di un altro locale doveva palesare il suo grado, picciotto, camorrista, sgarrista, ecc., non anche quello di santista eventualmente ricoperto, che poteva render noto solo ed esclusivamente agli altri santisti. La “Santa” si spiega nella logica della “setta segreta”: si è inteso creare una struttura di potere sconosciuta agli altri affiliati per ottenere maggiori benefici. Il santista può anche non avere forza militare, può non essere, ad esempio, un capo società; l’importante è che il “santista” abbia comunque una sua forza, ad esempio economica o politica, tale da poter apportare contributi o vantaggi in genere a tutta la struttura. Posso affermare con convinzione che la santa, come setta segreta, è l’esatto corrispondente della massoneria coperta rispetto a quella ufficiale.In questo senso mi constano rapporti interpersonali tra santisti e massoni di logge coperte e sovente i due gradi potevano cumularsi in capo
    alla medesima persona. Va chiarito che l’appartenente alla ’Ndrangheta non può essere massone, ma questo vale per la ’Ndrangheta “minore” e la massoneria pubblica.Ma come ho già detto la “santa” rappresenta una struttura segreta alla stessa “’Ndrangheta” sicché per essa le regole tradizionali valgono nei limiti in cui siano compatibili con il fine mutualistico a cui ho fatto riferimento.Pertanto, se esso fine può essere soddisfatto con l’ingrasso di massoni nella struttura o viceversa, nessun ostacolo può essere frapposto” [17]
    Il tutto venne confermato dalle incredibili dichiarazioni del super pentito Giacomo Ubaldo Lauro:
    “È vero che al termine della prima guerra di mafia (1973-1977) molti capi della ’Ndrangheta decisero di entrare in massoneria. La storia criminale della provincia reggina si può articolare in due diversi periodi in cui si atteggiò diversamente il rapporto tra la ’Ndrangheta e la massoneria.Sino all’inizio dello scontro della metà degli anni settanta le due entità erano vicine ma la nostra organizzazione era subalterna
    alla massoneria che fungeva da tramite con le Istituzioni.Già da allora comunque uomini della massoneria ricevavano un utile diretto percentualizzato, in riferimento agli affari che per conto nostro mediavano.Invero a Reggio Calabria vi era già una presenza massonica massiccia nelle Istituzioni tra i politici, imprenditori, magistrati, appartenenti alle Forze dell’Ordine e bancari, e pertanto vi era un nostro interesse diretto a mantenere un rapporto con essa. È evidente che in quel periodo eravamo costretti a delegare la gestione dei nostri interessi, con minori guadagni a personaggi molto spesso inaffidabili.A questo punto capimmo che se fossimo entrati a far parte della famiglia massonica avremmo potuto interloquire direttamente ed essere rappresentati anche nelle Istituzioni.Fu così che DESTEFANO Paolo, Santo ARANITI, Antonio, Giuseppe e Francesco NIRTA, Antonio MAMMOLITI, Natale IAMONTE, Giuseppe PIROMALLI ed altri entrarono a far parte della massoneria, e fu anche così che venne fuori l’idea di candidare alle comunali diReggio Calabria l’avv.DESTEFANO Giorgio, cugino dell’omonimo Paolo e Pietro ARANITI, cugino del più noto Santo alle regionali.In questo contesto si fecero pressioni sul Senatore Nello VINCELLI per candidare alle politiche Vico LIGATO, vicino alla famiglia DESTEFANO, e l’avv.Paolo ROMEO, con trascorsi in Alleanza Nazionale, nelle liste del Partito Socialdemocratico.Per quanto detto è evidente che le famiglie ’ndranghetistiche ebbero una rappresentanza diretta in seno alle Istituzioni ed avvalendosi del ruolo massonico gestirono con forza la cosa pubblica.La magistratura per il tramite di alcuni suoi rappresentanti assunse un ruolo di garanzia nella gestione degli interessi prima descritti.Mi risulta infatti che anche alcuni magistrati avevano aderito alla massoneria e per garantirsi, la loro adesione era all’orecchio mentre altri magistrati erano rappresentanti da fratelli regolarmente iscritti alle logge diReggio Calabria, diGioiosa e di Roccella Jonica” [18].
    Molto più specifiche ed allarmanti suonarono le rivelazioni date ai magistrati da Barreca Filippo, capo zona del quartiere Pellaro:“Con il grado di “santista” entrati a far parte dell’élite della ’Ndrangheta, acquisendo un grado segreto che mi dava la possibilità di avere rapporti con esponenti della massoneria.Devo a questo punto specificare che molti “santisti” sono massoni, tra essi certamente quelli che hanno costituito la “copiata” della mia investitura. Ritornando alla richiesta delle SS.LL.sull’esistenza o meno di una loggia segreta a ReggioCalabria intendo dichiarare quanto segue: Quando parlo di “santisti” massoni, intendo riferirmi a personaggi che costituiscono logge coperte; nella specie inCalabria esisteva, sin dal1979, una loggia massonica coperta a cui appartenevano professionisti, rappresentanti delle Istituzioni, politici e, come detto, ’ndranghetisti. Questa loggia aveva legami strettissimi con la mafia di Palermo, a cui doveva render conto. La loggia si costituì quasi contemporaneamente alla mia investitura a “santista”, in occasione della latitanza a Reggio Calabria di Franco FREDA, e cioè nei primi mesi dell’anno1979; anzi, fu proprio Franco FREDA a formare questa loggia, uno dei cui principali fini istituzionali era l’eversione dell’ordine democratico.FREDAmi disse che altra loggia analoga era stata costituita nella Città diCatania.Va comunque sottolineato come una struttura di fatto costituita da personaggi eccellenti con la salda intesa di una mutua assistenza esisteva già da prima, e FREDA si limitò a formalizzarla nel contesto di quel più ampio progetto nazionale che alla realtà reggina improvvisamente attribuì un ruolo di ben più ampio significato e spessore.Non bisogna dimenticare che già da tempo esisteva la “Santa”. Le mie conoscenze discendono direttamente da FrancoFREDA, l’organizzatore della loggia, il quale, come ho avuto modo più volte di dichiarare, ha trascorso alcuni mesi di latitanza presso la mia abitazione.Al proposito sono prontissimo a sostenere in qualunque momento un confronto conFrancoFREDA se dovesse fare dichiarazioni difformi alle mie.Devo, peraltro, far presente che le mie conoscenze sul punto discendono anche da altri personaggi della ’Ndrangheta già citati come santisti-massoni. Tra essi Santo ARANITI e da Paolo DESTEFANO. Le competenze della loggia, come detto, si fondavano su di una base eversiva.Ma, prevalentemente, la loggia mirava: ad assicurarsi il controllo di tutte le principali attività economiche – compresi gli appalti – della Provincia di ReggioCalabria; il controllo delle istituzioni a cui capo venivano collocati persone di gradimento e facilmente avvicinabili;
    l’aggiustamento di tutti i processi a carico di appartenenti alla struttura; l’eliminazione, anche fisica, di persone “scomode” e non soltanto in ambito locale.In sostanza si era creato un gruppo di potere che gestiva tutto l’andamento della vita pubblica ed economica in sintonia con altri gruppi costituitisi in altre città italiane. Dopo l’arresto diFREDA la loggia continuò ad operare a pieno regime, sotto la direzione di
    Paolo DESTEFANO, del cugino Giorgio e dell’avvocato Paolo ROMEO; questi, nella qualità di esponenti di primo piano della ’Ndrangheta in stretto collegamento con i vertici di tutte le istituzioni del capoluogo reggino.“Cosa Nostra” era rappresentata nella loggia da Stefano BONTADE; questo collegamento con i palermitani era necessario perché il progetto massonico non avrebbe avuto modo di svilupparsi in pieno in assenza della “fratellanza” con i vertici della mafia siciliana, ciò conformemente alle regole della massoneria, che tende ad accorpare in sé tutti i centri di potere, di qualunque matrice.Posso affermare con convinzione che a seguito di questo progetto, in Calabria la ’Ndrangheta e la massoneria divennero una “cosa sola”. [19]
    L’inquietante realtà descritta dal Barreca ha trovato poi puntuali conferme nelle dichiarazioni di Lauro Giacomo e del Marrapodi Pietro, notaio massone, iscritto alla loggia Bovio e Logoteta, loggia ufficialissima del Grande Oriente d’Italia, e soprattutto decisive convergenze dalle analogie emergenti dal “caso Mandalari” istruito dai magistrati della D.D.A. di Palermo. Secondo Calderone Antonino proprio nel settembre del 1977 nel corso di una riunione della Commissione regionale di “Cosa Nostra” si era proposto di far entrare in logge riservate due esponenti dell’organizzazione per provincia. Accadde poi, riferì ancora Calderone, che si sciolse la famiglia di Catania, e quando il fratello Giuseppe chiese a Bontade quale fosse stato l’esito di quel progetto, ottenne una risposta evasiva.Giuseppe Calderone confidò però al fratello di essere convinto che il progetto fosse stato attuato e che Stefano Bontade e Michele Greco fossero ormai entrati a far parte della massoneria. Peraltro, ha aggiunto Calderone, era notorio all’interno di “Cosa Nostra” che Giacomo Vitale, cognato di Stefano Bontade, fosse massone (v. interrogatorio di Calderone del 25 agosto 1987 reso alG.I. di Palermo e altresì trascrizione, in atti, dell’audizione dello stesso dinanzi la Commissione Parlamentare Antimafia dell’11 novembre 1992 – pagg.294 e segg.) Ancor più analitico è il contributo offerto sul tema da Leonardo Messina, secondo il quale:“…molti degli uomini di “Cosa Nostra”, cioè quelli che riuscivano a diventare capi, appartenevano alla massoneria… è nella massoneria che si possono avere i contatti con gli imprenditori, con le istituzioni, con gli uomini che amministrano il potere…” e poi, più esplicitamente: “La massoneria è un punto di incontro per tutti” [20]Particolarmente significative sono al riguardo le dichiarazioni che Spatola Rosario rilasciò al P.M.di Palermo:“Per quanto mi risulta, esiste un’organizzazione massonica segreta, la quale ha il nome “Iside 1” per Palermo, “Iside 2” per Trapani, “Iside 3” per Agrigento. Venendo ora più in concreto sull’organizzazione delle logge voglio precisare che le logge hanno regole estremamente simili a Cosa Nostra e pertanto tra le due organizzazioni si crea un notevole vincolo e una reciproca disponibilità, cioè una comune fratellanza. Per ciò che concerne “Iside 1”, sono in grado di riferire che Gran Maestro della loggia è MANDALARI, da quel che si dice il commercialista di RIINA.Anche il RIINA fa parte di quella loggia.Anche Stefano BONTADEe Giovanni erano massoni, anche se non so se facevano parte di quella loggia. Per ciò che io so tale “Iside” ha avuto inizio alla fine degli anni ’70” [21].In definitiva, è ormai dato probatoriamente acquisito che collaboratori calabresi e siciliani, ciascuno con riferimento al rispettivo sodalizio criminale, abbiano delineato in modo esauriente l’esistenza di precisi legami e costanti collegamenti con la fratellanza massonica riservata, finalizzati ad una strategia di progressiva “infiltrazione” del baronato mafioso negli ambienti politici imprenditoriali ed istituzionali del paese. Chiara, limpida, esauriente è questa dichiarazione di Giacomo Lauro:“non ci sarebbe mai stata una ’Ndrangheta così forte senza la complicità dei politici corrotti e dei professionisti della massoneria” [22].

