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    Predefinito Su il destino della pubblicazione de <il mondo come volontà e rappresentazione>.

    SU IL DESTINO DELLA PUBBLICAZIONE DI A. SCHOPENHAUER DE <IL MONDO COME VOLONTÀ E RAPPRESENTAZIONE>.

    Consuetudine della politica culturale di sinistra per questa Opera è stata e resta in vasti ambienti la lettura “ex abrupto”, cioè immediata in certo senso, in modo da poterne considerare la occasionalità e studiarne le determinazioni sociali, ma in ciò restandovi alcunché di polemico e dunque di parziale e non obiettivo; eppure non è l’obiettività lo scopo di tale consuetudine, ma l'antagonismo, minimamente intelligente da potersi elevare ad alternativa filosofica e culturale, tanto che il comunismo ne aveva usufruito o usato senza remore e con parziali vantaggi o momentanei.
    Facevano eccezione a questa vera e propria norma, sia pure non più regola dopo la caduta del comunismo sovietico, le interpretazioni del socialismo moderato, per il quale il conservatorismo della dottrina filosofica-politica di Schopenhauer, contenuta anche in questa Opera, coincideva con la ragion d'essere dello stesso movimento moderato, che aveva anche scopo di sottrarre alla fine certa le tradizionali società europee, in Germania più minacciate che altrove, tanto che le zone del Nord-Est tedesco furono abbandonate alla sola politica prussiana e poi abbandonate, al fine di salvarne la società tedesca, portandola altrove ma restando ivi ugualmente in pericolo. Vissuto nel farsi di questo evento, A. Schopenhauer dunque non era avverso a futuri socialismi diversi. La intolleranza marxista non intendeva questi fatti e le contestualizzazioni da essa decisivamente influenzate erano per conseguenza e restarono parziali, parimenti però senza successo autentico.
    Il socialismo moderato faceva uso del pensiero filosofico pessimista o per duplicità di prassi e relativi termini, non solamente socialisti e questi ultimi secondari, o per costituzione stessa della prassi contingente e subordinata a controrivoluzioni, di segno non antitetico.
    In molte parti di Europa Ovest restato in forte minoranza, restò il socialismo moderato anche senza cultura o senza autorevolezza culturale; ad Est sommerso dalla invadenza totalitarista ma resistendo quale più o meno segreto patrimonio politico della dissidenza antimarxista anticomunista o leninista. In Italia Settentrionale di fatto esso non esisteva più durante gli anni della Guerra Fredda. Finita questa, trovò spazio politico e culturale il recupero di tradizioni filosofiche diverse e dunque nuovamente fu possibile per gli ambienti della sinistra trovare un approccio diverso e partecipato alla lettura di questa Opera.
    Accanto agli scopi antagonisti, che sfociavano negli interessi per il pensiero orientale filosoficamente pensabile, che approdò alla scoperta della saggezza di Confucio attraverso i suoi studiosi ed illuminati, si trovarono scopi di radicalismo, perché si doveva conservare identità occidentale se si voleva una politica occidentale ed una sinistra in Occidente.

    Il radicalismo ha costituito ermeneutica interna di sinistra, alternativa a quella antagonista, applicata alla suddetta pubblicazione de "Il mondo come volontà e rappresentazione".

    Per il resto, va detto ovviamente che ci furono e ci sono le ermeneutiche di destra, liberali o liberiste od aristocratiche, ma del tutto assenti le estreme, chiuse dal linguaggio illuminista e dagli intenti sovranazionali di stessa Opera.

    MAURO PASTORE

  2. #2
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    Predefinito Re: Su il destino della pubblicazione de <il mondo come volontà e rappresentazione>.

    Introdotto anche dal teorico del Pensiero Debole Gianni Vattimo, ex-marxista, poi radicale e post radicale, il libro “Il mondo come volontà e rappresentazione” trova definizione entro prassi radicali della politica e del socialismo ma anche oltre, benché presentato quale possibile depositario del linguaggio filosofico contemporaneo e strumento adeguato di mutamenti intellettuali decisivi, difatti se ne espone la forza e validità a suo modo universale del procedere tra argomenti e ragionamenti, insomma lo si consiglia quale pragmatismo, esempio ma non solo esempio. Indubbiamente è codesta una forma di interpretazione nuova, quanto a consequenzialità, per questo caso, essa definibile: riduzionismo. Senonché appena uscito in certo qual senso il linguaggio del testo schopenhaueriano dal limbo della assolutezza dei primordi della stabilità linguistica tedesca e teutonica, la modalità della riduzione per il lettore non consente di più di intesi senza malintesi; essendo pure esposta a ripieghi radicali e ritorni antagonisti. Senza dubbio il prof. Vattimo non aveva altre ambizioni, non a caso approdava ad una rienunciazione comunista, poi da lui medesimo definita ermeneutica.

    D’altronde la riduzione potrebbe esser parte di altra e più grande preparazione del lettore, che se di appartenenza europea molto diversa da quella dell’Autore del libro, trova nel ridurre un modo per usufruire dei contesti diversi. In ciò la introduzione di G. Vattimo, usando il registro ‘debole' per possibili multilateralità oltre che per ideologica unilateralità, non è un invito a prender sola conoscenza delle superficialità dei messaggi del testo; a patto però che si possa evitare di cadere nella soggettività dei contesti introduttivi, già estranei e dunque da alienare in caso si volesse procedere a comprensione anche, trovandosi in stessa introduzione tale menzione ma per proponimento inverso e non opposto, cioè per evitare di trovarsi a comprendere direttamente e necessariamente.

    In questo linguisticamente si scorge uno scontro tra mondi diversi, ed ancora in atto: tra chi cerca emancipazione quale valore da stabilire anche e tra chi cerca di difendere il valore della emancipazione, rispettivamente tra la sinistra politica e la destra politica, secondo nuove condizioni e non sottoposte alle conseguenze, sia pure postume, della Guerra Fredda. In principio frammento di nuovo presente, ora un presente vasto, per maggioranze oltre che per minoranze; ma perché dalla sinistra l'inizio, l'invito a leggere? Per lavoro di traduzione non ortodosso, coi versi di poesia e gli inserti tradotti anche, con soluzioni sintatticamente omogenee, estranee ai germanesimi italiani od italici, senza nessuna analogia con l'italiano svizzero, quello della prima e definitiva traduzione in lingua volgare della Bibbia; e ciò si può capire anche senza testo originale a fronte, che infatti manca nella edizione di cui introduzione del prof. Vattimo. Le inevitabili oscurità sostituiscono le difformità inevitabili; sicché tanta pianezza ed infedeltà non diventa cosa effettiva, alla resa dei significati, anche per la origine rinascimentale degli idealismi tedeschi.

    Certo Schopenhauer non aveva avuto accesso diretto al pensiero dialogico di Giordano Bruno, non a caso non conosceva quale fosse il registro latino delle Opere Magiche ed aveva criticato il magismo naturale sulla base di un argomento non comune, che il Bruno non aveva mai affrontato; sicché Schopenhauer criticò una ipotesi della cultura filosofica tedesca, senza poter neanche avvalersi di adeguata informazione sugli originali pensieri della Rinascenza, ma senza perdere rigorosità, limitandosi ad apporre. Di certo neanche i tedeschi contemporanei di Bruno ne avevano inteso nel confrontarsi.

    MAURO PASTORE

 

 

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