    [illustrazione di Enzo Patti tratta da p.64 di “Osso, Mastrosso e Carcagnosso”, di Vincenzo Macrì, edito da Rubettino]
    L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio

  4. #14
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    4) MASSONERIA, ‘NDRANGHETA E FATTI DI CRONACA

    Qui di seguito procediamo a fornire un elenco di numerosi articoli di quotidiani nazionali, regionali, provinciali e locali in cui si rendiconta più o meno celermente il documentato rapporto tra massonerie e ‘ndrangheta calabrese. Buona lettura ai più coraggiosi.– L’alleanza tra ’ndrangheta e massoneria per avvicinarsi al potere: L?alleanza tra ?ndrangheta e massoneria per avvicinarsi al potere - Linkiesta.it
    – Massoneria al voto, con lo spettro della ‘ndrangheta: Massoneria al voto, con lo spettro della ?ndrangheta - Il Fatto Quotidiano
    -‘Ndrangheta e soldi sporchi, il ruolo di Macrì. Il Grande Oriente lo sospende dalla massoneria: ?Ndrangheta e soldi sporchi, il ruolo di Macrì. Il Grande Oriente lo sospende dalla massoneria | Umbria24.it

    – Pentito nel processo ai clan, accusa la rete di Scajola: legami tra servizi, ’ndrangheta e massoneria: http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2014/05/15/ARBcb4G-ndrangheta_massoneria_processo.shtml
    – Boss, politici e manager massoni Gli Invisibili che comandano a Reggio: Boss, politici e manager massoni Gli Invisibili che comandano a Reggio - Corriere.it
    -‘Ndrangheta, Massoneria & Politica: http://www.youreporter.it/video_Ndrangheta_Massoneria_e_Politica_1
    – Inchiesta Saggezza : spunta informativa su presunti legami ‘ndrangheta – massoneria – See more at: Inchiesta Saggezza : spunta informativa su presunti legami 'ndrangheta - massoneria | Riviera Web
    – CALABRIA: ‘NDRANGHETA E MASSONERIA: http://sulatestagiannilannes.blogspo...assoneria.html
    – ‘Ndrangheta e massoneria alla conquista degli appalti della Regione Lazio: 'Ndrangheta e massoneria alla conquista degli appalti della Regione Lazio - Il Sole 24 ORE
    -Ndrangheta: Boccassini, omertà resta, riti tra religione e massoneria: 'Ndrangheta: Boccassini, omertà resta, riti tra religione e massoneria

    -Sospesa per mafia la loggia massonica di Gerace. I “fratelli” si riunivano al tempio di Siderno: http://www.ilquotidianoweb.it/news/c...massonica.html
    -Affari della loggia in enti pubblici e Questure Gli impegni della massoneria legata alle ‘ndrine: http://www.ilquotidianoweb.it/news/Il%20Quotidiano%20della%20Calabria/353611/Affari-della-loggia-in-enti-pubblici-e-Questure–Gli-impegni-della-massoneria-legata-alle–ndrine.html
    -Appalti, massoneria, ‘ndrine: blitz in 5 regioni contro affari e legami del clan Mancuso: http://www.ilquotidianoweb.it/news/Il%20Quotidiano%20della%20Calabria/353219/Appalti-massoneria–ndrine-blitz-in-5-regioni–contro-affari-e-legami-del-clan-Mancuso-.html
    -Patto massoneria – ‘ndrangheta: la cosca spingeva per le nomine negli enti: Patto massoneria - 'ndrangheta: la cosca spingeva per le nomine negli enti
    -Il boss Mancuso: “La ‘ndrangheta non esiste più. E’ massoneria”: Il boss Mancuso: "La 'ndrangheta non esiste più. E' massoneria" | Blitz quotidiano
    -Forgione: massoneria e ‘ndrangheta nella politica calabrese: Forgione: massoneria e 'ndrangheta nella politica calabrese - Panorama

    CONCLUSIONI
    Innanzi tutto chiediamo umilmente perdono allo sventurato lettore che, imbattutosi in codesto scritto, si sia voluto sorbire tutto questo noioso e prolisso rendiconto di alcuni dei pochi rapporti, documentati, intercorsi tra massoneria italica e ‘ndrine calabresi. Va chiarito, però, che per motivi di tempo e per questioni tecniche, alcuni interessanti argomenti inerenti al tema non sono potuti esser qui trattati. Mi riferisco in particolare alle scandalose vicende vissute dal massone notaio pentito Marrapodi, oppure alla loggia di Gerace sciolta dal Grande Oriente d’Italia per infiltrazioni mafiose. Forse tali questioni verranno affrontate in futuri scritti pubblicati dai magnanimi tipi di Radio Spada. Veniamo a concludere tirando le dovute somme. Questo scritto è stato principalmente pubblicato per un motivo: certificare in modo oggettivo l’esistenza probatoria di fecondi e fruttuosi rapporti tra massoni e ‘ndranghetisti. Tali rapporti sono documentati incontrovertibilmente, sono certi, sono continuativi e acclarati.Altresì tale scritto si proponeva di comprendere e spiegare la dimostrabile presenza di sincretistici segmenti rituali acquisiti dalla cosche calabresi per mezzo della strutturazione del grado di santista, gerarchicamente superiore e indipendente, al quale era concesso affiliarsi alla massoneria. Tale oggettività cozza profondamente con le dichiarazioni rilasciate, per esempio, da Claudio Bonvecchio, Grande Oratore del Grande Oriente d’Italia e uomo di spicco dell’establishment culturale e propagandistico della maggior setta massonica italica [23]. Costui affermò che “il GOI non ha nulla a che fare con nessuna organizzazione criminale… […]…può darsi che ci siano state collusioni ma non con il GOI, bensì con altre massonerie…”. Tutto ciò dichiarato dal Bonvecchio è palesemente falso e contro argomentabile per filo e per segno. Tutti i massoni di cui s’è trattato sopra erano iniziati a logge ufficiali del Grande Oriente d’Italia, nessuna loggia “deviata” ma tutte regolarmente riconosciute dal Goi.Ciò non toglie che alcune inchieste hanno riguardato anche altre obbedienze massoniche. Il Bonvecchio nega l’evidenza rispettando il giuramento settario di segreto di cui ogni massone è protagonista durante il rito d’iniziazione alla fratellanza. Tutti i signori sopra citati, sia che si tratti di magistrati sia che si tratti di collaboratori di giustizia, sono concordi nell’affermare una questione certa: la ‘ndrangheta che conosciamo oggi, quella presente in 5 continenti, quella infiltrata in ogni grado delle gerarchie istituzionali, quella “legalizzata”, non sarebbe tale se non per il supporto di logge massoniche. La setta ammorba nel peggior modo: internazionalizza, globalizza, depenalizza, tutto infetta e nulla risparmia: quello scritto qui è una goccia del mare, un granello della spiaggia, una sola cellula dell’intero tumore che attacca la Civiltà Cristiana.CONCLUDO DEFINITIVAMENTE RIPORTANDO LA CONDANNA CHE PAPA CLEMENTE XII POSE ALLA SETTA DEI MASSONI NELL’ENCICLICA “IN EMINENTI” NEL 1738:
    “…decretiamo doversi condannare e proibire, come con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo, condanniamo e proibiamo le predette Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con qualunque altro nome chiamate…”
    [ Clemente XII, Litt. ap. In eminenti, 28 apr. 1738, in Bullarium Romanum, taurinensis ed., t. XXIV, 365-367]


    NOTE

    [1] Nicola Gratteri, Fratelli di Sangue, Mondadori, p.44;

    [2] cit. Gratteri intervistato dagli autori del documentario “La Santa”: Oliva + Ferro, La Santa, Rizzoli, 2007; Il documentario è visionabile su youtube: “La santa” .

    [3] cit. Vinvenzo Macrì intervistato dagli autori del documentario “La Santa”: Oliva + Ferro, La Santa, Rizzoli, 2007; Il documentario è visionabile su youtube: “La santa” .

    [4] Nicola Gratteri, Fratelli di sangue, Mondadori, p. 316 e appendici;

    [5] Dott. L. Jesboama, Commento completo alla Tavola di smeraldo dell’Ermete Trismegisto, in Commentarium, rivista per le Accademie Ermetiche del dott. Giuliano Kremmerz, anno I, n°6/7/8/9/10, ottobre/dicembre, Bari, 1910;

    [6] Hahajah, La tavola di smeraldo in Ibis, rivista bimestrale di studi esoterici, n° 4-5-6 luglio/dicembre, Bari, 1950;

    [7]

    -Ermete Trimegisto e Tavola Smeraldina sul sito web della Gran Loggia d’Italia: http://www.granloggiaditalia.com/sito/storia-e-simboli-della-massoneria;

    -Commento alla Tavola di Smeraldo ad opera del sito dell’obbedienza massonica di Rito Simbolico: RITO SIMBOLICO ITALIANO;

    -Commento alla Tavola di Smeraldo ad opera della Loggia Giordano Bruno del Grande Oriente d’Italia: LA TAVOLA SMERALDINA, TRA ORIENTE ED OCCIDENTE « Loggia Giordano Bruno;

    [8]

    Per una catechesi massonica circa il rito di “Catena d’Unione” vedere pagina 113 del Quaderno di Simbologia Muratoria: http://www.loggiatacito740.it/Quader...0Muratoria.pdf;

    Per altri approfondimenti da fonti massoniche:

    Fuoco Sacro.com: “Catena d’Unione”
    Loggia Michael all’Oriente di Savona: Catena d’Unione
    Gran Loggia Svizzera Alpina: “Catena d’Unione”
    Loggia Roberto Assagioli 1378: “Catena d’Unione”
    Loggia Aletheia dell’Ordine Martinista: “Catena d’Unione”


    [9] Mazzini carbonaro e vicino alle logge radicali inglesi, direttamente dal sito web ufficiale del Grande Oriente d’Italia: http://www.grandeoriente.it/studi/st...-italiana.aspx

    [10]

    – Carriera massonica di Giuseppe Garibaldi [DOCUMENTI, FOTO]:Carriera massonica di Giuseppe Garibaldi [DOCUMENTI, FOTO] | Radio Spada;

    – Il Ven:. Gr:. M:. Massone Giuseppe Garibaldi e l’eterna devozione della massoneria [FOTO e DOCUMENTI]: Il Ven:. Gr:. M:. Massone Giuseppe Garibaldi e l?eterna devozione della massoneria [FOTO e DOCUMENTI] | Radio Spada;

    – LA MASSONERIA ATTRAVERSO IL RISORGIMENTO, IL FASCISMO, LA REPUBBLICA E NELLA «CHIESA»: LA MASSONERIA ATTRAVERSO IL RISORGIMENTO, IL FASCISMO, LA REPUBBLICA E NELLA «CHIESA» | Radio Spada

    – Bronte, Bixio e gli amici inglesi: Bronte, Bixio e gli amici inglesi | Radio Spada

    [11] vedi: “Spunti settimanali per meditare”, Grande Oriente d’Italia, p.6: http://www.base.it/riflessioni/110313_set_09_rif_LogAnk.pdf

    [12] Nicola Gratteri, Fratelli di Sangue, Mondadori, p.45;

    [13] Nicola Gratteri, Fratelli di Sangue, Mondadori, p.44;

    [14] Nicola Gratteri, Fratelli di Sangue, Mondadori, p.70;

    [15] Nicola Gratteri, Fratelli di Sangue, Mondadori, pp. 316-321; dichiarazioni letteralmente estratte da sentenze e interrogatori;

    [16] Dott. Salvatore Boemi, L’ATTEGGIARSI DELLE ASSOCIAZIONI MAFIOSE SULLA BASE DELLE ESPERIENZE
    PROCESSUALI ACQUISITE: LA ’NDRANGHETA, p. 9 : http://www.csm.it/quaderni/quad_99a/quad_99_2.pdf;


    [17] Dott. Salvatore Boemi, L’ATTEGGIARSI DELLE ASSOCIAZIONI MAFIOSE SULLA BASE DELLE ESPERIENZE
    PROCESSUALI ACQUISITE: LA ’NDRANGHETA, p. 9 : http://www.csm.it/quaderni/quad_99a/quad_99_2.pdf;


    [18] Dott. Salvatore Boemi, L’ATTEGGIARSI DELLE ASSOCIAZIONI MAFIOSE SULLA BASE DELLE ESPERIENZE
    PROCESSUALI ACQUISITE: LA ’NDRANGHETA, p. 11 : http://www.csm.it/quaderni/quad_99a/quad_99_2.pdf;


    [19] Dott. Salvatore Boemi, L’ATTEGGIARSI DELLE ASSOCIAZIONI MAFIOSE SULLA BASE DELLE ESPERIENZE
    PROCESSUALI ACQUISITE: LA ’NDRANGHETA, p. 12 : http://www.csm.it/quaderni/quad_99a/quad_99_2.pdf;


    [20] Dott. Salvatore Boemi, L’ATTEGGIARSI DELLE ASSOCIAZIONI MAFIOSE SULLA BASE DELLE ESPERIENZE
    PROCESSUALI ACQUISITE: LA ’NDRANGHETA, p. 13 : http://www.csm.it/quaderni/quad_99a/quad_99_2.pdf;


    [21] Dott. Salvatore Boemi, L’ATTEGGIARSI DELLE ASSOCIAZIONI MAFIOSE SULLA BASE DELLE ESPERIENZE
    PROCESSUALI ACQUISITE: LA ’NDRANGHETA, p. 14 : http://www.csm.it/quaderni/quad_99a/quad_99_2.pdf;


    [22]Dott. Salvatore Boemi, L’ATTEGGIARSI DELLE ASSOCIAZIONI MAFIOSE SULLA BASE DELLE ESPERIENZE
    PROCESSUALI ACQUISITE: LA ’NDRANGHETA, p. 19 : http://www.csm.it/quaderni/quad_99a/quad_99_2.pdf;






    Massoneria e ?Ndrangheta: storia di una collusione certa e documentata | Radio Spada
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  5. #15
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    Economia, massoneria e ‘ndrangheta: «Reggio Calabria è una Repubblica a parte»: parola di imprenditore







    Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata il 13 maggio nell’ambito dell’indagine Fata Morgana (alla quale rimando con i link sotto) c’è uno spaccato straordinario sulla fusione in Calabria tra ‘ndrangheta, massoneria deviata e grande impresa altrettanto deviata. Abbiamo cominciato a leggere – in particolare negli ultimi due giorni – quanto, sul punto, il Gip di Reggio Calabria Barbara Bennato che, quell’ordinanza, ha firmato, ha recepito del lavoro svolto dai pm (Rosaria Ferracane, Giuseppe Lombardo, Luca Miceli e Stefano Musolino.
    Oggi vorrei ancora approfondire questo discorso, la cui soluzione è vitale per la rinascita (ove possibile) della Calabria e dell’intero Mezzogiorno d’Italia.
    Ebbene la Dda di Reggio Calabria, come abbiamo visto, ipotizza una perversione totale tra massoneria deviata e ‘ndrangheta che colpisce ogni settore della vita economica e sociale, che poi in un sud dove i diritti vengono tramutati in favori è esattamente la stessa identica cosa.
    C’è un passaggio drammaticamente sublime che interpreta bene questa commistione mortale, che si configura con le sommarie informazioni testimoniali rese il 19 marzo 2016 (quindi pochissimi mesi fa) da un imprenditore del settore della grande distribuzione organizzata, che si vede revocare l’aggiudicazione provvisoria nella gestione di alcuni rami d’azienda. Come lui stesso dirà al pm Stefano Musolino, si troverà di fronte all’opposizione dei sindacati che, ad un certo punto, diventerà ostruzionismo indirizzato a favorire altri concorrenti.
    Già questo basterebbe a dare l’idea di un quadro quantomeno inquinato, torbido, difficilmente districabile in uno scenario economico e sociale in cui nessuno svolge il suo compito, ma quel che dirà dopo l’imprenditore siciliano ai pm è davvero l’”istantanea” di Reggio Calabria e dell’intera regione. «…in effetti il territorio reggino è una repubblica a parte che cammina per i fatti suoi».
    Oltretutto l’imprenditore messinese «navigato e scaltro», come lo fotograferà il Gip Bennato a pagina 426 dell’ordinanza, «non è un imprenditore di primo pelo e non ha costruito la sua attività d’impresa in regioni a cui sono tradizionalmente estranei fenomeni di criminalità organizzata». Dunque questo imprenditore, che non è ndagato e che anzi trasferisce le sue conoscenze, secondo le conclusioni della Procura avallate dal Gip, evidenzia la peculiarità (chiamiamola così) di un territorio e di un settore imprenditoriale «dominato dalla ‘ndrangheta in cui l’imprenditore non a perfetta conoscenza delle dinamiche sociali e criminali non trovava più i riferimenti sulla base dei quali orientare la sua azione».
    Ma la conferma di questa visione – chiamiamola così, “forestiera” – viene avallata proprio dall’imprenditore reggino, anch’egli non indagato, ex titolare di un ramo d’azienda assegnato in via provvisoria. Intercettato il 10 novembre 2013 al telefono dirà: «…è come quando si salinizzano le falde acquifere, se entra il sale non lo cacci più».
    Davvero efficace la metafora dell’imprenditore reggino – conclude il Gip – che dimostra di aver preso consapevolezza che avere dato troppo spazio alla ‘’ndrangheta l’ha fatta sedimentare nella classe dirigente cittadina di cuì è divenuta «soggetto stabile e riconosciuto».
    Ecco allora che la metafora della la “Libera Repubblica di (Reggio) Calabria” dell’imprenditore messinese converge con quella del suo omologo reggino, in un’efficacissima descrizione del mercato della grade distribuzione alimentare reggina, in cui gli squali della ‘ndrangheta (lo scrive il gip a pagina 427!) si muovono a perfetto agio.
    Ma è poco dopo – a pagina 429 – che l’istantanea è definitivamente messa a fuoco da Procura e Gip: a Reggio le dinamiche economiche sconvenienti possono avere una logica se servono a mantenere determinati equilibri, che sono equilibri mafiosi.
    Una logica – non lo dice il Gip né i pm ma lo dico io – che porta ad una sola conclusione: la morte di un territorio. Ammesso che respiri ancora.

    r.galullo@ilsole24ore.com

    9 – to be continued (per le precedenti puntate si leggano
    http://robertogalullo.blog.ilsole24o...o-la-calabria/
    http://robertogalullo.blog.ilsole24o...-di-pescatori/)
    http://robertogalullo.blog.ilsole24o...to-di-messina/
    http://robertogalullo.blog.ilsole24o...segue-la-scia/)
    http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/05/20/i-riservati-in-calabria-per-la-dda-ce-chi-galleggia-al-di-sopra-della-triade-mortale-de-stefano-tegano-condello/
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  6. #16
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    “MAMMA SANTISSIMA” | La storia della ‘ndrangheta e i rapporti con la massoneria

    luglio 15th, 2016 | by Redazione Cosenza Channel


    Nelle oltre 2mila pagine di ordinanza il gip di Reggio Calabria ricostruisce la storia della mafia calabrese e i rapporti avuti negli anni con i politici. Ma non solo: negli atti dell’inchiesta vi sono tutti i passaggi che dimostrano il salto di qualità della ‘ndrangheta.
    “Mamma Santissima” non è solo l’inchiesta della Dda di Reggio Calabria sulla presunta associazione per delinquere di stampo mafioso organizzata, deliberata e costituita secondo i carabinieri del Ros da Paolo Romeo, Giorgio De Stefano, Francesco Chiricò, Antonio Caridi e Alberto Sbarra ma è molto, molto di più. Al netto dei presunti intrecci politici-mafiosi che il gip Distrettuale di Reggio Calabria descrive e analizza nelle oltre duemila pagine di ordinanza cautelare, le investigazioni sulla ’ndrangheta reggina prendono il via dal famoso summit di Montalto dando seguito poi alle tantissime indagini antimafia che nel corso degli anni hanno permesso di condannare i super boss della provincia di Reggio Calabria. È proprio la “Provincia” a sovraintendere i rapporti tra le varie cosche che negli anni ’90 – secondo quanto dichiarato da alcuni collaboratori di giustizia – formano la “Cosa Nuova” ovvero la cosiddetta ’ndrangheta unitaria nella quale confluiscono i vari clan calabresi, alcuni di essi componenti di “Cosa Nostra” siciliana. Un salto di qualità – evidenziano i giudici – voluto dalla famiglia De Stefano che negli anni è diventata sempre più potente grazie alle “Sante Alleanze” strette con altre consorterie criminali della provincia di Reggio: dalla Jonica alla Tirrenica reggina fino a una parte della Piana di Gioia Tauro. Ma i confini della “Cosa nuova” – secondo quanto emerge nell’ordinanza di custodia cautelare – si estendono anche in provincia di Cosenza. Il pentito Gaetano Costa nel 1992 apprende da «“RASO Girolamo, durante la comune detenzione nel carcere di Cuneo”» che «“l’avv. DE STEFANO ebbe un ruolo determinante nelle trattative per la pace e tuttora è uno dei componenti della struttura di vertice della “cosa nuova”. Di questa struttura… facevano parte i BARBARO, PAPALIA, MAMMOLITI di San Luca, gli ALVARO, PIROMALLI, PESCE, i DE STEFANO che rappresenta(no) anche i TEGANO ed i LIBRI, (gli) URSINO e qualche altra famiglia di cui mi sfugge il nome. Aggiungo pure (i) MANCUSO di Limbadi, i MUTO di Cetraro e gli ARENA di Isola Capo Rizzuto”». Indizi che gli inquirenti usano per meglio identificare la posizione «di assoluto rilievo dell’avvocato Giorgio DE STEFANO in seno alla cosca DE STEFANO, nonché i suoi plurimi collegamenti con esponenti di altre cosche, fondamentali nel panorama delinquenziale calabrese, come i PIROMALLI ed i BARBARO-PAPALIA di Platì».
    Perché è fondamentale l’idea d’insieme mafioso dei De Stefano per la Dda di Reggio Calabria? Lo spiega il gip quando a pagina 236 introduce l’argomento della massoneria. «“Il quadro che, complessivamente, se ne trae riguarda la circostanza che i DE STEFANO hanno, in buona sostanza, ideato e creato una “struttura mista”, la cui composizione attingeva e a soggetti direttamente espressione di ambienti di ’ndrangheta e a soggetti che, estranei a tali ambienti, vi potevano sedere in quanto considerati quali massoni. Struttura mista, questa, che doveva curarsi delle relazioni con politici, pubblici funzionari, professionisti, massoni, con il fine di infiltrare le amministrazioni e gli enti pubblici ed arrivare al controllo degli stessi, il tutto in meccanismi che si sarebbero valsi della corruttela come fine, anche mediato, di realizzazione del programma criminoso. Insomma, la struttura mista di cui si dice è pur sempre fondata su una essenziale matrice ’ndranghetista, posto che di essa fanno parte ’ndranghetisti, ma finisce con l’avere ruolo sovraordinato rispetto alle cosche ed all’operatività, per così dire, tradizionale delle stesse: operatività tradizionale la cui necessità, tuttavia, è in re ipsa, posto che esse sono il sostrato indispensabile per garantire non solo l’esistenza ma anche la proficua operatività dellaSanta». Una ricostruzione certosina della massoneria reggina e calabrese (tra cui personaggi con cariche importanti all’ex Carical di Cosenza) che comprendeva – a dire di Giacomo Ubaldo Lauro il 30 marzo del 1994 – professionisti, imprenditori, esponenti del clero, uomini dello Stato e mafiosi. Ricostruzione, tuttavia, necessaria per inquadrare i ruoli dell’avvocato Giorgio De Stefano e Paolo Romeo con un pezzo della destra eversiva reggina. In tal senso sono stati raccolti i verbali dei collaboratori di giustizia dal 1992 al 1994.
    Gli ultimi aggiornamenti circa l’evoluzione della ’ndrangheta emancipatasi all’interno della massoneria sono riferiti direttamente dal professor Giuliano Di Bernardo che ai magistrati riporta le parole di un massone originario di Cosenza, di professione ingegnere: «Nel corso di una riunione della Giunta del Grande Oriente d’Italia (una sorta di CdA del GOI “…”) che io indissi con urgenza nel 1993 dopo l’inizio dell’indagine del dott. Cordova sulla massoneria, a mia precisa richiesta, disse che poteva affermare con certezza che in Calabria, su 32 logge, 28 erano controllate dalla ’ndrangheta. Io feci un salto sulla sedia». (a. a.)



    ?MAMMA SANTISSIMA? | La storia della ?ndrangheta e i rapporti con la massoneria CosenzaChannel.it

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  7. #17
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    Il direttore risponde
    Massomafia, la massoneria protesta
    Ma è realtà antica e problema vero

    Marco Tarquinio
    16 luglio 2016


    Egregio direttore.
    scrivo questa lettera con grande turbamento e profonda indignazione per quanto ho letto sul suo giornale in un commento di Davide Imeneo pubblicato il 13 luglio scorso dal titolo «Chiamiamola massomafia». Mi duole veramente dirlo ma credo che in questa occasione siano stati superati tutti i limiti del buonsenso e della libera opinione. L’articolista nel raccontare l’inchiesta giudiziaria in corso in Calabria e citando alcune dichiarazioni di pentiti avvalora in chi legge e quindi nell’opinione pubblica una tesi, quella della n’drangheta ormai confluita nella Massoneria, anzi «sotto la Massoneria» che è veramente un pugno nello stomaco per tutti quei fratelli che orgogliosamente e nella piena legalità e trasparenza lavorano secondo i nobili principi della Libera Muratoria Universale per migliorare se stessi e l’Umanità non certo intrallazzando con la criminalità organizzata o addirittura facendola confluire direttamente all’interno dell’Istituzione. Simili accostamenti sono totalmente arbitrari ed estremamente preoccupanti per tutti i massoni delle Obbedienze regolari. Totalmente inaccettabile è poi il fatto che venga coniato un termine «massomafia» che marchia in modo inaccettabile, infamante e totalmente falso una Istituzione che con la Mafia non ha nulla da spartire. Le parole sono come macigni e prima di scriverle bisognerebbe usare la massima cautela. Noi liberi muratori del Grande Oriente d’Italia pretendiamo solamente rispetto, una parola che purtroppo nell’odierna società e nel continuo e devastante decadimento dei valori sta scomparendo dal vocabolario dell’umana intelligenza, e non di essere infangati ed offesi per colpe che non abbiamo ed esposti ai pericoli di folli vendicatori. Pertanto, nel respingere in toto quell’aberrante parola – «massomafia» – e nel rimanere amareggiato per l’increscioso passaggio dell’articolo confido che in futuro, nella più ampia libertà di critica e di opinione, la massoneria non venga ancora additata con un neologismo che non merita e che ne lede l’immagine e la sua grande opera per il bene e non il male dell’umanità.
    Stefano Bisi, gran maestro del Grande Oriente d’Italia
    Palazzo Giustiniani

    Capisco il suo punto di vista, gentile dottor Bisi. E so che è espresso con genuina intenzione, visto che ho avuto modo di conoscerla quando io non ero direttore, lei non era ciò che è oggi ed entrambi eravamo giovani cronisti in un giornale diffuso nella viva provincia italiana tra Umbria e Toscana. Ma penso che nel suo ruolo di Gran Maestro del Goi-Palazzo Giustiniani, ovvero della più numerosa comunione massonica italiana (le stime parlano di almeno 22mila iscritti), lei possa e debba dolersi soprattutto del fatto che affiliati alla ’ndrangheta siano o siano stati anche "fratelli" accettati e riconosciuti in logge massoniche (non sono così esperto della materia da dirle di quale "obbedienza"). E penso anche che possa e debba indignarsi per ben altro e cioè per la verifica da parte della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria del collegamento strutturale tra i gruppi malavitosi che gli atti dell’inchiesta "Fata Morgana" (maggio 2016) definiscono la «’ndrangheta militare» e la «’ndrangheta massonica» illustrandone l’interazione a partire dalla fine degli anni 70 del secolo scorso. Parole e concetti che ricorrono decine di volte negli atti e anche in un illuminante video del Ros dei Carabinieri visibile su internet ( https://youtu.be/3EfZSp1kFkI ). E che appena ieri, sabato 16 luglio, abbiamo dovuto rimettere in pagina dando conto di una nuova riuscita operazione antimafia. Si tratta, come sinceramente spero, di personaggi di una «massoneria deviata»? C’è da augurarsi che emerga. E perché questo accada è necessario che lo si dica, lo si denunci: quei «liberi muratori» non vanno solo smentiti, vanno sconfessati. Per questo – e per come la conobbi ritengo che lei se ne renda perfettamente conto – servono dosi serie di chiarezza e di trasparenza, e il coraggio della ramazza. Che non va usata di certo per mettere la polvere (in questo caso da sparo, o di sporchi affari) sotto al tappeto. Serve, insomma, la stessa sana fatica che altre realtà – civili e anche ecclesiali – affrontano a causa dei "tradimenti" e delle "sporcizie" che emergono al loro interno. Anche così si affianca con efficacia la battaglia per la giustizia della magistratura, delle forze dell’ordine, della buona politica e della vera società civile.
    E vengo al termine «massomafia», che tanto la inquieta e che lei considera un «neologismo». In verità non una nostra creazione. È una citazione. È infatti il frutto della fulminante intuizione e sintesi di Giovanni D’Urso, urbanista, accademico, insigne e generoso protagonista della lotta alla mafia, fondatore nel 1984 dell’associazione "I Siciliani" per rendere omaggio e continuare l’impegno di Pippo Fava, grande e scomodo cronista e intellettuale assassinato in quello stesso anno dai sicari di "cosa nostra". Mi creda, gentile dottor Bisi, «aberrante» non è il termine «massomafia» riproposto con asciutta lucidità nel commento del nostro editorialista, ma la realtà di comitati d’affari e di intrecci tra logge e ’ndrine (o cosche o clan) che esso descrive. Una realtà criminale che non dubito sia diversa dalla massoneria che lei rivendica con orgoglio di rappresentare, ma che purtroppo esiste e inquina da gran tempo e in diverso modo la vita del nostro Paese. La massomafia c’è, eccome: va riconosciuta, portata allo scoperto e sconfitta. A ognuno, massoni compresi, spetta di fare fino in fondo la propria parte. Senza paura delle parole, a viso aperto.


    Massomafia, la massoneria protesta Ma è*realtà antica e problema vero* | Lettere al direttore*| www.avvenire.it




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  8. #18
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    Mafia e Massoneria



    Un'analisi organica dei rapporti fra massoneria deviata e cosche mafiose è contenuta nella relazione della Commissione parlamentare antimafia presieduta da Luciano Violante.
    "Il terreno fondamentale sul quale si costituiscono e si rafforzano i rapporti di Cosa nostra con esponenti dei pubblici poteri e delle professioni private è rappresentato dalle logge massoniche. Il vincolo della solidarietà massonica serve a stabilire rapporti organici e continuativi". Questo il punto di partenza dell'analisi proposta.
    Compasso "L'ingresso nelle logge di esponenti di Cosa nostra, anche di alto livello, non è un fatto episodico ed occasionale ma corrisponde ad una scelta strategica - spiega la Commissione antimafia - Il giuramento di fedeltà a Cosa nostra resta l'impegno centrale al quale gli uomini d'onore sono prioritariamente tenuti. Ma le affiliazioni massoniche offrono all'organizzazione mafiosa uno strumento formidabile per estendere il proprio potere, per ottenere favori e privilegi in ogni campo; sia per conclusione di grandi affari sia per "l'aggiustamento" dei processi, come hanno rivelato numerosi collaboratori di giustizia. Tanto più che gli uomini d'onore nascondono l'identità dei "fratelli" massonici ma questi ultimi possono anche non conoscere la qualità di mafioso del nuovo entrato" (punto 57 della citata Relazione).
    Rapporti fra Cosa nostra e massoneria sono comunque emersi anche nell'ambito dei lavori di altre due Commissioni parlamentari d'inchiesta: quella sul caso Sindona e quella sulla loggia massonica P2, che già avevano approfondito la vicenda del finto rapimento del finanziere e della sua permanenza in Sicilia dal 10 agosto al 10 ottobre 1979. Agli atti, le indagini della magistratura milanese e di quella palermitana, che avevano svelato i collegamenti di Sindona con esponenti mafiosi e con appartenenti alla massoneria. Il finanziere era stato aiutato da Giacomo Vitale, cognato di Stefano Bontade, capomafia della famiglia palermitana di Santa Maria di Gesù e da Joseph Miceli Crimi: entrambi aderenti ad una comunione di Piazza del Gesù, "Camea" (Centro attività massoniche esoteriche accettate).
    Nel gennaio 1986 la magistratura palermitana dispone una perquisizione e un sequestro presso la sede palermitana del Centro sociologico italiano, in via Roma 391. Vengono sequestrati gli elenchi degli iscritti alle logge siciliane della Gran Loggia d'Italia di Piazza del Gesù. Fra gli iscritti figurano i nomi dei mafiosi Salvatore Greco e Giacomo Vitale.


    Nel mese di gennaio dello stesso anno, la magistratura trapanese dispone il sequestro di molti documenti presso la sede del locale Centro studi Scontrino. Il centro, presieduto da Giovanni Grimaudo, era anche la sede di sei logge massoniche: Iside, Iside 2, Osiride, Ciullo d'Alcamo, Cafiero, Hiram. L'esistenza di un'altra loggia segreta trova poi una prima conferma nell'agenda sequestrata a Grimaudo, dove era contenuto un elenco di nominativi annotati sotto la dicitura "loggia C". Tra questi, quello di Natale L'Ala, capomafia di Campobello di Mazara.
    Nella loggia Ciullo d'Alcamo risultano essere affiliati: Pietro Fundarò, che operava in stretti rapporti con il boss Natale Rimi; Giovanni Pioggia, della famiglia mafiosa di Alcamo; Mariano Asaro.Gelli e Andreotti
    Nel processo, vari testimoni hanno concordato nel sostenere l'appartenenza alla massoneria di Mariano Agate, capomafia di Mazara del Vallo.
    Alle sei logge trapanesi e alla loggia "C" erano affiliati imprenditori, banchieri, commercialisti, amministratori pubblici, pubblici dipendenti, uomini politici (la Commissione antimafia, nella citata relazione, ricorda come l'onorevole democristiano Canino, nell'estate del '98 arrestato per collusioni con Cosa nostra, abbia ammesso l'appartenenza a quella loggia, pur non figurando il suo nome negli elenchi sequestrati).


    Già nel processo di Trapani e poi successivamente in quello celebrato nel '95 a Palermo contro Giuseppe Mandalari (accusato di essere il commercialista del capo della mafia, Totò Riina) sono emersi contatti fra le consorterie mafiose e massoniche di Palermo e Trapani. Mandalari, "Gran maestro dell'Ordine e Gran sovrano del rito scozzese antico e accettato" avrebbe concesso il riconocimento "ufficiale" alle logge trapanesi che facevano capo a Grimaudo.


    Le indagini sui rapporti mafia-massoneria continuano. Seppur fra tante difficoltà. L'unica condanna al riguardo, ottenuta dai pm palermitani Maurizio De Lucia e Nino Napoli, riguarda proprio Pino Mandalari, il commercialista di Riina attivo gran maestro. Solo nel febbraio del 2002, è stata sancita in una sentenza la pesante influenza dei "fratelli" delle logge sui giudici popolari di un processo di mafia: la Corte d'assise stava seguendo il caso dell'avvocato palermitano Gaetano Zarcone, accusato di avere introdotto in carcere la fiala di veleno che doveva uccidere il padrino della vecchia mafia Gerlando Alberti. Non è stata facile la ricostruzione del pm Salvatore De Luca e del gip Mirella Agliastro, che poi ha emesso sette condanne: non c'erano mai minacce esplicite, solo garbati consigli a un "atteggiamento umanitario". Questo il volto delle intimidazioni tante volte denunciate.


    Il caso più inquietante di cui si sono occupate le indagini è quello di una misteriosa fratellanza, la Loggia dei Trecento, anche detta Loggia dei Normanni. Il pentito Angelo Siino ha fugato ogni dubbio: il divieto per gli aderenti a Cosa nostra di fare parte della massoneria restò sempre sulla carta. "Le regole erano un po' elastiche - spiega - come la regola che non si devono avere relazioni extraconiugali". Erano soprattutto i boss della vecchia mafia, Stefano Bontade e Salvatore Inzerillo, ad avere intuito l'utilità di aderire alle logge.
    Rosario Spatola seppe da Federico e Saro Caro che Bontade "stava cercando di modernizzare Cosa nostra. Vedeva più in là, vedeva la potenza della massoneria, e magari riteneva di potere usare Cosa nostra in subordine, come una sorta di manovalanza".
    Licio Gelli Per questo aveva creato una sua loggia. Era appunto la Loggia dei Trecento. Anche Siino riferisce di "averne sentito parlare: si diceva che ne facevano parte parecchi personaggi quali i cugini Salvo, Totò Greco "il senatore" e uomini delle istituzioni. La loggia non era ufficiale e non aderiva a nessuna delle due confessioni, né a quella di Piazza del Gesù né a quella di Palazzo Giustiniani".
    Correvano a Palermo i ruggenti anni Settanta. Il pentito Spatola conferma il ruolo di Bontade come gran maestro della Loggia dei Trecento. E spiega: "Ne facevano parte soggetti appartenenti alle categorie più disparate, e per questo era molto potente. E troppa potenza si era creata anche attorno a Stefano Bontade, per questo andava eliminato lui ma anche la loggia".
    Il 23 aprile 1981, Bontade fu ucciso dai corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Ha svelato Spatola che fu proprio Provenzano, attuale capo dell'organizzazione mafiosa, a prendere l'iniziativa di sciogliere la Loggia dei Trecento. Particolare davvero inedito e curioso. Quale autorità aveva mai don Bernardo per intervenire d'autorità su una fratellanza tanto riservata? Forse era massone anche lui? Forse, già allora, aveva ben presenti rapporti e complicità eccellenti che da lì a poco avrebbero fatto a gara per riposizionarsi e ingraziarsi i nuovi potenti?


    Salvo Palazzolo




    LE RIVELAZIONI DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA


    Tommaso Buscetta
    Nel 1984 parla per la prima volta del rapporto fra mafia e massoneria nel contesto del tentativo golpista di Junio Valerio Borghese del dicembre 1970.
    Il collegamento tra Cosa nostra e gli ambienti che avevano progettato il colpo era stato stabilito attraverso il fratello massone di Carlo Morana, uomo d'onore.
    La contropartita offerta a Cosa nostra consisteva nella revisione di alcuni processi.


    Leonardo Messina
    Sostiene che il vertice di Cosa nostra sia affiliato alla massoneria: Totò Riina, Michele Greco, Francesco Madonia, Stefano Bontade, Mariano Agate, Angelo Siino (oggi collaboratore di giustizia pure lui). Ritiene che spetti alla Commissione provinciale di Cosa nostra decidere l'ingresso in massoneria di un certo numero di rappresentanti per ciascuna famiglia.


    Gaspare Mutolo
    Conferma che alcuni uomini d'onore possono essere stati autorizzati ad entrare in massoneria per "avere strade aperte ad un certo livello" e per ottenere informazioni preziose ma esclude che la massoneria possa essere informata delle vicende interne di Cosa nostra. Gli risulta che iscritti alla massoneria sono stati utilizzati per "aggiustare" processi attraverso contatti con giudici massoni.


    Le conclusioni della Commissione antimafia presieduta da Luciano Violante:
    "Il complesso delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia appare essere concordante su tre punti:
    - intorno agli anni 1977-1979 la massoneria chiese alla commissione di Cosa nostra di consentire l'affiliazione di rappresentanti delle varie famiglie mafiose; non tutti i membri della commissione accolsero positivamente l'offerta; malgrado ciò alcuni di loro ed altri uomini d'onore di spicco decisero per motivi di convenienza di optare per la doppia appartenenza, ferma restando la indiscussa fedeltà ed esclusiva dipendenza da Cosa nostra;
    - nell'ambito di alcuni episodi che hanno segnato la strategia della tensione nel nostro paese, vale a dire i tentativi eversivi del 1970 e del 1974, esponenti della massoneria chiesero la collaborazione della mafia;
    - all'interno di Cosa nostra era diffuso il convincimento che l'adesione alla massoneria potesse risultare utile per stabilire contatti con persone appartenenti ai più svariati ambienti che potevano favorire gli uomini d'onore".


    (S.P.)




    Mafia e Massoneria
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    Massoneria, politica e criminalità.
    L’importanza dell’inchiesta di De Magistris, e la dimenticata inchiesta Cordova
    Prof. Paolo Franceschetti - www.paolofranceschetti.blogspot.com

    Premessa.

    L’inchiesta portata avanti da De Magistris probabilmente tocca quello che a nostro parere è il problema più grosso del nostro stato, da decenni: i rapporti tra criminalità organizzata, politica e finanza.
    Pochi si ricordano dell’inchiesta che nel 1992 Cordova fece sulla massoneria calabrese. E pochi hanno notato le similitudini con l’attuale inchiesta di De Magistris. Vale la pena di ricordarle. Prima però segnaliamo che oggi tutte queste inchieste – ma molto altro ancora - sono raccontate in un libro, Fratelli d’Italia, di Ferruccio Pinotti. Il libro è grande, 800 pagine circa. E’ ben documentato, e contiene anche interviste ad alcuni Gran maestri di diversi Riti. Ma da esso è possibile ricavare alcuni punti fermi che possono essere oggetto di approfondimento.
    Analizzare il sistema massonico, e capire tutte le implicazioni che comporta questa istituzione, le interferenza con la società, con la giustizia, ecc., è una cosa impossibile da fare nelle poche righe di un articolo di un blog. Sarebbe un po’ come voler spiegare il funzionamento del mondo in poche righe. Il nostro scopo quindi è solo fornire alcuni spunti di riflessione per permettere poi un ulteriore approfondimento a chi lo vorrà fare, rimandando ad altri libri o testi.
    Evidenziando, in particolare, quei punti che vengono di solito trascurati quando si parla di massoneria, che sono importanti per capire realmente il sistema nel suo insieme.
    Alcuni dati.
    In massoneria sono iscritte in Italia circa 50.000 persone, tra iscritti ufficiali e non ufficiali (c.d. all’orecchio perché il loro nome non compare nelle liste ufficiali). Questo numero immenso di persone è costituito prevalentemente da militari, imprenditori, professionisti, docenti universitari, politici. In altre parole buona parte dell’inteligencia italiana e delle persone che ricoprono incarichi di potere.
    Tra questi ricordiamo come legati direttamente o indirettamente alla massoneria, Cossiga, Andreotti, Prodi, Berlusconi, De Benedetti, molti componenti legati alla famiglia Agnelli, Vittorio Valletta (dirigente Fiat per molti anni, l’uomo che ha portato la nostra fabbrica al successo degli anni d’oro), i governatori della Banca d’Italia Fazio, Ciampi, Carli, l’ex presidente di Mediobanca Cuccia, l’ex presidente del senato Marcello Pera, ma anche molti cardinali, vescovi, il Preside della facoltà di beni culturali di Bologna Panaino, ecc…
    In particolare il mondo bancario, finanziario e imprenditoriale ha legami fortissimi con la massoneria. Oltre ai già citati Agnelli, De Benedetti, e molti presidenti della Banca d’Italia, troviamo Volpi, Joel, Toeplitz, Stringher, Caltagirone, De Bustis (che apparterrebbe agli illuminati, secondo il libro di Pinotti), secondo alcune voci Consorte, Fiorani e tanti altri.
    D’altronde, per capire i buoni rapporti tra massoneria e cariche ufficiali dello stato, basti pensare che Prodi alla riunione di apertura del GOI (Grande oriente d’Italia) ha mandato un messaggio di augurio e benvenuto, di cui vale la pena riportare il testo: “La repubblica e il Governo vi salutano, la Repubblica si riconosce nei valori della massoneria”. Il saluto è stato portato dal sottosegretario alle politiche giovanili De Paoli.
    Mentre l’ex Presidente della Corte Costituzionale e della RAI Baldassarre ha presenziato di recente ad una riunione del GOI, intervenendo sul tema della tripartizione dei poteri dello stato.
    In altre parole: i legami tra alte cariche dello stato e massoneria sono fortissimi ed indiscussi. Sono poco pubblicizzati e poco dichiarati, questo si. Ma sono ufficiali.
    Nulla di strano in ciò. Basti ricordare che il primo parlamento dell’Italia unita era composta in gran parte da massoni come Crispi, Depretis, Zanardelli.
    Ogni tanto poi spuntano collegamenti con la massoneria deviata, addirittura da personaggi insospettabili. Pannella infatti tentò di candidare nelle sue liste nientemeno che Licio Gelli, il capo della famigerata P2 al fine, si presume, di fargli avere l’immunità parlamentare. Ma la sua spiegazione ufficiale fu che lo candidava perché in cambio Gelli prometteva di rivelargli i suoi segreti. Una spiegazione delirante, che Pannella dette addirittura in commissione parlamentare. Ma che dimostra come il potere politico vada a braccetto in tranquillità con personaggi che hanno cospirato contro lo stato, e commissionato delitti di ogni tipo, stragi comprese, fino a portarli dentro al parlamento.
    La massoneria come istituzione mondiale.
    La massoneria è un fenomeno mondiale, organizzato cioè su scala mondiale. Il vertice del Grande Oriente, in tutto il mondo, si trova nella corona inglese. Sono appartenuti alla massoneria quasi tutti i Presidenti degli Stati Uniti, e personaggi come Gheddafi e Arafat, presidenti Francesi, Re Del Belgio, di Olanda, e via discorrendo. Ovverosia i vertici del mondo.
    E’ una creazione della massoneria – come, perché, e in che misura, sarebbe un problema tutto da studiare e approfondire – l’ONU, ma anche la Croce Rossa , il WWF (il cui presidente è Filippo Di Edimburgo).
    Fu una creazione massonica il cosiddetto gruppo Bilderberg, e lo fu anche la cosiddetta commissione Trilaterale.
    Per capire il problema che potenzialmente può crearsi, in virtù di questa fratellanza tra esponenti di spicco di ogni parte del mondo, si cita spesso l’episodio del Britannia, del 1992; in quell’anno, sul Piroscafo Britannia, della Corona inglese, si riunirono alcuni vertici della finanza e della politica mondiale, tra cui Draghi e Prodi e si decise che sarebbero state privatizzate alcune aziende italiane. Passarono in mani straniere dopo questa riunione la Buitoni , la Invernizzi , Locatelli, Ferrarelle, ecc... Inoltre in quell’occasione, stando a quello che riportano alcuni storici e giornalisti, pare – ma il condizionale è d’obbligo – che si decidesse l’affossamento della lira che infatti avvenne negli anni seguenti, ove la nostra moneta conobbe una svalutazione senza precedenti (fine della svalutazione era quella di far acquistare le nostre aziende ad acquirenti stranieri, per un prezzo irrisorio).
    Si spiega probabilmente così – in virtù del legame massonico mondiale - la presenza della Banca d’Inghilterra (i cui vertici sono nominati dalla Corona Inglese) nella BCE con il 17 per cento delle quote (nonostante non sia un paese dell’area Euro); e si spiega così perché molte banche italiane effettuano investimenti ingenti in azioni di Chase Manhattan Bank, Barclayrd, Morgan Stanley, ecc., tutte legate direttamente o indirettamente alla Corona Inglese per mezzo di un complicato gioco di scatole cinesi, creando dei conflitti di interessi spaventosi.
    La massoneria ha diverse sfaccettature. Esistono migliaia e migliaia di logge, e decine di istituzioni massoniche o paramassoniche (organizzate cioè come la massoneria, senza potersi chiamare ufficialmente con questo nome). Abbiamo il Grande Oriente, la più diffusa a livello mondiale. Poi abbiamo i Rosacroce, I cavalieri di Malta, i Templari, l’Opus Dei e chissà quante altre magari sconosciute. Tutte queste istituzioni sono caratterizzate dal segreto per quanto riguarda il loro funzionamento interno, e dal fatto di trasformarsi, spesso, in veri e propri comitati di affari, anche illeciti.
    Queste istituzioni sono diverse tra di loro, e talvolta sono in conflitto. Ma molto spesso collaborano e cooperano. Basti ricordare che Gelli apparteneva contemporaneamente alla P2, che tecnicamente era una loggia del Grande Oriente, ma era iscritto anche ai Cavalieri Di Malta e ai Templari, per sua stessa ammissione.
    Le logge massoniche coperte.
    In teoria la massoneria è un istituzione in cui si entra per fare un percorso iniziatico di conoscenza e approfondimento dei temi principali dell’esistenza. Questo è senz’altro vero per alcuni o molti dei suoi iscritti e per numerose logge.
    In teoria poi la lista degli iscritti dovrebbe essere pubblica, essendo vietate dal nostro ordinamento le associazioni segrete.
    Ma in realtà esiste il fenomeno delle logge massoniche coperte, o segrete, dove si iscrivono uomini politici che non vogliono rivelare la loro appartenenza alla massoneria; e a queste logge si affiliano anche boss mafiosi come Inzerillo, Bontate, Riina, Bagarella, Lo Piccolo, Mandalari (il commercialista di Riina) che certamente non entrano in questa istituzione per una sete di conoscenza e approfondimento della ricerca interiore.
    La ragione dell’esistenza delle logge coperte la spiega il Gran Maestro Di Bernardo, a pag. 396 del libro: “Le logge coperte sono sempre esistite. La loro funzione era quella di salvaguardare persone di particolare importanza istituzionale, politica e finanziaria, proteggendole da pressioni indebite da parte di altri fratelli”.
    Le logge massoniche coperte insomma sono il collante tra criminalità organizzata, politica, finanza e imprenditoria (non a caso i più grandi scandali finanziari italiani hanno visto come protagonisti dei massoni). E le logge massoniche coperte sono il motivo, o comunque uno dei motivi, dell’espansione della criminalità organizzata mafiosa nelle regioni del centro e del nord.
    Un esempio chiarirà meglio la questione. Se un capo camorra deve costruire un grosso immobile al nord, qualora sia affiliato alla massoneria, chiederà aiuto ai “fratelli” del nord. Che, per il solo motivo di avere davanti un fratello, lo aiuteranno in questa impresa. Se deve riciclare denaro sporco, sono ancora una volta le collusioni con un banchiere massone che consentiranno questo riciclaggio. E il legame massonico è la spiegazione dell’espansione della mafia negli stati dell’Unione Europea. Considerando che la massoneria è una fratellanza “mondiale” non sarà difficile per un mafioso trovare appoggi in Russia, in America, o alle Cayman.
    Così come non è difficile, per massoni appartenenti alle varie mafie, entrare in collegamento tra loro e stringere patti di alleanza; di qui nascono i patti di alleanza tra mafia, ‘ndrangheta e camorra.
    Ecco il motivo per cui quando un magistrato inizia ad indagare sulle cosiddette logge massoniche coperte viene regolarmente silurato, fisicamente e/o lavorativamente.
    Il problema centrale della massoneria. Il giuramento massonico.
    Ora, qui sta il nodo centrale del problema massoneria, tra gli iscritti alla massoneria esiste un giuramento di fedeltà che li porta ad aiutarsi l’un l’altro.
    Questo è il nodo cruciale del problema massonico: è possibile che un pubblico ufficiale o un funzionario statale siano servitori dello stato ma, contemporaneamente, prestino fedeltà ad un’istituzione non statale?
    Il tema, ovviamente, è tutto da approfondire, perché ovviamente i più alti esponenti della massoneria negano che il loro giuramento di fedeltà prevalga sulle leggi dello stato. Ma, francamente, quando in una loggia coperta operano mafiosi, esponenti dei servizi segreti, imprenditori, e politici, c’è perlomeno da dubitare di queste affermazioni di lealtà allo stato.
    Occorre inoltre tenere presente una cosa che pochi sanno; all’interno la massoneria ha i propri tribunali, organizzati in tre gradi proprio come avviene nell’ordinamento giudiziario italiano.
    La massoneria si configura quindi come un vero stato nello stato. Potremmo dire uno stato al di sopra dello stato. O perlomeno, per usare le parole della 32 Commissione parlamentare antimafia, “le logge coperte … sono in grado di determinare gravi interferenze nell’esercizio di funzioni pubbliche”.
    Ecco il motivo dell’allarme che suscita la possibilità che un presidente del Consiglio possa appartenere ad una loggia coperta di San Marino o comunque avere interessi ad essa legati.
    Ecco la potenziale bomba che potrebbe scoppiare se l’inchiesta di De Magistris, nei suoi contenuti, fosse portata alla luce. Ed ecco perché il clamore mediatico si preferisce dirottarlo sul problema del suo “presenzialismo” in TV, per stornare l’opinione pubblica da un problema immenso, che coinvolge il problema dei rapporti tra politica e criminalità organizzata.
    Il legame della massoneria con i servizi segreti
    C’è un dato importante poi che non bisogna trascurare: i servizi segreti sono quasi sempre stati diretti da appartenenti alla massoneria, con tutte le conseguenze del caso. E’ documentalmente accertato che furono diretti per quasi 30 anni da appartenenti alla massoneria, oggi non si sa poiché mancano elenchi di iscritti recenti. Ma non a caso è coinvolto nell’inchiesta di De Magistris l'odierno capo della sezione calabrese del Sismi, oltre a vari politici.
    Per qualche decennio i servizi segreti non rispondevano, insomma, al Governo, ma a Gelli. Ed è probabilmente per questo – per la presenza dei servizi segreti deviati - che in tutti i fatti giudiziari più gravi di questi ultimi anni, quando erano presenti i servizi segreti, i testimoni sono morti in modo misterioso e sempre con le stesse tecniche (suicidi in ginocchio; incidenti stradali; infarti improvvisi). Diciamo “probabilmente” perché il dubbio è sempre un obbligo, quando si tenta di ricostruire un sistema di potere senza avere prove documentali certe (cosa peraltro estremamente facile quando chi deve indagare è legato a quel gruppo di potere e per non tradire il giuramento fatto non indaga). Tuttavia è un fatto che nei principali episodi stragisti dell’Italia di questi ultimi decenni (solo per far qualche esempio: Italicus, Ustica, Moby Prince, Piazza Fontana; Strage di Bologna; strage di Via D’Amelio e strage di Capaci) i servizi segreti deviati erano sempre coinvolti in vario modo; e i testimoni sono sempre morti nello stesso identico modo: con una tecnica che oltre ad essere sempre uguale, è indizio dell’intervento di persone che adottano tecniche sofisticate (ecco il significato dell’espressione “menti raffinatissime” usata da Falcone riguardo al suo attentato all’Addaura). Ciò indica che probabilmente c’è un filo conduttore tra tutte queste stragi. E questo filo conduttore probabilmente lo si troverebbe nello logge massoniche deviate.

    Conclusioni.
    In conclusione: le logge massoniche coperte sono il collante che lega tra di loro criminalità, finanza e politica. Il giuramento massonico, e i vari legami che in queste sedi si creano, sono la spiegazione dell’espansione della criminalità organizzata in tutti i campi della vita sociale e politica. Ai vertici della finanza, della politica, dell’imprenditoria, ci sono molto spesso persone legate, direttamente o indirettamente alla massoneria. E i servizi segreti deviati sono stati, da sempre, il braccio armato della massoneria deviata.
    Ma su queste logge è impossibile indagare, perché, appunto, chi tocca questi fili muore, o viene delegittimato.
    Per questo motivo è importante seguire da vicino, per tutti noi che ci occupiamo di queste vicende, le vicende di De Magistris, Woodcock e Forleo. Perché, consapevolmente o inconsapevolmente, hanno toccato i vertici del potere. Hanno toccato cioè quel filo sottile che lega politica e criminalità, ove risiede la spiegazione della maggior parte dei disastri che affliggono il nostro paese da decenni.
    Approfondimenti.
    Gli interrogativi suscitati dal fenomeno massonico sono molti e andrebbero approfonditi ben oltre quello che è lo spazio di un blog come questo.
    Segnaliamo alcune domande e spunti di riflessione.
    - In che rapporto sono le logge coperte con quelle ufficiali? Le logge ufficiali dichiarano spesso l’illegittimità e la criminalità di queste logge coperte. Ma al di là delle posizioni ufficiali, i singoli iscritti in che rapporti sono tra loro? E i tribunali massonici, valgono anche per le logge coperte, oppure solo per quelle ufficiali? In altre parole: le logge coperte in che misura partecipano alle atività e sono collegate con le logge ufficiali?
    - Dall’essere iscritti in massoneria derivano spesso le proprie fortune e i propri legami; come si comporta allora un funzionario dello stato quando si troverà a dover scegliere tra far prevalere il giuramento di fedeltà allo stato e quello alla massoneria? Cioè quando si troverà a dover scegliere tra il violare la legge, o perdere d’un colpo la fortuna che gli è arrivata attraverso i canali massonici?
    - Il giuramento massonico è compatibile con il giuramento che un servitore dello stato fa, nei confronti dello stato stesso?
    - In che misura l’appartenenza alla massoneria di alte cariche dello stato, è in grado di interferire nelle corrette relazioni tra stati? Questo tema vede un vivace dibattito tra teorici del complotto, che vedono la massoneria come un’organizzazione sovranazionale che decide spesso le sorti dell’umanità; e coloro che negano l’esistenza di questo complotto, di queste collusioni tra alti vertici delle istituzioni. Eppure queste collusioni possono essere intraviste.
    Riportiamo le parole di Di Bernardo, Gran Maestro degli Illuminati: “Le concordanze ci sono sempre al vertice. A un certo livello ci sono sempre state, segretamente. Quando si parla di questo filo segreto si parla di un dialogo sottile, profondo, che esiste tra persone di qualità. Sono queste convergenze a evitare – in caso di crisi o conflitti – i danni maggiori le situazioni irreparabili E’ chiaro che, alla base della piramide, troviamo il prete e il massone che si comportano come Don Camillo e Peppone. Ma i vertici, poiché sono vertici illuminati, si toccano sempre. Questo vale per tutto. E io ritengo che siano non solo fortunati, ma beati, coloro che – sia pure per un singolo istante della loro vita - possono vedere queste connessioni ideali tra i vertici”.

    Bibliografia essenziale
    Pochi avevano fatto un’indagine accurata su questo fenomeno, ma oggi è stato fatto da Ferruccio Pinotti, Fratelli D’Italia, BUR.
    I molti, giovani e non, che della massoneria sanno poco o nulla possono vedere anche la voce corrispondente su Wikipedia.
    Per approfondire il problema della massoneria però si può leggere:
    - Trame atlantiche, storia della loggia massonica P2 di Flamini, Kaos edizioni
    - Arcuri, Sragione di stato, BUR.
    E’ utile leggere libri scritti da Massoni e diretti a Massoni.
    - Il libro nero della Framassoneria, di Serge Raynaud de La Ferriere , scritto da un 33 grado della massoneria, ove si parla esplicitamente della massoneria come di un’organizzazione verticistica mondiale.
    - Statuti generali della società dei liberi muratori. Si trova in vendita in alcune librerie esoteriche, o su Internet, inserendo su Google il titolo.
    Ricordiamo poi le inchieste più importanti riguardanti la massoneria:
    quella sulla Loggia P2 (su cui si possono trovare molti libri e atti parlamentari)
    Loggia Camea. Ne parla Arcuri nel libro “Sragione di Stato”, BUR.
    Loggia Scontrino, scoperta a Trapani.
    Inchiesta De Magistris e Inchiesta Woodcock, attualmente in corso.
    Da leggere anche il Libro nero della finanza internazionale, edizioni Nuovi Mondi Media, di Robert Denis e Backes Ernest



    Massoneria politica e criminalit?. L'importante inchiesta di de Magistris e la dimenticata inchiesta di Cordoba
    L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio

  10. #20
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    Predefinito Re: La Cosa Nuova

    Povero Mazzini... cmq la massoneria in passato ha avuto un ruolo positivo, prima degli ultimi decenni. La croce rossa è stata fondata da un massone? Si sa, ma questo non sminuisce il suo lavoro.

 

 
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